Mondo Oggi

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Martedì, 21 Ottobre 2008 01:23

Leggere la Bibbia?

Leggere la Bibbia?




La Bibbia ha Dio come vero autore, a motivo del messaggio salvifico, ed è nata da una esperienza di fede di un popolo. Essa attesta un susseguirsi di avvenimenti che raggiungono il vertice nel mistero pasquale di Cristo.


Chi oggi vuole penetrare nel modo più vero e adeguato il senso della Bibbia, cioè il messaggio di salvezza, deve sapere quello che vuole quando si mette a leggere il libro sacro. Ora la Bibbia non è solo termine di riferimento e di confronto, ma è un libro di fede, è il luogo di un appuntamento e di un incontro con Gesù Cristo.

Questo Dio che domanda l'amoreUna lettura d’Osea 6, 1-6di Soeur Claude-Pierre o.p.



«Venite, ritorniamo al Signore:egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.Dopo due giorni ci ridarà la vitae il terzo ci farà rialzaree noi vivremo alla sua presenza.
Affrettiamoci a conoscere il Signore,la sua venuta è sicura come l'aurora.Verrà a noi come la pioggia di autunno,
come la pioggia di primavera, che feconda la terra».

Buddhismo e impegno sociale, oltre gli stereotipi. Grazie ai monaci birmani, l’Occidente ha scoperto la dimensione pubblica di una religione spesso identificata con la «fuga mundi».

Per un islam pacifico, aperto e costruttivo

di Andrea Pacini








E’ su questa frontiera culturale impegnativa che si gioca il futuro dell’islam in Europa.

Nello scorso mese di aprile un servizio di giornalismo televisivo, condotto in alcune moschee di Torino, ha portato all’evidenza pubblica il fatto che la predicazione degli imam di tali moschee aveva contenuti decisamente violenti in merito a questioni di carattere internazionale e conflittuali in rapporto alle relazioni dei musulmani con la società europea e italiana. Si aggiunga che nel corso del medesimo reportage giornalistico è anche emerso che nelle medesime moschee o in locali ad esse collegati e adiacenti circolavano volantini che esortavano al jihad e al sostegno attivo alle attività jihadiste (ovvero terroristiche), attuate da cellule riconducibili a movimenti dell’islam radicale. Ne è emerso un rinnovato dibattito sull’islam in Italia, sugli elementi di pericolosità presenti al suo interno e su come promuovere un efficace percorso di integrazione dei musulmani nella società italiana.

Dal momento che quanto accaduto a Torino è la spia di un atteggiamento culturale e religioso che percorre una parte delle moschee italiane, si impongono alcune riflessioni in merito. In primo luogo, il fatto che in molte moschee prevalga una predicazione di tipo antioccidentale e non di rado anticristiano, che tende a promuovere l’affermazione di un’identità islamica forte di tipo politico-religioso dispensata spesso con toni e contenuti violenti, non è una novità per chi segue più da vicino questo mondo. In questo senso le occasionali inchieste giornalistiche e i discorsi meno controllati di alcuni imam - quali il noto imam Bouchta di Torino, espulso in Marocco, o un precedente imam della moschea di Roma, poi richiamato in patria - che in alcune occasioni hanno espresso con maggiore visibilità il proprio sostegno al jihad internazionale, non sono altro che delle occasioni in cui all’opinione pubblica è dato di cogliere un fenomeno più diffuso e frequente nell’ambito di una parte del mondo delle moschee italiane ed europee. Questo non significa che tutte le moschee siano riconducibili a correnti di ispirazione fondamentalista o radicale, ma certamente all’interno di questo mondo sempre più in crescita e frammentato tali posizioni non sono rare.

Esse rispecchiano in effetti prospettive dottrinali e culturali prevalenti all’interno dell’islam contemporaneo anche di tipo ufficiale, che continua a essere egemonizzato da letture della realtà che ripropongono un’identità musulmana forte, sostenuta da un atteggiamento rigido e non aperto verso la differenza culturale e religiosa. In questo senso nelle moschee italiane non fanno che riprodursi toni e modalità di lettura che risuonano in generale nel mondo islamico, sia nell’ambito delle moschee - a maggior ragione in quelle di ispirazione fondamentalista - sia nell’ambito delle istituzioni islamiche di insegnamento universitario, in cui, se non si legittimano le letture fondamentaliste, si stenta però a proporre visioni decisamente alternative a quelle tradizionali. Le letture religiose islamiche di tipo moderno, che avvalorano l’istanza critica, che propongono il superamento dell’interdipendenza tra sfera religiosa e politica nell’islam, che fondano l’esigenza del dialogo con, l’alterità culturale e religiosa, sono infatti ben rappresentate nel mondo musulmano contemporaneo, ma non trovano. ancora spazio all’interno delle istituzioni ufficiali di insegnamento teologico e quindi non penetrano, se non occasionalmente, nel mondo delle moschee che a tali istituzioni è collegato.

In Italia e in Europa si avvertono però almeno tre importanti differenze. La prima è relativa agli imam, che si sono sempre autoproclamati, e che dal punto di vista della formazione culturale sono riconducibili a tre principali profili: una prima tipologia, oggi meno numerosa che nel passato, è costituita da persone con istruzione generale assai bassa e privi di una formazione religiosa formale; una seconda tipologia è costituita da persone con istruzione superiore, talora anche universitaria, ma di tipo civile, cui non corrisponde una formazione teologica formale: questa tipologia è oggi in crescita; infine una piccolissima minoranza di imam con formazione teologica islamica superiore. L’elemento che emerge è la generale mancanza di una formazione teologica specifica: questo del resto non è di per sé un elemento che da solo abiliti a una sensibilità verso il dialogo e l’integrazione in Europa, vista la resistenza che le facoltà teologiche oppongono alle letture liberali dell’islam. La crescita di imam con istruzione superiore di tipo non religioso può però abilitare i medesimi a una maggiore capacità di lettura della situazione europea, anche se essa può poi comparire in atteggiamenti diversificati. Gli esponenti del fondamentalismo non sono certo persone prive di formazione culturale, al contrario.

La seconda differenza è che in generale i musulmani in Europa prendono atto del fatto che vivono in un contesto che culturalmente e politicamente non è musulmano, con cui devono entrare in rapporto. Questa situazione può essere letta nei minimi di consapevolezza di essere una “minoranza” - lettura diffusa nel mondo delle moschee, in base alla quale vengono elaborati sia insegnamenti in chiave di rivendicazione identitaria forte, sia rapporti con le istituzioni civili finalizzati a ottenere riconoscimenti formali all’islam come minoranza - ma dà anche origine a letture diversificate e a strategie di inserimento più individuali da parte dei singoli. E’ quanto emerge dal basso tasso di frequentazione delle moschee in Italia e in Europa da parte della popolazione musulmana. Ma in ogni caso, anche se il rapporto viene interpretato nei termini di minoranza, si apre necessariamente uno spazio per l’interazione e il dialogo che va coltivato con fermezza da parte delle istituzioni statali e delle diverse espressioni della società civile tra cui le Chiese.

La terza differenza, conseguente alle due precedenti, è che l’insieme della popolazione musulmana in Europa e in Italia appare progressivamente più pluralista anche nelle sue prese di posizione pubbliche. È interessante che gli eventi di Torino abbiano fatto emergere all’interno del mondo musulmano locale voci autorevoli di dissenso e di condanna verso gli imam colti nella loro predicazione discutibile. Tale fenomeno è un indicatore importante che sta emergendo un pluralismo non solo de facto, ma che sta cercando di trovare espressione in un incipiente discorso pubblico formale e in organizzazioni specifiche in grado di esprimere “voci” diverse in seno all’islam. Che l’insieme della popolazione musulmana in Italia non si riconosca nell’islam fondamentalista e radicale è provato dalla scarsa frequentazione delle moschee esistenti e dal generale grado di buon inserimento. È’ però importante per il futuro dell’islam in Italia che all’interno della popolazione musulmana la corrente dell’islam liberale o moderato trovi espressione.

Le prese di posizioni ufficiali di dissenso espresse a Torino da taluni esponenti musulmani sono un primo segno di tale evoluzione, che richiede però di essere rafforzata, culturalmente e dottrinalmente elaborata e diffusa. Bisogna infatti passare dalla condanna e dal dissenso a un’aperta e costruttiva proposta dottrinale di un islam pacifico, dialogico, in piena sintonia con i valori fondamentali delle società europee. È su questa frontiera culturale impegnativa che si gioca il futuro dell’islam in Europa. E’ questa una responsabilità che chiama in causa come attori in primo luogo i musulmani stessi, ma insieme ad essi anche le istituzioni italiane e le diverse espressioni della società civile, in particolare la Chiesa, che come partner nelle relazioni sono chiamate a delegittimare gli esponenti fondamentalisti e a offrire invece supporto a quanti sono impegnati per la formazione di un islam europeo, convergente con i valori fondamentali dell’ordinamento civile delle nostre società, aperte al dialogo interreligioso e interculturale, fermo nel condannare e sconfessare ogni legittimazione religiosa della violenza e di atti e visioni lesivi della dignità dell’uomo, che trova espressione giuridica nelle Carte internazionali delle Nazioni Unite recepite nelle Costituzioni dei Paesi europei.




(da Vita Pastorale, 6, 2007)

Un problema, ma anche una risorsa  

di Piersandro Vanzan

Il problema degli immigrati necessita oggi più che mai di soluzioni concrete, serie e realistiche, perché la portata di tali soluzioni non riguarda soltanto noi e la società civile in cui oggi viviamo, ma anche quella che lasceremo in eredità alle future generazioni.

Visione e formazione dell'uomo
nel capitolo VII della Regola di S. Benedetto

 

Come San Benedetto,
nel capitolo VII della sua Regola,
concepisce l’uomo e lo forma

 

Riflessioni di Dom Denis Huerre abbate emerito Pierre-qui-vivre e preside emerito della Congregazione Benedettina Sublacense




 

(prima parte)

 

Per me la Regola di San Benedetto è un libro modernissimo. Quando si fa un’edizione della RB con una scelta delle pagine più spirituali o più attuali, per me è un po’ uno scandalo, perché questo testo costituisce una unità e tutto è importante, per comprendere la mentalità e lo spirito di San Benedetto. Con le scoperte che faccio ancora, di anno in anno, amo la Regola sempre di più.

«... E c'era la madre di Gesù»


di P. Carmelo Carvello






La presenza di Maria nella Liturgia e nella vita cristiana.


«... E c’era la madre di Gesù»(Gv 21). Può questa espressione evangelica diventare il punto fondamentale per il nostro rapporto con la Vergine Maria? Movendo da questa annotazione giovannea, si può provare a cogliere e giustificare il significato vero e profondo della presenza di Maria nella liturgia e nella pietà popolare, e quindi in tutta la vita cristiana?

Salvezza in Cristo e vita cristiana

di Pietro Rossano


L’EVENTO CRISTIANO


La storia prima di Gesù Cristo


18. Annunciando che Gesù Cristo era il salvatore degli uomini, gli Apostoli erano consapevoli di svelare al mondo un disegno di Dio già annunziato e preparato nel passato, il quale trovava ora il suo culmine in Gesù Cristo. Essi attingevano tale conoscenza dalla Bibbia, che avevano imparato a interpretare alla scuola di Gesù e poi sotto l’illuminazione dello Spirito Santo.

La domanda di Gesù ai discepoli in cammino “verso i villaggi di Cesarea di Filippo”, “chi dice la gente che io sia?” (Mc 8,27), torna ancora una volta alla mente di quanti continuano ad interrogarsi sull’ultima identità del “grande profeta” (Lc 7,16) che ha sconvolto la storia di Israele e delle genti.

La Redazione presenta questo studio-riflessione del teologo Josè Maria Vigil come contributo alla informazione teologica in una prospettiva di ricerca.


Credere come Gesù.


Verso una rielaborazione dei dogmi cristologici


di José Maria Vigil



 


Vedere


Il nucleo del problema


Il cristianesimo dice che il suo fondatore, Gesù d Nazareth, è Dio stesso, la seconda persona della santissima Trinità, che si è incarnata nell’Umanità per darle a conoscere la verità e portarle la salvezza. Se questo è vero, la religione cristiana è l’unica religione fondata da Dio stesso in persona, e pertanto è la religione assoluta e indiscutibilmente superiore a cui tutta l’Umanità deve aderire. Le Chiese cristiane, in effetti, sono note nel mondo per la loro pretesa di universalità, assolutezza e unicità e per un certo inveterato atteggiamento di disprezzo verso le altre religioni.

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