Ecumene

Domenica, 08 Agosto 2004 03:26

Il Magnificat di Lutero (Renzo Bertalot)

Vota questo articolo
(6 Voti)

I quattro secoli che separano gli ultimi decenni dalla Riforma non hanno certo migliorato la comprensione reciproca di Lutero e del suo commento al Magnificat.

CAPITOLO SECONDO *

Premessa

Il Commento al Magnificat di Lutero è ormai ampiamente noto ed ha subito una notevole serie di riletture dopo il Concilio Vaticano II. Ne richiameremo i punti salienti dove vengono espressi i parametri essenziali del contributo del riformatore tedesco. Ci preme innanzitutto mettere sommariamente in rilievo i contesti storico, politico e religioso di quegli anni in cui era in gioco la Riforma della chiesa auspicata da tutti, compresi papi e imperatori.

1. Nel contesto di anni roventi

Con la pubblicazione delle 95 tesi a Wittemberg la disputa sulle indulgenze si era notevolmente accesa e divampava in tutti i territori tedeschi. Va ricordata la disputa di Lipsia del 1519. Zurigo faceva eccezione in quanto aveva avuto il permesso papale di essere esentata dalla vendita delle indulgenze.

Erano gli anni in cui la diplomazia politica e l'evolversi dell'interesse religioso, stimolato dall'Umanesimo e dal Rinascimento, avevano suggerito a Roma di offrire il cappello cardinalizio ad Erasmo, a Zwingli e indirettamente anche a Lutero (1). Ma intanto la situazione era precipitata. Il 5 giugno 1520 viene pubblicata la bolla Exurge Domine che condanna gli scritti di Lutero esigendone la ritrattazione. Le opere di Lutero cominciano ad andare al rogo in vari paesi.

Il 10 dicembre 1520 una copia della bolla, insieme a decretali ed altri scritti, viene, a sua volta, gettata nel fuoco da Lutero e dai teologi suoi sostenitori. La situazione è ormai irreparabile, ma intanto nel 1521 viene convocata la dieta di Worms (2). Lutero si reca alla dieta con un salvacondotto firmato dallo stesso imperatore Carlo V. Il riformatore è convocato il giorno 17 aprile e invitato a ritrattare i suoi scritti.

Tre sono i motivi del suo rifiuto: la Sacra Scrittura, la ragione e la coscienza; tre punti che determineranno, con vicende alterne di secolo in secolo, la storia e la teologia protestante fino ai giorni nostri.

Mentre i cavalieri spagnoli già gridavano: «al fuego, al fuego» (in quell'epoca i salvacondotti servivano a poco) (3), Lutero viene sottratto alla loro attenzione e nascosto alla Warburg dal principe Giovanni Federico di Sassonia, langravio di Turingia e margravio di Meissen.

Il lavoro sul Magnificat, sospeso da qualche tempo (4),viene portato a termine e dato alle stampe a Wittemberg il 10 marzo 1521 (5).

2. Nel contesto delle idee

Lutero non è il solo che in quegli anni abbia dedicato tempo alla meditazione sulla figura di Maria (6). Ci interessa segnalare una pubblicazione di Ecolampadio generalmente poco conosciuta: De laudando in Maria Deo, stampata ad Augusta nell'aprile del 1521. Un testo contemporaneo a quello di Lutero ! (7)

Giovanni Hüssen, detto Ecolampadio, nacque a Weisenberg (Svevia) nel 1482. Studiò diritto a Bologna e teologia a Heidelberg e Tubinga. Alla sua morte (1531), Bucero, riformatore a Strasburgo, dirà: «Non abbiamo avuto teologo più grande di lui».

Nel 1521 Ecolampadio si trova ancora nel convento di Altmünster dove si era ritirato per dedicarsi allo studio e alla preghiera. Si tratta dunque di un periodo di transizione. Da parte protestante si può cedere alla tentazione di vedere in lui ancora un monaco cattolico e da parte cattolica lo si può facilmente accantonare come già protestante. A Basilea si parla «con onore e onestà» della Vergine Maria mentre si vanno affermando le tesi sulla giustificazione per fede e l'opposizione alla dottrina dei meriti.

Ecolampadio nel suo trattato mette in evidenza che tutte le creature devono lodare Dio, anche per i doni concessi ad altri e quindi a maggior ragione alla Vergine Maria, che è «al di sopra di tutti» e «regina di tutti». È necessario tuttavia correggere alcuni abusi. Si rifà alla pratica del rosario in cui si saluta tre volte Maria prima di salutare il Signore. Se la prende con chi ascoltando il racconto del Cristo morente non sospira e versa, invece, lacrime sentendo che Maria è insultata. Si rispetta di più il sabato dedicato a Maria che la domenica dedicata al Signore. È più fortunata una messa in onore della Madonna che una messa dedicata alla Trinità. Tuttavia il messaggio di Ecolampadio è chiaro: «Vi esorto con insistenza a lodare Dio per mezzo di lei». Bisogna elogiare Maria per l'incarnazione, dono ricevuto da Dio, che costituisce la sua beatitudine. Bisogna elogiare Maria per il modo con il quale ha amministrato i doni del Signore: «tutta la sua vita non era sua ma di Dio».

Sorprendente, per l'assonanza con il Magnificat di Lutero, la dossologia finale dove si parla dell'intercessione di Maria: «Per sua intercessione, ripetutamente in noi e per noi, sia benedetto e sia glorificato, unica lode e salvezza nostra, Dio stesso...».

Alla dieta di Augusta del 1530 si tornerà sulla questione di «alcuni pochi abusi».

3. Nel contesto della discussione attuale

I quattro secoli che separano gli ultimi decenni dalla Riforma non hanno certo migliorato la comprensione reciproca di Lutero e del suo commento al Magnificat. In linea generale si può dire che dal lato protestante calava il silenzio più assoluto sulla figura di Maria ritenuta il baluardo della Controriforma e dal lato cattolico si arricchivano le devozioni tradizionali rafforzate dai due ultimi dogmi mariani.

Il discorso è stato ripreso dopo il Concilio Vaticano II con nuove e interessanti riletture dei testi del riformatore tedesco. La figura di Maria continua tuttavia ad essere la cenerentola dell'incontro ecumenico delle chiese; non appare nei dialoghi bilaterali e multilaterali in via di sviluppo. Mentre non vi sono grandi novità da segnalare nell'area protestante, il Magnificat di Lutero ha stimolato l'area cattolica ad un riesame più approfondito del suo contenuto. Il testo è ormai facilmente rintracciabile e la sua valutazione è soggetta a rapidi e mutevoli ripensamenti. Ricordiamo fra i tanti Brunero Gherardini: nel suo libro (Lutero - Maria. Pro o contro?) dedica un'attenzione molto accurata al commento di Lutero al Magnificat; con grande scrupolo cerca di evidenziarne scientificamente le strutture portanti. Con altrettanta cura (e distacco) segnala i tentativi fatti, da singoli teologi protestanti e cattolici in vista di una convergenza nella rivalutazione del Cantico di Maria secondo l'interpretazione del riformatore tedesco (8).

Soltanto in un secondo tempo Gherardini si permette un confronto con i vari aspetti della dottrina cattolica attuale.

Una volta individuata la «theologia crucis», l'«incapacità autosalvifica dell'uomo», come parametro della riflessione luterana, è facile comprendere che per Lutero la presenza di Maria è cristologica, in funzione del Cristo, ed è una condanna della «theologia gloriae» e del «merito», del pelagianesimo «papista» e dei monaci (10). Secondo Gherardini il torto di Lutero non è stato quello di combattere gli abusi, ma di averli ricondotti tutti all'unica radice: il papismo (11); inoltre le interpretazioni cattolicheggianti di un certo ecumenismo non sono, per lui, affatto convincenti (12). Non si può oggi dire al no di ieri e viceversa.

Certamente la curiosità, l'irenismo, il sincretismo e la superficialità sono nemici acerrimi dell'ecumenismo. Ma lo è anche il concetto dell'unità come uniformità che non può offrire molto al dialogo se non una buona sinossi delle posizioni passate prolungantisi nello "spazio" attuale (13).

Intraprendere un cammino insieme vuol dire accordarsi e fare decisamente i primi passi (cf. Am 3,3). In altre parole la fatica ecumenica del nostro secolo ci impegna tutti, a tutti i livelli, a muoverci tenendo presente una nuova metodologia in cui entrano in gioco l'unità nella diversità, l'unità e il rinnovamento, la proesistenza come sostituto della coesistenza. Abbiamo imparato a distinguere la verità dalla formulazione della verità, il deposito della fede dal modo di enunciarlo. Accanto alla tradizionale esigenza protestante della chiesa «semper reformanda» v'è ora quella del Concilio Vaticano II sulla «perennis reformatio» (14). Siamo coinvolti in una comunione «reale» anche se reciprocamente «imperfetta». Sono tutti temi che tornano con insistenza anche nell'enciclica papale Ut unum sint.

Tra gli argomenti che si propongono al dialogo c'è quello su Maria (il quinto punto indicato da papa Giovanni Paolo II dopo: Scrittura e Tradizione, Eucaristia, ordinazione e magistero) e questo ci riporta al commento al Magnificat di Lutero e alle sue varie interpretazioni.

4. Quattro punti da richiamare

Gli anni roventi del XVI secolo di cui stiamo parlando, non avevano certo messo in evidenza una riflessione primaria su Maria. Non si può rivisitare quel periodo storico senza tenere presenti le dispute sulle indulgenze, sui meriti e sulla giustificazione per fede. Sono questi temi che costituiscono il sottofondo della teologia che si esprime nel Commento di Lutero al Magnificat.

4.1. LO SGUARDO DI DIO

Max Thurian fa proprie le parole di Karl Barth: «... nulla è accaduto tranne un semplice sguardo rivolto alla sua bassezza (di Maria)... Se mai nella storia universale qualcosa di capitale è accaduto, è precisamente questo sguardo» (15).Si tratta della libera iniziativa incondizionata di Dio, una creazione dal nulla (16). Lutero richiama alcuni passi dell'Antico Testamento, le figure di Giobbe e di Davide, la città di Gerusalemme; ricorda l'insegnamento di Paolo e dice di Maria: «... la prima opera di Dio in lei è lo sguardo divino che si è posato su di lei. Questa è anche l'opera maggiore, dalla quale tutte le altre dipendono... Infatti, quando Dio rivolge il suo volto a guardare qualcheduno, questi sperimenta pura grazia e beatitudine, e tutti i doni e tutte le opere devono far seguito» (17). Per Lutero Maria «non esalta né la sua dignità né la sua indegnità, ma unicamente la considerazione che Dio ha avuto... da rivolgere i suoi sguardi finanche ad una serva così meschina e in modo così onorevole» (18).

Maria vuol dire: «Dio ha rivolto i suoi sguardi a me serva povera, disprezzata e insignificante, mentre avrebbe potuto trovare regine ricche, grandi, nobili e potenti, figlie di principi e di grandi signori. Avrebbe potuto scegliersi la figlia di Anna o di Caifa, che erano i capi della nazione... devo riconoscere che è tutta grazia e bontà divina, e non merito mio o mia virtù » (19).

Lutero interpreta: «esattamente come quando un principe porge la mano ad un povero mendicante, non è da lodarsi la nullità del mendicante, ma la grazia e la bontà del principe» (20).

4.2. L'UMILTÀ

Lutero, rifacendosi al greco, vuole distinguere tra la vera e la falsa umiltà, tra il non valore e il non valere, tra «Nichtigkeit» e «Demut» (21). La falsa umiltà «non si rende mai conto di essere superbia» (22) ed è quella di chi cerca di mettersi in vista, a caccia di onori e di grandezze.

Non così Maria che nell'incontro con Dio non conclude «pensando fra sé: "Che gran bella cosa questa!"» (23). «Perciò l'accento non cade sulla parola "humilitatem", ma sulla parola "respexit"» (24). L’umiltà va intesa come nullità e non come virtù. «Ora riconosciamo chiaramente dalla parola "humilitas" che la Vergine Maria era un'ancella umile e disprezzata, non godeva alcuna stima e serviva Dio senza sapere che la sua umile condizione godesse, da parte di lui, tanta considerazione. Questo è un gran conforto per noi. Può senz'altro capitare di essere umiliati e disprezzati, ma non per questo dobbiamo perderci di coraggio...» (25).

4.3. LA BEATITUDINE

Secondo Lutero, Maria ci lascia un duplice insegnamento. Innanzitutto canta le meraviglie che Dio ha operato in lei. Infatti la beatitudine non consisterà in ciò che Dio ha operato in altri, ma in ciò che opera in noi (26). Secondariamente occorre lodare Dio anche per le opere che ha compiuto in altri più poveri di noi, poveri che sono contenti e lodano Dio. Anche gli animali servono Dio con amore e con lode accontentandosi di quello che hanno (27).

Lutero interpreta l'atteggiamento di Maria dicendo: «. . dal momento in cui Dio ha riguardato alla mia bassezza verrò chiamata beata. Con ciò non essa viene lodata, ma la grazia di Dio scesa su di lei» (28). «... Beata sei tu che hai trovato un tale Dio...» (29). Non ci deve dispiacere di ritenerla indegna di tale grazia: «Infatti senza dubbio non ha mentito, confessando la propria indegnità e bassezza che Dio ha riguardato, non per suo merito, ma per pura grazia» (30). Tanto più si parla del suo merito tanto più si sminuisce la grazia e il Magnificat; si rischia di fare della Madre di Dio un idolo (31).

Lutero legge in maniera più ampia l'espressione «chiamare beata» che secondo lui vuol dire «beatificare» o «rendere beato». Evidentemente non si tratta di genuflessioni, inchini e riverenze, ma di giungere per mezzo (32) di lei a gioire in Dio e pensare di tutto cuore: «beata Vergine Maria!» (33). Questo è il «debito onore» delle generazioni che si succederanno (34). Per Max Thurian l'esclamazione «beata» sale verso Dio senza mai arrestarsi a lei (35). Per Barth la risposta di Maria non viene dalla natura, ma dalla grazia. È beata non a causa della fede, ma di ciò che dice il Signore (36).

4.4. L'INTERCESSIONE DI MARIA

È un fatto che, nonostante le controversie (37), il Commento al Magnificat di Lutero si apre e si chiude riferendosi all'intercessione di Maria. «La dolce Madre di Dio mi conceda lo spirito necessario a commentare questo suo canto nel modo più utile e profondo...» (38).

«Cristo ce lo conceda per l'intercessione e la volontà della sua diletta madre Maria. Amen» (39).

I condizionamenti storici e teologici che ci separano dal XVI secolo possono lasciarci perplessi di fronte a tali affermazioni apparentemente contraddittorie. Tuttavia i documenti storici continuano ad interpellarci e vano sarebbe il tentativo di una lettura oggettivante.

Un avvicinamento concreto al testo di Lutero ci può venire dallo stesso anno della composizione del Commento al Magnificat: il 1521! Siamo al tempo della dieta di Worms e la teologia si trova in fase di transizione. Come abbiamo ricordato, soltanto un mese dopo Lutero, Ecolampadio dà alle stampe il suo trattato De laudando in Maria Deo. Vi ritroviamo alcune espressioni parallele a quelle del Commento al Magnificat di Lutero. «Vi esorto con insistenza a lodare Dio per mezzo di lei» (40). Maria è l'«avvocata del genere umano», «prescelta prima della creazione» (41). Ma Ecolampadio ci avverte: «Dovremmo forse servire l'avvocata, trascurando il re?» (42). Anche Cristo e lo Spirito sono nostri avvocati (43). Nella dossologia finale torna l'«intercessione» e l'autore non esita, con sfumature diverse da quelle di Lutero, a parlare di Maria come nostra «avvocata così propizia in tutte le circostanze». «Per sua intercessione, ripetutamente in noi e per noi, sia benedetto e sia glorificato, unica lode e salvezza nostra, Dio stesso...» (44). Tra le posizioni dei due riformatori vi sono evidenti assonanze che dovrebbero fornirci una lettura più attenta storicamente.

Sono temi che stanno per tornare sul tavolo dei dialoghi ecumenici; infatti sono indicati, come si è detto, al punto quinto delle proposte avanzate dall'Ut unum sint (45).

5. Lo scopo del commento di Lutero: «governare bene»

Avvicinandoci alla fine delle nostre osservazioni non possiamo dimenticare lo scopo espresso nella dedica del libro a Giovanni Federico di Sassonia dal suo «devotissimo cappellano», Lutero.

Va ricordato che ci troviamo ai tempi della dieta di Worms e che il principe Giovanni Federico era riuscito a sottrarre Lutero alle funeste intenzioni dei cavalieri spagnoli. È un momento importante che incide fortemente sulla formazione della nostra storia moderna. Dalle dispute si passa ai fatti. Se Lutero poteva dire dell'opera di Erasmo «verba sine rebus» e con lui coinvolgere gran parte dell'Umanesimo e del Rinascimento, ora era il momento dell'azione e di mettere un punto fermo negli anni roventi. A Giovanni Federico Lutero dedica il suo Commento al Magnificat con una indicazione precisa: governare bene. Infatti «i principi non sono neppure in grado di pensare, se Dio non li ispira in modo speciale» (46).

Tenendo presenti questi orientamenti non bisogna dimenticare che il Commento di Lutero, al di là di tutte le precisazioni di carattere specificamente teologico, al di là di tutto l'insegnamento etico diretto a tutti i credenti, è rivolto particolarmente a chi ha il compito di governare affinché tenga ben presenti le sei opere di Dio. «Se noi non insegniamo queste opere divine e non vi acconsentiamo, non ci sarà servizio divino, né popolo d'Israele, né grazia...» (47). Nella prima opera divina si ha la misericordia verso i poveri in spirito.

Nella seconda opera Dio sottrae la sua grazia ai superbi; lascia che i malvagi diventino grandi e potenti per poi spazzarli via definitivamente.

Nella terza opera Dio giudica i potenti; non distrugge i troni (e la ragione) perché sono necessari, ma butta giù i governanti che se ne servono senza timore di Dio.

Nella quarta opera Dio innalza gli umili (simili a Maria) che non cercano di salire sempre più in alto.

Nella quinta e sesta opera Dio tratta dei poveri e dei ricchi. Maria ricorda poveri e ricchi che non confidano in se stessi (soprattutto a motivo della Parola di Dio) e altri che, invece, lo fanno; a questi ultimi Dio disdice la sua amicizia (48).

Dio ci può privare delle cose buone perché sono sue (49). Per Max Thurian Maria è la prima rivoluzionaria dell'ordine nuovo (50). Il cantico di Maria è quindi un forte richiamo al «principe» e «signore» Giovanni Federico di Sassonia! Così l'avvertimento del «devotissimo cappellano» Martin Lutero. E come se Lutero dicesse: «Attento, Federico!».

Conclusione: la promessa ad Abramo

Maria aveva visto bene che la promessa si era compiuta in lei perché il fondamento dell'Evangelo, ogni suo insegnamento e ogni sua predica «conducono alla fede in Cristo e al seno di Abramo» (51). Per l'Antico Testamento come per il Nuovo v’è un’unica verità, quella della promessa, v'è una sola fede, uno Spirito e un Cristo: «oggi come allora e per l'eternità» (52).

Con queste indicazioni Lutero arriva alla chiusura del suo Commento al Magnificat: «... preghiamo piuttosto Dio che ci con­ceda una retta comprensione del Magnificat, che non soltanto risplenda e parli, ma arda e viva nel corpo e nell'anima. Cristo ce lo conceda per l'intercessione e la volontà della sua diletta madre Maria. Amen». (53)

Il Cantico di Maria e il Commento di Lutero ci insegnano a leg­gere la nostra vita nel contesto della Scrittura che rimane il punto di riferimento perenne di tutta la cristianità. Anche noi dovremmo poter concludere le nostre giornate seguendo il suo esempio e quel­lo del Signore stesso: «Così si realizza quello che sta scritto...» (Gv 15,25).

Note

* Theotokos, 5 (1997) p. 539-549.

1) B. GHERARDINI, Lutero - Maria. Pro o contro?, Giardini Editori e Stampatori in Pisa, Pisa 1985, p. 46; E. CAMPI, Lutero e Maria, in Protestantesimo 41(1986) p. 156-162; B. GHERARDINI, A proposito di Lutero e Maria, in Protestantesimo 42 (1987) p. 35ss; R. BERTALOT, Dalla teocrazia al laicismo, Stampacolor, Sassari 1993, p. 69.
2) G. MIEGGE, Lutero, vol. 1, Claudiana, Torte Pellice 1946, p. 515.
3) Ibid., p.540.
4) Con l'inizio della dieta di Worms, apertasi il 16 gennaio 1521 (cf ibid., p. 515).
5) M. LUTHER, Commento al Magnificat, Centro di Studi Ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) 1967, p. 13.
6) E. CAMPI, Via Antiqua. Umanesimo e Riforma, Zwingli e la Vergine Maria, Alben Meynier, Torino 1986.
7) G. ECOLAMPADIO, La lode di Dio in Maria, Edizioni Monfortane, Roma 1983.
8) Cf. B. GHERARDINI, Lutero - Maria. Pro o contro?, cit., p. 22ss.
9) Ibid., p. 53
10) Ibid., p. 55.
11) Ibid., p. 315.
12) Ibid., p. 26.
13) L'unità come uniformità è un peccato contro lo Spirito Santo. Così O. CULLMANN, L'ecumenismo dell'unità nella diversità, in Protestantesimo 40 (1985) p. 131. Cf. R. BERTALOT, voce Protestanti, in Nuovo dizionario di Mariologia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1985, p. 1169-1179. Anche l'attuale pontefice, con un occhio attento al primo millennio, parla di unità nella diversità: Ut unum sint, n. 61, in Acta Apostolicae Sedis 87 (1995) p. 958-959.
14)  Il testo del Concilio Vaticano II che qui viene richiamato è il decreto Unitatis Redintegratio, n. 6, che riproduciamo nell'originale latino e nella versione italiana: «Cum omnis renovatio Ecclesiae essentialiter in aucta fidelitate erga vocationem eius consistat, ea procul dubio ratio est cur motus versus unitatem contendat. Ecclesia in via peregrinans vocatur a Christo ad hanc perennem reformationem qua ipsa, qua humanum terrenumque institutum, perpetuo indiget; ita ut si quae, pro rerum temporumque adiunctis, sive in morihus, sive in ecclesiastica disciplina, sive etiam in doctrinae enuntiandae modo - qui ab ipso deposito fidei sedulo distingui debet - minus accurate servata fuerint, opportuno tempore recte debiteque instaurentur. - Siccome ogni rinnovamento della chiesa consiste essenzialmente nell'accresciuta fedeltà alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l'unità. La chiesa pellegrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui essa stessa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno, in modo che se alcune cose, sia nei costumi che nella disciplina ecclesiastica e anche nel modo di esporre la dottrina - il quale deve essere diligentemente distinto dallo stesso deposito della fede - sono state, secondo le circostanze di fatto e di tempo, osservate meno accuratamente, siano in tempo opportuno rimesse nel giusto e debito ordine»: Acta Apostolicae Sedis 57 (1965) p. 96-97. [NdR].
15) M. THURIAN, Maria madre del Signore, immagine della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1965, p. 106.
16)   M. LUTHER, o.c., p. 57.
17)  Ibid, p. 49.
18)  Ibid., p.41.
19)  Ibid., p.40.
20)  Ibid., p.41.
21)  B. GHERARDINI, o. c., p. 55.
22)  M. LUTHER, o. c., p. 43.
23)  Ibid., p.42.
24)  Ibid., p.41.
25)  Ibid., p.44.
26) A questo punto Lutero polemizza con la pratica delle indulgenze e quelli che si fanno vestire da frate in punto di morte. Anche Pico della Mirandola volle essere vestito da monaco per la sua sepoltura: cf. R. BERTALOT, Dalla teocrazia al laicismo, cit., p. 47ss e 52.
27) M. LUTHER, o. c., p. 48.
28) Ibid., p. 49.
29) Ibid., p. 48.
30) Ibid., p. 50.
31) Cf. ibid.
32) L'espressione "per mezzo" ha suscitato varie polemiche: cf. B. GHERARDINI, Lutero - Maria. Pro o contro?, p. 64.
33)  M. LUTHER, o.c., p. 53.
34) Cf. ibid., p. 53.
35)  THURIAN, o.c., p. 105.
36)  Cf. K. BARTH, Dogmatique, vol. 20, Labor et Fides, Genève 1968, p. 199.
37) Su «Fürbitterin» e «Fürsprecherin» cf. B. GHERARDINI, o.c., p. 63ss.
38) M. LUTHER, o.c., p. 13.
39) Ibid., p. 102.
40) G. ECOLAMPADIO, o. c., p. 10.
41) Ibid., p. 9ss.
42) Ibid., p. 46.
43)  Cf. ibid.
44)  Ibid., p. 57
45)  GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Ut unum sint, n. 79, 5), in Acta Apostolicae Sedis 87 (1995) p. 969.
46)  LUTHER, o.c., p. 12.
47) Ibid., p. 91.
48)  Cf. ibid., p. 72-81.
49) Cf ibid., p. 69.
50) Cf. M. THURIAN, o.c., p. 109.
51) LUTHER, o.c., p. 96.
52) Cf. ibid, p. 97.
53) Ibid., p. 98.

 

Letto 8415 volte Ultima modifica il Martedì, 09 Aprile 2013 09:11
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search