Mondo Oggi

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 76

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 85

Mercoledì, 26 Maggio 2010 12:06

«Io, psichiatra e diacono, il mio servizio per i preti in crisi»

Vota questo articolo
(7 Voti)

Mi sono deciso a scrivere questa testimonianza dopo che un mio caro amico, a conoscenza del mio servizio verso i sacerdoti, cercò di provocarmi sul perché continuare dopo certi scandali. Quando risposi che oggi più che mai amo la Chiesa, replicò sorpreso: «Però, che fede!».

Certo non avevo mai pensato che il mio amore per la Chiesa fosse un tema interessante per qualcuno, ma poi mi sono detto che forse questo è il momento di parlare lasciando andare il cuore sperando che questo sia di qualche utilità in questo momento di grande confusione. di Marco Ermes Luparia, diacono permanente, psicologo psicoterapeuta, presidente dell’Apostolato accademico salvatoriano, responsabile del Centro Oasi di Elim e Monte Tabor

 

Amo la Chiesa innanzitutto perché mi è Madre. Lo è oggi ma lo è stata anche ieri, quando pieno del mio io potevo fare a meno di Dio. Silenziosamente, attraverso persone speciali, essa mi ha seguito da lontano e non si è fatta dissuadere dalle mie colpevoli infedeltà. Mi ha amato così come ero, dandomi il tempo del ravvedimento e della maturazione, senza dita puntate, paziente e piena di fiducia. La conversione è stata innanzitutto una profonda esperienza nella quale ho capito che cosa significa giudicare qualcun altro invece di allargare le braccia a dismisura fino ad aprirle alla stessa ampiezza di quelle del Crocefisso. Gesù di Nazareth ha lasciato che si forzasse la carne al legno per poter accogliere tutti, proprio tutti, ma soprattutto noi peccatori. Da questo abbraccio, dolce e sicuro, ho capito che cosa significa prendere le distanze dal peccato e continuare ad amare il peccatore. Così come fa quel Dio Mendicante seduto fuori dalla porta della nostra vita in attesa che gliela apriamo, per lasciarlo entrare nel nostro cuore e cambiarlo fino alla radice, anche quando tutto sembra opporsi.
E io cosa avevo da offrirgli? Cosa avevo da offrire al sofferente, al ferito, al rabbioso, al disperato? Solo quello che avevo imparato nella mia professione di psicoterapeuta che allora volgeva verso la fine dei tre lustri. Eravamo nel 1994 e avevo già intrapreso il mio cammino di formazione diaconale, e il "grembiule della lavanda dei piedi" mi si era impresso nell’anima. Dovevo solo iniziare: ero certo che Lui avrebbe fatto il resto. Così nacque l’Apostolato accademico salvatoriano, con i suoi primi due rami operativi: il Centro per la famiglia Mater Salvatoris e il Centro per il sostegno psicologico al clero Oasi di Elim.

Il primo era comprensibile data la professione, ma il secondo non aveva alcun senso se non in una profezia che allora non capii. Quando cominciò a crescere la fiducia della Chiesa verso le scienze umane cristianamente ispirate mi resi conto che si stava creando la condizione di una "vocazione nella vocazione". Da allora il mio "prossimo speciale" sono stati i sacerdoti, i consacrati e le consacrate che si sono rivolte al nostro centro. Oggi sono centinaia le persone passate dall’Oasi di Elim, e da un anno dal Monte Tabor. Due strutture a favore del clero e della vita consacrata fortemente volute la prima dalla diocesi di Roma e la seconda dalla diocesi di Albano. Ambedue vanno ben oltre la territorialità delle due diocesi svolgendo, con il sostegno della Cei, il loro servizio.

Chi sono quelli che ci chiedono aiuto? Sono persone cadute nella tribolazione del disagio psicologico. La maggior parte delle problematiche sono simili a quelle di coloro i quali si rivolgono ai nostri consultori familiari: stress, fobìe, oppure semplici disagi di ordine esistenziale, che comunque non consentono una vita e un ministero sereno. Anche i sacerdoti sono persone come tutti gli altri, anzi, molto più sollecitate dal sovraffaticamento e dallo stress. Quanti ne abbiamo accolti prima che stramazzassero per la fatica del loro ministero, a cui stavano dedicando senza riserva l’intera vita!  Di fronte a tanto amore e abnegazione come non potevo non innamorarmi di questi uomini e donne i cui confini del cuore tentavano di raggiungere l’ampiezza del Cuore di Dio!

Certamente nel percorso ho incontrato e toccato con mano anche lo scandalo della pedofilia e i suoi artefici. Ho incontrato i loro occhi toccando la profondità della loro paura e della loro vergogna. Quante sono queste persone rispetto all’insieme dei nostri "utenti"?

leggi tutto l'articolo sul sito di Avvenire

Letto 6420 volte Ultima modifica il Lunedì, 16 Aprile 2012 22:19

Search