Mondo Oggi

Sabato, 01 Ottobre 2011 11:58

Un futuro c'è

Vota questo articolo
(2 Voti)

di Alberto Subioli

Gli ultimi anni confermano un progressivo peggioramento globale dello stato ambientale del pianeta, ed un aumento della forbice che separa i più ricchi dai più deboli.

 

Premessa

Le vicende storiche e culturali del nostro passato hanno generato la convinzione che non ci fosse un limite al progresso così come l’abbiamo vissuto, ed anche alla ricaduta del relativo benessere su tutta l’umanità.
Oggi si sta sempre più confermando la certezza che ciò non è possibile, e anzi gli ultimi anni confermano un progressivo peggioramento globale dello stato ambientale del pianeta, ed un aumento della forbice che separa i più ricchi dai più deboli.
Dunque appare inevitabile applicarsi alla nascita di un secondo periodo storico che, conservando i risultati fondamentali cui è giunta l’umanità, eviti la dissoluzione delle forme positive della vita che ci sono state trasmesse.
Dato che il peggioramento delle condizioni di vita ha cause umane, risulta necessario modificare alcune abitudini e modi di essere, perché si possa salvare il pianeta.
Oltre a questo si dovrà metter mano ad alcune strutture sociali in modo da evitare una così forte differenza nel godimento dei beni della terra nella comunità umana.
Sulla necessità di fare qualcosa c’è un diffuso consenso a parole mentre, al momento di concretizzare anche un piccolo aggiustamento verso l’ambiente e la società, in alcuni ceti sociali scattano meccanismi che generano difficoltà di ogni genere.
C’è quindi un immenso divario anzitutto culturale e morale che va colmato e, conseguentemente, anche un atteggiamento politico che sappia condurre l’azione pubblica verso il bene generale anziché verso interessi particolari mirati al consenso immediato.

 

Uno sguardo sullo stato del mondo

Più o meno sono 10.000 anni che l’umanità ha concentrato il suo impegno prima alla sopravvivenza e poi al miglioramento della propria condizione di vita.
Passaggi come il controllo del fuoco, l’invenzione della ruota, la graduale utilizzazione dei metalli, ed altre tecniche basilari, hanno consentito lo sviluppo sistematico dell’agricoltura e la costruzione delle città, in maniera stabile e diffusa.
In seguito la civiltà industriale e lo sviluppo delle scienze hanno quasi improvvisamente reso possibile una svolta decisiva del cammino dell’umanità dando origine ad attività complesse e ricchezze per lo più concentrate, creando quindi un sistema simile a quello in cui oggi viviamo.

Complessivamente la disponibilità di beni di cui alcune aree del mondo possono godere è certamente la più alta mai raggiunta nella storia.

Ma tale benessere contiene aspetti negativi che, pur gravando per il momento sopratutto sulle popolazioni più povere, includono realtà e tendenze che hanno iniziato a danneggiare anche le popolazioni più ricche, e che anzi già si avvertono pesantemente in tutto il pianeta.

I primi sintomi di un disagio globale e pericoloso per tutta l’umanità si sono cominciati ad analizzare verso la fine della seconda guerra mondiale ed hanno riguardato il rapporto dell’uomo con il territorio e, più in generale, con l’ambiente.
Devastazioni ambientali, esaurimento delle risorse, inquinamento dell’atmosfera, avvelenamento dei mari, problemi quasi insolubili per lo smaltimento dei rifiuti, scomparsa di specie viventi, fiumi impraticabili, falde acquifere scomparse o inutilizzabili, prodotti della terra incommestibili o addirittura radioattivi, maggiore frequenza dei fenomeni climatici sconvolgenti, smottamenti delle case, delle strade, delle ferrovie. Sono alcuni degli aspetti negativi prodotti da un progresso tecnologico che non si é posto limiti nello sviluppo incontrollato.
Alla causa tecnologica di allarme va aggiunto anche un previsto aumento della popolazione mondiale che potrebbe rendere più acuti i problemi.
Già verso il 1965 erano stati individuati i primi pesanti effetti della crisi, ed il Club di Roma commissionò, finanziandolo, uno studio specifico al Massachusetts Institute of Technology (MIT). A partire dal gennaio 1972 furono pubblicati i risultati di tale studio un in un libro intitolato “I limiti dello Sviluppo”. Da quel momento i pericoli già temuti ebbero una conferma dal modello matematico adoperato e si verificò un fenomenale accrescimento della conoscenza in campo ecologico.
Se le ipotesi assunte dal Rapporto fossero state vere, il tipo di sviluppo che l’umanità aveva fiduciosamente seguito fin dall’inizio della vita organizzata, si sarebbe dovuto cambiare in pochi anni pena il verificarsi di danni irreparabili.
Lo sconcerto fu notevole ma gli economisti ed i politici rimasero in attesa di conferme. Non così avvenne per numerose persone e gruppi sparsi, per lo più nel mondo sviluppato, che cominciarono a pensare e realizzare processi “sostenibiliin grado cioè di fare a meno di prodotti in conflitto con l’ambiente e indipendenti da materie prime esauribili.

Altro aspetto negativo è quello della forte disparità nell’utilizzo delle risorse disponibili. Una parte dell’umanità, quella sviluppata, consuma gran parte dei beni della terra mentre l’altra parte vive nella povertà che, in molti luoghi, non assicura neppure i mezzi per sopravvivere. Non solo, ma la disparità tra ricchi e poveri va aumentando sempre più: In particolare i lavoratori vengono colpiti da spostamenti di impianti di produzione e di coltivazione con l’unica regola dell’aumento del profitto per pochi.
Le tensioni sociali, le guerre, la disperazione di molti, la diffusione della droga, la migrazione senza regole di intere popolazioni sono da annoverare tra le conseguenze di tale ingiusta distribuzione dei beni della terra.

 

Linee per un possibile cambiamento

La difesa dell’ambiente è stata motivata, da parte di milioni di persone dalla minaccia della fine dell’umanità sul pianeta.
Contemporaneamente è cominciata a delinearsi una nuova economia che, pur occupandosi dello sviluppo ecologicamente sostenibile, evitasse di basarlo sul continuo aumento dei consumi e sul profitto. Qualcuno ha cominciato a pensare concretamente ad nuovo modello di sviluppo che ha preso varie denominazioni tra cui quello di green economy.
In associazione con altre correnti di pensiero preoccupate del degrado sociale del mondo sviluppato e dell’inaccettabile disagio di quello sottosviluppato, le caratteristiche della green economy si sono andate implementando includendo anche aspetti sociali.
In particolare è stato chiaro che lo sviluppo di un cambiamento così impegnativo richiedeva che, nel tempo, tutta l’umanità ne fosse partecipe

Si è parlato di astronave terra e cioè di un sistema ove o ci si salva tutti o non si salva nessuno.
La chiara visione del destino comune aveva come corollario il riconoscimento reciproco dei propri diritti e doveri. Le definizione della condizione umana espressa dai Diritti dell’Uomo (Nazioni Unite 1948) passava da uno stato di buone intenzioni ad uno stato di necessità.
Su tale tema si è scritto molto ma vale la pena di avere sottomano la Carta della Terra www.cartadellaterra.it/index.php che si definisce “una dichiarazione di principi etici fondamentali per la costruzione di una società globale giusta, sostenibile e pacifica nel 21° secolo”.
La Carta fu varata nel giugno 2000, venne tradotta in 40 lingue e approvata da oltre 2500 organizzazioni che rappresentano gl’interessi di centinaia di milioni di persone. La Carta è costantemente aggiornata sulla base di considerazioni migliorative provenienti da ogni parte del mondo.
Alcune caratteristiche della green economy sono in divenire. Il profilo oggi raggiunto potrebbe essere così riassunto:
A – Lo sviluppo delle finalità economiche va realizzato senza recare danni all’ambiente.
B – La produzione va ottenuta con modalità sostenibili, e cioè senza utilizzo di materiali o processi che non possano riprodursi.
C – L’economia deve rendere disponibili i beni della terra a favore del benessere collettivo.


Di seguito viene fornito qualche cenno di maggiore dettaglio per illustrare le caratteristiche sopra enunciate.

 

A – Lo sviluppo delle finalità economiche va realizzato senza recare danni all’ambiente

Come scritto sopra l’ambiente ha già subito danni ingenti:i quali hanno già contribuito a creare vaste zone d’intrinseca instabilità che continuamente producono danni rilevanti e morti.

Per l’ambiente occorrono regole regionali, nazionali, sovranazionali ed investimenti in difesa della salute e delle attese dei cittadini.
Non deve essere più possibile devastare l’ambiente a proprio piacimento. Servono leggi e strutture organizzative efficienti per prevenire e contrastare con decisione ogni abuso.
C’è un altro fronte che ha danneggiato e minaccia sempre più l’ambiente ed è costituito dai rifiuti.
Rifiuti solidi, liquidi e gassosi che da tempo hanno superato abbondantemente la soglia di accettabilità.
L’obiettivo ambizioso ma non impossibile sarebbe quello di giungere ad una comunità umana con “Rifiuti Zero”.

Rifiuti solidi
Non si può continuare con le grandi discariche che spesso producono veleni nascosti, occupano immensi spazi e non sono accettati dalla popolazione.
Va cancellata l’idea di “buttare via” un oggetto.
Gli oggetti vanno riciclati:
- perché sarà sempre più difficile trovare spazi adatti al loro accumulo;
- per recuperare materie prime senza depauperare le risorse disponibili sulla terra;
- per produrre energia che non inquini;

Ma il riciclaggio deve cominciare dalla progettazione e costruzione degli oggetti d’uso che dovranno utilizzare materiali riciclabili, dichiarando la composizione e riducendo gli imballaggi.
Naturalmente si dovrà predisporre un sistema di riciclaggio che sia intrinsecamente economico e che non gravi sulle finanze della collettività.
Per fare ciò non è pensabile selezionare i rifiuti prelevandoli da una raccolta indifferenziata, ma il cittadino stesso dovrà preventivamente operare una selezione, che sia facilmente realizzabile e che favorisca lo smistamento verso gl’impianti di riciclaggio con mezzi di trasporto sostenibili.
Ci si renderà facilmente conto che la progettazione, la realizzazione e l’esercizio del sistema “trattamento rifiuti” dovrà essere oggetto di accurati studi che le strutture pubbliche, gl’imprenditori pubblici e privati, le banche, le rappresentanze dei cittadini dovranno intraprendere.

Bisogna contemperare una raccolta differenziata che sia facilmente realizzabile dal cittadino, una serie di stabilimenti di riciclaggio adeguata, ed una rete di raccolta e trasporto che renda minimi i percorsi ed i costi E’ evidente che non tutti gli aggregati urbani potranno disporre delle diverse strutture di riciclo e dovrà essere prevista la formazione di consorzi e, forse, di stazioni intermedie per accumuli temporanei e per ulteriori differenziazioni.
La realizzazione di un sistema come quello sopraccennato richiede molti anni la preparazione dei cittadini, la sensibilizzazione delle forze politiche, la disponibilità finanziaria iniziale almeno a livello sopraregionale. Non può essere, nel suo insieme, una scelta isolata di un governo che non avrebbe le risorse temporali e finanziarie per completare un sistema simile. Serve una decisione al più alto livello possibile cui i vari governi che si succedono dovranno fornire il massimo’impegno.
Se così fosse, s’inizierebbe un percorso virtuoso interpolitico nel quale ciascuno darà ciò che potrà dare evitando dannosi obiettivi a breve o imperdonabili omissioni.
Nel frattempo, comunque venga realizzata dai vari comuni, va continuata ed incrementata l’attuale raccolta differenziata per quello che può dare e per consolidare le abitudini delle famiglie.

Rifiuti liquidi
Anche i rifiuti liquidi vanno riciclati per evitare l’inquinamento dei fiumi, laghi, mare e falde acquifere.
Spesso i processi non sono semplici e sono molti. Questa sede non ha per fine la descrizione di detti processi che quindi verrà omessa. Peraltro di alcune modalità si è fatto cenno in una comunicazione precedente.
Nota particolare merita l’acqua che subisce un ciclo di rigenerazione naturale. Ma l’acqua stessa, che pure è rigenerata naturalmente, può arrivare a non essere sufficiente per tutta l’umanità e dunque va riutilizzata dopo opportuno trattamento.
Il tema dei rifiuti liquidi richiede sopratutto l’intervento di specialisti. L’utente medio deve limitarsi a portare i rifiuti speciali nei punti di raccolta e non sprecare l’acqua.
Il recupero dell’acqua generalmente riguarda interi fabbricati, quartieri nuovi,o lavorazioni speciali.

Rifiuti gassosi
Sono per lo più prodotti da fabbriche, mezzi di trasporto, centrali elettriche e sono costituiti sopratutto dal rilascio dei fumi prodotti dalla combustione di idrocarburi (carbone, petrolio e metano).
Ma nella combustione vengono prodotte anche altre sostanze pericolose come ossidi di azoto e polveri fini. La quantità più rilevante dei fumi è costituita da anidride carbonica (CO2). Per avere delle valutazioni sintetiche gli altri fumi pericolosi vengono inclusi nel calcolo globale in termini di CO2 equivalente e cioè la quantità di CO2 che produrrebbe danni analoghi.
E’ risaputo che, la CO2 equivalente costituisce un serissimo pericolo per la salute delle persone e provoca molti morti e malati all’anno

Alla CO2 si imputa anche l’ ”effetto serra” che influisce negativamente sulle variazioni climatiche con piogge concentrate, tornado e scioglimento dei ghiacci.
Alla riduzione fino all’eliminazione dei fumi dannosi dovranno concorrere sopratutto le forme di energia sostenibile, il cambio di alcune tecnologie di fabbricazione oltre che sostanziali interventi nel settore trasporti.

 

B – La produzione va ottenuta con modalità sostenibili, e cioè senza utilizzo di materiali o processi che non possano riprodursi

Sostenibilità della produzione significa che la produzione di energia e di altri beni d’uso va assicurata con fonti naturalmente rinnovabili.
In campo energetico tali fonti ad oggi sono soprattutto il sole, il vento, e l’acqua in movimento. L’Italia, in conformità alle altre nazioni della Comunità Europea è impegnata, a raggiungere, entro il 2020, una produzione con fonti rinnovabili pari al 20% del proprio fabbisogno.
Le fonti sostenibili hanno già raggiunto ragguardevoli traguardi economici e tecnologici ed altri se ne stanno preparando: il progresso tecnico è in continua evoluzione sia per quanto riguarda i materiali usati, sia per i rendimenti, sia per i costi. Lo sviluppo delle istallazioni in qualche caso è impressionante anche perché sono stati forniti incentivi finanziari.
Ma è importante verificare che l’energia ottenibile dalla loro vita presunta sia largamente superiore a quella spesa per costruirle.
Oltre alla sostenibilità l’attenzione e l’impegno dovranno concentrarsi sul risparmio energetico.

Il Risparmio energetico
Nella sua corretta accezione il Risparmio Energetico è l’uso razionale dell’energia già disponibile, e consiste nel miglioramento tecnologico di tutti i macchinari in costruzione ed apparecchi già in esercizio, nella riduzione delle dispersioni di calore nelle abitazioni, nella riduzione degli sprechi di energia non utilizzata, praticando abitudini più razionali e sobrie.
In una sua valutazione l’Enea ha stimato che, anche in uno scenario di consumi in aumento, il risparmio energetico da solo potrebbe sostituire nuove centrali elettriche per molti anni.
All’interno del risparmio energetico si pongono quindi varie tecniche che conviene affrontare separatamente. Sulle più importanti è prevedibile che sia utile tornare in futuro specificatamente E tuttavia molte pubblicazioni disponibili anche su Internet affrontano con sufficiente precisione tali temi ed a quelle, per ora, conviene rimandare.
Una componente molto importante del risparmio energetico è l’Efficienza Energetica.
Anche per i risvolti economici, politici e sociali che provoca conviene soffermarsi sulla Efficienza Energetica e cioè sul miglioramento tecnologico di tutti i macchinari in costruzione, apparecchi già in esercizio e nella riduzione delle dispersioni di calore nelle abitazioni.
Secondo la definizione dell’ing. Rino Romani responsabile dell’Unità Tecnica Efficienza Energetica dell’ENEA, “l’Efficienza Energetica è una componente essenziale della strategia energetica europea e nazionale, perché rappresenta lo strumento più efficace dal punto di vista della praticabilità tecnica, finanziaria e socio economica per ottenere risparmi nel breve-medio termine, e può fornire quindi un contributo significativo al raggiungimento dei traguardi nazionali di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni che il nostro paese si è impegnato a conseguire in ambito UE”.
Di fatto, secondo i limiti imposti dagli accordi in sede di’Unione Europea,, nel 2020 si dovrà raggiungere il valore del 20% sul risparmio di energia.
Ammettendo che l’energia elettrica incida per il 30% di tutti i consumi risulterebbe liberata un’energia potenziale imprigionata dai consumi pari ad alcune centrali da 1000 MW che non si dovrebbero costruire.
Riguardo agli usi correnti. occorre sempre esigere al momento dell’acquisto, l’Etichetta Energetica scegliendo sempre le apparecchiature della classe a più basso consumo (A o A+ e A++).

Uno dei ruoli dell'Italia
I principi fondamentali sui quali si basa la Green Economy sono gli stessi per tutto il mondo e quindi anche per l’Italia. Ma certamente le modalità di applicazione cambiano da paese a paese specie se si tiene conto che la Green Economy punta a traguardi anche economici.
L’Italia ha prodotto un grande patrimonio storico-artistico che deve non solo conservare ma anche arricchire per uno sviluppo armonico dei vari territori.
In Italia ci sono oltre 400 mila imprese legate alla cultura ed al “sapere” del territorio. Negli ultimi 3 anni l’occupazione di cultura produttiva è cresciuta di 13 mila occupati. Tali imprese che vanno dall’artigianato alla comunicazione all’alimentazione ed al marketing, hanno prodotto un “Made in Italy” la cui qualità e design sono ormai percepite in tutto il mondo sviluppato e non.
Occorre rafforzare il legame tra cultura territoriale e prodotto. Un contributo decisivo può essere svolto a mezzo operatori che si situano in campi tra cultura e produzione di beni. Emerge quindi la necessità di nuove figure professionali “ creative” che vengano inserite tra gli obiettivi della nuova economia.
Attualmente un buon collegamento tra cultura e territorio è svolto dai designer di cui l’Italia ha già una buona disponibilità e buone scuole non molto diffuse in altre parti del mondo.
Uno studio approfondito in tal senso intitolato ”L’Italia che verrà” è stato realizzato da Unioncamere e dalla fondazione Symbola
Lo studio è disponibile su internet.

 

C – L’economia deve rendere disponibili i beni della terra a favore del benessere collettivo

Lo sviluppo dei temi ecologici ha portato a concludere che per realizzare gli obiettivi della salute dell’ambiente, l’umanità dovrà convincersi di far parte essa stessa dell’ambiente e dunque si deve operare nella società in modo da renderla compatibile con un accordo il più possibile globale.
Pertanto sarà necessario riconoscere l’uguale dignità dell’altro e realizzare un’organizzazione di vita dove a tutti venga riconosciuta la possibilità di sviluppare le proprie risorse, il rispetto dei diritti umani, e la compartecipazione alla proprietà dei beni della terra

Si dovrà ricordare sempre il destino comune di tutta l’umanità e la necessità di salvarsi insieme.
Come ricaduta positiva va anche tenuto conto che le strutture e le tecnologie legate al procedere della GREEN ECONOMY produrranno molte migliaia di posti di lavoro.

L’economia sostenibile eviterà le guerre per l’ultimo barile di petrolio e gli spostamenti epocali da un continente dove si muore di fame e di stenti verso un’altro dove un’alta percentuale di risorse viene sprecata. Fare posto a tutti a tavola senza distinzioni di razza, sesso, religione, costumi e cultura. Non avere riconosciuto nel passato tale parità è stata la giustificazione teorica della sopraffazione e della diversità della condizione di origine.
In altri termini i principi ecologici portano a concludere che la violenza verso la natura e verso l’uomo diverso sono cause concorrenti e determinanti nel concretizzare un profilo storico culturale utile in passato, ma oramai sopraffatto da effetti secondari che hanno condotto il pianeta ai limiti della sopravvivenza.
Per strada diversa l’antropologia, partendo da un grande disegno sull’uomo, si vedano le teorie di Levi-Strauss e di Philippe Descola suo successore alla cattedra di antropologia del College de France, giunge alla conclusione che società e ambiente sono una sola cosa. La stessa cattedra ha cambiato nome e si chiama “Antropologia e Natura”. L’uomo fa parte dell’ambiente naturale ed i destini dell’uomo e dell’ambiente sono inesorabilmente connessi.
Certamente la “cultura dell’aggregazione” sarà quella più difficile e più lunga da realizzare, dato che la parte tecnologica o è già in essere o è a buon livello di sviluppo.
Occorreranno generazioni, ma se la strada è accettata e tracciata ognuno potrà fare la sua parte in una visione più chiara della civiltà e del progresso: ricreare insomma la speranza di un futuro migliore.
La vita può acquisire un significato in più anche sviluppando l’impegno, oltre che per i nostri vantaggi prossimi, anche per quelli di chi verrà in futuro.


Letto 4145 volte

Search