La fede nell'incarnazione del Verbo non si ferma all'avvenimento storico puntuale della nascita di Gesù a Betlemme, ma è fede nella sua presenza in noi tuttora attraverso il dono dello Spirito ed i suoi frutti.
La divinizzazione che rimane come aspirazione nell'uomo può diventare una parola vuota, un'illusione crudele perché l'uomo si ritrova ad essere "secondo" l'immagine di ciò che ha creato, diventa a-logikós, folle e perverso perché adora ciò che non ha consistenza di vita eterna, adora la visibilità della vita creata.
Ci chiediamo in questa seconda tappa perché proprio l'incarnazione faccia da sfondo al compimento della somiglianza dell'uomo con Dio.
L'incarnazione, la presenza di Dio fra gli uomini non finisce con la vicenda terrena di Cristo. "Divinizzazione" è una parola con la quale i Padri della Chiesa hanno espresso la loro convinzione che «se Dio si è fatto uomo è perché l'uomo diventasse Dio».
Pnêuma (in greco), ruah (in ebraico), spirito, è l'organo della comunione con il trascendente. Se già è difficile parlare della Santissima Trinità, quanto più dello Spirito Santo in sé.
La teologia della grazia tenta di descrivere i doni di Dio all'uomo per i quali egli è divinizzato, perdonato nell'essere e nell'agire secondo tutte le dimensioni o spazi della vita.
La comprensione dell'uomo come mistero ad immagine del mistero inserito in una storia di salvezza non può prescindere dal far riferimento al suo Creatore, al suo Salvatore, al dinamismo che lo "divinizza".
Cosa significa che l'uomo è chiamato a condividere la natura divina? Cosa significa che il messaggio cristiano è la proclamazione di una salvezza che riguarda principalmente la "carne"? Cosa significa che lo Spirito Santo è dato come amore e anticipo per vivere già adesso la bellezza della risurrezione?