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Domenica, 18 Maggio 2025 08:55

Quinta domenica del tempo di Pasqua - Annno C In evidenza

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Quinta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 14,21b-27

Dagli Atti degli Apostoli
 

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni».
Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto.
Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.


Salmo Responsoriale Sal 144(145)

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
 
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
 
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.
 
Seconda Lettura Ap 21, 1-5a


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più.
E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
 
Canto al Vangelo (Gv 13,34)


Alleluia, Alleluia

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 13,31-33a.34-35
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».


OMELIA

«Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato”» (V. 31).
Il massimo del male subìto, Gesù lo accoglie e lo fa coincidere col massimo della gloria. Gesù assume la tenebra e la trasforma in luce, manifestando così la stoffa di cui è fatto l’Amore: riportare la vittoria quando viene ferito.
Le mie fragilità, i miei limiti, i miei fallimenti, il male che mi accompagna da mane a sera, tutto questo può diventare luogo di rivelazione di qualcos’Altro, luminoso, inedito. Ferita che si fa feritoia ad una luce trasformante.
«Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» ricorda Paolo (2Cor 12, 9s.).
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (v. 34)
La novità di questa prescrizione non è tanto l’invito ad amare – affermato da sempre nella tradizione ebraica – ma piuttosto il fatto che ciò che viene comandato viene prima donato. Siamo è vero invitati ad amare, ma non come mossi da una legge eteronoma, proveniente dall’esterno, ma scoprendo che siamo portatori, ripieni di quell’amore che siamo chiamati a manifestare. Ciò che viene ‘comandato’ è già stato concesso: «Donami o Dio ciò che mi comandi, e poi comandami ciò che vuoi» (Agostino).
“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Un passaggio splendido. Essere discepoli di Gesù non è questione di appartenenza: non a una Chiesa, né ad una religione. Non significa neppure essere battezzati o credenti. Essere discepoli non è questione dell’abito che s’indossa. Non da questo saremo riconosciuti, e tanto meno perché si frequentano culti e riti religiosi. “Da questo sapranno che siete miei discepoli, dall’amore…”. È solo l’amore a farci riconoscere come discepoli dell’Amore. Quanti discepoli di Cristo anonimi in giro per il mondo infatti… atei, agnostici, non praticanti, dubbiosi, appartenenti ad altre confessioni religiose… È l’Amore che fa nuove tutte le cose ed ogni essere umano, indipendentemente dalle loro appartenenze. Questo Amore è la ‘tenda di Dio in mezzo agli uomini’, come dice la pagina dell’Apocalisse di oggi. Ebbene, chi ama è di Cristo, anzi è cristico ovvero della stessa natura dell’Amore. È l’amore che ci fa compiere in umanità sino a diventare Cristo. Questo è stato il cammino dell’uomo e profeta Gesù di Nazareth, talmente umano da esser diventato il Cristo, manifestazione materica e temporale di ciò che viene chiamato Dio. A questo siamo chiamati tutti noi se ci risvegliassimo al nostro unico compito: diventare pienamente umani, e dunque divini.

 
Paolo Scquizzato
 
Letto 2 volte Ultima modifica il Domenica, 18 Maggio 2025 09:05
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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