Intervista al dottor Francesco Camerino
dì Piersandro Vanzan
VITA PASTORALE N. 8/2009: 61-65
Del prefetto di Teramo, dottor Francesco Camerino, i nostri lettori già conoscono l'impegno professionale, unito a una felice creatività socioculturale e poetica (cf VP 1/08, pp. 33-35), che fanno di lui non solo un buon funzionario dello Stato, ma anche un fine scrutatore dell'animo umano e dei chiaroscuri odierni.
Dottor Camerino, in quanto prefetto di una provincia abruzzese come valuta sia il comportamento delle popolazioni colpite, sia l'efficienza dei soccorsi e la solidarietà delle altre popolazioni?
«Il tragico sisma del 6 aprile, non solo ha colpito al cuore L'Aquila e i suoi monumenti, ha distrutto paesi e borghi di grande bellezza, ma ha causato 299 morti e ha sconvolto la vita di 55.000 persone, che hanno dovuto rifugiarsi nelle tendopoli o in strutture ricettive della costa, in attesa della ricostruzione, che tutti speriamo avvenga nei tempi (brevi) e modi (sicuri) conclamati dal Governo. Comunque consola ricordare che, a poche ore dal terremoto, la macchina dell'assistenza era già in moto e fin dal giorno successivo la costa teramana ospitava 6.000 sfollati, diventati in seguito 21.000.
Questa grandiosa opera fu possibile grazie alla sinergia tra Protezione civile, istituzioni locali, organizzazioni di volontariato e spirito di accoglienza della gente, tutti mobilitati per dare ai fuggiaschi la solidarietà e il calore necessari in giorni così drammatici. In Prefettura il 2 giugno, nel tradizionale incontro per la festa della Repubblica, ho visto tutte quelle realtà stringersi fraternamente in commossa partecipazione al lutto e in forte solidarietà con i rimasti. E come riconoscimento per l'encomiabile azione svolta dai volontari, il presidente della Banca dell'Adriatico, Giandomenico Di Sante, ha consegnato un generoso assegno alla Caritas diocesana».
Si è parlato d'irregolarità gravi nella costruzione di ospedali e collusioni malavitose di amministratori. Anche lei ne accenna nella poesia Sussulti violenti «Spade di fuoco / lasciano fenditure profonde / [...] / di colpo trasformate / in vittime di forze sovrumane / e di uomini complici / capaci di ogni abiezione».
«Questa purtroppo è l'altra faccia della medaglia. Come sempre, le tragedie evidenziano tutti i risvolti dell'animo umano, a cominciare dalle più nobili, come già riferito, per finire a quelle più spregevoli: fatte di avidità spinta fino all'estremo di colpire la vita umana. È la conseguenza inevitabile di una concezione edonistica della vita, purtroppo dilagante anche a causa di modelli proposti da certa classe dirigente e da un certo modo di fare giornalismo, che mette al centro delle proprie aspirazioni la ricerca spasmodica del denaro come mezzo per raggiungere successo e felicità. «La realtà è ben diversa. Le cronache sono piene di tragedie direttamente conseguenti questo intorpidimento delle coscienze e della perdita di senso della colpa: omicidi, truffe ai danni della salute dei cittadini e, come nel caso della tragedia abruzzese, irregolarità delittuose nell'edilizia, che hanno aggravato le conseguenze delle scosse. Come dimenticare le immagini agghiaccianti del cemento che si sgretolava nelle mani degli inquirenti e dei tondini di ferro delle travi impari alle dimensioni stabilite? La magistratura stabilirà colpevoli e grado delle loro responsabilità, ma fin d'ora sono evidenti le carenze nell'applicare le norme tecniche stabilite per una zona sismica, e la disattenzione per i segnali che pure c'erano stati nei giorni precedenti alla scossa distruttiva del 6 aprile».
Passando ad altro, che ne pensa della crescente intolleranza verso lo straniero, fino a preferire i "respingimenti" alla più complessa ma democratica "integrazione" (cf VP 7/09, p. 18s)? Cause? E come spiega le incertezze nel condannare tali barbari atteggiamenti?
«Uno dei temi spesso evocati da politici in cerca di facili consensi è quello della sicurezza. Ma, come abbiamo visto nel caso del terremoto, la sicurezza dei cittadini si ottiene lavorando sul versante della prevenzione. Realizzando cioè il buon governo dei problemi della società e intervenendo sulle cause che provocano il disagio sociale: povertà, emarginazione, sfruttamento, degrado e quant'altro. Anche il fenomeno dell'immigrazione non è stato governato com'era necessario, dai governi di sinistra e di destra. Le leggi approvate dal parlamento si sono dimostrate inefficaci, compresa la Bossi-Fini, e i problemi odierni si collegano all'incapacità di contrastare il flusso degli immigrati irregolari e di dare esecuzione ai provvedimenti di espulsione; sia per la carenza numerica delle forze di polizia che per il limitato numero dei centri di identificazione ed espulsione (Cie). In definitiva, per limitate risorse economiche.
E' recente l'iniziativa del "respingimento in mare", che ha sollevato vari problemi circa il rispetto dei diritti di quanti fuggono dalla loro terra perché perseguitati a causa delle idee politiche, del credo religioso o della razza1. In ogni caso, quei respingimenti hanno chiuso solo una falla, ma ben altre sono quelle attraverso cui passano ogni giorno migliaia di clandestini. A ben guardare, l'intolleranza verso lo straniero è favorita dalla cattiva gestione del problema da parte della classe politica, la quale, attraverso un battage mediatico ben orchestrato - che in qualche esponente è chiaramente razzista -, tranquillizza equivocamente l'opinione pubblica. Ma quei messaggi lasciano segni devastanti nella gente: sono un acido corrosivo per le coscienze meno dotate dei filtri che neutralizzano gli effetti nocivi».
Come contrastare i gravi effetti?
«Attivando quei filtri, e tutti siamo chiamati a quest'opera di civiltà. Nessuno può sottrarsi all'impegno di contrastare le forme di razzismo, intolleranza, discriminazione, Infatti, nell'opinione pubblica aumenta l'intolleranza verso chi ha volto o colore diversi, perciò stesso ritenendolo causa dei nostri guai. In nome della sicurezza non si può fare scempio dei diritti umani più elementari, pena il compromettere la realizzazione di una polis migliore: quella in grado di coniugare l'esigenza di vivere in pace e sicurezza con l'esercizio dei diritti garantiti a ogni persona. Purtroppo, le voci che biasimano gli atteggiamenti xenofobi sono poche e fievoli, sicché urge potenziarle e moltiplicarle.
A cominciare da quelle di una "Chiesa profetica", che non si accontenta della buonista e generica accoglienza, ma contrasta le tendenze xenofobe e sa fare proposte alternative2. Ma anche nelle scuole e nei media urge formare meglio intelletto e coscienza dei cittadini, perché i valori sui quali si fonda la società democratica - uguaglianza e rispetto dei diritti umani che sono l'essenza della religione cattolica ("Ama il prossimo tuo come te stesso") - siano, al di là dei proclami, il lievito della nostra vita e la guida dei comportamenti. È questo un terreno comune che deve unire laici doc e cattolici nella comune battaglia di civiltà.
È avvilente constatare quante persone si dichiarino buoni cittadini o si professino ferventi cristiani, e poi neghino ai migranti che sono tra noi - e che come noi lavorano onestamente - i diritti che spettano a ogni essere umano: soltanto perché hanno un colore diverso, parlano una lingua sconosciuta o professano una religione a noi estranea. I cristiani in modo particolare dovrebbero ricordare il monito "Non maltrattate e non opprimete lo straniero. Ricordate che voi stessi eravate stranieri nella terra d'Egitto" (Esodo 22). Così come tutti dovremmo ricordare la frase di Euripide (Medea, 431 a.C.): "Non c'è dolore più grande della perdita della terra natia"».
Come promuovere - dalla famiglia, alla scuola, alla società (media) - l'opera d'informazione e formazione della coscienza democratica?
«L'intelletto e le coscienze hanno bisogno di essere formate, cioè attrezzate di anticorpi contro i veleni della disinformazione. Ma il nostro sistema educativo pare impari. Le riforme scolastiche si moltiplicano e a ritmi che il sistema non regge, anche perché molte volte contraddittorie. Ora siamo di fronte a un'ennesima svolta che, non vivendola dall'interno, non posso giudicare. Però mi auguro che la scuola diventi sempre più scuola di vita e svolga al meglio "l’educazione civica", formando cittadini solidali e responsabili, aperti alle altre culture, che aderiscano convinti ai valori di libertà e uguaglianza.
Gli studenti delle scuole superiori della provincia di Teramo, incontrati nell'ambito del progetto Il prefetto va a scuola, li ho trovati consapevoli della fragilità della democrazia, dei pericoli che corre, della necessità di opporsi ai suoi nemici mortali: il terrorismo, la criminalità organizzata, il ribellismo anarchico, le ideologie totalitarie3. I mali odierni richiedono di potenziare la sinergia tra le varie agenzie educative - famiglia, scuola, realtà ecclesiali (oratori e volontariato), ecc. -, ricordando che siamo esseri umani fragili, limitati. Abbiamo bisogno gli uni degli altri e il come ci relazioniamo agli altri cambia la nostra vita privata, affettiva, sociale. Ciascuno di noi è il centro del mondo e al tempo stesso siamo collegati e influenzati da una miriade di altri mondi: persone reali o quelle che ci parlano da tv, giornali, Internet.
Da questa complessa interazione nasce la società che tutti insieme costruiremo. Se questa società non ci piace, ognuno deve mettere in moto processi che attivino quegli scudi protettivi dei quali parlavo prima. Ciascuno di noi deve fare la sua parte. I campi d'intervento sono tanti: dalle organizzazioni cattoliche a quelle laiche, che tanto stanno facendo - e senza clamori - per migliorare la società. Non ci sono dunque alibi, nemmeno quelli di carattere sociologico che fanno ricadere le colpe su generici "mali della società".
La pigrizia dev'essere sconfitta, come pure lo sconforto che prende quando vediamo dilagare illegalità, violenza, perdita del senso morale. È questa la vera rivoluzione: la democrazia partecipata, che non delega ma vive d'impegno costante, che non lascia nulla d'intentato, nonostante delusioni e sconfitte. Perché ci si salva tutti insieme, in uno sforzo collettivo che, per essere produttivo, dev'essere alieno da partigianeria, critiche preconcette e da tutto ciò che divide. Soltanto animati da questo spirito realizzeremo istituzioni migliori, giornali migliori, una migliore classe politica. In definitiva: una polis migliore».
1 Nell'art. "Diritto d'asilo e salvataggio in mare", su Amministrazione Pubblica 32-33 / Luglio-Ottobre 2003, il dott. Camerino ricordava come il protocollo del 2000 firmato a Palermo contro il traffico di migranti via terra, mare e aria, se da un lato prevede misure per combattere il crimine transnazionale organizzato, obbliga tuttavia gli Stati a proteggere le persone che sono oggetto del traffico. L'art. 19 è chiaro: combattere il crimine non può giustificare una diminuzione dei diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, ai quali vanno assicurate misure di protezione e di assistenza.
2 In questo senso lodiamo gli interventi di mons. A. Marchetto, del Pontificio consiglio Migrantes, di mons. D. Pompili, portavoce della Cei, del volontariato in genere e dell'associazionismo cattolico in specie (Acli, Ac, Caritas), senza dimenticare le perplessità sollevate da G. Cascini, segretario dell'Anm, e di vari procuratori capo (come quello di Venezia, V. Borracceti). Cf qualche "campione" in Avvenire 3.7.09, La Stampa 4.7.08, il Giornale 5.7.09 (notevoli gli interventi dell'on. A. Mantovano e di V. Messori, su carità cristiana e realismo, affinchè l'ossessione della sicurezza non generi maggiore insicurezza).
3 Cf il libro di F. Camerino, I giovani al tempo del 2008: a 60 anni dalla Costituzione, a 40 anni dal 68: da questi incontri e attraverso la voce dei ragazzi emergono sia le tante loro potenzialità, sia l'urgenza che la società attivi un canale bidirezionale di comunicazione con loro, attraverso cui far transitare idee, emozioni, esperienze che parlino del presente, dei diritti, di come la società democratica riesce a garantirli, di ciò che ciascuno può e deve fare per vivere la propria libertà senza ledere quella degli altri. Per il valore educativo, la giuria del premio "Città delle Rose", Roseto 2009, ha segnalato il libro con una menzione speciale.