Vita nello Spirito

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 66

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 65

Giovedì, 11 Novembre 2004 22:43

Come incarnare la fede in un mondo che cambia: II°parte (Norbert Mette)

Vota questo articolo
(0 Voti)
 

"Come incarnare la fede nel mondo che cambia"

  • È difficile, oggi, nella cultura moderna, diventare cristiani e, per chi già lo è, testimoniare la propria fede
  • L’individualismo e il pluralismo come segni distintivi della società odierna e come sfida per la fede
  • La fede è innanzitutto un’interruzione della banalità del quotidiano da riempire con alcuni convinti "Sì" al Dio della vita, unico santo e che prende le parti degli impoveriti e dei sofferenti

Il sociologo tedesco Franz-Xavier Kaufmann ha formulato a mo’ di tesi le condizioni dell’essere e divenire cristiani nel contesto della nostra società in costante modernizzazione nei tre punti seguenti: 1) è difficile diventare cristiani nella cultura moderna; 2) è difficile nel contesto attuale vivere e comportarsi da cristiani; 3) se anche qualcuno riesce a far effettivamente valere la propria fede cristiana, diventa un elemento di disturbo per l’ambiente in cui vive. Le riflessioni che seguono tentano di analizzare la situazione attuale della trasmissione della fede e le possibili prospettive tenendo come riferimento queste tre tesi.

2. Problemi e ostacoli di una vita conformata in senso cristiano nella società moderna

Non si può negare che le chiese siano fortemente messe in crisi dal mutamento sociale. Ovunque vacillano le loro risorse tradizionali – a cominciare dal grado di appartenenza ad esse, per giungere fino alla loro presenza pubblica. È in atto un processo di allontanamento di massa dalle chiese e di esso non di intravede ancora la fine. Molte inquietudini e molti conflitti intraecclesiali del nostro tempo vanno letti su questo sfondo.

In vista di un orientamento capace di futuro è importante, al cospetto di tale situazione, operare una duplice differenziazione e cioè distinguere tra ciò che in determinate epoche può e deve modificarsi e in parte essere addirittura superato nella fede dell’adulto – soprattutto nell’ambito delle forme in cui tale fede si esprime – così che tale fede possa esplicitarsi in maniera conforme alle nuove condizioni sociali, e ciò che invece costituisce l’identità della fede cristiana ed è perciò irrinunciabile.

Che proprio la chiesa cattolica abbia difficoltà ad operare un tale distinzione e che in luogo di ciò si sia da tempo ostinata sulla posizione di un totale antimodernismo, è quanto complica il suo rapporto con la società moderna o postmoderna. Voler recedere dall’apertura, che il Concilio Vaticano II ha in questo senso dischiuso, sarebbe per lei una catastrofe. Soprattutto in un punto il Concilio ha ricuperato l’aggancio con quelle conquiste della modernità da salutare come assolutamente positive; nell’incondizionato riconoscimento – derivante anche e proprio dalla fede cristiana – dell’uomo nel suo essere fondamentalmente costituito come libero. Con riferimento alla trasmissione della fede ciò significa che ogni assunto di indottrinamento e di manipolazione la contraddice – altrimenti sarebbe giustificata la sentenza dei critici della religione per i quali la fede è un’alienazione dell’uomo – mentre essa è adeguata all’uomo nella misura in cui lo aiuta a ritornare a se stesso – nella sua relazione con gli altri uomini, con il mondo e con Dio – e a conformare la sua vita nella chiamata alla libertà (cf Gal 5,1).

I presupposti di tutto ciò sono in linea di massima dati con l’individualismo, quando non addirittura favoriti in confronto alle società premoderne. Realisticamente, va però detto che l’elevato spazio di gioco della libertà si accompagna a molti problemi nella percezione di questa libertà. Da una parte, si fa molto spesso strada una concezione di libertà assai unilaterale, autoreferenziale; in questo senso, è vero che all’individualismo può essere rinfacciata una tendenza all’egoismo: la tensione ad una libertà dell’io, possibilmente smisurata, va, quando occorre, a spese di quella degli altri; si fa largo una concezione edonistica della vita. Dall’altra parte, ci sono chiari segnali di una nuova modalità di stili di vita contrassegnati in maniera più uniforme di come ci si potrebbe immaginare sotto le insegne di una cultura della libertà. A leggere recenti studi di sociologia si trova che a seconda dei vari contesti giocano un ruolo sempre maggiore comportamenti più o meno codificati e i singoli si fanno da questi influenzare – tanto nel caso che continuino ad agire sullo sfondo i contesti tradizionali, quanto in quello che se ne siano costituiti di nuovi o, come si può osservare nel mondo giovanile, se ne costituiscano dei nuovi ancora. Questi contesti con le loro consuetudini di vita esercitano un’elevata influenza su coloro che vi appartengono (o che fanno di tutto per appartenervi) e svolgono una funzione discriminante e in parte emarginante nei confronti del comune vivere in società. Si aggiunga che molti hanno interesse a tentare di occupare gli spazi lasciati liberi dai vincoli della tradizione. È soprattutto da citare qui il caso dell’industria del consumo che, con ogni possibile seduzione, nella pubblicità promette ai consumatori la conquista della libertà per portarli poi ad avere una fede assoluta in ciò che a lei solo importa: cioè in un sempre maggior consumo.

Non è difficile concludere che tali realtà ormai più diffuse nella società sono tutt’altro che propizie al tentativo di costruire la propria vita a partire da convinzioni cristiane – tanto più se la fede non agisce solo occasionalmente come edificazione festiva di un quotidiano altrimenti inquieto, ma viene fatta valere nei suoi impulsi che costruiscono un’identità e che sono rivolti a una prassi di libertà responsabile.

Norbert Mette

"Famiglia domani" 4 / 99

Letto 2356 volte Ultima modifica il Giovedì, 30 Dicembre 2004 20:25

Search