«Senza un'adeguata pastorale  degli adulti la comunità cristiana rischia di essere sterile, di non dare  adeguata testimonianza, di interrompere la trasmissione del messaggio tra le  generazioni. Soprattutto di non vedere come il vangelo entra in dialogo con la  cultura del nostro tempo, la purifica, la feconda e si lascia incarnare da  essa. È dunque la motivazione missionaria il fondamento della  "fatica" della nuova evangelizzazione». Questo è il punto di partenza  del volume di don Luciano Meddi, docente di catechesi missionaria presso  l'Urbaniana di Roma, il cui titolo è Ridire la fede in parrocchia. Il volume raccoglie e sistematizza gli interventi  dell'autore pubblicati sulla nostra rivista dall'anno 2000 in poi.
 Nel volume sono proposti  alcuni itinerari formativi per gli adulti, perché - secondo l'autore, parroco  per molti anni a Roma - «sembra che le parrocchie non sempre siano capaci di  mettere in campo iniziative adeguate». L'autore sottolinea due esigenze  necessarie per rilanciare una nuova pastorale: il tema della  "rievangelizzazione" degli adulti e quello della loro formazione.  Egli concentra la sua attenzione sulla necessità dell'inculturazione della  fede, sul linguaggio da adottare, sulla qualità della comunicazione, sul  percorso formativo e sulla necessità di individuare catechisti "accompagnatori",  soprattutto degli adulti.
Rinnovare la catechesi agli adulti.
Don Meddi indica alcuni  passaggi per un "progetto parrocchiale" possibile nella prospettiva  della "nuova" evangelizzazione. Completano il volume una proposta di  cinque percorsi di evangelizzazione e alcune indicazioni concrete per impostare  un itinerario formativo nelle comunità parrocchiali. Tale proposta non nasce a  tavolino, ma scaturisce dall'esperienza sviluppata in molti anni in diverse  parrocchie di Roma, a contatto con gruppi di adulti. Ogni capitolo del volume  termina con alcune indicazioni offerte per il consiglio pastorale  ("Laboratorio pastorale"), per la comprensione di alcune parole  chiave ("Vocabolario minimo") e viene segnalata una bibliografia  essenziale.
 Già nel primo capitolo, don  Meddi invita a considerare una "tentazione" diffusa nella pastorale:  «rifugiarsi nell'idea che per progettare la pastorale sia sufficiente la  fotocopiatrice», dal momento che all'inizio del nuovo anno pastorale in molte  parrocchie «troppo spesso si riprende il programma dell'anno precedente e lo si  adatta in qualche parte». A volte invece ci si "accontenta" di  riferirsi all'anno liturgico come "impianto formativo" ed  evangelizzante. Questo non basta: occorre «individuare un nuovo principio  organizzativo della pastorale» che implica un'azione di discernimento. Si  tratta di «comprendere i bisogni pastorali», sapendo leggere «nella  quotidianità del proprio territorio i desideri di salvezza di Dio»: quindi, «è  la comprensione attenta della realtà, letta con le categorie della prassi  messianica di Gesù, che rende la pastorale evangelizzatrice».
 Si tratta di individuare le  "occasioni" per evangelizzare e per "iniziare" alla vita  cristiana, mettendo nelle condizioni ideali il parroco e il consiglio pastorale  di progettare il proprio servizio missionario. Per fare questo sono  indispensabili due "condizioni": in primo luogo, la  "preparazione" e la "spiritualità" dei presbiteri per una  maggiore interiorizzazione del messaggio evangelico; inoltre, è necessario progettare  l'accompagnamento che segue il primo annuncio.
 Nelle comunità parrocchiali,  che oggi stanno attraversando una sorta di "fragilità", si tratta di  "ridirsi" e "ridire": «forti nei momenti ufficiali,  celebrativi, organizzativi, socializzanti, appaiono invece estremamente fragili  quando devono manifestare la propria identità e proporre alle nuove generazioni  i propri valori autentici e profondi». Del resto - afferma l'autore - «senza  una forte crescita interiore i nostri cristiani stanno andando verso una deriva  pluralista nutrita di innumerevoli esperienze religiose, che sono problematiche  non perché "plurali", ma perché sembrano aver smarrito il centro che  le possa rendere autentiche».
 Mettere mano alla  "prima" evangelizzazione comporta una conseguente "rievangelizzazione"  dei battezzati: si deve ripartire dalla necessità di organizzare la "vita  comunitaria" della parrocchia «secondo modelli più evangelici», dal  momento che «prioritaria non è la difesa della chiesa a spada tratta, quanto il  costruirla continuamente in fedeltà all'esperienza originaria». In altre  parole, si tratta di «raccontare di nuovo il fatto - la passione di Gesù per la  causa del Regno - che ha dato origine alla nostra storia»: ecco perché è  fondamentale sottolineare l'importanza del "comunicare" la fede per  "formare" la comunità attraverso un graduale e fecondo  "accompagnamento" centrato sulla persona "adulta".
 Su questa linea, l'autore  approfondisce la riflessione del documento pastorale della Cei  sull'evangelizzazione degli adulti L'iniziazione cristiana. 3: Orientamenti  per il risveglio della fede e il completamento dell'iniziazione cristiana in  età adulta che invita le comunità cristiane «a sentirsi soggetto di tale  compito (missionario) e a sperimentare forme di primo annuncio per completare  l'iniziazione o la ripresa della vita cristiana».
 Don Meddi rilancia un  interrogativo interessante: la crisi della pastorale è una crisi  "formativa"? Se la chiesa considera il tema della formazione come  «espressione qualificata dell'evangelizzazione», allora «si raggiunge la  conversione e la crescita della fede di comunità e persone attraverso il  processo formativo» e «si manifesta l'amore di Dio e i valori del Regno  permettendo ad ogni persona di avere diritto alla propria formazione».
 Da qui la verifica da parte  delle parrocchie della "qualità" dei processi formativi rivolti agli  adulti, alla luce della "necessità" della loro formazione, del  "a che cosa deve mirare" la catechesi rivolta a loro, del "quale  modello di formazione" si ha in mente e del "quando" la  comunicazione è formativa.
Per una pluralità di linguaggi.
In questo percorso  formativo occorre accettare la "sfida educativa" della pluralità di  linguaggi, rendendo "parlanti" i linguaggi propri della fede (il  linguaggio biblico, liturgico, quello della tradizione teologica e spirituale,  il linguaggio del magistero…) e valorizzando quelli propri del nostro tempo (i  linguaggi dei media, i cosiddetti "nuovi linguaggi", il parlare  semplice e quotidiano della gente…).
 Dal momento che la catechesi  fa fatica oggi ad interagire con i processi culturali in atto, si tratta di  rimettere al centro dei processi formativi di "rievangelizzazione"  «il diritto del soggetto» a partire dalla Scrittura e "ridicendo" la Tradizione. La  Scrittura va letta secondo una prospettiva "progettuale" rispettando  la sua natura "teologica" (in quanto parola di Dio), ma anche  antropologica (cioè «capace di suggerire vie per la trasformazione della  società, attraverso la spiritualità dei segni dei tempi»).
 Don Meddi offre alcune  "linee" per ripensare la catechesi agli adulti. Si tratta di porre  "di nuovo" la domanda: chi è il cristiano? Non si tratta certamente  di accontentarsi di una "definizione" del credente, ma di  "ridiscutere" il suo progetto di vita e di porre come "principio  unificante" della sua vita l'esperienza di fede di Gesù. È necessaria  quindi una catechesi agli adulti che «aiuti a ripensare la propria esperienza  umana e religiosa», «a valutare le proprie precomprensioni religiose», «abiliti  a comprendere in modo adulto le categorie del messaggio cristiano» e che «porti  all'adesione alla fede di Gesù di Nazaret».
 Ecco perché la catechesi agli  adulti si realizza attraverso un progetto pastorale complessivo che dovrà  tenere occupato il consiglio pastorale per diversi anni: don Meddi fa notare  che «occorre rievangelizzare gli adulti con una qualche forma di catecumenato  per poi costruire comunità profetiche».
 Il "primo passo" di  questo itinerario sarà la rievangelizzazione dei cosiddetti "vicini"  che sono chiamati a «passare da una fede cerebrale e individuale ad  un'esperienza comunitaria e progettuale». Contemporaneamente, in ambito  celebrativo, occorrerà «abbandonare l'approccio moralistico, fondamentalistico,  magico-sacrale, sacramentalistico, ecclesiocentrico e avventurarsi nella strada  dell'evangelizzazione».
 Il secondo passo sarà la  proposta di "nuove" e "piccole" comunità, dal momento che  «chi ha fatto una tale esperienza sarà capace di accogliere e sostenere coloro  che "sono mossi dallo Spirito" (Rica 1-2) e, sollecitati dalla  sapienza pastorale, si sentono pronti a rispondere alla chiamata del vangelo».
 Il terzo passo sarà la  "missionarietà" verso i praticanti e i "lontani": si tratta  di quelle le persone che frequentano la messa domenicale e anche di quei genitori  che chiedono i sacramenti per i loro ragazzi.
"Nuovi" catechisti degli adulti?
Da questa  "nuova" impostazione nasce l'urgenza di avere "nuovi"  catechisti per gli adulti. Una comunità centrata sulla rievangelizzazione degli  adulti ha necessariamente bisogno di «coloro che hanno il carisma di  testimoniare la serietà e l'entusiasmo della fede e dell'esperienza che essi  vivono nella comunità», di «persone che sappiano creare il primo aggancio nelle  differenti occasioni che la pastorale ordinaria crea o può inventare», di  «operatori culturali che si occupino di collegarsi con i centri culturali  presenti nel territorio» e di «operatori che sappiano testimoniare la vicinanza  delle comunità nelle diverse realtà della vita».
 Oggi le comunità parrocchiali  fanno fatica a svolgere nel mondo la loro missione, in quanto esse generalmente  sono lette come «luoghi di fuga dalla realtà» o capaci solo di «intervenire su  di essa con lo spirito del samaritano», con l'idea «di chi, non avendo un  chiaro progetto di società, di persona e di chiesa da annunciare, si limita a  ricordare e a spronare gli adulti a contribuire almeno con un po' di carità».
 In conclusione, viene  sottolineata la caratteristica principale che deve avere il catechista degli  adulti: «la passione per la ricostruzione del tessuto missionario delle nostre  comunità». Anche il presbitero sarà chiamato sempre di più ad essere  "animatore di comunità" missionarie, pur sapendo che la maggioranza  dei pastori «non è stata preparata» a quel compito di «riconciliazione delle  "differenti" esperienze pastorali».
 Il volume di don Meddi è  rivolto a presbiteri, operatori pastorali, catechisti e membri dei consigli  pastorali, perché sappiano riflettere sulla questione della catechesi agli  adulti, sui suoi problemi e sulle sue prospettive, secondo quella  "rievangelizzazione" che offrirà nuove garanzie per il futuro.
di  Mauro Pizzighini
 Settimana n. 45 anno 2010
