Ecumene

Martedì, 02 Maggio 2006 00:24

I. Credo in Dio Padre Creatore (Michelina Tenace)

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La fede, come riconoscimento dell'esistenza di un altro, passa dall'esperienza di una relazione-rivelazione dove l'affermazione di Dio come Creatore non è cronologicamente prima né esclusivamente cristiana.

L'ordine nel caos

Da dove viene il mondo? Noi, da dove veniamo? Dove andiamo? Da dove viene e dove va tutto ciò che esiste? Sono le domande con le quali l'uomo affronta la ricerca di un senso globale, che includa tutto. In queste domande si intuisce che ciò che si afferma dell'origine vale per la fine: se si potesse affermare il "da dove", si capirebbe anche il "perché", il "dove"e il"come". La chiave che apre il mistero dell'inizio potrebbe aprire anche quello della fine e viceversa. Ma soprattutto aiuterebbe a valutare il presente con le sue sempre nuove domande. L'evoluzione della scienza, per esempio, ha contribuito, specialmente nell'ultimo secolo, a far sorgere tante domande-corollario: siamo soli nell'universo? Il credente non si dovrebbe spaventare all'idea di altri mondi e di altri abitatori dell'universo, come se la possibilità mettesse in questione la sua fede, anzi. "Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio" (Eb 11,3). San Paolo parla di "mondi" al plurale, non solo del visibile e dell'invisibile, ma di quelli che già conosciamo e di quelli che, pur creati, non ci sono conosciuti. In quanto Creatore, Dio è in rapporto con tutto ciò che esiste benché, per via della venuta di Cristo come uomo sulla terra, si affermi particolare il modo della relazione con l'uomo coinvolto in una dinamica di immagine somigliante La fiducia in Dio Creatore porta a credere che la creazione non è un caos casuale, ma l'opera intelligente e personale di Dio, avvenuta tramite il Lògos e lo Spirito.

Creazione ex nihilo

Dalla teologia della creazione ci viene trasmessa per fede la creazione ex nihilo. Espressione tabù per un credente comune che ha invece fatto la gioia della teodicea e ha occupato molti pensatori... senza produrre nulla. Dal nulla non viene nulla.

Questa espressione, creazione ex nihilo, va capita come andrebbe capito ogni dogma: non solo in ciò che nega ed esclude, ma in ciò che apre e contiene. La fede non si alimenta tanto pensando ad un Dio che crea dal nulla. Ma forse, alla contemplazione di un Dio che crea da sé, si riscalda il cuore di chi crede, di chi riconosce nel creato un segno di vicinanza del Creatore, di chi percepisce un senso complessivo. «[...] il Padre Dio fondatore, il creatore, l'autore, fece tutte le cose da se stesso, cioè mediante il Verbo e la sua sapienza», il Figlio e lo Spirito Santo che sono le sue due mani (1). Questo è il vero sfondo della teologia della creazione ex nihilo, altrimenti non è teologia. Da una parte il dogma della creazione dal nulla afferma che non c'è niente con cui Dio abbia creato, nessuna materia preesistente, niente che abbia esistenza fuori di Dio. «Che vi sarebbe di straordinario se Dio avesse tratto il mondo da una materia preesistente? [...] Invece la potenza di Dio si manifesta precisamente in questo, che egli parte dal nulla per fare tutto ciò che vuole» (2). D'altra parte però si afferma che comunque non è la creazione dal nulla la meraviglia più grande della fede, ma il fatto che, in positivo, questo significa che Dio non crea da nessun'altra realtà se non dal suo amore, crea da se stesso come Amore. «Aperta la mano dalla chiave dell'amore, le creature vennero alla luce» (3). Dal nulla non nasce nulla.

Creazione e fede in Dio Padre

La teologia della creazione non si interessa di dare alla ragione argomenti per credere. Il Credo riflette l'ordine reale e la gerarchia delle verità. Prima si dice di credere in Dio Padre onnipotente e poi si aggiunge che egli è insieme Creatore di tutto ciò che esiste. E, prima ancora della confessione di fede nel Padre, c'è la proclamazione di fede nel Figlio che ci rivela il Padre, fede nel Cristo Signore, Dio da Dio, Figlio di Dio, morto e risorto «per noi e per la nostra salvezza». Il catecumeno recitava il Credo alla fine del suo percorso, non all'inizio...

L'impossibilità di un approccio razionale a Dio sembra a prima vista in contraddizione con quanto afferma la tradizione cattolica (il Concilio Vaticano I, ad esempio). In realtà si tratta di un equivoco che riguarda la parola "Dio". Dio è Padre del nostro Signore Gesù Cristo e non un Essere astratto, Demiurgo o Creatore. Ed è come tale, come Padre, che noi crediamo in Lui e confessiamo di conoscerlo nella relazione di amore che lo Spirito Santo, nel Figlio, ci permette. La spiegazione del dogma della creazione del mondo da parte di Dio, se mediata dalla conoscenza interiore e dall'amore, cambia completamente nella comprensione. Le famose cinque vite di san Tommaso per arrivare a Dio non sono altro che un'espressione della tradizionale contemplatio naturalis, cioè un modo di partire dalla natura per arrivare a Dio così come insegnavano i Padri greci. L'ordine della fede non mette prima la cosmologia e poi l'antropologia, ma parte dall'antropologia per comprendere la situazione dell'uomo insieme al creato di fronte a Dio. Perciò l'esistenza del mondo non può essere di per sé argomento a favore della fede, ma neanche contro.

Creazione e scienza

In che termini si pone il problema del rapporto mondo-Dio? Il mondo ha bisogno di essere spiegato come legato a Dio (senza identificarsi con Lui, perché allora si cade nel monismo, o nel panteismo o dell'emanazionismo) e diverso da Dio (senza però essergli estraneo, perché allora esisterebbe un dualismo tra mondo e Dio). Per il mondo, essere "legato e diverso" è il vero contenuto, il vero significato dell"'essere creato" che troviamo nella fede giudeocristiana e che permette di superare sia il monismo (dire che il mondo e Dio sono la stessa realtà) che il dualismo (affermare due realtà a confronto, separate). Ambedue le soluzioni sono fondamento dell'ateismo, perché l'uomo non si può situare in nessuna: l'uomo è creato e non è identico a Dio; ma è creato ad immagine di Dio e non è identico al mondo. Fra Dio e l'uomo non c’è nè confusione né separazione. Ma neanche fra l'uomo e il creato.

Per affrontare una teologia della creazione che parli dell'essere e non del nulla, bisogna cambiare prospettiva, modo di ragionare, riferimenti, esempi... È il modo di parlare di Dio che in fondo è in questione.

Occorre anzitutto uscire dall'ossessione della scientificità. A Dio non si può applicare il ragionamento della scienza meccanica: «la categoria della causa prima e del primo motore non è di alcuna utilità». «La creazione non soltanto non è inclusa, ma anzi, in un certo senso, è esclusa dall'idea della causalità o del primo motore, in quanto, mentre la creazione è personale, la causa e il movimento sono meccanici e impersonali» (4). Il rapporto con Dio è nello stesso ordine delle relazioni umane, tanto più vere e vitali quanto meno seguono una logica strumentale. Lo stesso vale della creazione artistica. La logica della creatività obbliga a spostare l'attenzione da ciò che è creato (oggetto analizzabile in peso, misura, colore ecc.) a colui che crea. Perché Michelangelo ha fatto una bellissima statua della Pietà? Non c'è nessuna causa, nessun rapporto che possa spiegare la creatività all'infuori del fatto che Michelangelo è un artista. È in lui, non la spiegazione, ma il mistero della sua arte. È proprio della vera arte non poterla ridurre a spiegazioni razionali.

Dall'amore ogni creatività è possibile, ogni novità è concepibile nell'onnipotenza di Colui che crea. Proseguendo su questa logica, si arriva a non percepire più una totale estraneità fra la materia e Dio che l'ha creata. Perciò la materia può rendersi teofanica nell'eucarestia, la corporeità può essere assunta da Dio nell'incarnazione. Non c'è conflitto né opposizione fra creato e increato, benché ci sia distinzione. Tutto ciò a noi sfugge nel suo "come" e nel suo "perché" a causa della resistenza all'amore dovuta al peccato che ci rende lenti e tardi di cuore.

Perciò la vera domanda sulla creazione non riguarda il nulla e come sia successo che qualcosa esista, ma che senso abbiano queste parole riguardo all'integrità della rivelazione. Dio è amore, ed in ciò deve consistere l'ultima spiegazione del mistero della vita e della morte, dell'origine e della fine.

Se l'idea della creazione è «non scientifica per definizione», bisogna allora rinunciare ai criteri della scientificità. «La creazione del mondo può essere soltanto l'oggetto di una fede e il contenuto di una rivelazione. Questa verità sul mondo, verità che si trova oltre i confini del mondo, in quanto ha relazione con Dio, non può essere stabilita in virtù del pensiero umano, che, come tale, resta immanente al mondo. In questo senso, essa è un limite per il pensiero» (5).

Per quanto oggi la scienza si fermi perplessa e rispettosa davanti all'ordine che traspare dal caos, non esiste un principio scientifico che giustifichi il collegamento della creazione con Dio. Ma è anche vero che non esiste un principio scientifico che possa negare l'esistenza di un Dio Creatore. Il rapporto fra scienza e fede come provocazione vale fino ad un certo punto. Oggi sembra diventare più significativa che mai la frase di Louis Pasteur: «un po' di scienza allontana da Dio, ma molta riconduce a Lui». Chissà se lo stesso non si possa dire della fede: la poca fede teme la scienza, molta fede la promuove... Comunque sia, affermare l'esistenza di un Dio Creatore non è compito della scienza che "allontana" o "riconduce", e che non fonda l'esistenza di Colui dal quale ci si allontana o ci si avvicina. Troppi cristiani soffrono di una sorta di complesso di inferiorità, come se la fede fosse solo un'opinione soggettiva, sentimentale, mentre la scienza fosse universale, oggettiva, indiscutibile. La fede è conoscenza, dicono molti autori orientali: «Che cos'è la conoscenza? Il senso della vita immortale. E che cos'è la vita immortale? Sentire tutto in Dio. Perché l'amore viene dall'incontro. La conoscenza unita a Dio compie ogni desiderio. E per il cuore che la riceve, essa è, nella sua totalità, dolcezza che si riversa sulla terra. Perché non c'è niente che assomigli alla dolcezza della conoscenza di Dio» (6); la fede-conoscenza-amore dà accesso alle verità che sono oltre la scienza e le raggiunge meglio della scienza perché si pone in relazione, dal di dentro, con le cose che conosce. «Penetrare fino al cuore ed al midollo delle parole celesti, contemplarne i profondi ed occulti misteri con lo sguardo purificato del cuore, questo non l'otterrà né la scienza umana, né la cultura profana, ma soltanto la purezza dell'anima, con l'illuminazione dello Spirito Santo» (7).

La verità sul mondo è una verità che si trova oltre i confini del mondo e perciò non può essere scientifica. Ma non per questo la creazione è inconoscibile. La creazione è conoscibile «non dal pensiero, ma dalla fede» (8). Il legame tra Dio e il mondo, se è un limite per il pensiero, non lo è per la fede. Ma se manca la fede?

Creazione e ateismo

La fede, come riconoscimento dell'esistenza di un altro, passa dall'esperienza di una relazione-rivelazione dove l'affermazione di Dio come Creatore non è cronologicamente prima né esclusivamente cristiana. Nel Credo, la fede è rivolta a Dio Padre. Perciò l'espressione Dio-Creatore, svuotata dal presupposto di una fede evangelica e di un'antropologia cristica, ha costituito la miccia della rivolta contro Dio sotto le varie forme di ateismo.

Che cosa è infatti accaduto con alcuni pensatori da cui ha preso origine l'ateismo sistematico e ideologico del nostro secolo? Il nucleo delle loro teorie, con le dovute differenze, è grosso modo la difficoltà di conciliare una tradizione povera di contenuto sul significato di Dio Creatore con una ricca e positiva concezione dell'uomo che si andava però elaborando negli ambienti lontani dalla Chiesa: l'uomo è libero, l'uomo è creatore del proprio destino, l'uomo è capace di bene, di condivisione. La realtà è fatta di schiavitù, di miseria, di ingiustizia, di sofferenza. Davanti a questo dramma, i cristiani ragionano come se la società così com'è fosse quella voluta dallo stesso Creatore ed avanzano soluzioni utopistiche di armonia e di giustizia con proposte generiche e sentimentali; perché gli uomini siano migliori bisogna trasformare il mondo e contestare quindi chi lo ha fatto tale e lo vuole mantenere tale. Per migliorare la condizione umana bisogna liberare le forze creative che esistono nell'uomo, ma per far questo bisogna liberarlo dall'idea di un Dio Creatore che mantiene lo status quo di una situazione inaccettabile.

Se Dio è Creatore onnipotente, come spiegare che non mette tutta la sua potenza al servizio di un uomo così infelice? Dio potente è onnipotente e prepotente, mentre l'uomo è povero, infelice, impotente. Tutta la responsabilità della situazione negativa ricade su chi può e non fa in modo che le cose vadano diversamente. Inutile aspettare da un Dio Creatore (o onnipotente-cattivo o impotente-inutile) che si curi del mondo e dell'uomo; basta quindi con la favola del Creatore onnipotente di cui l'uomo sarebbe la creatura onnidipendente.

All'origine di questa impostazione di pensiero non c'è l'immagine del Dio buono della Sacra Scrittura che crea per e dall'amore, ma un'idea falsa di Dio, sclerotizzata dalla storia, l'immagine di un Creatore che usa in modo arbitrario del suo potere-divinità, senza dare all'uomo nulla, anzi lasciandolo nella versione più impotente della sua umanità. Davanti ad un Dio tale, l'uomo non sarebbe altro che uno schiavo, un bambino. Invece l'uomo ha tutto per essere adulto, padrone e non schiavo: è intelligente, libero, capace di essere giusto. Altra conclusione logica alla base dell'ateismo: l'uomo è "migliore" di Dio se si libera di Dio... E quando l'uomo vivrà senza Dio, il mondo sarà migliore, e si vedrà che Dio non esiste affatto.

Impossibile uscire da questo circolo vizioso che mette a confronto Dio e l'uomo come due rivali nella conduzione della storia e nel progresso dell'umanità. "Dio è morto", è stato lo slogan che ha segnato la liberazione dal pericoloso rivale e la proclamazione di un mondo migliore sotto l'unica responsabilità dell'uomo. Alla base di tale equivoco, ci sono immagini false dell'atto della creazione.

Per esempio la creazione come fabbricazione

Se il peccato ha trasmesso false immagini di Dio, lo stesso ha fatto della creazione. Una di esse viene addirittura presa dalla Sacra Scrittura e si riferisce ad un versetto del profeta Geremia che dice: «Ecco, come l'argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani» (Ger 18,6). Quella del vaso e del vasaio è una bella immagine, ma, fuori dal suo contesto, diventa ambigua.

Dio non crea come fa l'artigiano che costruisce un oggetto, che usa una materia già esistente e che non è lui a creare. Dio crea l'uomo col suo soffio, da se stesso; non lo crea come oggetto, ma come soggetto, come libertà, come responsabilità, come partner del creato, come immagine e somiglianza. Lo crea come un "tu" umano di fronte ad un "Tu" divino, in una relazione paritaria, tant'è vero che, se vuole, l'uomo può rifiutare. Il "tu" creato nella libertà è inserito in un divenire, affinché nel tempo storico ci sia spazio per la libertà della risposta. La relazione del Creatore con la creatura è espressa in chiave di "storia della salvezza", "alleanza", "passione", e lì dove Dio richiama il suo diritto di Creatore è per impedire che l'uomo distrugga l'opera da Lui creata, distruzione associata alla violenza, all'ingiustizia dell'uomo. Si tratta quindi di richiami alla fraternità, alla cura gli uni degli altri, al perdono, alla condivisione dei beni.

L'idea di un Dio che "fabbrica" l’uomo come un artigiano non corrisponde al contenuto teologico della rivelazione cristiana, perché il rapporto fabbricazione-oggetto non rende conto della libertà dell'uomo e della sua chiamata alla partecipazione alla vita divina. Senza questo sfondo non si capisce la gravità del peccato che ha costituito la perdita della vita divina, e non la perdita del potere. Perciò Cristo ripeterà continuamente la verità della partecipazione alla vita in termini di dono, di amore. Tutto ciò che è suo è nostro, come tutto ciò che è del Padre è del Figlio. Cristo, il Figlio del Dio Padre Creatore, come vero Dio e vero uomo ci ha resi partecipi di tutta la sua umanità e di tutta la sua divinità. Partecipi della sua umanità lo siamo nella consegna che ci fa di sua Madre. Partecipi della sua divinità lo siamo nell'effusione dello Spirito che è pegno di vita nuova, di incorruzione e di vita eterna. «A chiunque conserva l'amore verso di lui, offre la sua comunione, e la comunione di Dio è vita e luce e godimento dei suoi beni» (9).

Altrettanto falso è concepire la creazione come un atto che inizia nel tempo

Parlare dell'atto della creazione come atto che inizia nel tempo significa rinchiudere l'infinità e l'incommensurabilità di Dio nella logica spazio-temporale umana. Anche la scienza oggi preferisce l'ipotesi che non ci sia stato nessun inizio, nessun "momento" della creazione.

Il verbo "iniziare" contiene implicitamente l'idea di una conclusione. Invece la creazione è una azione che non termina, che continua oggi e continuerà domani. La creazione va capita nell'ordine di una causa-amore che riguarda il presente e il futuro. Non basta neppure dire: "Dio ha creato il mondo a causa dell'amore"; semmai si può dire: "Dio ha amato il mondo nel crearlo, lo ama ora, lo amerà perché eterno è il suo amore ed eterna la sua fedeltà". Per un cristiano ha quindi senso riflettere sulla creazione all'interno della sua relazione con Dio, a partire dalla fede, a partire dalla rivelazione, per non trovarsi a trarre conclusioni che esulano dall'ambito della fede. «Dio è amore, e la creazione del mondo è amore, così che l'essere del mondo è inserito nell'amore di Dio» (10). L'amore come "fondamento dell'essere di Dio" non si può comprendere con categorie di necessità e di causa «che tanto alla leggera, senza molto riflettere, vengono adottate [...]. Bisogna in realtà domandarci che cosa è l'amore» (11).

Gesto e parola di amore di Dio, l'atto creativo si percepisce dentro alla categoria della relazione. Relazione all'interno di Dio stesso (la creazione è un atto trinitario), relazione fuori di Dio (la creazione è tutta per l'uomo). La creazione riguarda direttamente l'uomo perché è la concretezza della relazione che Dio stabilisce con lui. Le categorie della relazione dicono di più della logica causa-effetto perché includono il divenire come "spazio-tempo" dato alla libertà per realizzare la risposta d'amore.

In principio... in Cristo

Il racconto della creazione dei primi capitoli della Genesi va letto alla luce del prologo di Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio [...] e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità». "In principio" significa "in Cristo". «Il vero creatore del mondo è il Verbo di Dio, cioè il Signore nostro che negli ultimi tempi s'è fatto uomo» (12). «[...] quando il Verbo si fece carne, confermò tutti questi punti: dimostrò che l'immagine era vera perché lui stesso plasmava la sua immagine» (13). L'azione creatrice di Dio è un'azione che dura, perché fondata sulla Persona eterna del Figlio. Qualsiasi affermazione sulla creazione di Dio non può essere rinchiusa nel tempo, ma esplicita nella Persona. Include passato, presente e futuro, perché la creazione non è un atto cronologico, ma un atto ontologico: in tutto ciò che esiste c'è Dio che crea nel Figlio. Mentre l'uomo respira, Dio continua a creare e a trasmettere la vita, perché l'uomo che è in principio, in Cristo, lo è per sempre. L'atto creativo di Dio è un atto che sarà compiuto solo alla fine dei tempi, quando saremo tutti uno in Cristo. È un atto relazionale di comunione immerso nel tempo e sarà compiuto quando tutta la creazione e tutti gli uomini saranno ritornati all'amore da cui sono stati creati. Noi facciamo passare la creazione dal nulla all'essere quando amiamo i fratelli, dice san Giovanni. E in questo passaggio dal nulla all'essere, la materia dà il corpo della redenzione e il viatico della salvezza, partecipa quindi dell'amore. «Chi può comprendere l'amore se non colui che ama? Io mi unisco all'amato, la mia anima lo ama. Nella sua pace là sono io. Non sono più uno straniero...» (14).

Michelina Tenace

Note

1) Cf Adv. haer., II, 30, 9; IV 20, 1.
2) Teofilo d'Antiochia, Ad Autolycum, 2, 4. PG 6, 1052.
3) Tommaso d'Aquino, In libros sententiarum, 2,1,2,2,1.
4) S. Bulgakov, La Sposa dell'Agnello, tr. it. Bologna 1991, pp. 66 e 69.
5) S. Bulgakov, La Sposa dell'Agnello, cit., p. 25
6) Isacco di Ninive, Discorsi ascetici, 38, Oeuvres spirituelles, Paris, 1981, p. 165.
7) Giovanni Cassiano, Collationes, XIV, 9, SC 54 (19672), p. 195.
8) S. Bulgakov, L'Agnello di Dio, tr. it. Roma 1990, p. 178.
9) Adv. haer. V, 27,2.
10) S. Bulgakov, La Sposa dell'Agnello, cit., p. 84.
11) Ibid. p. 73.
12) Adv. haer., V, 18,3.
13) Adv. haer., V, 16,2.
14) Odi di Salomone, 3, in The Odes and Psalms of Salomon, ed. R. Harris - A. Mingana, II, pp. 215-216.




Letto 2742 volte Ultima modifica il Domenica, 13 Novembre 2011 18:00
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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