Mondo Oggi

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 65

Venerdì, 19 Marzo 2010 14:28

L'avvio di un dialogo

Vota questo articolo
(1 Vota)

Forum” cattolico-musulmano in Vaticano

 

Dall'incontro, oltre al discorso del papa ai partecipanti. sono scaturiti una Dichiarazione comune, la proposta di un secondo appuntamento tra due anni in un paese islamico e la possibilità di istituire una commissione mista permanente.

Forse si apre una fase nuova nel rapporto tra cattolici e musulmani. Potrebbe essere l'avvio di un dialogo, anche se per ora su materie abbastanza limitate, come la pace e l'amore al prossimo, escluse quindi quelle propriamente teologiche. Questo, almeno, è l'auspicio di tutti, dopo il Forum cattolico-musulrnano - il primo del genere - che si è tenuto in Vaticano dal 4 al 6 novembre scorso.

L'idea di un incontro del genere era ; nata dalla lettera che 138 intellettuali e capi musulmani avevano inviato al papa e ai leader cristiani del mondo il 13 ottobre 2007, in risposta al discorso di Benedetto XVI all’Università tedesca di Ratisbona e alle polemiche che ne erano seguite. Il muftì di Bosnia-Erzegovina, Mustafa Ceric 1 ha ribadito lo shock e la “confusione” provocati nel mondo musulmano a da quelle parole del papa, di cui la stampa aveva dato a suo tempo ampi ragguagli. Ma, ha affermato, «dalle incomprensioni, nasce una comprensione più grande».

Di qui la decisione di inviare una lettera intitolata Una parola comune per reagire non solo attraverso la protesta, per dire: «Noi abbiamo un sogno, lavoriamo insieme per vedere cosa possiamo fare per la pace nel mondo».

 

Il tema della pace

 Ed è proprio su questo tema della pace che ha attirato l'attenzione Benedetto XVI nel suo discorso, il 6. Il novembre mattina, al termine dei lavori, in cui ha sottolineato che il nome di Dio può venire declinato solo con la pace e la fratellanza e che devano terminare le discriminazioni contro le religioni. Chiara, anche se implicita, l'allusione alla reciprocità che in tanti paesi musulmani non esiste.

Benedetto XVI ha rilevato che nonostante musulmani e cristiani abbiano "approcci diversi" riguardo alle questioni relative a Dio, essi sono «adoratori di un Dio che ci ha creati». Pertanto, ha sottolineato, «insieme dobbiamo dimostrare, attraverso il nostro reciproco rispetto e solidarietà, che noi ci consideriamo membri di un'unica famiglia: la famiglia che Dio ha amato e riunito dalla creazione del mondo alla fine della storia umana». «Questo incontro ­ha notato il papa -è un chiaro segno della nostra reciproca stima e del nostro desiderio ad ascoltarci gli uni gli altri con pieno rispetto. Posso assicurare di aver seguito in preghiera lo svolgimento del vostro incontro, consapevole che esso rappresenta un ulteriore passo verso una più profonda comprensione tra musulmani e cristiani nel quadro di altri incontri regolari che la Santa Sede promuove con altri gruppi musulmani». E gli "sviluppi positivi" emersi in questi giorni di dialogo non dovranno restare «limitati a un piccolo gruppo di esperti e studiosi » ma porsi «al servizio di tutti », dando "frutto" nella «vita di tutti i giorni».

 

Amore di Dio e amore del prossimo

Il papa si è poi soffermato sul tema scelto per l'incontro, Amore di Dio. Amore del prossimo, che coincide comunque con la sua prima enciclica dal titolo appunto Deus caritas est. «Per i cristiani, ha sottolineato, l'amore di Dio è profondamente unito all'amore per i nostri fratelli e sorelle, per tutti gli uomini e le donne, senza distinzione di razza e cultura». «Anche la tradizione musulma­na - ha proseguito Benedetto XVI ­ è chiara nell'incoraggiare un impegno concreto al servizio dei più bisognosi». «Dovremmo quindi lavorare insieme nel promuovere un genuino rispetto per la dignità della persona umana e i fondamentali diritti umani, anche se le nostre visioni antropologiche e le nostre teologie lo giustificano in modi differenti. C'è un grande e vasto campo - ha proseguito il papa - in cui possiamo agire insieme nella difesa e promozione dei valori morali che sono parte del nostro comune patrimonio». Questa azione si sostanzia nel riconoscimento della «centralità della persona e nella dignità di ogni essere umano». «Solo sulla base di questo riconoscimento» cristiani e musulmani possono «trovare un fondamento comune per costruire un mondo più fraterno, un mondo in cui i contrasti e le differenze sono affrontate pacificamente e in cui il potere devastante delle ideologie sia neutralizzato».

Sulla delicata questione dei diritti umani, del rispetto della libertà di culto e di professione di fede, sulla reciprocità, Benedetto XVI ha ribadito che «i leader politici e religiosi hanno il dovere di garantire il libero esercizio di tali diritti, nel pieno rispetto per la libertà di coscienza e libertà di religione dell'individuo. La discriminazione e la violenza che ancora oggi le persone religiose sperimentano in tutto il mondo, e spesso le violente persecuzioni a cui sono sottoposte, rappresentano degli atti inaccettabili e ingiustificabili, tanto più gravi e deplorevoli, quando sono compiute in nome di Dio. Il nome di Dio non può che essere un nome di pace e di fraternità, di giustizia e di amore. Siamo chiamati a dimostrare, con le nostre parole e soprattutto con le nostre azioni, che il messaggio delle nostre religioni è più che mai un messaggio di armonia e di comprensione reciproca. È’ essenziale che lo facciamo, perché altrimenti indeboliamo la credibilità e l'efficacia non solo del nostro dialogo, ma anche delle nostre stesse religioni». In apertura dell'udienza in Vaticano, Seyyed Hossein Nasr, docente di islam alla George Washington University, parlando di fronte a Benedetto XVI, ha precisato che «il fine della pace è comune tra le nostre due religioni e siamo qui proprio nella speranza di ottenere la pace tra cristianità e islam». Dopo aver sottolineato gli aspetti comuni delle religioni, Nasr ha riconosciuto che «entrambe le nostre storie sono state inframmezzate da periodi di violenza e quando la religione è stata forte nelle nostre società, diverse forze politiche hanno perpetrato la violenza nel suo nome e in taluni casi, questa violenza è stata legittimata dalle autorità religiose. Certamente non possiamo affermare che la violenza sia stata prerogativa di una sola religione». Nasr inoltre ha evidenziato le diverse esperienze della cristianità rispetto all'islam, relativamente all'umanesimo secolare e al razionalismo, notando come sia possibile farne tesoro e «imparare qualcosa ciascuno dall'altro», per «unirci nella lotta alla desacralizzazione e alle forze antireligiose del mondo moderno. Questo sforzo congiunto dovrebbe avvicinarci».

 

Una commissione mista permanente

 Dall’incontro, oltre al discorso del papa ai partecipanti, sono scaturiti una Dichiarazione comune presentata alla stampa il pomeriggio del 6 alla pontificia Università Gregoriana , la proposta di un secondo appuntamento tra due anni in un paese islamico e la possibilità di istituire una commissione mista permanente che possa affrontare situazioni di crisi e casi controversi nei rapporti tra le due religioni. Si apre dunque una fase nuova nei rapporti, all'insegna del dialogo e della disponibilità, ribaditi senza mezzi termini sia dal papa sia dalla stessa dichiarazione. La Dichiarazione finale inizia all'insegna della proclamazione della fede delle due religioni nell'amore di Dio e dunque del ruolo che queste hanno per stabilire un clima di fiducia tra i popoli e i credenti. Riprende, inoltre, temi dell'amore di Dio, del ruolo delle religioni nel mondo, dell'impegno dei credenti. Il testo, in quindici punti,si apre notando come «cattolici e musulmani sono chiamati a essere strumenti di amore e armonia tra i credenti e per tutta l'umanità, rigettando ogni forma di oppressione, violenza e terrorismo, soprattutto quello commesso in nome della religione, e sostenendo il principio di giustizia per tutti».«Per i cristiani - recita la dichiarazione - la sorgente e l'esempio dell’amore di Dio e del prossimo è l'amore di Cristo per suo Padre, per l'umanità e per ogni uomo», e «l'amore è il fondamento di tutti i comandamenti»; per i musulmani,«come affermato in Una parola comune, l'amore è una potenza eterna e trascendente che guida e trasforma la reciproca considerazione degli uomini»; questo amore «viene prima dell'amore umano per l'unico vero Dio».

Cattolici e musulmani concordano sulla concezione della vita umana come «il dono più prezioso di Dio a ogni persona, da difendere e onorare in ogni sua fase». «La dignità umana deriva dal fatto che ogni persona» è creata da Dio«ed è stata dotata di ragione e libera volontà» e pertanto ogni persona ha diritto «al pieno riconoscimento della sua identità e libertà da parte di singoli, comunità e governi, da sostenersi attraverso una legislazione civile che assicuri uguali diritti e piena cittadinanza». Comune l'impegno «ad assicurare che la dignità umana e il rispetto vengano garantiti sulla stessa base a uomini e donne». «L'autentico amore per il prossimo implica» il «rispetto per le scelte in materia di coscienza e religione» e «comprende il diritto di singoli e comunità di praticare la propria religione in privato e in pubblico». Di qui l'importante richiamo,espresso senza ambiguità o reticenze, al rispetto dovuto alle «credenze e alle pratiche religiose» delle minoranze. In quanto credenti «cattolici e musulmani - prosegue la dichiarazione - siamo consapevoli dell'imperativo di testimoniare la dimensione trascendente della vita» in un mondo «sempre più secolarizzato e materialista», e «affermiamo che nessuna religione» dovrebbe essere esclusa dalla società, ma piuttosto «essere messa in grado di offrire il suo indispensabile contributo al bene della società stessa». Inoltre, «riconosciamo che la creazione di Dio, nella sua pluralità di culture, civiltà, lingue e popolazioni è una fonte di ricchezza e pertanto non dovrebbe mai divenire motivo di tensione e di conflitto» ed è un dovere per le due religioni quello di«offrire ai rispettivi credenti una solida formazione sui valori umani, civili, religiosi e morali» e «promuovere per ognuno di loro un'accurata informazione sulla religione degli altri». La Dichiarazione contiene anche un invito «ai credenti» a lavorare per un sistema finanziario etico, e «ai privilegiati del mondo a considerare la drammatica condizione di chi è duramente colpito dall'attuale crisi di produzione e distribuzione alimentare», e chiede l'impegno comune dei credenti di tutte le religioni e degli uomini di buona volontà. «È essenziale» per i giovani, «futuro delle comunità religiose e delle società», una buona formazione nelle tradizioni religiose proprie e altrettanta informazione su quelle altrui.

 

Toccati punti controversi

 Tra le reazioni dei partecipanti stessi, da notare quella di Joseph Maila, docente all'Istituto cattolico di Parigi, il quale ha dichiarato: «Abbiamo lavorato in spirito di umiltà evitando scetticismo e semplice buona volontà. Abbiamo toccato punti anche controversi come l'islamofobia, atteggiamento negativo dell'occidente, facendo delle differenze un punto di contatto». Secondo il docente francese,«le sfide che attendono il dialogo tra cattolici e musulmani sono teologiche:non si tratta di uno scambio di convenevoli ma di credenze; sono sfide etiche perché si tratta di riconoscere l'altro nella sua dignità e quindi nei suoi diritti che sono dono di Dio, e infine abbiamo sfide pratiche, legate alla necessità di evitare ogni discriminazione legata alla religione, l'islamofobia, la xenofobia e di garantire la libertà di coscienza». Temi richiamati anche, da parte musulmana, da Ingrid Mary Mattson, presidente della Società islamica del Nord America (Isna). «In questi giorni - ha detto -abbiamo ascoltato la voce delle minoranze e visto nei volti anche la loro sofferenza». Gli ha fatto eco padre Samir Khalil.gesuita, docente a Beirut: «Dobbiamo fare i conti con la storia che sempre di più ci costringe a vivere insieme. E per vivere insieme dobbiamo condividere qualcosa che appartiene alla nostra comune natura umana».

 

di Fabrizio Mastrofini

Testimoni n. 20 novembre 2008

 

Note

  1. Il muftii è un giurista autorizzato a emettere pareri su controversie di carattere giuridico. In molti paesi musulmani indica la più alta carica religiosa di uno stato o di una regione.

 

Letto 2371 volte

Search