Ortodossi
Tensioni e compromessi
di L. Pr.
Grecia-Costantinopoli. Compromesso, soddisfacente per ambedue le parti (non ancora formalmente definito), è stato raggiunto fra il Sinodo della Chiesa ortodossa greca (presieduto dall'arcivescovo di Atene, Christodoulos) e il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. La materia del contendere riguarda la nomina dei vescovi nelle 34 diocesi appartenenti ai «nuovi territori» della Grecia (il Nordest e la Tracia) che dipendono canonicamente da Costantinopoli e pastoralmente da Atene. Il caso esplode nel luglio scorso dopo la morte dell'arcivescovo di Tessalonica (a cui si sono poi aggiunte le sedi vacanti di Eleutheroupolis e Kozani). La prassi invalsa prevedeva la presentazione della lista dei candidati da parte del Sinodo greco al patriarca. Bartolomeo ha invece preteso il pieno rispetto di un accordo del 1928, secondo cui non si trattava di mera informazione, ma di vera valutazione. Il Sinodo greco non si oppone a questa richiesta ma, nella riunione del 1° marzo, specifica che l'eventuale censura su un nome o l'introduzione di altro nome deve essere accompagnata da motivazioni coerenti coi sacri canoni. L'episodio mostra la permanente tensione fra il patriarca e il primate di Grecia, ambedue decisi a difendere e ampliare il proprio ruolo.
Il 1° marzo Bartolomeo I ha inoltre deciso di modificare la composizione del Sinodo della sua Chiesa, la più alta istanza decisionale. Finora i dodici membri venivano scelti fra i vescovi residenti in Turchia. D'ora in poi il Sinodo sarà composto da sei membri con nazionalità turca e altri sei provenienti da altre diocesi ortodosse nel mondo, fra quelle direttamente dipendenti dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. La precedente composizione era legata alla disposizione del potere turco, che tendeva a ridurre il patriarca a espressione della minoranza ortodossa greca in Turchia, non riconoscendo alcuna rappresentatività internazionale alla sua figura. La decisione unilaterale, che sembra non aver sollevato alcuna rimostranza del governo turco, preoccupato di non aver ostacoli per l'entrata in Europa, rafforza la rilevanza pastorale oltre a quella canonica del Sinodo.
Mosca-Europa occidentale. Il Patriarcato di Mosca vuole ricondurre le diverse Chiese ortodosse di origine russa operanti in Occidente sotto la sua giurisdizione. Il progetto è attivo, secondo diverse declinazioni, sia verso la Chiesa «oltre frontiera», la cui sede è a New York, sia verso le presenze ortodosse in Europa. A queste è stata indirizzata una lettera di Alessio Il che formalizza la proposta: un'unica diocesi in Europa occidentale con ampie autonomie. L'ipotesi è diversa e concorrente rispetto a quella coltivata da tempo dalle Chiese ortodosse più consistenti, operanti in Francia: l'avvio di un'Assemblea dei vescovi con l'elezione del presidente e l'attesa di una sola Chiesa ortodossa operante nello stesso territorio.
Dopo i primi imbarazzati silenzi l'Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia (che raccoglie la diocesi del Patriarcato ecumenico, quella di tradizione russa sotto la giurisdizione del Patriarcato ecumenico, la serba, la romena, I'antiochena e quella del Patriarcato di Mosca) ha deciso nella sua riunione del 9 marzo di rispondere alla sollecitazione di Alessio Il con una serie di visite e dialoghi ai patriarchi delle Chiese di riferimento: Costantinopoli, Antiochia, Mosca, Serbia e Romania. La scelta mira a far decantare la potenzialità eversiva (molte comunità sono ormai interetniche e non accetterebbero un ritorno indietro) della proposta di Alessio e a dare alla decisione una tonalità conciliare. In una recente intervista, l'arcivescovo Gabriel di Vylder, responsabile della Chiesa ortodossa di tradizione russa dipendente dal Patriarcato di Costantinopoli, ha censurato la lettera di Alessio Il come «un colpo che attenta all'unità della nostra arcidiocesi ed è suscettibile di provocare uno scisma nel corpo della Chiesa. Scusate, ma questo è inaccettabile» (SOP, aprile 2004 ).
(da Il Regno, 8, 2005)