Formazione Religiosa

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Domenica, 20 Luglio 2025 09:35

XVI Domenica del tempo ordinario - Anno C

XVI Domenica del tempo ordinario - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gn 18,1-10a

Dal libro della Genesi
 

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».


Salmo Responsoriale Sal 14 (15)

Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.
 
Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
 
Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

 
Seconda Lettura  Col 1,24-28
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi
 
Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.
A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.
 
 
Canto al Vangelo (Cf. Lc 8,15)


Alleluia, Alleluia

Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
con cuore integro e buono,
e producono frutto con perseveranza.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 10,38-42
 
Dal Vangelo secondo Luca

 

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».


OMELIA

Gesù entra in casa, e Marta si dà da fare, di un fare che ha il sapore della routine, del dovere e che fa perdere di vista l’essenziale. L’unica cosa che rimane. L’amore – si sa – quando si fa abitudine, si svuota.
“L’amato che non sorprende più, è già perduto.” (Christian Bobin)
Maria – ossia l’altra postura esistenziale possibile – vive il momento come fosse unico, irripetibile. Non presume, non agisce, non cerca. Semplicemente sta, aprendosi così a ciò che è, perché in fondo la fede non consiste in un fare, ma nel lasciarsi raggiungere e toccare.
Se c’è un Dio questo si manifesterà sempre come “altro”. L’inatteso. Mai uguale, mai prevedibile. Ogni qual volta lo rinchiudiamo in concetti, formule, liturgie irrigidite, cessa d’essere il Vivente mutandosi in un idolo: un dio piccolo, piccolo, usato per giustificare violenze o imporre pesi insostenibili.
Maria dunque sceglie l’ascolto, e vivere una sorta di rinuncia. E noi sappiamo che nella vita spirituale rinunciare non è perdere qualcosa ma poter ricevere tutto. Lo Spirito, che “soffia dove vuole”, potrà trovare dimora solo in chi non pretende e non sa, perché quando pensiamo di avere Dio in tasca, di sapere come agirà, cosa vorrà, come parlerà, l’abbiamo già perduto. Chi invece si dispone come Maria — silenziosa, attenta, disponibile, accogliente — può riconoscerlo anche dove nessuno lo immaginerebbe.
Ciò che ci salva non è ciò che ci assomiglia, ma ciò che ci sfida, perché la vera ricchezza è sempre nella diversità.
Ospitare l’altro dunque — come ha fatto Abramo, come ha fatto Maria con la Parola — significa riconoscere che Dio non ci appartiene. È sempre un Oltre. È sempre Altro. Mistero. E “Il mistero – si sa – non si risolve. Si abita.” (Abraham Heschel)
Va da sé che l’esempio di Maria qui non è un invito alla passività, ma all’essenziale. A liberarci da tutto ciò che ci distrae, per restare, finalmente, in ascolto.
E forse, in questo silenzio, Dio tornerà a parlarci. Ma non sarà mai come ce lo saremmo aspettato.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 13 Luglio 2025 09:13

XV Domenica del tempo ordinario - Anno C

XV Domenica del tempo ordinario - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Dt 30,10-14

Dal libro del Deuteronomio
 

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».


Salmo Responsoriale Sal 18

I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

La legge del Signore è perfetta, 
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile, 
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti, 
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro, 
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli, 
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro, 
di molto oro fino, 
più dolci del miele
e di un favo stillante.

 
Seconda Lettura  Col 1,15-20
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi
 
Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.
 
 
Canto al Vangelo (Cf. Gv 6,63c.68c)


Alleluia, Alleluia

Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 10,25-37
 
Dal Vangelo secondo Luca

 

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».


OMELIA

Un pio religioso si avvicina a Gesù e gli pone una domanda apparentemente semplice: «Chi è il mio prossimo da amare?» (Lc 10,29). Domanda retorica. Ogni buon ebreo conosce la Legge e quindi la risposta. Il Levitico a proposito è chiaro: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18), identificando col prossimo il familiare, il parente, il “vicino”, l’amico, il connazionale. Non certo il diverso e lo straniero.
Gesù spezza lo schema. Non risponde con una definizione, ma con una narrazione, con un gesto, con un rovesciamento: la parabola del buon samaritano. E così, con radicale semplicità, cambia la domanda: non “chi è il mio prossimo?” ma “a chi posso io farmi prossimo?”
Come se ci dicesse: non domandarti chi è da amare, ma disponiti a diventare tu risposta per chiunque chieda amore. È qui che inizia il cristianesimo.
L’amore autentico non nasce da una strategia morale, da una selezione ponderata, da un criterio di reciprocità. Non dice: “mi prenderò cura di lui perché se lo merita” o “perché la pensa come me”. No. L’amore, come dice Simone Weil, “è attenzione pura”. È una risposta che precede il giudizio. È la gratuità che sconfigge la logica della reciprocità.
Gesù racconta di un uomo mezzo morto ai bordi della strada. Gli passano accanto un sacerdote e un levita: figure religiose, osservanti, rispettabili. Ma tirano dritto. Toccare il sangue gli avrebbero resi impuri e reso vano il loro servizio al Tempio. Giunge infine un samaritano, per l’establishment religioso un eretico e uno scomunicato. E questi si ferma. Sì, perché l’amore comincia proprio col fermarsi.
Il samaritano, anonimo e senza titoli, diventa così figura del Cristo. E con lui viene inaugurata una nuova Torah, non più fatta di dieci comandamenti scolpiti nella pietra, ma di dieci verbi scolpiti nella carne: Lo vide/Ne ebbe compassione/Gli si fece vicino/Gli fasciò le ferite/Gli versò olio e vino/Lo caricò sulla cavalcatura/Lo portò in albergo/Si prese cura di lui/Pagò per lui/Ritornò da lui.
Questi dieci verbi non sono una morale. Sono una teofania, incarnano il medesimo volto di Dio. Gesù rompe così ogni forma di religione che serva solo a tracciare confini. Ai suoi occhi non conta il dogma, ma il gesto. Non l’appartenenza, ma la compassione. Non un ‘credo’ ma la fede, quella che – come dice Paolo – “opera per mezzo dell’amore” (Gal 5,6).
“Ho cercato la mia anima e non l’ho trovata. Ho cercato Dio e non l’ho trovato. Ho cercato mio fratello e ho trovato tutti e tre.” (Proverbio sufi)
Essere cristiani in fondo non significa tanto sapere chi è Dio, ma saper riconoscere il grido dell’altro che diventa luogo d’incontro col divino.
Chi ama, anche senza sapere, sta già pregando. Chi si ferma, anche senza credere, è già sulla via del Regno.
“Non chiederti mai se l’altro merita il tuo amore. Chiediti piuttosto se tu sei disposto a farti prossimo.” (Ernesto Balducci)

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 06 Luglio 2025 08:43

XIV Domenica del tempo ordinario - Anno C

XIV Domenica del tempo ordinario - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Is 66,10-14c

Dal libro del profeta Isaia
 

Rallegratevi con Gerusalemme,
esultate per essa tutti voi che l’amate.
Sfavillate con essa di gioia
tutti voi che per essa eravate in lutto.
Così sarete allattati e vi sazierete
al seno delle sue consolazioni;
succhierete e vi delizierete
al petto della sua gloria.
Perché così dice il Signore:
«Ecco, io farò scorrere verso di essa,
come un fiume, la pace;
come un torrente in piena, la gloria delle genti.
Voi sarete allattati e portati in braccio,
e sulle ginocchia sarete accarezzati.
Come una madre consola un figlio,
così io vi consolerò;
a Gerusalemme sarete consolati.
Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore,
le vostre ossa saranno rigogliose come l’erba.
La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi».


Salmo Responsoriale Sal 65 (66)

Acclamate Dio, voi tutti della terra.

Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!».
 
«A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.
 
Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.
 
Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.

 
Seconda Lettura  Gal 6,14-18
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
 
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.
D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
 
 
Canto al Vangelo (Col 3,15a-16a)


Alleluia, Alleluia

La pace di Cristo regni nei vostri cuori;
la parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 10,1-9
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».


OMELIA

Dall’unione con Cristo, nasce la missione. Lo ‘stare-con’, il ‘dimorare-in’, ha come conseguenza l’’andare-verso’, come la vita biologica è data dal duplice movimento del respiro: inspirazione ed espirazione.
Immersi nel Dio amore ci si trasforma in amanti. E come tali invitati a far visita alla ‘casa’ dell’altro, per fargli dono della pace: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace”» (v. 5).
Non si è inviati nel mondo ad indottrinare e tanto meno a giudicare, ma a donare pace nel cuore di uomini e donne in lotta con la vita. Interessante: ‘in qualunque casa entriate…’ dice il testo. Anche quella abitata da reprobi, dai ‘diversi’, dai lontani, da sbagliati… L’amore non sceglie, è scelto.
Il seguito del Vangelo di oggi ci suggerisce anche come elargire concretamente questa pace: guarendo i malati (v. 9). Malato è l’uomo segnato dal male, tutto ciò che in qualche modo lo diminuisce, lo impoverisce, lo blocca nel suo cammino verso il compimento. Siamo chiamati ad alleviare il dolore di chi ci sta accanto, a liberare le persone da pesi insopportabili, a farci compagni di viaggio tenendo compagnia all’altro nel suo cammino nel buio della notte.
Ma nella ‘casa’ dell’altro – si entrerà solo se poveri. Il ricco nell’incontrare l’altro rischia sempre di donare cose sue non sé stesso.
Certo, l’amore donato potrà anche essere rifiutato (v. 9b), ma in ogni caso non fallirà, anzi proprio in quel momento sarà portato a compimento, come il Figlio che sulla croce ha testimoniato un amore più forte della morte.
Questo amore senza se e senza ma, provoca qualcosa di incredibile dice Gesù: “la caduta di Satana dal cielo” (v. 18). Fuori di metafora: più il bene viene affermato, più il male si dissolve, si sgretola, precipita nel nulla. Laddove si lavorerà per la giustizia e la pace, si disperderà anche la nebbia e l’oscurità che rendevano nascosti i nomi degli amanti scritti nel cielo (v. 20). E dato che nel vocabolario biblico nome sta per l’essenza più profonda della persona, e cielo indica il cuore stesso di Dio, chi ama è già nascosto con tutta la sua persona nel cuore stesso dell’Amore (cfr. Col 3, 13). Questo ci permetterà di credere da una parte che «nulla potrà mai danneggiarci» (v. 19) e che nulla di ciò che faremo se segnato dal bene potrà andar perduto: «nessun sacrificio per quanto nascosto e ignorato, nessuna lacrima e nessuna amicizia» (Michele Do).

 
Paolo Scquizzato
 
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gn 14,18-20

Dal libro della Genesi
 

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.


Salmo Responsoriale Sal 109 (110)

Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.

Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
 
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!
 
A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell'aurora,
come rugiada, io ti ho generato.
 
Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».

 
Seconda Lettura 1Cor 11,23-26
 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
 
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
 
 
Canto al Vangelo (Gv 6,51)


Alleluia, Alleluia

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 9,11b-17
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.


OMELIA

«Il Corpo del Signore non lo dobbiamo pensare negli schemi sacrali. Ricordate le processioni con gli ostensori e gli incensi? Di quel pane che deve essere un pane a tavola noi abbiamo fatto un idolo. È l’astuzia dell’uomo! Quando l’uomo fa di un santo una realtà da adorare, se ne è già liberato. Adorare significa metterla fuori. Messa fuori, viviamo più tranquilli nella nostra malvagità» (E. Balducci).
Gesù, nel deserto della storia vede e si prende cura di un’umanità dolorante invitando ciascuno dei suoi a fare altrettanto, rivelando così la logica disarmante che la propria fame si estingue facendosi pane per gli altri. Infatti qui Gesù non invita a dare cose, denari o ad impetrare il Cielo per compiere la sazietà dell’altro, bensì a donare sé stessi: «Voi stessi date loro da mangiare», ossia ‘datevi in cibo a questa umanità affamata’ (v. 13a). E nell’attimo stesso in cui si vive questa logica del dono di sé, il deserto comincia a fiorire (cfr. Is 32, 15). Infatti nel Vangelo di Giovanni, passo parallelo al nostro, si afferma come in quel luogo ci fosse “molta erba” (Gv 6, 10b) e Marco aggiunge come quell’erba fosse ‘verde’ (Mc 6, 39). Un luogo con molta erba verde, richiama un giardino, e il Giardino nella Bibbia è sinonimo di paradiso. Insomma: il condividere, il prendersi cura della vita dell’altro fa fiorire il proprio deserto esistenziale e trasforma questo nostro mondo incolto, in un qualcosa dal sapere di paradiso.
Prima di farsi ostia, Dio s’è fatto carne, e quindi ogni carne.
Va da sé che maltrattare un essere umano significa profanare il medesimo Corpo di Cristo, il Dio-con-noi, e in- noi.
Va da sé che i veri e più preziosi tabernacoli saranno i corpi martoriati dei poveri, le carni consunte dei profughi, degli esclusi, degli allontanati e degli abbandonati.
Adorare e venerare un’ostia consacrata e poi calpestarla, denigrarla e rigettarla nel fratello può dirsi cristianesimo?

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 22 Giugno 2025 09:11

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Anno C

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gn 14,18-20

Dal libro della Genesi
 

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.


Salmo Responsoriale Sal 109 (110)

Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.

Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
 
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!
 
A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell'aurora,
come rugiada, io ti ho generato.
 
Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».

 
Seconda Lettura 1Cor 11,23-26
 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
 
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
 
 
Canto al Vangelo (Gv 6,51)


Alleluia, Alleluia

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 9,11b-17
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.


OMELIA

gli incensi? Di quel pane che deve essere un pane a tavola noi abbiamo fatto un idolo. È l’astuzia dell’uomo! Quando l’uomo fa di un santo una realtà da adorare, se ne è già liberato. Adorare significa metterla fuori. Messa fuori, viviamo più tranquilli nella nostra malvagità» (E. Balducci).
Gesù, nel deserto della storia vede e si prende cura di un’umanità dolorante invitando ciascuno dei suoi a fare altrettanto, rivelando così la logica disarmante che la propria fame si estingue facendosi pane per gli altri. Infatti qui Gesù non invita a dare cose, denari o ad impetrare il Cielo per compiere la sazietà dell’altro, bensì a donare sé stessi: «Voi stessi date loro da mangiare», ossia ‘datevi in cibo a questa umanità affamata’ (v. 13a). E nell’attimo stesso in cui si vive questa logica del dono di sé, il deserto comincia a fiorire (cfr. Is 32, 15). Infatti nel Vangelo di Giovanni, passo parallelo al nostro, si afferma come in quel luogo ci fosse “molta erba” (Gv 6, 10b) e Marco aggiunge come quell’erba fosse ‘verde’ (Mc 6, 39). Un luogo con molta erba verde, richiama un giardino, e il Giardino nella Bibbia è sinonimo di paradiso. Insomma: il condividere, il prendersi cura della vita dell’altro fa fiorire il proprio deserto esistenziale e trasforma questo nostro mondo incolto, in un qualcosa dal sapere di paradiso.
Prima di farsi ostia, Dio s’è fatto carne, e quindi ogni carne.
Va da sé che maltrattare un essere umano significa profanare il medesimo Corpo di Cristo, il Dio-con-noi, e in- noi.
Va da sé che i veri e più preziosi tabernacoli saranno i corpi martoriati dei poveri, le carni consunte dei profughi, degli esclusi, degli allontanati e degli abbandonati.
Adorare e venerare un’ostia consacrata e poi calpestarla, denigrarla e rigettarla nel fratello può dirsi cristianesimo?

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 22 Giugno 2025 09:01

Santissima Trinità - Anno C

Santissima Trinità - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Prv 8,22-31

Dal libro dei Proverbi
 

Così parla la Sapienza di Dio:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».


Salmo Responsoriale Sal 8

O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell'uomo, perché te ne curi?
 
Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.
 
Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.

 
Seconda Lettura Rm 5,1-5
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
 
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
 
 
Canto al Vangelo (Cf. Ap 1,8)


Alleluia, Alleluia

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,
a Dio, che è, che era e che viene.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 16,12-15
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».


OMELIA

«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

“Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità” dice Gesù nel vangelo di questa domenica.
La vita di Dio, o meglio Dio come vita ci permea ed emerge in noi nella misura in cui facciamo decantare in noi il ‘mio’ e l’’io’ sino al compiersi di ciò che in realtà siam sempre stati: ‘immagine e somiglianza di Dio’ (Gn 2, 27). Paolo afferma tutto ciò quando scrive che lo Spirito – ovvero Dio medesimo (cfr. Gv 4, 24) riversa sé stesso nel nostro cuore (Rm 5, 5), attuando così la nostra natura autentica. Quest’ultima non è qualcosa di pregresso che abbiamo perduto a causa del peccato, ma piuttosto la nostra destinazione. La Verità – tutta intera – della nostra vita ci sta dinanzi, non alle spalle. Non siamo esseri decaduti, ma fragilità in via di compimento.
La questione è rimanere aperti, disponibili, collaboranti a questa energia che ci inabita, affinché possa compiere la sua opera. Per questo è necessario prestarle attenzione, non opporle resistenza, vivere con essa in una profonda sinergia. È altresì importante sottolineare che a questa verità siamo chiamati tutti a parteciparvi, non solo quelli con le carte in regola, i prescelti, i senza peccato.
Qualcuno ha detto che “se la Chiesa traccia un cerchio, la maggioranza dell’umanità è fuori del cerchio, se il Padre traccia un cerchio c’è tutto, dentro”. Occorre non perdere di vista il cerchio del Padre, e contemplarlo sempre dall’interno. D’altra parte viviamo nel frammento, perché in fin dei conti nessun segmento della linea è la linea.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 08 Giugno 2025 08:56

Domenica di Pentecoste - Anno C

Domenica di Pentecoste - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 2,1-11

Dagli Atti degli Apostoli
 

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».


Salmo Responsoriale Sal 66 (67)

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.

 
Seconda Lettura Rm 8, 8-17
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
 
Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.
E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
 

Sequenza

Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sórdido,
bagna ciò che è árido,
sana ciò che sánguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.

 
Canto al Vangelo


Alleluia, Alleluia

Vieni, Santo Spirito,
riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accendi in essi il fuoco del tuo amore.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 14, 15-16. 23-26
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».


OMELIA

«Fare appello allo Spirito Santo vuol dire fare appello alla libertà della coscienza perché la punta alta della coscienza è la punta alta su cui batte il raggio dello Spirito. Per questo lo zelo delle istituzioni è nel coprire tutte le punte perché non appena la coscienza si illumina si scompagina un ordine esistente e il futuro irrompe. Ecco perché le istituzioni sacre hanno perseguitato i profeti; esse li hanno temuti, a cominciare da Gesù» (Ernesto Balducci).
Ogni istituzione, religiosa o laica che sia, ha sempre temuto che le persone agissero
‘secondo coscienza’, prediligendo persone mute, obbedienti ed allineate all’autorità
costituita, zittendo le voci del dissenso, contrarie al ‘è bene così’ o del ‘s’è sempre fatto così’.
Ogni sistema di potere, dai tempi della Torre di Babele ha auspicato che i propri sudditi parlassero tutti la medesima lingua – quella del ‘capo’ – nella speranza che poi agissero anche nel medesimo modo.
Lo Spirito di Dio – insegna Gesù – deve soffiare sempre più forte, dove vuole,
scombinando le carte e facendo sì che ciascuno parli finalmente la propria lingua, e
agisca secondo coscienza.
È interessante notare come nel vangelo Gesù guarisca numerose persone mute. Mi piace pensare che siano state quelle zittite perché non allineate e obbedienti all’establishment di turno. Zittite magari fin da piccoli, da genitori, educatori, superiori perché ritenute non interessanti, banali, fuori luogo, inadeguate, ‘non all’altezza’. Gesù quando parlava con le persone deve aver avuto la meravigliosa capacità di infondere in tutte loro la fiducia di poter aprire finalmente bocca, di convincerle a parlare perché anche loro avevano qualcosa di bello, di interessante e di unico da dire.
Lo Spirito di Dio soffia, sempre, e comunque, indipendente da chi detiene il potere. E
crea unità in un’umanità formata da genti diverse, religioni diverse, esperienze diverse in quanto ciascuno è portatore di verità, di bellezza e fecondità, non fosse altro perché unico e irripetibile.
Il nostro compito di cristiani non è far sì che le varie ‘lingue’ delle donne e degli uomini del nostro tempo riconoscano il primato della nostra di lingua –ritenuta vera e
indefettibile – ma far di tutto perché ogni diversità venga affermata e difesa affinché
un’umanità più umana possa edificarsi, fondata sulla logica della pace, della cura e della condivisione.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 01 Giugno 2025 10:00

Ascensione del Signore- Anno C

Ascensione del Signore - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 1,1-11

Dagli Atti degli Apostoli
 

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l'adempimento della promessa del Padre, «quella - disse - che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo».


Salmo Responsoriale Sal 66 (67)

Ascende il Signore tra canti di gioia.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.
 
Seconda Lettura Eb 9,24-28; 10,19-23

Dalla lettera agli Ebrei

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui
 
Canto al Vangelo (Mt 28,19a.20b)


Alleluia, Alleluia

Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 24,46-53
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.


OMELIA

I discepoli dopo l’ascensione di Gesù avvenuta a Betania, scendono a Gerusalemme, simbolo di ogni città, del quotidiano, della vita e lì – dice il testo – ‘stanno sempre nel tempio lodando Dio’ (v. 53). Occorre comprendere bene cosa s’intende qui per tempio. Difficile pensare quello in muratura – tra l’altro già distrutto da circa quindici anni quando Luca scrive –, dove magari trovare asilo da un mondo ostile.

Il tempio è ‘la dimora di Dio con gli uomini’, Gerusalemme stessa, definita in Apocalisse ‘nuova’ (Ap 21, 2), in cui – tra l’altro – non esiste più alcun tempio! (Ap 21, 22). Questo significa che la mia vita, la mia storia è ora tempio di Dio: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1Cor 3, 16).

Non è più data separazione tra ciò che denominiamo dio e l’umana avventura.

Per cui con l’ascensione Gesù da una parte ci apre alla consapevolezza che siamo una cosa sola con la divinità, come l’onda lo è col mare anche se distinta, dall’altra ci ricorda che per fare sperienza di questa unione, occorre entrare nel vivo delle dinamiche terrene, delle relazioni umane, nella cura.

È finito il tempo del commercio con la divinità, il dare e avere attraverso pratiche religiose, osservanze di leggi e precetti. Gesù ha insegnato a stare al mondo senza la necessità di bruciare incensi o inginocchiarsi ad alcuna autorità, religiosa o civile che sia. Tutto questo fu spazzato via quando Gesù stesso scacciò con forza dal tempio i suoi inservienti ridotti a commercianti del sacro (cfr. Lc 19, 46). Non sarà l’ottemperanza ad una legge ad assicurarci la salvezza ci ricorda Gesù il «crocifisso secondo la Legge».

«Il nostro rapporto con Dio non è un rapporto religioso con un essere, il più alto, il più potente, il migliore che si possa pensare – questa non è autentica trascendenza – bensì una nuova vita nell’“esserci per gli altri”, nel partecipare all’essere di Gesù. Il trascendente non è l’impegno infinito, irraggiungibile, ma il prossimo che è dato di volta in volta, che è raggiungibile». (D. Bonhoeffer, Resistenza e resa).


 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 25 Maggio 2025 08:46

Sesta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Sesta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 15,1-2.22-29

Dagli Atti degli Apostoli
 

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».


Salmo Responsoriale Sal 66 (67)

Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano 
tutti i confini della terra.
 
Seconda Lettura Ap 21,10-14.22-23

 

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.
 
Canto al Vangelo (Gv 14,23)


Alleluia, Alleluia

Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 14,23-29
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».


OMELIA

«Se uno mi ama… » dice Gesù (v. 23). Ora, cosa potrà significare “amare Gesù”? Se è vero che noi siamo immersi nella divino-umanità del Cristo, se è vero che siamo cristici, dimora del divino (‘Prenderemo dimora presso di lui’ (Gv 14, 23), se è vero che siamo ‘a sua immagine e somiglianza’ credo che ‘amare Gesù significhi’ permettergli d’amarmi, ovvero non porre ostacolo col ‘mio e l’io’ alla sua azione vivificante in me. Divenire trasparente alla sua presenza e azione in me.
La questione è sempre la medesima: «Chi odia la propria vita in questo mondo, la conserva per vita eterna» (Gv 12, 25), e qui ‘odiare’ sta per ‘espropriare’ il proprio falso sé, l’ego, per far spazio al divino che siamo, il nostro ‘Sé autentico’.
‘Amare Dio’ sarà dunque una sorta di ‘non azione’, al fine di lasciare a lui l’unica azione che conta. D’altra parte noi siamo per natura ‘piena ricettività’, e ciò che ci viene richiesto è solo di «coltivare tutte le nostre potenze mentali, psichiche e sensoriali perché si sviluppi in noi il divino, di cui poi fare esperienza di tale sbocciare» (W. Jäger).
Allora comprenderemo perché Gesù continua dicendo: «Se uno mi ama… noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (v. 23). Nella non-azione, nel rinunciare a ‘scalare il cielo’, si godrà finalmente del cielo in noi.
Una volta che Dio si espanderà in noi, plasmati e trasformati in lui, diverremo detentori dello Spirito santo (v. 26) e della pace (v. 27). I due doni del risorto.
E questo Spirito di Dio in noi, assolverà due compiti fondamentali:
1) «Insegnerà ogni cosa» (v. 26a), ossia che lui è Padre, che noi siamo figli e quindi che l’unico modo per vivere è lasciarsi amare, scoprirsi e vivere da fratelli.
2) «ricorderà tutto» (v. 26b). ‘Ri-cordare’, etimologicamente vuol dire ricondurre nel cuore. Chi è in Dio, chi è stretto in questa unione, può dimorare finalmente in sé stesso, all’interno di sé, non è più costretto a perdersi, non è più frantumato in mille pensieri e azioni che non gli appartengono. Ha le radici ben radicate in sé, al centro del suo cuore.
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (v. 27).
La pace è la serena certezza che in questa unione intima con Dio, non è più necessario crearsi nemici per vivere in pace. Infatti mentre la pace del mondo (cfr. v. 27b) è quella fondata sulla violenza, sulla paura, sul dominio, su pericolosi giochi d’equilibrio, la pace di Cristo è frutto della vittoria del bene sul male, o meglio del male attraversato dal bene.
La consapevolezza di essere una cosa sola con la divinità che ci pervade, ci fa vivere nella pace, quella che niente e nessuno potrà toglierci.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 18 Maggio 2025 08:55

Quinta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Quinta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 14,21b-27

Dagli Atti degli Apostoli
 

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni».
Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto.
Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.


Salmo Responsoriale Sal 144(145)

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
 
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
 
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.
 
Seconda Lettura Ap 21, 1-5a


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più.
E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
 
Canto al Vangelo (Gv 13,34)


Alleluia, Alleluia

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 13,31-33a.34-35
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».


OMELIA

«Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato”» (V. 31).
Il massimo del male subìto, Gesù lo accoglie e lo fa coincidere col massimo della gloria. Gesù assume la tenebra e la trasforma in luce, manifestando così la stoffa di cui è fatto l’Amore: riportare la vittoria quando viene ferito.
Le mie fragilità, i miei limiti, i miei fallimenti, il male che mi accompagna da mane a sera, tutto questo può diventare luogo di rivelazione di qualcos’Altro, luminoso, inedito. Ferita che si fa feritoia ad una luce trasformante.
«Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» ricorda Paolo (2Cor 12, 9s.).
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (v. 34)
La novità di questa prescrizione non è tanto l’invito ad amare – affermato da sempre nella tradizione ebraica – ma piuttosto il fatto che ciò che viene comandato viene prima donato. Siamo è vero invitati ad amare, ma non come mossi da una legge eteronoma, proveniente dall’esterno, ma scoprendo che siamo portatori, ripieni di quell’amore che siamo chiamati a manifestare. Ciò che viene ‘comandato’ è già stato concesso: «Donami o Dio ciò che mi comandi, e poi comandami ciò che vuoi» (Agostino).
“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Un passaggio splendido. Essere discepoli di Gesù non è questione di appartenenza: non a una Chiesa, né ad una religione. Non significa neppure essere battezzati o credenti. Essere discepoli non è questione dell’abito che s’indossa. Non da questo saremo riconosciuti, e tanto meno perché si frequentano culti e riti religiosi. “Da questo sapranno che siete miei discepoli, dall’amore…”. È solo l’amore a farci riconoscere come discepoli dell’Amore. Quanti discepoli di Cristo anonimi in giro per il mondo infatti… atei, agnostici, non praticanti, dubbiosi, appartenenti ad altre confessioni religiose… È l’Amore che fa nuove tutte le cose ed ogni essere umano, indipendentemente dalle loro appartenenze. Questo Amore è la ‘tenda di Dio in mezzo agli uomini’, come dice la pagina dell’Apocalisse di oggi. Ebbene, chi ama è di Cristo, anzi è cristico ovvero della stessa natura dell’Amore. È l’amore che ci fa compiere in umanità sino a diventare Cristo. Questo è stato il cammino dell’uomo e profeta Gesù di Nazareth, talmente umano da esser diventato il Cristo, manifestazione materica e temporale di ciò che viene chiamato Dio. A questo siamo chiamati tutti noi se ci risvegliassimo al nostro unico compito: diventare pienamente umani, e dunque divini.

 
Paolo Scquizzato
 
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