Mondo Oggi

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Martedì, 29 Marzo 2005 23:40

Ucraina. Per il Patriarcato (L. Pr.)

Ucraina
Per il patriarcato
di L. Pr.


I cattolici ucraini di rito orientale non intendono rinunciare alla richiesta di un patriarcato per la loro Chiesa con sede a Kiev. Ma dopo l'importante visita del card. W. Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, ad Alessio Il a Mosca (16-22 febbraio) e l'unanime, decisa opposizione ortodossa, l'attesa per una decisione del papa rispondente ai desideri dei greco-cattolici ucraini si è stemperata. I responsabili della Chiesa «uniate» ucraina hanno reagito esponendosi fortemente per riaffermare le loro ragioni. Il card. Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Lviv degli ucraini, ha firmato e diffuso una dichiarazione (1° marzo) a nome del sinodo dei vescovi e mons. Basil H. Losten, eparca ucraino di Stamford (USA), portavoce della commissione ecumenica ucraina, ha pubblicato una lettera aperta ai patriarchi ortodossi.

La storia ucraina. Il confronto avviene sullo sfondo della complessa storia della cristianità ucraina, da sempre attenta sia alle sue radici orientali sia alla comunione con Roma (anche dopo il 1054), e del duro martirio patito nel secolo appena concluso (fra guerre, persecuzioni, fame e violenza, si calcolano 17 milioni di morti). Rilevante è anche l'attuale contesto geopolitico, con l'imminente estensione dell'Unione Europa fino alla frontiera ucraina e le prossime elezioni politiche del paese (previste per il 31 ottobre), che verteranno anche sulla collocazione pro-occidentale o pro-sovietica della Repubblica.

Accanto ai testi diffusi, va registrata la visita del card. Husar al papa (27 marzo) e le 150 firme di parlamentari ucraini, stimolati da O. Hudyma, che hanno sollecitato il riconoscimento del patriarcato. Tutte le Chiese ortodosse sono contrarie; anche il Patriarcato di Mosca teme un patriarcato nella sede della sua origine storica (Kiev) e un'intesa fra «uniati» e Chiesa ortodossa ucraina di Filarete per una chiesa di tipo nazionale e in funzione anti-russa. Per decenni dall'Ucraina sono venuti un numero rilevante di ecclesiastici ortodossi e un sostegno economico ragguardevole. Nessuna incertezza fra i vescovi della Chiesa greco-cattolica. Il sinodo del 2002 ha unanimemente richiesto al papa il patriarcato. Semmai si può registrare una modifica: dalla disponibilità a procrastinare nel tempo la risposta si è passati alla domanda
per un adempimento immediato, considerato maturo e non rinviabile. In Vaticano quanti sono favorevoli si avvalgono della tesi della prova di forza per tutti i patriarcati ortodossi degli ultimi secoli e della convinzione che la coerente plausibilità della soluzione istituzionale si rivelerà nel futuro. Il no è invece alimentato dall'affermazione della priorità ecumenica per la Chiesa cattolica, dal riconoscimento della diversità ecclesiologica fra evangelizzazione e proselitismo e dalla responsabilità cattolica sull'insieme del cammino ecumenico delle Chiese cristiane.

Osservazioni da Kiev. Husar lamenta che l'ultima parte della discussione sia stata svolta a Mosca, non a Roma, ne a Leopoli, ne a Kiev, e, «cosa essenziale, senza la nostra partecipazione». Ma le trattative «in nessun modo cancellano quel corso generale per lo sviluppo del patriarcato che scaturisce dalle decisioni del sinodo dei vescovi della nostra Chiesa». «Secondo il diritto canonico, la Chiesa greco-cattolica ucraina è una Chiesa sui iuris, non una parte di un'altra Chiesa, e perciò si sviluppa conformemente alla propria natura ecclesiologica». Sollecitati dall'esempio del metropolita Jossyp Slipyi (1892-1984) «siamo profondamente convinti della necessità di tale struttura canonica per il consolidamento dell'unità della Chiesa e del popolo e per un loro adeguato sviluppo». «Siamo convinti che la struttura patriarcale è utile sia per noi sia per le altre Chiese ortodosse e quelle cattoliche orientali».

L'esarca B. Losten denuncia l'opposizione precipitosa dei patriarchi ortodossi prima ancora di conoscere a fondo la questione. Ritiene scarsamente apprezzabile la ragione del principio ecclesiologico: un vescovo per ogni territorio. Plausibile e ragionevole un tempo non lo è oggi, con i cristiani divisi in un mondo globalizzato, come del resto è visibile nel comportamento pratico delle Chiese ortodosse. Altre voci sottolineano aspetti diversi. M. Marynovych, vicerettore dell'Università cattolica ucraina, si mostra consapevole della distanza critica di buona parte della pubblicistica cattolica in Occidente sulla questione. Mentre I. Dacko, direttore dell'lstituto per l'ecumenismo della stessa università, sottolinea l'ambiguità dell'ecumenismo invocato da Mosca e le ragioni politiche che emergono dal comportamento e dalle parole dei responsabili russi.

Oggi la Chiesa greco-cattolica ucraina può contare su cinque milioni di fedeli (sui 50 dell'intero paese), in larga maggioranza raggruppati nella parte occidentale del paese. È guidata da 15 vescovi per cinque eparchie e da 2.200 preti. l monaci sono 750, le religiose 1.100, le chiese sono 3.000. Presenze significative di cattolici ucraini sono registrate, in seguito a una triplice ondata di emigrazione, negli Stati Uniti (due esarcati), in Canada (cinque diocesi), in Brasile, Argentina e Australia. In Europa occidentale la presenza tradizionale è registrata in Inghilterra, Francia e Germania. Ma nell'ultimo decennio si contano anche in Italia circa 200.000 ucraini.

La recente nomina del nunzio apostolico in Ucraina, mons. Ivan Jurkovic, finora nunzio apostolico in Bielorussia, sembra segnalare la volontà della Santa Sede di voler privilegiare il dialogo ecumenico.

(da Il Regno, 8, 2005)
Martedì, 29 Marzo 2005 23:25

Un'arte da imparare

La comunicazione in comunità
Un’arte da imparare



Come la nostra società, che si crede esperta perchè ha tanti strumenti di comunicazione, la vita religiosa soffre la perdita della sua natura relazionale.
Lo rivela l’individualismo molte volte denunciato dai documenti del magistero e dai numerosi convegni sulla vita consacrata.



Noi religiosi siamo attenti e impegnati - giustamente, in quanto «la vita consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo per la sua missione» (VC 3) - ad ascoltare l'invito dei vescovi italiani che ci chiamano a comunicare il Vangelo nel nostro mondo, in rapido mutamento, che ha bisogno di riscoprire il messaggio di Cristo nella sua sostanza e nelle sue conseguenti applicazioni nella vita individuale, famigliare, culturale, sociale.

Siamo tutti consapevoli - edotti dall'impegno pastorale e da sane letture - che il programma della CEI pone realisticamente la comunicazione del Vangelo come la base insopprimibile per una ripresa della complessa dimensione dell'evangelizzazione. E ci diamo da fare -sempre giustamente -per scoprire i modi della comunicazione, i meccanismi dei nuovi linguaggi (massmediali, computerizzati, linguistici, ecc. ) che appaiono indispensabili per comunicare con l'uomo del nostro tempo. Siamo convinti -essendo il messaggio evangelico la relazione dell'uomo con Dio e con gli testimoni altri che deriva dall'originaria e fondante relazione di Dio con l'uomo - che riflettere sulla comunicazione costituisce un momento fondamentale per trasmettere la parola di Dio in modo efficace.

Insomma comunicare è divenuto, lodevolmente e legittimamente, un ambito delle preoccupazioni culturali e pastorali delle comunità religiose, molte delle quali in prima fila nella individuazione di modalità e strumenti per meglio comunicare il vangelo.

Ma... c'è un ma. All'encomiabilissima sollecitudine di essere idonei comunicatori del Vangelo, corrisponde sempre l'ammirevole, previa e edificante (nel senso anche proprio di "costruttrice") comunicazione all'interno della comunità? Non si direbbe, venendo a conoscenza dei seri problemi in questo senso di molte comunità e leggendo le riflessioni di eminenti religiosi, espresse in sequenza significativa anche in ben due numeri recenti di Testimoni.

Dobbiamo dire che per questa comunicazione non ci si danna l'anima, sia perché non la si ritiene importante (naturalmente è un grande errore di valutazione) come l'altra, sia perché in questa diffusa disaffezione (è un eufemismo) gioca anche l'ignoranza circa la natura profonda della comunicazione e quindi della sua necessità. Anche noi religiosi siamo schiavi di un fenomeno proprio della nostra epoca: informazione magari tanta tra di noi (ci sono molte cose che abbiamo fatto per le quali apparire zelanti e uomini di successo agli occhi dei confratelli), ma comunicazione, nel senso vero e completo del termine, piuttosto pochina.

Sembra urgente e opportuno per noi comunicatori del Vangelo, spesso muti nelle comunità, riscoprire l'essenza della comunicazione e il suo valore per la vita comunitaria, principio e radice di ogni altra comunicazione. 

“Il monaco non faccia nulla se non ciò che è raccomandato dalla comune regola del monastero e dagli esempi degli anziani” (RB 7).

Lunedì, 28 Marzo 2005 18:18

La regola d'oro nelle religioni del mondo

La regola d’oro nelle religioni del mondo

Iniziazione cristiana.
Una "nuova" teologia?
di Mauro Pizzighini

 



I sacramenti dell’iniziazione cristiana, oggetto di una riflessione ormai collaudata, richiedono una puntuale analisi teologica per individuare alcune piste di pastorale attenta alle diverse situazioni  per una risposta sempre più mirata ed incisiva. In questa prospettiva vogliamo presentare il volume Sacramentaria speciale. I. Battesimo, confermazione, eucaristia (2 voll. a cura di Carlo Rocchetta, EDB). La finalità di questo volume è, attraverso una breve contestualizzazione antropologica:
- trattare l’origine biblica del sacramento e i suoi specifici fondamenti neotestamentari;
- riferirsi alla tradizione e presentare lo sviluppo storico del dogma;
- offrire un inquadramento dogmatico che compendi i dati essenziali della fede cattolica.

Il battesimo come sacramento della “rinascita”

L’autore inserisce questo sacramento su uno sfondo antropologico nel singolare porsi di due fatti fondamentali della vita umana: iniziazione alla vita umana in questo pianeta e l’essere iniziati a una religione con i suoi riti, le sue dottrine e la sua prassi di vita. Oggi i genitori sono privati di una lettura “simbolica” della nascita di un figlio perché le pratiche sociali relative al nascere sono delegate alla società e alle sue diverse istituzioni. La domanda del battesimo del neonato da parte dei genitori vuole colmare un loro quasi totale disorientamento. Da sottolineare – per il battesimo – il riferimento “debole” alla comunità cristiana e il riferimento “forte” alla comunità parentale o amicale.

Il cap. I mette in luce l’originalità, la necessità, il fondamento cristologico-pasquale del battesimo cristiano.

Il cap. II mostra la tradizione liturgico-teologica-pastorale che la chiesa ha sviluppato.

Il cap. III presenta alcune linee per un approccio sistematico sia della prospettiva del magistero conciliare sia alla luce dei nuovi rituali.

Il battesimo non appare più come un fatto isolato, ma mostra tutto il suo intrinseco dinamismo ecclesiale.

Occorre ribadire che la mancanza dell’unità celebrativa dei sacramenti dell’inizia-zione cristiana in Occidente è il dato ricorrente nel caso del battesimo ai bambini. Al battesimo del neonato segue con l’età della discrezione (7/8 anni) la prima comunione (preceduta dalla prima confessione) e, verso l’età della preadolescenza (12/13 anni) la confermazione. È necessario un vero cambiamento a livello pastorale: è proprio a partire dagli itinerari catecumenali e della stessa celebrazione liturgica dei sacramenti dell’iniziazione cristiana che la chiesa locale viene ad essere interpellata verso una riscoperta della sua nativa “funzione materna”.

Questo nuovo contesto permette una riformulazione della teologia battesimale in almeno tre direzioni:
- quella teologica-sacramentale (la partecipazione al mistero pasquale di Cristo, il rapporto dinamico con gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana);
- quella ecclesiologica (l’appartenenza al popolo di Dio);
- quella pneumatologica (essere edificati nello Spirito come abitazione di Dio).

La confermazione, sacramento del “diventare cristiani”

Nella seconda parte viene tracciato un percorso di ricerca attraverso l’ascolto della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero.

In particolare questo sacramento si pone una volta per sempre nel rapporto con il “diventare cristiani” e “vivere da cristiani”. La confermazione ha come destinatario chiu è ancora “infante” e tale continua ad essere anche dopo l’eucaristia battesimale, fino al compimento di tutto il successivo tempo della mistagogia o iniziazione ai misteri.

Nell’attuale azione pastorale l’iniziazione cristiana rappresenta una prassi eccezionale e non sembra giocare il ruolo di forma tipica per la formazione cristiana. In Italia la confermazione è collocata nell’età della preadolescenza. «Ridiscutere tale prassi non è cosa del tutto agevole anche perché ciò che è maggiormente in causa è sia il modello del diventare cristiani, oggi, quanto l’effettiva esigenza di dare un volto nuovo all’evangelizzazione».

L’eucaristia, tra “diakonia” e “koinonia”

La terza parte del libro è dedicata al tema dell’eucaristia, il cui fondamento antropologico affonda nei gesti del “mangiare” e “bere” della vita dell’uomo e nella mensa come “banchetto di comunione”. Il dono dell’eucaristia si innesta in questa simbologia per trasfigurarla con l’accadimento unico della pasqua e condurre l’umanità verso il banchetto escatologico.
L’autore definisce l’eucaristia come «mistero della fede tra il “già” e il “non ancora”», come «memoriale della pasqua di Cristo», come «sacramento del sacrificio della croce», in quanto «auoto-oblazione perenne del Kyrios», «atto di Cristo e della chiesa», «epifania dello Spirito», «sacrificio di lode».

Viene riservato ampio spazio, dall’autore, alla chiesa “eucaristia”, come diakonia e koinonia. Essa «si trova perciò stabilita, con il medesimo atto che la fa nascere, come diakonia, popolo-servo a servizio di tutti gli uomini; più si fa serva, più la chiesa proclama ciò che è divenuto «una volta per sempre» e manifesta la fedeltà al mandato ricevuto. Da qui scaturisce un éthos del mistero eucaristico nell’atto del dono di Cristo.

In questa prospettiva viene riaffermato che il tempo della chiesa è “essenzialmente” il tempo della missione, dell’annuncio, della comunicazione, della salvezza pasquale ormai realizzata.
Il volume, alla fine, dedica spazio al «significato cosmico» dell’eucaristia, in quanto «convivialità cosmica».

M. PIZZICHINI, Iniziazione cristiana una “nuova” teologia?, in «Settimana», 3 (2005), p. 13. Riduzione di CESARE FILIPPINI.

Dio mediante il suo Spirito interviene nell'intero processo di produzione di un testo biblico perché in esso si incarni la verità che egli vuole comunicare agli esseri umani per la loro salvezza.

Domenica, 27 Marzo 2005 18:33

2. Come è sorta la Bibbia (Rinaldo Fabris)

La formazione dei libri che formano la Bibbia è avvenuta lungo il corso di un millennio prima dell'era cristiana per l'AT e nel primo secolo d.C. per il NT.

Non esiste né è mai esistito un organismo che stabilisca in modo ufficiale chi è walî. Un santo è tale per volontà popolare, talvolta la popolarità si estende a tutti i territori musulmani come nel caso dei fondatori delle confraternite.

Venerdì, 25 Marzo 2005 01:17

Chiese Cattoliche orientali

CHIESE CATTOLICHE ORIENTALI



Quanti sono i membri delle Chiese cattoliche orientali:

Maronita 3.300.000
Italo-albanese 62.000
Caldea 313.000
Siro-malabarese 3.155.000
Armena 249.000
Copta 190.000
Etiopica 141.000
Sira 109.000
Siro-malankarese 310.000
Melchita 1.100.000
Ucraina 5.200.000
Rutena 500.000
Romena 2.000.000
Bizantino-cattolica neII'ex Jugoslavia 49.000
Bulgara 20.000
Slovacca 238.000
Greca 2.500
Ungherese 280.000
Russa 4.000
Bielorussa 5.000
Georgiana (dato non disponibile)
Albanese (dato non disponibile)

Camminare senza confini per donare la propria vita, affinché gli altri la tengano in abbondanza... «Niente per cui uccidere e niente per cui morire» è il modello di vita che ci propone una famosa canzone di John Lennon.

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