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Sabato, 26 Giugno 2004 11:37

Introduzione alla spiritualità marista (P. Franco Gioannetti) Undicesima Parte

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Spiritualità Marista

   

di Padre Franco Gioannetti


Undicesima parte


Colui che infatti realizza il tipo di povero per eccellenza, colui che costituisce il vertice degli "anawim" è Cristo, il "servo di Jahvè", nel quale tutti i cristiani si riconoscono dipendenti da Colui che li ha creati.

Non più dunque un messia guerriero, dominatore, regale, ma un servo, di cui parla il salmo 22, salmo nel quale gli evangelisti hanno visto descritti in anticipo parecchi episodi della Passione:

"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
Si è affidato al Signore, lui lo scampi;

come acqua sono versato,
sono slogate tutte le mie ossa

essi mi guardano, mi osservano:
si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte

I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano"
(Sal. 22)

Sarà il Messia sofferente quale ci viene presentato anche dal profeta Isaia (vedi 1/b):

"Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto in cui mi delizio.
Ho posto il mio spirito su di lui;
egli porterà il diritto alle nazioni.
Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta" (Is. 42, 1-3).

"Ho presentato il dorso ai flagellatori,
la guancia a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti ed agli sputi" (Is. 50, 6).

Qui non si parla più di armi imbattibili, ma di sofferenza e di povertà volontarie, di abbassamento o, per usare un termine classico, di "Kenosis".

Servo sofferente, umile, povero, il Messia porterà il Vangelo ai poveri, consolerà gli afflitti, aprirà gli occhi ai ciechi.
Lui stesso dirà di sé leggendo il libro del profeta Isaia:

"Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per portare ai poveri un lieto messaggio" (Lc. 4, 18-19).

ed in un secondo momento inizierà il Discorso della Montagna con le parole: "Beati coloro che hanno un’anima di povero…".

Venuto ad annunziare ai poveri la Buona Novella, la sua condizione umana fu un abbassamento come dice S. Paolo nella lettera ai Filippesi:

"pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
ed alla morte di croce.
Per questo Dio l’ha esaltato
E gli ha dato il nome
Che è al di sopra di ogni altro nome" (Fil. 2, 5-9).

Per esplicitare meglio l’idea riportiamo il testo del Dizionario di Spiritualità alla parola "kenosis"

"Cioè Cristo si è privato della gloria che gli competeva come uguale a Dio e si è umiliato; in questa ‘privazione di gloria – umiliazione’ entra la povertà. Cristo povero vive in obbedienza a Dio, in accettazione libera della povertà (Fil. 2, 7-9). Ma, per l’intervento di Dio si ha un rovesciamento di posizioni: la kenosis (abbassamento) – tapeinosis (povertà) conduce alla doxa-gloria (2 Cor. 8/9).

Prendendo così una natura inferiore, quella di schiavo, il Salvatore non solo abbandona la maestà divina e gli onori divini ai quali ha diritto come Dio, ma accetta di condurre una vita veramente umana, di essere riconosciuto esteriormente come uomo attraverso l’intero corso di una vita di obbedienza , di umiliazione e di dolori. Così lo spogliamento, di cui l’apostolo fa un esempio di abnegazione per i Filippesi, avvolge di sé non solo il fatto dell’incarnazione, ma tutte le conseguenze della vita di umiliazione e di obbedienza accettate da Cristo in vista della salvezza
".

Avevamo scoperto la profondità della povertà-umiltà di Maria, ora l’abbiamo compresa meglio conoscendo la povertà di Gesù:

"Gesù, vita, luce e maestro, ci ha indicato, ponendosi come modello ed aiuto vitale, la via che il discepolo deve seguire.
Il "povero", infatti, spoglio di se stesso e di interessi personali, sa abbandonarsi, anche nella notte della fede; sa rinunziare alle proprie idee, sa mettere da parte i propri progetti per ricercare ed accettare il progetto di Dio, facendo del restante "tabula rasa" per essere veramente un umile strumento nelle mani di Dio.
Il fatto che Cristo si sia "umiliato" accettando la forma di "schiavo", diventando obbediente fino alla morte, ha spiritualmente ritmato, con vicende alterne, attraverso i secoli, la vita della Chiesa"
.

Letto 2107 volte Ultima modifica il Sabato, 17 Luglio 2004 19:55

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