A volte i miracoli ci fanno scoprire un santo sconosciuto, ma più spesso è la venerazione popolare che spinge la Chiesa al riconoscimento della santità. Un'icona non fatta da mani umane precede quella dipinta. La glorificazione non deve indicare a Dio chi è più degno di vivere nel Suo Regno, ma porta la testimonianza del Cristo miracolosamente '"formato" negli uomini, di quella luce che splende nelle tenebre e che le tenebre non hanno accolta. Padre Alekstj Medvedkov (1867-1934), emigrato dalla Russia, parroco di una piccola chiesa ortodossa in Savoia, non aveva una fama particolare. Fu pastore buono, umile, dolce, mansueto, come tanti altri. La grazia che a lui fu concessa era invisibile. Ventidue anni dopo la morte, il suo corpo è stato rinvenuto intatto, senza segni di corruzione. Come un sigillo della risurrezione dei corpi. Il destino degli altri canonizzati fu molto più drammatico. Eroi della Resistenza francese, non quella armata, bensì quella spirituale, persero la vita nei campi nazisti. Il padre Dimitry Klepinin (1904-1944) negli anni '40-42 procurò agli ebrei falsi certificati del battesimo. Tradito e arrestato, a padre Dimitry fu chiesto durante l'interrogatorio: "Come lei, un sacerdote ortodosso russo ha potuto aiutare questi ebrei?". Una volta una frase sola detta sulla croce spalancò la porta del paradiso. Padre Dimitry prima di entrare nella sua lunga agonia (torture, fame, malattia, morte) mostrò all'ufficiale della Gestapo il piccolo crocifisso che tutti i sacerdoti russi portano sul petto chiedendogli: "Lo vede questo ebreo?". Per un ortodosso degli anni '40, come anche adesso, l'identità umana fra il Galileo e l'effige sulla croce o l'immagine del Risorto rimane ancora un'analogia difficile da scoprire. Un segno di questa scoperta futura si può trovare in un'altra canonizzazione, quella di Elia Fondaminsky (1880-1942), un "giusto" dell'intellighenzia russa, schiacciata o cacciata dalla Rivoluzione 1917, un "Israelita in cui non c'è falsità". Quando fu arrestato dopo l'occupazione tedesca di Parigi, non era ancora battezzato. Ricevette il battesimo nel lager qualche settimana prima di finire nel forno di Auschwitz insieme con il suo popolo. "Lui è stato fatto con la pasta usata per fare i santi", diceva di lui Madre Maria negli anni '30, senza pensare che un giorno tutti e due sarebbero diventati "frumento di Dio " (sant'Ignazio d'Antiochia) insieme con il figlio di Madre Maria, Georghij Scobzov (1921-1944), anch'egli martire.
La canonizzazione di Madre Maria (1891-1945) è stata "segno di contraddizione" nel mondo ortodosso russo molto prima di essere stata formalizzata: senza dubbio, la polemica non si spegnerà presto. Elisabetta Jurievna Kuz'mina-Karavaeva pare avere vissuto molte vite prima di vestire l'abito monastico a Parigi nel 1932. Il grande poeta Alexandr Blok dedicò a lei, quindicenne, due bellissime poesie. A 28 anni, al momento della guerra civile, è già sindaco di Anappa, la grande città sul Mar Nero, nelle file del partito dei socialisti, cioè, dei "bianchi". Finita la guerra, Kuz'mina-Karavaeva riesce a lasciare la Russia con la famiglia scampando alla fucilazione; e dopo tante perdite e peripezie (la morte di una figlia, due divorzi) giunge negli anni '20 a Parigi, Mecca dell'emigrazione russa. Poeta, pubblicista pensatrice, pittrice, donna con mille vocazioni, diventa monaca, non solo per la vita contemplativa, ma per quella del servizio nel mondo. Mat' Maria, come adesso viene chiamata, fonda l"'Azione Ortodossa" che aiuta la popolazione russa scaraventata dal regime nella droga, nell'alcolismo, ma prima di tutto nella disperazione. Una suora che si dedica completamente alla ricerca del cibo per gli affamati, delle medicine per i malati, della consolazione per i disperati. Che scrive articoli in difesa della sua scelta, a volte anche critici nei confronti del monachesimo tradizionale. L'invasione tedesca in Francia diede un nuovo impulso alla sua attività, quella del salvataggio dei perduti. Dopo il suo arresto Mat' Maria mostrò lo stesso spirito di sacrificio: si dice abbia scelto per sé la morte di Massimiliano Kolbe, sostituendo nel lager di Ravensbrück un'altra donna destinata a morire. Oggi la glorificazione di queste vite diventa un gesto profetico. Che suona anche come profezia dell'unità.
(da Jesus, luglio 2004)