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Mercoledì, 06 Aprile 2011 23:38

Ridire la fede in parrocchia

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Le parrocchie sono invitate a rinnovare la proposta formativa agli adulti. La necessità di "abitare" nuovi linguaggi per comunicare la fede. Occorrono nuovi "accompagnatori".

«Senza un'adeguata pastorale degli adulti la comunità cristiana rischia di essere sterile, di non dare adeguata testimonianza, di interrompere la trasmissione del messaggio tra le generazioni. Soprattutto di non vedere come il vangelo entra in dialogo con la cultura del nostro tempo, la purifica, la feconda e si lascia incarnare da essa. È dunque la motivazione missionaria il fondamento della "fatica" della nuova evangelizzazione». Questo è il punto di partenza del volume di don Luciano Meddi, docente di catechesi missionaria presso l'Urbaniana di Roma, il cui titolo è Ridire la fede in parrocchia. Il volume raccoglie e sistematizza gli interventi dell'autore pubblicati sulla nostra rivista dall'anno 2000 in poi.
Nel volume sono proposti alcuni itinerari formativi per gli adulti, perché - secondo l'autore, parroco per molti anni a Roma - «sembra che le parrocchie non sempre siano capaci di mettere in campo iniziative adeguate». L'autore sottolinea due esigenze necessarie per rilanciare una nuova pastorale: il tema della "rievangelizzazione" degli adulti e quello della loro formazione. Egli concentra la sua attenzione sulla necessità dell'inculturazione della fede, sul linguaggio da adottare, sulla qualità della comunicazione, sul percorso formativo e sulla necessità di individuare catechisti "accompagnatori", soprattutto degli adulti.

Rinnovare la catechesi agli adulti.

Don Meddi indica alcuni passaggi per un "progetto parrocchiale" possibile nella prospettiva della "nuova" evangelizzazione. Completano il volume una proposta di cinque percorsi di evangelizzazione e alcune indicazioni concrete per impostare un itinerario formativo nelle comunità parrocchiali. Tale proposta non nasce a tavolino, ma scaturisce dall'esperienza sviluppata in molti anni in diverse parrocchie di Roma, a contatto con gruppi di adulti. Ogni capitolo del volume termina con alcune indicazioni offerte per il consiglio pastorale ("Laboratorio pastorale"), per la comprensione di alcune parole chiave ("Vocabolario minimo") e viene segnalata una bibliografia essenziale.
Già nel primo capitolo, don Meddi invita a considerare una "tentazione" diffusa nella pastorale: «rifugiarsi nell'idea che per progettare la pastorale sia sufficiente la fotocopiatrice», dal momento che all'inizio del nuovo anno pastorale in molte parrocchie «troppo spesso si riprende il programma dell'anno precedente e lo si adatta in qualche parte». A volte invece ci si "accontenta" di riferirsi all'anno liturgico come "impianto formativo" ed evangelizzante. Questo non basta: occorre «individuare un nuovo principio organizzativo della pastorale» che implica un'azione di discernimento. Si tratta di «comprendere i bisogni pastorali», sapendo leggere «nella quotidianità del proprio territorio i desideri di salvezza di Dio»: quindi, «è la comprensione attenta della realtà, letta con le categorie della prassi messianica di Gesù, che rende la pastorale evangelizzatrice».
Si tratta di individuare le "occasioni" per evangelizzare e per "iniziare" alla vita cristiana, mettendo nelle condizioni ideali il parroco e il consiglio pastorale di progettare il proprio servizio missionario. Per fare questo sono indispensabili due "condizioni": in primo luogo, la "preparazione" e la "spiritualità" dei presbiteri per una maggiore interiorizzazione del messaggio evangelico; inoltre, è necessario progettare l'accompagnamento che segue il primo annuncio.
Nelle comunità parrocchiali, che oggi stanno attraversando una sorta di "fragilità", si tratta di "ridirsi" e "ridire": «forti nei momenti ufficiali, celebrativi, organizzativi, socializzanti, appaiono invece estremamente fragili quando devono manifestare la propria identità e proporre alle nuove generazioni i propri valori autentici e profondi». Del resto - afferma l'autore - «senza una forte crescita interiore i nostri cristiani stanno andando verso una deriva pluralista nutrita di innumerevoli esperienze religiose, che sono problematiche non perché "plurali", ma perché sembrano aver smarrito il centro che le possa rendere autentiche».
Mettere mano alla "prima" evangelizzazione comporta una conseguente "rievangelizzazione" dei battezzati: si deve ripartire dalla necessità di organizzare la "vita comunitaria" della parrocchia «secondo modelli più evangelici», dal momento che «prioritaria non è la difesa della chiesa a spada tratta, quanto il costruirla continuamente in fedeltà all'esperienza originaria». In altre parole, si tratta di «raccontare di nuovo il fatto - la passione di Gesù per la causa del Regno - che ha dato origine alla nostra storia»: ecco perché è fondamentale sottolineare l'importanza del "comunicare" la fede per "formare" la comunità attraverso un graduale e fecondo "accompagnamento" centrato sulla persona "adulta".
Su questa linea, l'autore approfondisce la riflessione del documento pastorale della Cei sull'evangelizzazione degli adulti L'iniziazione cristiana. 3: Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell'iniziazione cristiana in età adulta che invita le comunità cristiane «a sentirsi soggetto di tale compito (missionario) e a sperimentare forme di primo annuncio per completare l'iniziazione o la ripresa della vita cristiana».
Don Meddi rilancia un interrogativo interessante: la crisi della pastorale è una crisi "formativa"? Se la chiesa considera il tema della formazione come «espressione qualificata dell'evangelizzazione», allora «si raggiunge la conversione e la crescita della fede di comunità e persone attraverso il processo formativo» e «si manifesta l'amore di Dio e i valori del Regno permettendo ad ogni persona di avere diritto alla propria formazione».
Da qui la verifica da parte delle parrocchie della "qualità" dei processi formativi rivolti agli adulti, alla luce della "necessità" della loro formazione, del "a che cosa deve mirare" la catechesi rivolta a loro, del "quale modello di formazione" si ha in mente e del "quando" la comunicazione è formativa.

Per una pluralità di linguaggi.

In questo percorso formativo occorre accettare la "sfida educativa" della pluralità di linguaggi, rendendo "parlanti" i linguaggi propri della fede (il linguaggio biblico, liturgico, quello della tradizione teologica e spirituale, il linguaggio del magistero…) e valorizzando quelli propri del nostro tempo (i linguaggi dei media, i cosiddetti "nuovi linguaggi", il parlare semplice e quotidiano della gente…).
Dal momento che la catechesi fa fatica oggi ad interagire con i processi culturali in atto, si tratta di rimettere al centro dei processi formativi di "rievangelizzazione" «il diritto del soggetto» a partire dalla Scrittura e "ridicendo" la Tradizione. La Scrittura va letta secondo una prospettiva "progettuale" rispettando la sua natura "teologica" (in quanto parola di Dio), ma anche antropologica (cioè «capace di suggerire vie per la trasformazione della società, attraverso la spiritualità dei segni dei tempi»).
Don Meddi offre alcune "linee" per ripensare la catechesi agli adulti. Si tratta di porre "di nuovo" la domanda: chi è il cristiano? Non si tratta certamente di accontentarsi di una "definizione" del credente, ma di "ridiscutere" il suo progetto di vita e di porre come "principio unificante" della sua vita l'esperienza di fede di Gesù. È necessaria quindi una catechesi agli adulti che «aiuti a ripensare la propria esperienza umana e religiosa», «a valutare le proprie precomprensioni religiose», «abiliti a comprendere in modo adulto le categorie del messaggio cristiano» e che «porti all'adesione alla fede di Gesù di Nazaret».
Ecco perché la catechesi agli adulti si realizza attraverso un progetto pastorale complessivo che dovrà tenere occupato il consiglio pastorale per diversi anni: don Meddi fa notare che «occorre rievangelizzare gli adulti con una qualche forma di catecumenato per poi costruire comunità profetiche».
Il "primo passo" di questo itinerario sarà la rievangelizzazione dei cosiddetti "vicini" che sono chiamati a «passare da una fede cerebrale e individuale ad un'esperienza comunitaria e progettuale». Contemporaneamente, in ambito celebrativo, occorrerà «abbandonare l'approccio moralistico, fondamentalistico, magico-sacrale, sacramentalistico, ecclesiocentrico e avventurarsi nella strada dell'evangelizzazione».
Il secondo passo sarà la proposta di "nuove" e "piccole" comunità, dal momento che «chi ha fatto una tale esperienza sarà capace di accogliere e sostenere coloro che "sono mossi dallo Spirito" (Rica 1-2) e, sollecitati dalla sapienza pastorale, si sentono pronti a rispondere alla chiamata del vangelo».
Il terzo passo sarà la "missionarietà" verso i praticanti e i "lontani": si tratta di quelle le persone che frequentano la messa domenicale e anche di quei genitori che chiedono i sacramenti per i loro ragazzi.

"Nuovi" catechisti degli adulti?

Da questa "nuova" impostazione nasce l'urgenza di avere "nuovi" catechisti per gli adulti. Una comunità centrata sulla rievangelizzazione degli adulti ha necessariamente bisogno di «coloro che hanno il carisma di testimoniare la serietà e l'entusiasmo della fede e dell'esperienza che essi vivono nella comunità», di «persone che sappiano creare il primo aggancio nelle differenti occasioni che la pastorale ordinaria crea o può inventare», di «operatori culturali che si occupino di collegarsi con i centri culturali presenti nel territorio» e di «operatori che sappiano testimoniare la vicinanza delle comunità nelle diverse realtà della vita».
Oggi le comunità parrocchiali fanno fatica a svolgere nel mondo la loro missione, in quanto esse generalmente sono lette come «luoghi di fuga dalla realtà» o capaci solo di «intervenire su di essa con lo spirito del samaritano», con l'idea «di chi, non avendo un chiaro progetto di società, di persona e di chiesa da annunciare, si limita a ricordare e a spronare gli adulti a contribuire almeno con un po' di carità».
In conclusione, viene sottolineata la caratteristica principale che deve avere il catechista degli adulti: «la passione per la ricostruzione del tessuto missionario delle nostre comunità». Anche il presbitero sarà chiamato sempre di più ad essere "animatore di comunità" missionarie, pur sapendo che la maggioranza dei pastori «non è stata preparata» a quel compito di «riconciliazione delle "differenti" esperienze pastorali».
Il volume di don Meddi è rivolto a presbiteri, operatori pastorali, catechisti e membri dei consigli pastorali, perché sappiano riflettere sulla questione della catechesi agli adulti, sui suoi problemi e sulle sue prospettive, secondo quella "rievangelizzazione" che offrirà nuove garanzie per il futuro.

di Mauro Pizzighini
Settimana n. 45 anno 2010

Letto 2329 volte Ultima modifica il Martedì, 05 Aprile 2011 23:59

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