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Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Domenica, 30 Gennaio 2005 16:05

La Chiesa Apostolica Armena (Mervyn Duffy)

Le Chiese dell'oriente cristiano

II. Chiesa Apostolica Armena
di Mervyn Duffy

 

L'Armenia antica è situata nella Turchia orientale attuale e nelle zone di frontiera della Russia e dell'Iran. Questo paese è stata la prima nazione ad adottare il cristianesimo come propria religione quando il re Tiridate III è stato convertito alla fede cristiana da San Gregorio Illuminatore all'inizio del quarto secolo. Una cattedrale fu costruita ad Etchmiadzin che da allora è il centro della Chiesa Armena. Ampiamente si crede che il monaco San Mesrope abbia inventato l'alfabeto armeno intorno all'anno 404, permettendo così di tradurre la Bibbia in armeno.

Nel 506 uno Sinodo armeno ha rifiutato gli insegnamenti cristologici del Concilio di Calcedonia (451), al quale nessun vescovo armeno aveva partecipato. In quel tempo la chiesa armena era interessata alle tendenze nestoriane della chiesa vicina presente nell'impero persiano.

A lungo vulnerabile stato cuscinetto tra i due imperi ostili tra loro, quello romano e quello persiano l’antico regno armeno fu distrutto nell'undicesimo secolo e molti armeni fuggirono allora in Cilicia (nel centro sud dell’Asia minore), dove si costituì un nuovo regno armeno. Qui gli armeni ebbero molti contatti con i crociati latini. Anche questo nuovo regno cessò di esistere nel quattordicesimo secolo e la gente armena fu dispersa, ma sopravvisse nonostante la dominazione straniera, concentrando la propria identità sulla lingua e sull’appartenenza alla chiesa.

Verso la fine del diciannovesimo ed all’inizio del 20esimo secolo, gli armeni in Turchia dovettero molto soffrire a causa di una serie di massacri che condussero molti alla morte ed anche a delle espulsioni. Si crede che complessivamente siano morti tra un milione e mezzo e due milioni di persone Molti dei superstiti fuggirono nei paesi limitrofi ed a Costantinopoli.

Oggi la chiesa apostolica armena è concentrata nella Repubblica Armena che ha dichiarato la propria indipendenza il 23 settembre 1991. Etchmiadzin è la residenza del Catholicos armeno vicina alla capitale Yerevan. Il crollo del comunismo sovietico ha costituito l’occasione per una rinascita di questa chiesa antica nel suo territorio originario. Nuove diocesi e parrocchie stanno aprendosi, nuove organizzazioni vengono fatte nascere, vengono pubblicati periodici di carattere religioso e si sta introducendo l'istruzione religiosa nelle scuole. Nel 2001 è stato celebrato il 1700mo anniversario dell'accettazione del cristianesimo come religione di stato dell'Armenia ed è stata consacrata la nuova grande cattedrale in Yerevan. Ma la chiesa sta avvertendo la mancanza di un clero sufficiente e si sente minacciata dall’ attività di altri gruppi religiosi che ora sono liberi di agire nel paese. Nel 1997, fu valutato che circa il 10% della popolazione appartiene a delle sette che sono in rapida crescita. Per questo il governo sta agendo per limitare l'attività di quei gruppi religiosi che non appartengono alla Chiesa Apostolica Armena.

La liturgia armena include degli elementi di quelle: Siriaca, Gerosolimitana, Bizantina Essendosi la tradizione liturgica armena formata nei secoli V-VII la prima fondamentale influenza è stata Siriaca e di Gerusalemme, una influenza successiva è stata quella bizantina e poi nel medio-evo è subentrata anche una certa influenza latina dalla quale sono stati mutuati alcuni usi liturgici.

Anche se il Catholicos armeno di Etchmiadzin è riconosciuto da tutti gli Ortodossi Armeni come il capo spirituale della loro Chiesa, altre tre giurisdizioni armene sono sopravvissute attraverso i secoli. I due Catholicosati sono in completa comunione ma amministrativamente indipendenti, mentre due Patriarcati sono dipendenti nel campo spirituale da Etchmiadzin. Il Catholicosato di Etchmiadzin ha giurisdizione diretta sugli armeni della vecchia URSS e su quelli della diaspora, che comprende l'Iraq, l'India, l'Egitto, la Siria, il Sudan, l'Etiopia, Europa, l'Australia e le Americhe e comprende circa 6.000.000 di fedeli.

Il Patriarcato di Gerusalemme ha la Sede presso il monastero di S.Giacomo in Gerusalemme ed è responsabile dei Luoghi Santi che appartengono alla chiesa armena. comprende circa 10.000 fedeli in Israele, in Giordania e nel Territorio Autonomo Palestinese, ne è Patriarca Torkom II Manoogian (nato nel 1919, eletto nel 1990).

Il Patriarcato di Costantinopoli ha giurisdizione sulla Turchia e sull'isola greca di Creta. Nel 1914 questo patriarcato comprendeva 12 arcidiocesi, 27 diocesi e sei monasteri con circa 1.350.000 fedeli. Oggi rimane il solo Patriarcato, circa 82.000 fedeli. Il patriarca Mesrope II Mutafyan nato nel 1956 ed eletto nel 1998.

Il Catholicosato di Cilicia ha la sede ad Antelias, nel Libano ed ha giurisdizione sul Libano, sulla Siria, Cipro, Iran, Siria e Grecia e comprende circa 800.000 fedeli. Cilicia ha avuto una storia di tensioni con Etchmiadzin ed ambedue hanno giurisdizioni separate in America del Nord, in Grecia ed in Siria.

Nel 1997 le delegazioni dei due Catholicosati si sono incontrate ad Etchmiadzin nel tentativo di superare le differenze e rinforzare l'unità della chiesa armena. Gli sforzi per delineare una costituzione comune per la chiesa armena che normalizzerebbe i rapporti fra Etchmiadzin e Cilicia sono in corso. Catholicos è Aram I Keshishian (nato nel 1947 ed eletto nel 1995).

La Chiesa Apostolica Armena attualmente ha quattro seminari: il Seminario Kevorkian ad Etchmiadzin, il Seminario del Catholicosato di Cilicia a Bikfaya nel Libano, il Seminario di S. Giacomo a Gerusalemme, Il Seminario di S. Nersess a New Rochelle, New York, che è associato al Seminario Ortodosso di S. Vladimir vicino a Crestwood, New York.

Il Catholicosato di Etchmiadzin ha dei vescovi nella diaspora. Gli Armeni nel Regno Unito dove hanno tre parrocchie, sono sotto la guida pastorale dello Arcivescovo Yeghishe Gizirian, (Chiesa di S.Sarkis, Giardini di Iverna, Londra W8 6TP). L’Arcivescovo Aghan Baliozian è primate dell'Australia e della Nuova Zelanda (Chiesa della Santa Resurrezione, 10 Marquarie street, PO Box 694, Chatswood NSW 2067). Ci sono parrocchie a Sydney e Melbourne. Nel Nord America, la Diocesi dell’Est degli U.S.A. (Cattedrale di S. Vartan, 630 Second Avenue , New York, New York 10016) è guidata dall’Arcivescovo Khajag Barsamian, mentre l’Arcivescovo Vatche Hovsepian di Los Angeles è primate della Diocesi occidentale degli U.S.A. (1201 North Vine Street, Hollywood,California 90038) Complessivamente ci sono 65 parrocchie negli U.S.A. La diocesi del Canada (615 Stuart Avenue, Montréal, Québec H2V 3H2), ha cinque parrocchie, ed è sotto la cura pastorale del Vescovo Hovnan Derderian.

Il Catholicosato di Cilicia inoltre ha due diocesi negli Stati Uniti: La Prelatura degli Stati Uniti dell’Est e del Canada, sotto la guida del Vescovo Oshagan Choloyan (138 East 39th Street New York, New York 10016) e la Prelatura occidentale guidata dal Vescovo Moushegh Mardirossian (4401 Russell Avenue, Los Angeles, California 90027). Complessivamente ci sono 33 parrocchie negli U.S.A.. e quattro nel Canada.
TERRITORIO:
L'Armenia e la grande diaspora
GUIDA: Catholicos Karekin I° ( nato nel 1932 ed eletto nel 1995)
TITOLO: Patriarca supremo e Catholicos di tutti i armeni
RESIDENZA: Etchmiadzin, Armenia

MEMBRI: 6.000.000
WEB SITE: http://www.etchmiadzin.com

Ecumenismo:
irrevocabile e irreversibile
di G. B.

Quarant'anni sono una misura biblica. Tempo adeguato per verifiche.

Il Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, nel quarantesimo della promulgazione del decreto conciliare Unitatis redintegratio (21 novembre 1964), ha organizzato, l'11 e il13 novembre 2004, una conferenza di bilancio del cammino ecumenico da allora compiuto (1). L'ecumenismo - ha detto il card. Kasper, presidente del Pontificio consiglio presentando l’iniziativa, il 10 novembre - non è qualcosa di secondario, non è soltanto un'appendice della missione e della pratica pastorale della Chiesa". "Esso era ed è, come lo stesso papa Giovanni Paolo II afferma nella sua enciclica ecumenica Ut unum sint, una delle priorità pastorali del suo pontificato. La scelta ecumenica di Unitatis redintegratio è - secondo la stessa enciclica - irreversibile e ha una validità permanente".

Il convegno ha avuto sostanzialmente due momenti: uno di riflessione e confronto sul cammino dottrinale; e un secondo di verifica dello sviluppo ecumenico interno alla Chiesa cattolica. A questo secondo tratto hanno dato voce le relazioni interne al Pontificio consiglio di mons. Fortino (sottosegretario) sull'azione ecumenica svolta dal Pontificio consiglio stesso in questi quarant'anni; e da mons. Farrell (segretario) sui risultati di un questionario inviato dal dicastero a tutte le conferenze episcopali.

L'indagine mostra come vi sia stata nella Chiesa cattolica una effettiva maturazione nella consapevolezza ecumenica: la ricerca dell'unità è diventata un obiettivo presente nelle Chiese locali; nella maggior parte di esse è stata creata una commissione ecumenica ed esiste un incaricato per l'ecumenismo; diffusa è oramai la partecipazione cattolica a raduni e preghiere ecumeniche e la collaborazione pastorale tra comunità cristiane; migliore il grado di conoscenza delle altre Chiese e comunità ecclesiali. Dalle Chiese locali viene anche la richiesta al dicastero romano di un maggiore incoraggiamento per la formazione teologica e il coordinamento dell'azione ecumenica. Accanto alla consapevolezza delle questioni teologiche irrisolte e ai rischi di un ecumenismo volontaristico, si sottolinea la necessità di integrare le diverse iniziative ecumeniche nell'insieme dei programmi pastorali diocesani. Le Chiese locali chiedono poi una riflessione circa le risposte da dare a un proselitismo aggressivo; evidenziano l'opportunità di associare esperti di altre confessioni alla formazione ecumenica dei sacerdoti e degli operatori pastorali. Il convegno ha risposto con il progetto di un Vademecum ecumenico per promuovere l'ecumenismo spirituale nella Chiesa cattolica.

Dai vescovi di due Chiese locali, Murphy-O'Connor (Westminster) e Koch (Basilea), sono giunte indicazioni particolari: l'uno ha insistito sull'esigenza che accanto all'ecumenismo spirituale e all'ecumenismo di verità progredisca anche l'ecumenismo di vita, cioè l'esperienza concreta di cristiani e comunità che sono in cammino con gli altri cristiani: "niente può sostituire i contatti personali"; l'altro ha sottolineato la sfida posta al cammino di unità dalla trasformazione sociale e culturale in atto, che accentua in forma indiscriminata ogni elemento di pluralizzazione. Il confronto teologico è stato affidato alle relazioni del card. Walter Kasper (presidente del Pontificio consiglio), al metropolita di Pergamo loannis (Zizioulas), del Patriarcato ecumenico e al rev. Geoffrey Wainwright, metodista, a nome delle comunità ecclesiali riformate.

Con il decreto Unitatis redintegratio siamo al centro del rinnovamento conciliare. Grazie a una nuova e più limpida comprensione della Chiesa come "popolo di Dio in cammino" il Concilio ha potuto abbracciare il movimento ecumenico, sorto al di fuori della Chiesa cattolica, attraverso la rivalorizzazione della dimensione escatologica della Chiesa. "Così compreso - ha detto Kasper - l'ecumenismo è la via della Chiesa. Non è né un'aggiunta, né un'appendice, ma è parte integrante della vita organica della Chiesa e della sua attività pastorale". Ma la dinamica escatologica e quella pneumatologica necessitavano di una chiarificazione ecclesiologica che la costituzione Lumen gentium ha fornito con la formula del "subsistit in". "Si è voluto rendere giustizia al fatto che, al di fuori della Chiesa cattolica, non vi sono soltanto singoli cristiani, ma anche "elementi di Chiesa" ed anche Chiese e comunità ecclesiali che, pur non essendo in piena comunione, appartengono di diritto all'unica Chiesa e sono per i loro membri mezzi di salvezza" (cf. Lumen gentium, nn. 8; 15; Unitatis redintegratio, n. 3; Ut unum sint, nn. 10-14 );.La Chiesa di Cristo ha nella Chiesa cattolica il suo luogo concreto, ma essa non intende più se stessa in termini di splendid isolation: "Nel formulare la sua identità, la Chiesa cattolica stabilisce un rapporto dialogico con queste Chiese e comunità ecclesiali".

Questa prospettiva escatologica e spirituale introduce una teologia della conversione, del rinnovamento e del perdono. Lo scopo dell'ecumenismo non può essere concepito come un semplice ritorno degli altri, nel seno della Chiesa cattolica. La meta della piena unità può essere raggiunta soltanto attraverso l'impegno animato dallo Spirito di Dio e la conversione di tutti all'unico capo della Chiesa, Gesù Cristo. La misura dell'unità a Cristo diviene misura dell'unità reciproca e condizione per realizzare in pienezza la cattolicità propria della Chiesa. "L'unità nel senso della piena communio non significa uniformità, ma unità nella diversità e diversità nell'unità. All'interno dell'unica Chiesa vi è posto per una diversità legittima di mentalità, di usi, di riti, di regole canoniche, di teologie di spiritualità (Lumen gentium ,n. 13; Unitatis redintegratio, nn.4; 16s). Possiamo anche dire che l'essenza dell'unità concepita come communio è la cattolicità nel suo significato originario che non è confessionale ma qualitativo; essa indica la realizzazione di tutti i doni che le Chiese particolari e confessionali possono apportare".

Per Zizioulas, l'apertura avviata dal decreto conciliare "delle frontiere della Chiesa e del riconoscimento della presenza dello Spirito al di fuori delle sue frontiere canoniche, assieme all'ammissione dl colpevolezza per la divisione della cristianità da parte degli uni e degli altri, fonda l'ecumenismo su una solida base ecclesiologica". A proposito dell’importanza del decreto per le relazioni tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica, il metropolita ha rilevato che il testo "non esita a chiamare le Chiese ortodosse con il nome di Chiesa, nel significato pieno del termine" e a riconoscere che vi è una piena realtà e vita sacramentale in queste chiese (cf. Unitatis redintegratio, n. 15). Egli ha inoltre sottolineato che nel decreto il concilio "dichiara solennemente che le Chiese dell'Oriente, pur consapevoli della necessità dell'unità di tutta la Chiesa, hanno il potere di governarsi secondo le proprie discipline".Egli ha poi osservato che "poiché, dal punto di vista cattolico, l'unità di tutta la Chiesa è salvaguardata e mantenuta attraverso il ministero petrino, ne consegue che tale ufficio deve essere riconosciuto dalle Chiese ortodosse affinché l’unità possa essere ricomposta".

Il rev. Wainwright ha affermato che "presupposto fondamentale del l'ecumenismo è che il cristianesimo esiste in qualche forma al di là dei confini dell'istituzione alla quale l'individuo appartiene, in un mondo cristiano diviso". Così, il principale compito ecclesiologico del XX secolo è stato quello di definire e situare "l'unica Chiesa, santa, cattolica, e apostolica, alla quale tutti i cristiani appartengono realmente o idealmente".

Wainwright ha anche esaminato le questioni riguardanti il mistero petrino, sollevate dall’enciclica Ut unum sint. ln tale contesto egli ha avanzato un suggerimento personale, chiedendo che "il vescovo di Roma inviti quelle comunità cristiane che egli ritiene essere in una comunione reale sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica romana, a nominare rappresentanti affinché collaborino con lui e con i suoi incaricati alla formulazione di una dichiarazione che possa esprimere il Vangelo da predicare al mondo oggi. In tal modo il dialogo fraterno voluto da Giovanni Paolo II passerebbe dalla teoria dell’ ufficio pastorale e dottrinale alla sostanza di ciò che si crede e che si predica. E lo stesso esercizio dell'elaborazione di una dichiarazione di fede... mette in luce la questione di "un ministero che presieda nella verità e nell'amore"".

(1) A Rocca di Papa, dove si è svolta la "Conferenza sul XL anniversario della promulgazione del decreto conciliare Unitatis redintegratio", erano presenti 260 delegati e invitati: rappresentanti delle conferenze episcopali di tutto il mondo, delegati fraterni delle Chiese ortodosse, delle Chiese orientali ortodosse, delle Chiese e delle comunità ecclesiali derivanti dalla Riforma e protestanti; i co-presidenti delle Commissioni miste internazionali incaricate dei dialoghi ecumenici; rappresentanti dei dicasteri della Santa Sede. Il giorno 13, il papa ha ricevuto in San Pietro per i vespri i partecipanti al convegno.

Si teme, e con buone ragioni, che la globalizzazione, in corso di irreversibile attuazione, meriti lo stesso giudizio che, a suo tempo, ha avuto il fenomeno dell'industrializzazione. Questa è stata di certo un fattore di progresso e di innalzamento del livello di vita delle masse, ma con costi e danni enormi e sproporzionati per persone, famiglie e gruppi umani.

Venerdì, 28 Gennaio 2005 20:10

Simboli di pace

Simboli di pace

 

LA COLOMBA



NellaBibbia la colomba, rilasciata da Noè, torna all'Arca con un ramoscellod'olivo in bocca ad annunciare la fine del diluvio, diventando simbolodella pacificazione di Dio con l'uomo. Nella mitologia greca la colombaè uccello dell'amore, animale sacro ad Afrodite; in Cina è simbolo difedeltà coniugale; in India è chiamato "uccello dell'anima";nell'antico Giappone è animale sacro a Hackiman, il dio della guerra,ma con una spada annuncia la fine della guerra. È famosa la colomba diPicasso simbolo di pace "seppure rissosa". Cara a S. Francesco, la"timida e candida" colomba è diventata simbolo mondiale dei movimentidi pace, i pacifisti sono chiamati "colombe", i guerrafondai "falchi".

 

L'alberodell'ulivo è, fin dall'antichità, simbolo di pace, forse perché impiegaanni per dare frutto e quindi chi la pianta deve aspettarsi un lungoperiodo di pace e prosperità. Il simbolo è da ricollegarsi anche alracconto biblico della colomba che torna da Noè con un ramoscellod'ulivo nel becco. Nell'antica Grecia il ramo o la corona d'olivorappresentavano un prestigioso riconoscimento da assegnare a cittadinibenemeriti e ai vincitori delle olimpiadi. Ai nostri giorni numerosebandiere contengono il simbolo dell'olivo; per esempio, le bandieredelle Nazioni Unite e della Lega Araba. Nella "domenica delle palme" ètradizione consegnare un ramo d'olivo con un messaggio di pace.

IL RAMO D'OLIVO



L'ARCOBALENO




Nellamitologia greca l'arcobaleno è associato ad Iris, portatrice ai mortalidei messaggi degli dei. Nell'antica Cina i colori rappresentanol'unione di yin e yang, I popoli andini lo associano al Dio Sole(famosa la bandiera "wipala"), Nella mitologia nordica è il pontecostruito dagli dei tra terra (dimora degli uomini) e cielo (dimoradivina). L'arcobaleno è nell'immaginario dell'Africa, Indonesia, Scozia(dei celti), Tibet (i "chakra" del buddhismo Vajarayana)... Nellatradizione cristiana rappresenta il perdono di Dio: la sua comparsasancisce la fine del diluvio universale (come se Dio appendesse incielo l'arco della sua ira che diventa arcobaleno a significare unarinnovata pace divina con l'umanità). Simbolo di pace e speranza in unmondo migliore, l'arcobaleno è ora largamente utilizzato dai movimentiambientalisti e libertari (p.e., gay). Per distinguersi, i pacifistiusano l'arcobaleno "secondario": colore rosso in basso e violetto inalto.

 

Peri nativi americani il calumet è simbolo di riconciliazione epurificazione. Il "fornello" rotondo della pipa rappresenta il centrodell'universo, il cuore; il fumo rappresenta il collegamento con ilcielo; il "cannello" rappresenta la colonna vertebrale col canaleattraverso cui fluisce lo spirito vitale. Questa "pipa", consideratasacra, consente l'unione con gli spiriti dell'universo e offre onore eforza a chi la possiede. Viene utilizzata, in modo particolare, persancire la conclusione di trattati di pace o durante cerimonie dialleanza, Fumare insieme è, infatti, considerato di buon auspicioperché favorisce i benefici che derivano dall'amicizia.

IL CALUMET O PIPA DELLA PACE




VISCHIO (MISTLETOE)



Nellatradizione scandinava il vischio era associato alla morte dei dio soleBalder colpito da una freccia di vischio del malvagio Loki. Per questoil vischio era inizialmente considerato simbolo di morte. Ma la deaFreya, madre di Balder, decise di riabilitare la fama di questa piantae farne un simbolo di pace, perdono e riconciliazione, in onore delfiglio. Da allora i nemici che si incontrano sotto i rami di vischiosono intenzionati a deporre le armi e a proclamare una tregua. Dallastessa leggenda trae origine l'usanza di appendere del vischioall'ingresso delle abitazioni, in segno di pace e benevolenza verso chivi entra.

 

Laproduzione del tè interessa tutta la zona tropicale e parte di quellatemperata. La bevanda ha il vantaggio di essere meno eccitante diquelle ottenute tramite fermentazione e distillazione e dello stessocaffè. Bere tè è perciò diventato segno di pace. In Giappone (dalsecolo 12°) s'è sviluppata la cerimonia del tè. Sono studiate perfinole pietre che portano alla casa del tè, per favorire un calmo ritirodalle preoccupazioni mondane e favorire il risveglio. La cerimonia (delbuddhismo zen) dà armonia (wa) rispetto (kei) purezza (sei)tranquillità (jaku).

Presso gli arabi èconsuetudine bere tè alla menta non solo per colazione o duranteconversazioni amichevoli, ma anche per chiudere in accordo un acquisto,fare nuove conoscenze, rinsaldare/approfondire amicizie.

IL TÈ E LA TEIERA


IL SIMBOLO CND




Nel1958 nasce il simbolo della campagna inglese per il disarmo nucleare(Campaign for Nuclear Disarmament). È stato disegnato da Gerald Holtoma partire dalle lettere N e D come rappresentate dal codice dei segnalicon bandierine. La linea verticale corrisponde al segnale della letteraD (disarmament), mentre le due linee inclinate corrispondono allalettera N (nuclear). Secondo alcuni, inoltre, il cerchio esternorappresenta la parola globale. Dunque il significato è:. DisarmoNucleare Globale. Nel '68 il simbolo comincia ad essere utilizzato conriferimento alla pace contro la guerra dal movimento studentesco. Neglianni Ottanta il simbolo viene anche utilizzato, specie negli StatiUniti, per rappresentare l'ambientalismo.

 

Dentroal tutto (cerchio) del Tao, yin/yang è simbolo taoista di equilibriodualista. Lo yin (area nera) rappresenta il lato oscuro, freddo, secco,flessibile, femminile, accogliente, amministrativo della vita; lo yang(area bianca) rappresenta gli aspetti luminosi, caldi, maschili, umidi,rigidi, propositivi, rivoluzionari della vita. I due sono complementaripiù che conflittuali. I due punti all'interno di ogni area indicano che"gli estremi si toccano": lo yin contiene il seme dello yang eviceversa (il sole "acceca", il ghiaccio "scotta la mano"). Yin/yangruotano e sono graduali. In noi sono presenti come respiro (in-spiraree e-spirare). Rappresentazioni molto antiche dello yin/yang furonorinvenute in Corea, nel nord della Cina ed in Estonia.

YIN/YANG




IDEOGRAMMA CINESE "AN"




Siccomela scrittura cinese non separa il significante dal significato, ogniideogramma cinese del concetto astratto "pace" è praticamente unsimbolo. È il caso dell'ideogramma "an" che rappresenta (quasi undisegno stilizzato) gli elementi che i cinesi abbinano al concetto dipace. Si tratta di un tetto con, sotto, la donna. E si traduce comepace/tranquillità, nel senso di essere a casa, in terra ferma, fuori darealtà intricate e difficili. Secondo tale ideogramma la pace èfemminile ed è legata al proprio tetto. Facendo una trasposizione,possiamo dire che per Ulisse, vessato da una guerra decennale, daiflutti del mare e da una selva di insidie, pace è il ritorno alla suacasa di Itaca dove Penelope lo attende fedele.

 

Èla stella a sei punte, chiamata anche "scudo di Davide" o "sigillo diSalomone" (il saggio figlio di Davide la portava come amuleto?). È ilsimbolo più importante del giudaismo, ma è diffusissima presso moltipopoli. La troviamo anche sui monumenti musulmani, nei graffitipreistorici e nei libri esoterici. La stella di Davide è formata da duetriangoli intersecati che possono significare l'unione dell'acqua e delfuoco, oppure della nascita e della morte, oppure dell'umanità e delladivinità. Ma soprattutto è l'unione dell'uomo e della donna. In taleunione v'è l'andito alla pace. Il Messia, figlio di Davide, èannunciato da una stella ed è chiamato "principe della pace".

STELLA DI DAVIDE




IL NUMERO SETTE




Premettiamoche i numeri cardinali dall'1 al 9 sono di origine geometrica, contatisugli angoli. Per gli ebrei 7 è numero perfetto perché unisce terra ecielo. La terra è rappresentata nella parte inferiore del numero dallacroce dei punti cardinali che creano i 4 angoli; il Cielo nella partesuperiore con 3 angoli, somma dell'unità e della dualità. Insomma c'èpace quando in basso sulla terra si fa la volontà del Cielo. E ilgiubileo, a complemento di 7 settimane di anni, intende ripristinareper la terra il piano del Cielo. Nella creazione, riposando il 7°giorno, Dio prometteva al popolo ebraico - se era in esilio - ilritorno in patria e la pace. Inoltre la stella a 7 punte, presente invarie culture, rappresenta l'unità dei popoli, delle direzioni (NordSud Est Ovest sopra sotto dentro), degli elementi (terra aria fuocoacqua vita Luce magia).

 

Buddhaspiega così il suo ottuplice sentiero o cammino di mezzo: per suonarebene la chitarra le corde devono essere calibrate, né troppo tese nétroppo allentate. L'intreccio a 8 punte è il simbolo buddista cherappresenta l'ottuplice sentiero calibrato attraverso il quale l'uomoottiene la pace e raggiunge il nirvana. Tale sentiero riunisce 8 virtù:tre a livello di moralità: Retta (Giusta) Parola, Retta Azione e RettaCondotta di vita; tre a livello di disciplina mentale: Retto Sforzo,Retta Attenzione e Retta Concentrazione; due a Livello della sapienza:Retto Pensiero e Retta Comprensione. E di 8 raggi è la Ruota dellaLegge (del Darma). Come "doppio quadrato" o stella a Otto punte è ilsimbolo dell'unione e dell'ordine.

INTRECCIO OTTUPLICE




STELLA DALLE NOVE PUNTE



Ilnumero 9 è sacro. La stella a 9 punte si ottiene con tre triangoli otre trinità (ragazza, madre, anziana; giovane, padre, anziano; mente,corpo, spirito). Come "quadrato a 9 punte" o "divinità all'ennesima",nel mito dell'antica Norvegia unisce i nove mondi. Secondo un mitoegiziano, Dio ha creato il mondo grazie a tre grandi separazioni peravere 3 ambienti (luce, acqua e terra, come nella Bibbia) e poi li hariempiti con i sei elementi degli astri, vegetali, pesci e uccelli,animali e persone: è un mondo di pace perché ordinato. Per la religionebahai la stella a nove punte è il simbolo della pace tra le religioni.I templi bahai hanno 9 porte per ricordare le 9 religioni rivelate:sabea, ebraica, induista, zoroastriana, buddhista, cristiana,musulmana, babista e barai. La nona è considerata la sintesi di tutte.

 

Intrecciodi tre nodi d'energia (astrale) continui, il triskele è il simboloceltico più conosciuto. Lo si trova anche nelle culture preistorichevillanoviane, sui megalitici irlandesi (età del bronzo), nell'anticaSicilia (!) e in altre culture antiche. È pace ritmata sul numero tre:Dio (unico) come Forza, Saggezza e Amore; la Deità come Ragazza(ispirazione), Madre (datrice di vita) e Anziana (saggezza); Mondodell'Assoluto, dell'Al di là e dell'Umano; Terra (cinghiale), Acqua(salmone) e Cielo (drago); passato, presente e futuro: sorgere delsole, mezzogiorno e tramonto; azione, sentimento e pensiero.Specialmente è unità di corpo, mente e spirito, necessaria per latranquillità anche tra i pericoli..., grazie al controllo delleemozioni, all'accettazione del destino e della legge dinascita-vita-morte, all'equilibrio di pensieri, parole e opere.

TRISKELE




MANO APERTA



Fioredi loto al centro del palmo candido dello mano è il simbolo deljainismo. A volte al posto del fiore di loto si incontra la scrittaahimso, che in sanscrito significa nonviolenza, nel senso di operazionedi pace. Infatti ahimso indica una forma di nonviolenza attiva o ilrispetto per la vita in tutte le sue forme. Il premio Nobel per la PaceAlbert Schweitzer ne ha fatto la filosofia della sua esistenza. Illoto, sacro anche nell'antico Egitto, è simbolo eminente dell'India,nell'induismo e nel buddhismo, oltre che nel jainismo. Come il lotoaffonda le radici nel fango dello stagno ma poi affiora dall'acqua (cheegli purifica) e si erge verso l'alto, così l'uomo dal fango delpiccolo sé può elevarsi al grande Sé.

 

Ilsimbolo della croce è universale e antichissimo (è antecedente alcristianesimo). È un simbolo elementare: due rette che si intersecano,ad indicare l'ordinamento cosmico dello spazio, sia consideratoorizzontalmente sia verticalmente: come tale indica totalità e armonia.Essere al centro della croce significa essere sovrani universali,signori di tutte le direzioni. In questa forma appare presso i celti, icretesi, i romani, nel Messico antico... Una variazione è la svastica,croce dell'armonia astrale. Le code che partono dalle quattro estremitàindicano la rotazione del sole se il movimento è verso destra, dellaluna se è verso sinistra. È anche il sigillo del cuore di Buddha.

Con la morte di Gesù in croce (seppure atau, con tre estremità) la croce è diventata simbolo del sacrificio diCristo. Lui ci ha ottenuto la pace-riconciliazione nel suo sangue.

LA CROCE




 

(testi da Cem/Mondialità, maggio 2004)

Giovedì, 27 Gennaio 2005 01:24

Il sangue della terra (Marcelo Barros)

Il sangue della terra
di Marcelo Barros





Agli elementi del cosmo come la terra, l'aria, l'acqua e il fuoco, l'umanità ha aggiunto altre come la pietra, il vento e gli alberi. Anche in essi ha scoperto segni forti della presenza divina. Nel mondo moderno, uno dei fattori più determinanti per lo sviluppo è stato il petrolio.

Qualcuno si meraviglierà che nel parlare di spiritualità cosmica dedichiamo una puntata al petrolio, un liquido che, fin dalla sua comparsa, ha provocato tanti conflitti e guerre, oltre a spingere all'estremo l'umana cupidigia.

Tuttavia la sfida del credente sta nel mettere in connessione tutti gli aspetti della vita con la spiritualità, e scoprire una parola di Dio in ogni elemento che ci circonda.

Il petrolio è un liquido oleoso, normalmente di densità minore di quella dell'acqua. Il suo aspetto varia dall'incolore al nero, passando per il verde e il marrone. Lo si trova in mare o in regioni che un tempo furono marittime. Trae origine dalla materia organica sepolta (principalmente alghe), assieme a sedimenti lacustri o marini. Questo agglomerato è composto di carbonio più altri componenti come idrogeno e zolfo; quest'ultimo deve essere eliminato in quanto, durante la combustione, produce una sostanza altamente corrosiva e inquinante.

Gli elementi basilari del petrolio si formarono almeno tre miliardi di anni fa, ben prima che apparisse la vita sulla terra. In ere successive, che coprono non meno di 600 milioni di anni, questo miscuglio originale andò arricchendosi di sostanze organiche fino a diventare petrolio. Per questo è considerato una risorsa naturale non rinnovabile.

Il petrolio è conosciuto fin dai tempi antichi. A Babilonia, l'attuale Iraq, il re Nabucodonosor se ne serviva per pavimentare le strade; gli egizi lo impiegavano come impermeabilizzante. La tecnica della perforazione di pozzi profondi era padroneggiata da duecento anni prima di Cristo, ma l'obiettivo dei popoli antichi quando scavavano, era trovare l'acqua potabile. La Bibbia fa allusione a laghi di bitume, asfalto o petrolio. Quei pozzi di materia infiammabile e maleodoranti erano visti come luoghi del castigo divino. «La valle di Siddim era piena di pozzi di bitume. Il re di Sodoma e il re di Gomorra vi caddero dentro» (Genesi 14, 10). L'Apocalisse (19, 20 e 20, 10) prende come simbolo della città dell'oppressione Babilonia, regione dove il petrolio è abbondante da sempre. Il testo biblico assicura che la Bestia e il Falso profeta saranno gettati nel lago di zolfo e fuoco ardente.

A motivo del rischio di combustione e incendio, come pure per la loro parvenza e odore misteriosi, i pozzi di petrolio furono sempre associati dalla Bibbia e da alcune mitologie antiche al giudizio e castigo finale. In certe tradizioni di matrice africana, il bitume o petrolio allo stato naturale è associato a Exu. L'orixà (spirito) delle relazioni commerciali e della comunicazione.

Nella cultura moderna il petrolio è ancora la principale fonte di energia che l'essere umano possiede. Trasformato, fornisce materiali - utilizzati praticamente in tutti i settori delle attività umane dai trasporti alla medicina. Il petrolio è la materia prima della plastica e di tanti prodotti nelle nostre case. Poiché la paraffina con la quale si fanno, per l'uso di diverse religioni, le candele, proviene dal petrolio, ecco che questo si è ritagliato uno spazio persino nelle attività religiose e liturgiche.

Malgrado l'esistenza di pozzi petroliferi nel mondo intero, la maggiore abbondanza di petrolio si trova non nella parte ricca del mondo, ma nell'emisfero meridionale. Il fatto che tanti paesi dell'America latina, Africa e Medio Oriente siano traboccanti di oro nero, non ha apportato ricchezza ai rispettivi popoli, ma al primo mondo, che continua a sfruttarli come all'epoca del colonizzazione. Agli inizi di questo 2003, l'umanità ha assistito all'invasione nordamericana in Iraq. Autorità stesse del governo statunitense, come il vicesegretario alla difesa Paul Wolfowitz, hanno dichiarato: «In realtà la ragione principale dell'azione militare è stata il fatto che l'Iraq nuota nel petrolio» (Jornal do Commercio di Recife, 5/7/03). Il colonialismo non è cambiato: per mettete le mani sulla ricchezza dei poveri, i conquistatori assassinano intere comunità, danno pozzi alle fiamme, inquinano mari e distruggono l'ecosistema di immense regioni del pianeta.

In Brasile, un capo indigeno visitò un giorno un'area nella quale, per praticare delle trivellazioni per il petrolio, un'impresa aveva tagliato a metà una montagna e deviato il corso di un fiume. Nel vedere quello scempio, il cacique commentò: «Voi non siete dei. Chi vi ha dato il diritto di fare una cosa simile a Madre Terra?».

È davvero urgente la crescita di una spiritualità ecologica ed ecumenica che aiuti persone e comunità a vivere una relazione di rispetto e di uso equilibrato delle ricchezze della terra e del sottosuolo. La nostra proposta non è di sacralizzare le forze del cosmo, né di demonizzare gli elementi del sottosuolo. Possiamo disporre delle ricchezze di superficie e sottosuolo senza distruggere la natura, né ridurla a una semplice merce di più da saper sfruttare.

(da Nigrizia, 4, 2003)

Per Frankl l'agire umano è frutto di una libera scelta che ognuno può fare di fronte ai condizionamenti. Anche ai peggiori, come la deportazione nei lager.

È naturalmente impossibile raccontare in breve tempo le vite o le immagini dei santi più importanti o spiegare il loro cammino spirituale. il nostro compito è di cercare di esprimere lo spirito…

Mercoledì, 19 Gennaio 2005 21:56

1. Che cosa è la Bibbia (Rinaldo Fabris)

L'espressione italiana: “La Bibbia”, viene da un plurale greco tà Biblía, “i libri”, passando attraverso il latino medievale Bíblia.

Mercoledì, 19 Gennaio 2005 21:22

Desmond Tutu. Non c’è pace senza perdono

Desmond Tutu.
Non c’è pace senza perdono






Desmond Tutu nasce nel 1931 a Klerkdorp, nella regione sudafricana del Transvaal. Studia nelle scuole riservate al Bantu, una delle etnie nere più numerose nel suo paese, ma non ha i soldi per studiare medicina e trova un impiego come maestro. Conosce il reverendo Huddleston che lo avvicina alle problematiche dell'apartheid: nel frattempo Tutu decide di diventare pastore della Chiesa anglicana, e riceve l’ordinazione nel 1961.

Dopo alcuni anni di studio in Inghilterra, si dedica all'insegnamento universitario e nel 1975 è il primo nero nominato decano della cattedrale anglicana di Johannesburg. Successivamente, Tutu viene eletto Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese Sudafricane, e la sua opera lo porta a subire calunnie e intimidazioni da parte del governo sudafricano. Nel 1984 riceve il Nobel per la pace per la sua lotta contro l’apartheid fino al 1996 è stato arcivescovo di Città del Capo. Dal 1995 al 1998 ha presieduto la Commissione perla Verità e la Riconciliazione sudafricana fortemente voluta dallo stesso neopresidente Mandela al termine dell'apartheid. È attualmente visiting professor presso l'Università di Atlanta.


«L'oppressore si disumanizza nella misura in cui disumanizza le sue vittime, e ritrova la sua dimensione di umanità nella misura in cui le sue vittime ritrovano la loro. Ma, più ancora, egli ha un urgente bisogno del loro perdono».
(D. Tutu, Anch'io ho il diritto di esistere)





Tutu ha sempre ricordato ai cristiani che predicavano la rassegnazione di fronte alle ingiustizie del mondo che la Buona Novella di Gesù comporta anche la ricerca della pienezza di vita su questa terra, cioè la cura dell'affamato e del malato, la ricerca della giustizia per l'oppresso e la ricerca della pace e della riconciliazione tra gli uomini. Perciò il cristiano non può restare indifferente di fronte alle ingiustizie, limitandosi a predicare la visione consolatoria dell'altra vita.

Tutu ha dapprima operato nella città-ghetto dei neri di Soweto, dove ha cercato di stimolare i fratelli neri ad essere fieri di essere tali (black consciousness) e a credere in Dio come liberatore del popolo nero. La teologia nera (Black Theology), nata per dare ai neri la coscienza "di non dover più chiedere scusa per il solo fatto di esistere", è stata ostacolata dalle autorità bianche, in un contesto generale di crescente repressione che ha portato al massacro dei neri di Soweto nel 1976 e a violenze sempre più efferate. In un contesto sempre più difficile, la teologia nera si è occupata della sofferenza dell'uomo nero, causata dal razzismo bianco, e ha messo in discussione la pretesa tipica della cultura bianca per cui i suoi valori assumono un carattere universale. L'opera di Tutu è stata fondamentale perché inizialmente la politica razzista del governo sudafricano era approvata dalla Chiesa riformata, e Tutu, nella sua qualità di vescovo anglicano, ha testimoniato con forza che il razzismo era assolutamente contrario al Vangelo e incompatibile con esso.

L'elezione di Tutu come Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese Sudafricane, un organismo che rappresentava milioni di protestanti di tutto il mondo, gli ha dato la visibilità per mobilitare maggiormente l'opinione pubblica mondiale: come presidente di questo Consiglio ha proposto una campagna per la disobbedienza civile dei neri in Sudafrica, e il governo gli ha ritirato il passaporto per aver incoraggiato la Danimarca a boicottare il carbone sudafricano. La posizione di Tutu è stata forte e chiara: di fronte alla legge che propone e copre le ingiustizie è lecito disobbedire.

Una volta rimossa la vergogna dell'apartheid, dopo che nel 1996 la nuova Costituzione ha eliminato gli ultimi residui del regime razzista, l'opera di Tutu non ha conosciuto sosta: egli si è impegnato nel tentativo di transizione pacifica dal regime alla democrazia. L’impegno era difficile: si trattava di trovare il coraggio da parte della gente di affrontare i massacri e le violenze del passato senza desiderio di vendette, ma anche senza voler passare un colpo di spugna radicale, come se nulla fosse accaduto.

Grazie al lavoro della Commissione per la Verità e la Riconciliazione, presieduta da Tutu, le vittime o i loro parenti potevano per la prima volta raccontare le violenze subite e ricevere ascolto, mentre gli oppressori potevano ricevere l'amnistia in cambio dell'intera verità. Grazie al pentimento degli assassini e al perdono concesso dai familiari delle vittime, nasceva la possibilità di ripartire nella vita quotidiana nel segno della pace. Frutto di un compromesso tra chi chiedeva un'amnistia generalizzate e chi invocava una nuova Norimberga, la Commissione ha avuto il compito di ascoltare tutte le persone che si dichiaravano vittime di gravi reati contro i diritti umani e tutti coloro che, accusandosi di tali crimini, chiedevano l'amnistia.

Più di 20mila persone si sono presentate davanti alla Commissione. Alcune erano vittime venute a piangere pubblicamente, ad aprire il loro cuore e a liberare l'angoscia che per tanto tempo era stata ignorata o forse negata. Altre erano autori di crimini, bianchi e neri, che cercavano uno spazio dove sfogare la loro colpa e riconoscere il loro errore, per  ottenere amnistia e riconciliazione. L'obbiettivo della Commissione non era quello di accertare la colpa. Infatti, non veniva emessa una sentenza di innocenza o di colpevolezza. L'obiettivo era invece quello di stabilire la verità. Tra il modello di Norimberga dove i colpevoli sono puniti e l'amnistia generale "copritutto", il Sudafrica optò per una "terza via" che si è rivelata un modello da esportare. L'amnistia veniva concessa a chi ne faceva domanda e accettava di comparire davanti alla Commissione facendo una confessione piena e dettagliata dei propri crimini, commessi dal 1961 al 1994, negli anni dell’apartheid Insomma, si dava la libertà ai colpevoli in cambio della verità. Opponendosi all'idea di una giustizia punitiva, Tutu ha rilanciato l'idea della "giustizia restituiva", a cui era improntata la tradizionale giurisprudenza africana. Il nucleo di quella concezione non è la giustizia o il castigo, ma la convinzione che fare giustizia significa innanzitutto risanare le ferite, correggere gli squilibri, ricucire le fratture dei rapporti, cercare di riabilitare le vittime quanto i criminali, ai quali va data la possibilità di reintegrarsi nella comunità che il loro crimine ha offeso. "Una nazione che non sa riconoscere e ammettere la verità del proprio passato, per quanto brutale sia, è condannata a ripetere questi errori nel futuro", ha dichiarato Tutu a quanti tentavano di rallentare i lavori della Commissione.

Perdonare non significa far finta che le cose sono diverse da quelle che sono, chiudere gli occhi di fronte a quello che non va: una vera riconciliazione può avvenire soltanto mettendo allo scoperto i sentimenti, meschinità, violenza dolore, degradazione, verità. Come ha notato Luigi Bonanate, docente di Relazioni internazionali a Thrino: "eravamo abituati a pensare che quando gli oppressi si liberano dalla catene si vendicano, e invece questo rituale collettivo, questa confessione e purificazione generalizzate, ha svuotato la transizione di tutti i suoi aspetti violenti. Ha "proceduralizzato" il conflitto e ha aperto la via alla democrazia". L'esperienza della Commissione sudafricana è stata seguita da altri paesi dilaniati da conflitti intermi - dal Guatemala al Sudafrica, da Timor Est allo Sri Lanka, dal Perù alla Sierra Leone - che l'hanno affiancata o sostituita alle normali corti giudiziarie.

Negli ultimi anni l'attenzione di Tutu si è progressivamente allargata ad altre situazioni assimilabili a quella sudafricana, come la condizione dei Palestinesi in Israele o l'impegno per sostenere le iniziative volte a lottare contro la devastante povertà che affligge milioni di persone che non hanno accesso all'acqua e all'elettricità.

(da Cem-Mondialità, aprile 2004)


Il sesto gradino dell'umiltà si ha se il monaco si accontenta di tutto ciò che è più vile e spregevole e in tutto quello che gli viene comandato si considera come  un operaio inetto e indegno (RB 7, 49).

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