Formazione Religiosa

Sabato, 16 Aprile 2005 20:44

17. Maria nella Bibbia - ultima parte (P. Alberto Valentini)

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VI. La "Donna" dell'apocalisse
di Alberto Valentini



 

L'Apocalisse, pur facendo parte - secondo l'opinione più comune degli studiosi - della tradizione giovannea, pone problemi particolari e si presenta con caratteristiche proprie, che non è qui il caso di analizzare.

Le peculiarità e le oscurità di questo libro - unica apocalisse del Nuovo Testamento - sono presenti ovviamente anche nel capitolo 12, uno dei brani più studiati della letteratura neotestamentaria.

Anche qui, come a Cana e presso la croce, si parla di una "donna" (il temine vi ricorre otto volte), ma in maniera diversa. Certamente con si possono ritrovare in Ap 12 i legami esistenti tra l'episodio di Cana (Gv 2,1-12) e quello della Croce (Gv 19,25-27). Possiamo dire, con diversi autori, che, mentre nelle due scene del quarto Vangelo si parla anzitutto di Maria, la madre di Gesù, e poi della Chiesa, in Ap 12 il discorso è direttamente e principalmente ecclesiale, ma contempla indirettamente la figura di Maria. Le due linee, tuttavia, non sono esclusive, ma complementari. Mentre la donna-Chiesa conferisce senso pieno alla figura di Maria dilatandone la maternità in dimensione universale, Maria dà concretezza e fondamento cristologico alla maternità della Chiesa. "Non si capisce adeguatamente la donna-chiesa, osserva Vanni, senza rapportarla a Maria".


 



Chi è la donna


Chi è dunque la "donna" di Ap 12? Se ne comprenderà il senso esaminando il racconto.

Essa appare anzitutto come "un grande segno nel cielo" (Ap 12,1). E' una creatura celeste, rivestita dello splendore di Dio, al di sopra del tempo e della storia (la luna sotto i pedi) e con il capo incoronato di dodici stelle. La donna è figura celeste, ma simbolo del popolo dell'antica alleanza, di cui sono espressione le dodici stelle indicanti le tribù d'Israele.

Che si tratti del popolo di Dio, appare anche dalla simbologia dell'Esodo: la donna, a causa del drago (rappresentazione del Faraone) fugge nel deserto, in un luogo preparato da Dio, dove provvidenzialmente è nutrita (cf. v. 6). Il motivo del deserto ritorna in parallelismo progressivo nei vv. 13ss, nei quali si afferma esplicitamente che la fuga nel deserto è dovuta alla persecuzione del drago. Ma là interviene direttamente il Signore che prende la "donna" sulle sue ali di aquila (cf Es 19,4) e la trasporta miracolosamente nel luogo preparato per lei, nel deserto, dove viene nutrita per tre anni e mezzo, finché dura il tempo della persecuzione.

Il "grande segno" è dunque un simbolo complesso: è una figura celeste e terrestre al tempo stesso, gloriosa e perseguitata. E', comunque, il segno di una comunità vittoriosa

In Ap 12 non ci sono soltanto reminiscenze e simboli dell'Esodo, ma anche richiami più o meno espliciti alla Genesi. Di fronte alla donna c'è un drago, che nel v. 9 viene smascherato: non è solo un simbolo delle potenze mondane che combattono il popolo di Dio, ma è il serpente antico, chiamato Diavolo e Satana, colui che inganna tutto il mondo.

Come in Genesi, dunque, ci sono la donna e il serpente. Mentre però nel racconto delle origini il tentatore appariva sotto false spoglie a lusingare Eva, qui si presenta subito in atteggiamento minaccioso e con propositi omicidi.

La nuova donna (la comunità dei salvati), però non si lascia sedurre, e dà alla luce un Figlio, il "discendente" che gli schiaccerà la testa (cf G, 3,15; Gal 3,16).
Sotto i simboli dell'Antico Testamento, tuttavia, sono presenti le realtà nuove, inaugurate dal Signore Gesù. l'Apocalisse di Giovanni, è scritta per coloro che sono stati purificati e redenti dal sangue dell'Agnello e vivono nella grande tribolazione che precede il ritorno del Signore. La donna è la comunità della nuova alleanza, presentata quale "madre" del Messia (v. 5) e di coloro che "custodiscono i precetti di Dio ed hanno la testimonianza di Gesù" (v. 17). Il parto della donna - che genera nel dolore - indica la morte-risurrezione di Gesù, compresa, nella rilettura pasquale del salmo 2,7, come una nuova nascita: "Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato" (cf At 2,24; 13,32-34).
Sempre secondo lo stesso salmo messianico 2,8.9, questo Figlio è destinato a governare le nazioni con scettro di ferro. Alla sua "nascita" (nel mistero pasquale) le potenze del male sono sconfitte: "Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori" (Gv 12,31). La nascita dolorosa di Gesù, secondo Ap 12, è il tempo della sconfitta del maligno.



 

Una comunità vittoriosa, ma ancora nella prova


La Chiesa, grazie alla passione-risurrezione di Gesù, ha vinto il drago, ma non è affrancata definitivamente dalle insidie contro i suoi figli. Tra la risurrezione di Gesù, rapito presso il trono di Dio (v. 5) e il suo ritorno alla fine dei tempi s'interpone il periodo di tre anni e mezzo (un tempo, due tempi, la metà d'un tempo = 42 mesi, 1260 giorni) (v. 7; cf Dn 7,25: la fase della prova e della testimonianza da rendere al Signore Gesù.
La comunità in questo periodo di persecuzione (l'Apocalisse sarebbe stato scritta sotto Domiziano, verso il 95 d.C.) sarà protetta, come l'antico Israele, da Dio stesso.
Il drago, allora, visto che i suoi assalti contro la donna sono vani, se ne andrà con rabbia a far guerra al resto della sua discendenza (v. 17).

Le persecuzioni non solo non possono prevalere contro la donna, dato che i nemici sono stati precipitati dal cielo ed è giunta ormai "la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e il potere del suo Cristo" (v. 10), ma anche sono limitate nella durata: il diavolo è infuriato "sapendo che gli resta poco tempo" (v. 12). La persecuzione ha un limite, durerà "tre anni e mezzo", vale a dire la metà di sette, simbolo della totalità. E' un tempo imperfetto, già segnato da un termine e rinchiuso entro confini ben definiti, che non possono essere oltrepassati.

La donna di Ap 12 è la chiesa, già presente nel cielo e vittoriosa grazie al sangue dell'Agnello, ma sottoposta, sulla terra, anche per un po' di tempo alle persecuzioni e alle prove fino al ritorno del Signore Gesù.



 

La Chiesa e Maria


Il significato primo e diretto del grande segno è pertanto ecclesiale. Ma, si obietta, com'è possibile che la chiesa generi Gesù? essa non può svolgere un ruolo materno nei suoi confronti. E' vero il contrario: la chiesa è nata dal costato di Cristo. Normalmente si risponde che questa maternità va spiegata con quella della donna di Gv 16, 19-22. Là Gesù annuncia che la tristezza verrà sulla comunità dei discepoli, a causa della passione, come i dolori a una donna che deve partorire. La comunità sarà nel dolore per la passione di Cristo, ma sarà piena di gioia nella sua risurrezione, come la donna alla nascita del bambino.

E' una buona spiegazione, ma non esaustiva: è difficile infatti comprendere adeguatamente Ap 12 senza il ricorso, seppur indiretto a Maria. Del resto, proprio l'immagine di Gv 16, della donna prima nel dolore e poi nella gioia per la nascita di un uomo, viene chiamata in causa per illuminare la donna-Maria di Gv 19,26.
Secondo P. Grelot, l'Apocalisse non parla esplicitamente di Maria, "ma i grandi simboli del cap. 12 sono incomprensibili senza un riferimento al suo ruolo storico". Anzi, è proprio "nella persona di Maria che l'umanità antica si è trasformata in umanità nuova per dargli nascita. Maria entra dunque di diritto nella sfera del simbolo rappresentato dalla "donna"…; il simbolo possiede una duplice valenza: questo fatto sottolinea la relazione tra la chiesa e Maria".

Non pochi esegeti, specie negli ultimi, decenni, si pongono su questa linea: la donna di Ap 12 - come si è detto - indica innanzitutto la chiesa, ma indirettamente anche Maria. Dopo aver conosciuto la madre di Gesù e la "donna"-madre di Gv 19,26, non è pensabile si possa parlare di una "donna" che genera Cristo, senza un riferimento a lei. Staccare il simboli dalla realtà storica può rendere generico il simbolo stesso fino a farne dimenticare le origini e vanificarne la portata. Nella maternità di Maria non solo c'è la radice del simbolo della "donna"-Chiesa che genera Cristo, ma è proprio in lei che effettivamente la donna, la Chiesa, la stessa umanità hanno generato Cristo. Gv 19,25-27 infatti racconta che al momento della "nascita" pasquale di Gesù, presso la croce innanzitutto c'era sua madre. E proprio in quella circostanza, Maria - ella sola - viene chiamata "donna". Ella è la donna che prima d'ogni altra e a nome di tutti ha generato il Figlio nel dolore: e in quello stesso momento è divenuta madre di quella comunità dei discepoli (la Chiesa) che secondo Ap 12 - con simbologia rovesciata - "genererà" a sua volta il Messia.



 

Conclusione


In conclusione, ribadiamo che la prospettiva della "donna" di Ap 12 è diversa rispetto a quella della "donna" presso la Croce. In Apocalisse si indica anzitutto la Chiesa, nel quarto Vangelo in primo luogo Maria.

Se da un lato la presenza della Vergine sul Calvario fonda e giustifica la simbologia della "donna" di Ap 12, che genera nel dolore, questa, a sua volta, conferma ed esplicita la dimensione ecclesiale della figura di Maria presso la Croce. Tra le due scene non c'è contrasto, ma continuità e complementarietà.

Questa visione sottolinea e valorizza - secondo Vanni - la ricchezza multipla dei simboli, che solo di rado vengono pienamente sfruttati.

Il "grande segno" di Apocalisse non si esaurisce ella interpretazione ecclesiale. Anzi questa suppone la tradizione mariologica giovannea, senza la quale la "donna" perderebbe un punto di riferimento prezioso e una dimensione importante della sua valenza simbolica.


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Letto 2330 volte Ultima modifica il Mercoledì, 27 Luglio 2005 02:28
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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