CAPITOLO DECIMO
1. Premessa personale
Durante tutti gli anni del mio insegnamento mi sono sempre proposto d'individuare le assonanze delle idee che andavano sviluppandosi nelle chiese, tenendo in modo particolare l'occhio attento alla documentazione ufficiale. Bisognava prendere atto, attraverso i dialoghi bilaterali e multilaterali, dell'emergere dei nodi più consistenti e degli eventuali suggerimenti in vista dello scopo principale del movimento ecumenico. Forse proprio per questa scelta, che costringe costantemente a vivere sul confine, sono stato più volte invitato a trattare punti fortemente controversi che permangono nel sottofondo degli incontri. Così mi è stato chiesto di presentare la formazione della filosofia moderna nel contesto della Riforma del XVI secolo, la nascita e lo sviluppo di un diritto laico con la sua incidenza sul concretizzarsi della democrazia moderna e infine una riflessione sulla filosofia della religione nel contesto protestante italiano (1).
Il tema che oggi mi viene suggerito non fa eccezione, pur avendo sullo sfondo trent'anni della mia presenza al "Marianum".
Il dogma dell'Immacolata Concezione non trova molto spazio nella circolazione delle idee ecumeniche del nostro paese. Occorrerà perciò tenere presente le interpretazioni maturate prima del Concilio Vaticano II e raccogliere, nel contesto internazionale nel quale vive la chiesa valdese, quelle prospettive di riflessione che il prossimo futuro può riservarci.
2. Un riferimento storico
Nel 1532, com'è noto, il movimento valdese si affianca alla riforma ginevrina e si prepara a produrre la sua confessione di fede seguendo le indicazioni delle chiese sorelle d'oltralpe (2).
Da questo punto in poi la storia della teologia valdese segue da vicino le vicende delle chiese riformate e non vi sono, sul nostro tema, molte posizioni specifiche di rilievo. La discussione sulla figura di Maria si tinge di polemica nei confronti della teologia cattolica e, nel migliore dei casi, si chiude nel silenzio e nel disinteresse. Quello che veniva detto di Maria, in area cattolica, richiamava alla mente i punti fermi della Controriforma tridentina e dell'opposizione al mondo protestante. Gli ultimi centocinquant'anni risentono di tali orientamenti e i contrasti dogmatici sembrano aver reso sempre più problematiche le prospettive di una riunione delle membra sparse del corpo di Cristo.
3. Un recente passato
All'alba del Concilio Vaticano II si spegneva Giovanni Miegge (30 luglio 1961) che aveva guardato al dialogo con la chiesa cattolica con cautela, con fiducia e con riconosciuta autorità. Non era certo impossibile pensare ad un giorno nuovo, capace di una larga complexio oppositorum, di una robusta integrazione di tutto il cristianesimo (3). Al di là delle difficoltà di carattere teologico era già possibile e raccomandabile coltivare nel frattempo una comunione reale dei credenti in Cristo sia pure nel contesto della dimensione "invisibile" della chiesa.
Miegge ha dedicato un volume allo studio della figura di Maria nel cristianesimo. Si tratta di un'alternanza di affermazioni e contro-affermazioni, non sempre lette nello stesso modo dagli storici a livello confessionale. Vi sono comunque nomi autorevoli che si sono opposti all'idea dell'Immacolata Concezione (4). Tommaso d'Aquino è tra i nomi più prestigiosi dell'opposizione e non per questo non è più considerato come un punto di riferimento essenziale per il cattolicesimo. Tutti i manuali riportano abbondantemente questi dati. Inoltre non si possono passare sotto silenzio le dispute tra francescani e domenicani (5). Il Concilio di Basilea del 1439 sanziona l'Immacolata Concezione, ma non viene riconosciuto da Roma (6). Il Concilio infatti dichiara conforme alla fede ortodossa che la madre di Cristo sia stata esentata dal peccato originale, ma per i domenicani rimane un'empia teoria (7). Al momento della proclamazione del dogma (1854) termina un lungo processo di incertezze che ne aveva affermato prima la possibilità, poi la convenienza e infine la verità (8). L'assenza di riferimenti biblici diretti facilitava la polemica di tutto il cristianesimo non romano. Per gli ortodossi il dogma cattolico è qualcosa di inauditum, anche se trova assonanze con il loro riferimento a Maria in quanto Panaghia, la "Tutta Santa". L'opposizione portava naturalmente, da parte protestante, ad un "chiaro rifiuto" (9). La speranza di giungere ad una valutazione comune tra cattolici e protestanti assumeva ormai la caratteristica di una speranza eccessiva (10). Si intravedeva, da parte evangelica, un rapido passaggio dalla figura di Maria come "simbolo" della chiesa a quello di "sorgente" (11), un "trasferimento" da Gesù a sua madre (12). Nella crescente morsa della secolarizzazione il richiamo di Maria si offriva come il "vero fascino religioso" della futura riflessione antropologica cattolica, capace di polarizzare efficacemente la devozione delle moltitudini e delle nuove generazioni. Era una previsione difficile per quei tempi, ma puntualmente verificatasi(13). Miegge auspicava invece un ritorno alla semplicità evangelica per favorire il cammino ecumenico e temeva che il prolungamento delle vie intraprese dal cattolicesimo portassero ad una religione diversa (14).
4. Ugo Janni (1865-1938)
Negli anni difficili per il dialogo ecumenico, il pastore valdese Ugo Janni faceva eccezione alle posizioni generalmente sostenute dall'ambiente protestante italiano che non lo aveva capito (15). Se Maria non fosse immacolata per grazia, Cristo sarebbe "il primo dei salvati, non dunque il salvatore" (16). Maria "ricevette pienamente quella stessa grazia che per mezzo del Verbo incarnato doveva irradiarsi sul mondo alfine dell'universale salvezza" (17). Di conseguenza il dogma proclamato nel 1854 non costituisce un ostacolo alla riunione delle chiese. Si tratterà soltanto di rinunciare concordemente alla formula esplicita.
Ci troviamo in tempi ancora lontani dal Concilio Vaticano II, ma se l'intuizione di Janni può lasciare perplessi gli uni e gli altri, contiene un insegnamento prezioso dal punto di vista del metodo e della vocazione ecumenici. Gli "ostacoli" non sono fatti per sostenere e promulgare la rassegnazione e la contrapposizione, ma costituiscono una sfida per superare le difficoltà (18).
5. Dopo il Concilio Vaticano II
5.1. I teologi
Gli ultimi dogmi romani avevano riattivato lo spirito polemico di contrapposizione, non solo in Italia, ma anche all'estero da dove giungevano pesanti richiami. Karl Barth fu certamente, prima del Concilio Vaticano II, l'autore di uno dei più netti rifiuti della mariologia in generale: è arbitraria per metodo e sospetta a fondo; è un'eresia, un'escrescenza da tagliare perché il miracolo di Dio non dipende dall'uomo e dalla sua ricettività (19). Se va detto, secondo Barth, che la mariologia passa accanto alla Maria reale, non va dimenticato che la madre di Gesù coopera con Dio unicamente sotto forma di servizio e in questo senso rimane un "modello", un "paradigma" per ogni cristiano chiamato e destinato a credere, obbedire e servire (20).
Posizioni di questo tipo si riverberano anche in Italia nel piccolo mondo protestante e si prolungano nell'immediato dopo-concilio. Nel 1966 si nota che il concilio non sembra in alcun modo aver compiuto un passo avanti decisivo per ridurre la mariologia a proporzioni evangeliche. La fede evangelica non può che opporre un no risoluto alla cooperazione, un no altrettanto fermo alla mariologia: sulla mediazione di Maria alla luce del Nuovo Testamento "non c'è letteralmente nulla di vero". Potrebbe essere un doppione dello Spirito Santo. La fede evangelica non può che opporre alla mariologia cattolica di ieri e di oggi... un rifiuto categorico (21).
Con il passare degli anni non è che le posizioni tradizionali si siano dimenticate, ma in un certo senso si sono attenuate. Maria ci unisce, ma la mariologia ci divide. Si registra al massimo una tendenza prevalente alla interpretazione tipologica o simbolica non parallela a quella cattolica. Si ritiene che difficilmente il protestantesimo si potrà spingere oltre. Risuonano ancora forti note polemiche: a) dove non c'è Maria non c'è la chiesa di Cristo (affermazione cattolica); b) dove Maria è venerata non c’è la chiesa di Cristo (risposta protestante). Affermando per Mariam ad Christum si può essere d'accordo se si ritiene che Cristo è la meta, ma non lo si è più se si tratta di legittimare un quadro mariologico. Si potrebbe dire meglio per Verbum o per Spiritum Sanctum ad Christum. Sarebbe temerario pensare che Maria aggiunga qualcosa di più. In conclusione una mariologia per dirsi ecumenica deve esplicitare la Maria biblica, nostra sorella nella fede, perché i dogmi dell'Immacolata e dell'Assunzione sono inaccettabili al protestantesimo (22).
5.2. Gli incontri
Dal 3 al 5 settembre 1981 si svolse a Roma l'incontro delle Facoltà Protestanti dei paesi latini. La Facoltà Valdese ne è stata l'ospite e l'organizzatrice. In quell'occasione il prof. Jean-Paul Gabus di Bruxelles tentò di superare il tradizionale silenzio protestante su Maria offrendo nuovi spunti alla meditazione e richiamando anche il contributo liturgico ortodosso e quello insospettato del Terzo Mondo. In particolare si soffermò sulla nozione della collaborazione dell'uomo alla grazia (23). Si sentiva l'eco della riflessione barthiana su Maria: del "lasciar fare a Dio", della cooperazione come "servizio" e della "libertà" che nasce dalla Parola. Maria è passiva nei confronti dell'iniziativa di Dio ed è attiva nella sua risposta (24).
Anche il prof. Salvatore Meo del "Marianum" partecipò all'incontro con una sua apprezzata relazione. Oltre le parole va notato il fatto che il "Marianum" era approdato alla Facoltà Valdese, prolungando i contatti tra i teologi riformati e quelli cattolici (25).
Nel 1988, a cura della Federazione delle chiese Evangeliche in Italia, esce un testo dal titolo "Maria nostra sorella". Non vi sono grosse novità da segnalare, ma si deve prendere atto di una maggiore attenzione al dialogo non solo nella terminologia adottata, ma anche nell'aggiornamento dei contenuti. Karl Barth aveva parlato della collaborazione di Maria come servizio, ma il termine biblico di "collaboratori" (1Cor 3,9) comportava nell'ambiente evangelico italiano un irrinunciabile sapore pelagiano. Ora, invece, era possibile dire (in senso barthiano) che Maria è "colei che collabora al compimento della salvezza". Permane tuttavia il nodo dei dogmi mariani. Con l'Immacolata Concezione "si rischia di sottrarre Maria alla realtà della condizione umana, segnata dal peccato" (26) per cui lo scandalo dell'Incarnazione rimane attenuato.
5.3. Altre valutazioni
Tuttavia, da parte cattolica, si continua a parlare della "spiacevole misconoscenza degli evangelici circa il dogma dell'Immacolata Concezione". Il dogma infatti è fondato sulla sola gratia: vuol dire che è fuori gioco la libera volontà dell'uomo; Maria, in quanto "cooperatrice della salvezza dell'umanità", ha un privilegio senza meriti. La stessa mediazione alla quale tutti siamo chiamati è "partecipata a un'unica fonte". L'Immacolata è "una verità implicitamente rivelata". La conclusione si fa piuttosto severa: i teologi protestanti hanno ancora molta strada da fare per passare dal monologo al dialogo (27).
Nel 1992 si fa più evidente il dialogo, almeno a livello di pubblicazioni. Sergio Rostagno, professore di sistematica alla Facoltà Valdese di Teologia, prende in esame la posizione di Bruno Forte, ben noto teologo cattolico, che tende un parallelismo tra l'umanità di Cristo e quella di Maria. Maria porta in sé il frutto della volontà divina e dell'ubbidienza umana; è la creatura nella quale Dio sposa la storia (28); è resa capace dal suo Dio di rispondere. L'Immacolata Concezione assicura la partecipazione e la dipendenza dell'uomo dalla grazia. Tra il "già" e il "non ancora" (tra l'Immacolata Concezione e l'Assunzione) Maria, sentinella dell'umanità, illustra il rapporto tra Dio e l'essere umano e ne anticipa il compimento.
Dall'altra sponda del dialogo, pur rilevando la subordinazione alla grazia, si nota ancora uno spostamento dall'umanità di Cristo e nostra all'umanità di Maria e nostra, spostamento che trasforma la mariologia in una deificazione dell'essere umano.
Un passo in avanti per ridare alla figura di Maria la sua prospettiva ecumenica esige un approfondimento dei testi biblici sulla base della mediazione di Cristo indipendentemente dagli elementi del dogma (29).
Certo in tema di antropologia non si può trascurare il richiamo al Cristo "vero uomo e vero Dio". Si afferma la distanza tra l'uomo alienato e il suo Salvatore vero Dio, una distanza che vorrebbe ridursi mettendo a confronto l'umanità di Maria e la nostra per risalire in seguito al Signore. Ma l'uomo si trova sempre in difficoltà se prende coscienza che nessun essere vivente nasce immacolato. Non serve un gran che tentare di risalire da Maria ad Anna creando una catena a non finire.
Non era sufficiente affermare che Cristo solo è nato senza peccato, lui che è stato fatto peccato per noi e per questo sacrificato sul Golgota? In fondo questa era la posizione di Lutero che riteneva il discorso sull'Immacolata "inutile" per mancanza di riferimenti biblici (30). Inutile sì, ma non per questo non se ne deve parlare. Per Lutero, Maria è una goccia strappata da Dio dal mare di perdizione; è senza grazia nel corpo, ma piena di grazia nell'anima; fu redenta e purificata dal peccato originale (31); si purificò secondo la legge come le altre donne sebbene non fosse impura, né fosse tenuta a quella purificazione e non ne avesse bisogno (32).
Si potrebbe ancora accennare a Max Thurian, teologo di Taizé, poi passato al cattolicesimo, e al suo libro: Maria Madre del Signore, immagine della chiesa (33). La pubblicazione ebbe un'ampia risonanza in ambiente cattolico e una scarsa recezione tra i protestanti in generale e in particolare tra quelli italiani. L'autore svolge la sua ricerca basandosi su una catena di titoli biblici che richiamano la figura di Maria. L'interesse dei non cattolici si attenua immediatamente fin dal primo titolo indicato: "figlia di Sion". Gesù stesso non applica questa espressione idiomatica ebraica a sua madre, ma alla città di Gerusalemme (Gv 12,15; Mt 21,5) (34).
6. Uno sguardo panoramico
6.1. Considerazioni sul dogma dell'Immacolata
Non possiamo non prendere rapidamente atto di alcune valutazioni cattoliche circa la Bolla Ineffabilis Deus dell'8.12.1854. Il testo ci ricorda che la dottrina è "rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli". Maria "nel primo istante della sua concezione" è "stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale" (35). Da quel giorno sono maturate alcune precisazioni nell'ambito cattolico. Già Roschini, notando la carenza di citazioni bibliche dirette, suggeriva di parlare di dottrina "implicitamente" rivelata (36). Nel 1953 Pio XII vi apportò altre chiarificazioni per evitare supposizioni indesiderate.
Dopo il Concilio Vaticano II si precisa che il dogma non è ripetizione della Scrittura, né una nuova rivelazione, ma piuttosto lo sviluppo omogeneo di quanto già si trovava all'orizzonte. Infatti la via storica, che vuole richiamarsi alla Bibbia e alla tradizione, sfugge alla verifica. La via logica non deriva da necessità stringente. L'unica via è quella del senso della fede, cioè delle esplicitazioni delle potenzialità (37). L'accedere di nuovi tempi permette di sottolineare nuove prospettive e nuove aperture. Occorre evidenziarle: la sola elezione gratuita di Dio giustifica; si tratta di pura grazia e Maria non fa eccezione; si può comprendere la madre di Gesù soltanto partendo dal Cristo (unico mediatore e redentore) e dall'assoluta iniziativa di Dio. Maria si trova nella radicale incapacità di autosalvezza ed è avvolta nel mistero della sua predestinazione (38).
6.2. Il dialogo
La panoramica che abbiamo presentato riflette la situazione attuale, senza pretesa di esaurirla, e lascia comunque intendere che si è finalmente intrapreso un cammino dal monologo al dialogo. Il dialogo in sé non è un toccasana perché potrebbe facilmente trasformarsi in un dialogo di sordi e consumarsi sui tavoli degli incontri bilaterali e multilaterali. Ritengo infatti che il punto di partenza del dialogo sia una professione di fede: credo ut intelligam. Se veramente Cristo non è diviso (1Cor 1,13), se veramente la divisione della chiesa è un'impossibilità ontologica, come afferma Barth, se veramente le divisioni appartengono al "malessere" e non al "benessere" della chiesa (39), allora, e soltanto allora, avremmo trovato il movente per intraprendere i nostri confronti, per interrogare le nostre divergenze e far emergere le prospettive che meglio esprimono l'unità della chiesa.
Certo si può cominciare richiamando la riunione ecumenica di Stoccolma del 1925 e dire che il "dogma divide e la pratica unisce".
In fondo la cooperazione alla grazia si esprime come servizio che, nella lode riconoscente a Dio per la sua libera e incondizionata iniziativa, ci impegna verso il nostro prossimo e la società nella quale viviamo. Si è fatto molto in questa direzione e moltissimo resta da fare. In fondo dal 1952 (incontro di Lund) il movimento ecumenico ci coinvolge sempre più nel fare insieme e non più separatamente tutto quello che può essere fatto insieme. È un impegno non soltanto per le nostre mani, ma anche per la nostra ricerca. Le traduzioni interconfessionali della Bibbia e la gestione comune dei suggerimenti relativi all'aggiornamento dei suoi testi originali già segnano profondamente la via della collaborazione, non su angoli marginali del nostro vivere, ma sulla base costituzionale di tutte le chiese: la Sacra Scrittura.
In Italia la traduzione interconfessionale della Bibbia in lingua corrente rappresenta l'unico monumento ecumenico nazionale del XX secolo. Cent'anni prima non se ne intravedeva la possibilità (40).
6.3. La verità e la formulazione della verità
Prendendo coscienza dei nostri condizionamenti, nel tempo e nello spazio, non dovrebbe essere impossibile rendere giustizia alla distinzione tra la verità e la nostra formulazione della verità.
Vi sono molti elementi non teologici che con l'andar del tempo inquinano la nostra riflessione. Pensiamo alla filosofia che segna radicalmente le tappe del nostro passaggio nella storia con le sue origini diverse e spesso contrastanti. I concetti di "sostanza" e di "relazione" incidono fortemente sugli orientamenti e sulle scelte della nostra epoca. Il Terzo Mondo già ci contesta il nostro modo di riflettere occidentale. Al di là di Platone, Aristotele e Kant preferiscono servirsi della categoria del "racconto" (molto vicino alle parabole bibliche e alla storia della testimonianza biblica). Per gli occidentali si tratta di un metodo "zoppo", ma per loro il nostro filosofare è "retorico".
La politica, che potrebbe essere un terreno fertile per la testimonianza comune, ha offerto nel passato molte occasioni di contrapposizione. Giustamente o ingiustamente non è difficile notare che il dogma dell'Immacolata viene formulato in un periodo critico della storia dello Stato Pontificio: la caduta della repubblica romana e il ritorno dell'inquisizione. Troppe pagine di storia di tutte le confessioni offrono il fianco a simili osservazioni.
Una cosa è certa che cercando l'uniformità (in sé è una impossibilità storica), possiamo voltarla e rivoltarla approfondendo gli studi e arricchendoli di ulteriori ricerche, ma non si arriverà a tracciare un cammino comune. È la Bibbia stessa che ci sbarra la strada a partire dalla dottrina della Trinità e dai doni diversi dello Spirito. La diversità, la "diaresis", si oppone all'eresia, "airesis" (1Cor 12) (41). Oscar Cullmann considera l'unità come uniformità un peccato contro lo Spirito Santo (42). Anche l'attuale pontefice, con un occhio attento al primo millennio, parla di unità nella diversità (43).
Il Gruppo di Dombes fa notare, sulla scia del Card. Ratzinger, che i due dogmi mariani (l'Immacolata e l'Assunzione) visto che non appartengono all'espressione comune della fede al momento della separazione "non possono obbligare gli altri cristiani" (44). Già Karl Barth si chiedeva, appellandosi alle dichiarazioni di Ratzinger, se i predicati di Maria fanno parte soltanto della "pia invocazione" e se in caso affermativo tale interpretazione si estende a tutta la mariologia, ad es. all'Immacolata Concezione e all'Assunzione (45).
Certo per il cattolico il dogma ha un valore obbligatorio, è vincolante e irreformabile, ma il senso originale del dogma dev'essere di nuovo compreso nel contesto di altre culture (46).
Dalla panoramica fin qui tracciata emergono le difficoltà e le speranze del nostro tempo. Non è certamente facile abbandonare la via del monologo per affrontare il dialogo e mettere a frutto l'incontro tra le chiese. Non si può di colpo dire no al sì di ieri e non si può dire sì al no del passato. Eppure la storia non ci permette di presentarci in pubblico vestiti come i nostri bisnonni. La stessa scienza linguistica continua a relegare nell"'antiquato" anche quei termini che, nel presente, sono di uso corrente. In quale contesto è possibile superare l'arroccamento confessionale?
Si possono prendere in considerazione gli eccessi e i difetti dell'una e dell'altra parte, ma oggi è doveroso profittare delle metodologie emergenti. Si può lavorare a fondo sulle gerarchie delle verità che, secondo i luterani, non sono poi così lontane le une dalle altre. A tutti interessa evidenziare il nesso profondo che le ispira e le determina (47). Non si potrà parlare di verità "secondarie", ma forse è già possibile parlare di verità "seconde". Si potrà insistere maggiormente sulla distinzione tra la verità e la formulazione della verità.
Intanto là dove non è assente il retroterra ecumenico del nostro secolo cade l'uso atavico di alcuni termini. "Eresia" era il termine prediletto per indicare la fede del "diverso" da noi (o di una minoranza qualsiasi). Per l'Alleanza Riformata Mondiale dal 1982 i termini si sono quasi rovesciati con risultati notevoli nei confronti della discriminazione razziale: "eretico è chi rifiuta il diverso".
Parlando della divisione del cristianesimo si è usato spesso la definizione della chiesa come "alternativa" a quella dell'altro. Oggi si è più coscienti che "Cristo non è diviso" (1Cor 1,13) e che la divisione della chiesa è una "impossibilità ontologica" (48).
6.4. Unità nella diversità
Dalla comunione tra le chiese "nonostante" la diversità si è lentamente passati alla ricerca di un'unità nella diversità, o meglio attraverso la diversità. Evidentemente non si trattava di qualunque diversità, ma solo e sempre di molteplici testimonianze al Cristo. Di qui l'urgenza di passare ad un'unità nella diversità, centrata in Cristo e poi riconciliata. In seguito l'orientamento ecumenico inseriva, nella precisazione delle formule, la ricerca sulla "koinonia", sulla comunione, (e quindi sull'ecclesiologia di comunione) che si rivelava "reale", ma anche reciprocamente "imperfetta" pur essendo decisamente orientata verso l'escatologia e il Regno di Dio che già comprende i martiri della fede cristiana.
Nel contesto menzionato andavano maturando altre espressioni che ci riportano al nostro tema. Borowsky riflettendo sui nodi ecumenici della mariologia distingueva tra gli elementi intollerabili, per lo più legati ai titoli mariani e alla conseguente devozione mariana, e quelli tollerabili riferiti ai dogmi dell'Immacolata e dell'Assunzione. Nella misura in cui questi ultimi non intaccano la comune cristologia non possono continuare a costituire un ostacolo insuperabile all'unità nella diversità. Sono formulazioni e spiegazioni diverse della stessa fede in Cristo le quali, pur non essendo condivise, non comportano il rifiuto dell'altro, ma solo il rispetto. Infine v'è l'area biblica che ci impegna tutti in un lavoro e in una testimonianza comuni.
Nell'ambito francese si è parlato di diversità "separanti" e "non separanti". Per il Gruppo di Dombes i due dogmi mariani rientrano nel settore delle diversità "non separanti" (49).
Nell'ambito luterano si è parlato di "fondamento" e di "forma". Lo si è fatto trattando la giustificazione per fede con i teologi cattolici (50), ma è evidente che il criterio offre anche la possibilità di essere esteso all'area che ci interessa.
Al di là degli integrismi sempre possibili e sempre rinascenti, in mancanza del retroterra ecumenico, vanno affermandosi nuove prospettive di ricerca per abbassare il livello delle contrapposizioni e tracciare un sentiero verso l'unità auspicate.
7. Nuove prospettive?
Il compito del cristianesimo è di trasmettere l'Evangelo che costituisce appunto il tradendum. Nelle attività che si susseguono è importante spiegare, interpretare e consegnare alle nuove generazioni il messaggio cristiano. Si forma così una traditio, ma le categorie del tempo e dello spazio comportano, ognuna per conto proprio, diversità di tipo filosofico, culturale, ambientale, politico e psicologico. Non c'è da stupirsi se, alla fine, da un capo all'altro di questo mondo, la traditio assume componenti pluralistiche non sempre compatibili. La storia della divisione del cristianesimo rigurgita di formulazioni differenti dalla fede anche se si può rivendicare l'unità nei 'credo' cristologici del primo millennio. Per tutti si pone quindi l'interrogativo: che cosa abbiamo tramandato? In altre parole siamo chiamati a verificare (a "risanare le memorie"), nel nostro tempo e nella nostra cultura, il traditum, con il punto di partenza, il tradendum cioè con la carta costituzionale della chiesa del Signore.
Se nel passato eravamo indisponibili a tale verifica, oggi nel contesto di una cultura diversa da quella dei tempi andati, sembra possibile affrontare ecumenicamente l'argomento. È un lavoro da fare insieme, coscienti dei nostri rispettivi condizionamenti e, a maggior ragione, dell'impulso dello Spirito Santo. Le metodologie interconfessionali, emerse dai dialoghi bilaterali e multilaterali, ci permettono di interrogarci sul traditum che le generazioni precedenti hanno consegnato nelle nostre mani. Si tratta di dare tutto il peso necessario alle indicazioni della seconda assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese tenutosi ad Evanston (USA) nel 1954. Dobbiamo passare da un ecumenismo "spaziale", di mero confronto con la situazione teologica attuale, ad un ecumenismo "temporale" capace di farci rileggere insieme la Scrittura e la storia nella speranza di sciogliere quei nodi che non si prestano più alla meditazione contemporanea (1).
Credo che in questa prospettiva si possa affrontare anche il tema del nostro convegno. Possiamo interrogarci se il dogma dell'Immacolata, caratteristica della chiesa romana, possa essere accolto come verità "seconda", come diversità legittima, non separante che, pur non essendo condivisa dall'insieme del cristianesimo, non costituisce più un ostacolo insormontabile alla ricerca ecumenica. Possiamo interrogarci sul nesso profondo del suo contenuto, dell'Evangelo che è stato trasmesso in tempi e culture lontani dai nostri. Il traditum (come ogni aspetto delle varie teologie) va messo al vaglio affinché riporti in evidenza quell'Evangelo, quel tradendum che costituisce la sua ragion d'essere. Vuoi forse dire, con insistenza rischiosa ma fortemente marcata dalla fede, che Dio il Figlio non ha conosciuto peccato? Come Dio in altri tempi ha posato il suo sguardo su Abramo per scegliersi un popolo così all'inizio della nostra era ha puntato il suo sguardo su Maria per "sposare la storia" (l'espressione, di assonanza barthiana, è di Bruno Forte), per diventare come uno di noi (Fil 2,7) e farsi carico sulla croce di un peccato non suo, ma nostro, compreso quello delle nostre divisioni. L'Immacolata Concezione potrebbe, come il titolo di Theotokos, essere innanzi tutto un valore cristologico? Si riferisce a Maria, ma vuol essere soprattutto una spiegazione (datata) della figura del Cristo?
Il traditum che ci è stato consegnato nel nostro secolo ricomincia il suo percorso e la sua dinamica attraverso quella traditio ecumenica in via di formazione nei dialoghi tra le chiese. Da parte cattolica si parla oggi di una "palingenesi" mariologica (2). Davanti a noi sta la possibilità di "risanare le memorie" (come si dice negli ultimi decenni e con particolare insistenza dopo l'assemblea ecumenica di Graz del 1997) e di consegnare, a nostra volta, alle generazioni future un nuovo traditum condiviso nel quale tutti si riconoscano nonostante i perenni e inevitabili condizionamenti della nostra storia. Potremo allora lodare Dio, in base alla comunione "reale" già esistente, rinnovando all'unisono il canto del "Magnificat".
Renzo Bertalot
Note
1) R. BERTALOT, Dalla teocrazia al laicismo, Università di Sassari, Sassari 1993; Religione e diritto, Ed. Pazzini, Verucchio (FO) 1996.
2) V. VINAY, Le confessioni di fede dei valdesi riformati, con documenti del dialogo fra "prima" e "seconda" Riforma, Claudiana, Torino 1975, p. 204. Il testo francese è del 1655, quello italiano del 1662.
3) G. MIEGGE, La Vergine Maria, Claudiana, Torre Pellice (TO) 1950; ID., Ecumenismo cattolico II, in Protestantesimo 16 (1961) p. 153; R. BERTALOT, Ecumenismo protestante, Gribaudi, Torino 1968, p. 56ss.
4) Ricordiamo: Alessandro di Hales, Alberto Magno, Bonaventura, Anselmo di Canterbury e Bernardo di Chiaravalle. Cf. S. DE FIORES, voce Immacolata, in Nuovo Dizionario di Mariologia, a cura di S. De Fiores e S. Meo, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1985, p. 680-688.
5) G. MIEGGE, La Vergine Maria, cit., p. 138.
6) Ibid., p. 139.
7) A. LANDI, Concilio e papato nel Rinascimento (1449-1516), Claudiana, Torino 1997.
8) G. MIEGGE, La Vergine Maria, cit., p. 138.
9) Ibid., p. 203.
10) Ibid.
11) Ibid., p. 202.
12) Ibid., p. 211.
13) S. DE FIORES, Maria nella teologia contemporanea, Centro di cultura mariana "Madre della Chiesa, 3° ed., Roma 1991, p. 76ss; B. FORTE, Maria, la donna icona del mistero. Saggio di mariologia simbolico-narrativa, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1989.
14) G. MIEGGE, La Vergine Maria, cit., p 220. Allo stesso modo si esponeva il Sinodo Valdese del 1950 in occasione del dogma dell'Assunzione di Maria.
15) Così V. VINAY, in Eco del Chisone, 21 febbraio 1980, p. 13.
16) U. JANNI, Corpus Domini, Editrice A.V.E., Roma 1978, p. 432.
17) Ibid., p. 433.
18) R. BERTALOT, Ugo Janni: l’attualità del suo pensiero ecumenico, in U. JANNI, Corpus Domini cit., p. XIX-XXIX.
19) K. BARTH, Dogmatique, vol. 3, Labor et Fides, Genève 1954, p. 128ss.
20) K. BARTH, Dogmatique, vol. 24, Labor et Fides, Genève 1973, p. 258.
21) Cf. P RICCA, Il cattolicesimo del Concilio, Claudiana, Torino 1966, p. 43.
22) P. RICCA, Maria di Nazareth nella riflessione di alcuni teologi contemporanei della Riforma, in Marianum 55 (1993) p. 473-493.
23) R. BERTALOT, Ecumenismo in Italia: Protestantesimo e Maria, in Marianum 43 (1981), p. 419-428.
24) R. BERTALOT, voce Protestanti, in Nuovo Dizionario di Mariologia, cit., p. 1169-1179.
25) R. BERTALOT, Ecumenismo in Italia: Protestantesimo e Maria, cit., p. 421-424.
26) AA.VV., Maria nostra sorella, a cura della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, C.N.T., 1988, p. 122ss.
27) V. CAPORALE, Nota sul dogma dell'Immacolata Concezione, in Protestantesimo 46 (1991) p. 66-69.
28) Cf. K. BARTH, Dogmatique, vol. 3, Labor et Fides, Genève 1955, p. 182ss.
29) S. ROSTAGNO, Marie modele du rapport de l'étre humain avec Dieu, in Ètudes théologiques et religieuses 67 (1992) p. 227ss.
30) GRUPPO DI DOMBES, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, in Il Regno-documenti 43(1998) n. 3, p. 110.
31) B. GHERARDINI, La Madonna in Lutero, Città Nuova Editrice, Roma 1967, p. 123-132.
32) M. LUTERO, Libertà del cristiano, Doxa, Milano 1931, p. 67.
33) M. TNURIAN, Maria Madre del Signore, immagine della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1965.
34) R.E. BROWN - K.P DONFRIED - J.A. FITZMYER - J. REUMANN, Maria nel Nuovo Testamento, Cittadella, Assisi 1985, p. 147.
35) Così S. DE FIORES, voce Immacolata, in Nuovo Dizionario di Mariologia, cit., p. 687 trascrive la definizione dalla Ineffabilis Deus: "... Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina, la quale ritiene che la beatissima vergine Maria nel primo istante della sua concezione per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, e rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli" (vedi testo originale latino in H. DENZINGER, Enchiridion Symbolorum...a cura di P. Hünermann, EDB, Bologna 1995, n. 2803).
36) G. MIEGGE, La Vergine Maria, cit., p. 144.
37) S. DE FIORES, voce Immacolata, cit., p. 688.
38) S. DE FIORES - A. SERRA, voce Immacolata, in Nuovo Dizionario di Mariologia, cit., p. 689-702.
39) U. JANNI, Corpus Domini, cit., p. 384 e 429.
40) G. SPINI, Studi sull'evangelismo italiano tra otto e novecento, Claudiana, Torino 1994, p. 59 e 84.
41) R. BERTALOT, "Airesis" o "diairesis"?, in Protestantesimo, 52 (1997), p. 306-307.
42) O. CULLMANN, L'ecumenismo dell'unità nella diversità, in Protestantesimo, 40 (1985) p. 131.
43) Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Ut unum sint, n. 61, in Acta Apostolicae Sedis 87 (1995) p. 958-959.
44) GRUPPO DI DOMBES, Accordo su Maria, in Il Regno-documenti 43 (1998) n. 5, p. 195 e nota 179 a p. 499-200.
45) K. BARTH, Domande a Roma, Claudiana, Torino 1967, p. 34.
46) S. DE FIORES, Maria nella teologia contemporanea, cit., p. 38.
47) Si ricordino le precisazioni del Concilio Vaticano II, decreto Unitatis Redintegratio n. 11 (Acta Apostolicae Sedis 57 [1965] p. 99), riportate nel precedente capitolo ottavo, nota 6.
48) K. BARTH, Dogmatique, vol. 19, Labor et Fides, Genève 1967, p. 38.
49) GRUPPO DI DOMBES, Accordo su Maria, in Il Regno-documenti 43 (1998) n. 5, p. 183ss.
50) LUTHERAN WORLD FEDERATION AND PONTIFICAL COUNCIL FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Joint Declaration on the Doctrine of Justification. 1997 - Final Proposal, in PONTIFICAL COUNCIL FOR PROMOTING CHRISTIAN UNITY, Information Service n. 98 (1998/IIJ), Vatican City, p. 81-86 Trad. italiana: PONTIFICIO CONSIGLIO PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI - FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE, Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, in Il Regno-documenti 43 (1998) n. 7, p. 250-256; FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE - CHIESA CATTOLICA ROMANA, Dichiarazione ufficiale comune e Allegato, trad. it. in Il Regno-documenti 44(1999) n. 15, p. 476-480.
51) R. BERTALOT, Per dialogare con la Riforma, LIEF, Vicenza 1989, p. 98.
52) S. DE FIORES, Maria nella teologia contemporanea, cit., p. 578.