CAPITOLO QUINTO
PREMESSA
Quando prendiamo in mano la Sacra Scrittura dobbiamo tenere presente che si tratta della raccolta di testimonianze secolari, messe insieme in una terza fase di elaborazione e di assembramento. La seconda fase, che appartiene alla trascrizione delle testimonianze è oggetto dell'attenzione degli studiosi, in modo particolare, dei linguisti e degli storici; la si può ricostruire solo in parte ed offre spesso soluzioni divergenti. Ricordiamo in proposito il meticoloso lavoro dell'evangelista Luca come ci è segnalato all'inizio del suo Vangelo e del libro degli Atti. La prima fase, quella della testimonianza diretta, è molto lontana dalle nostre possibilità di appropriazione. Quest'osservazione ci porta alla conclusione che dobbiamo guardare alla Sacra Scrittura non soltanto come testimonianza storica, ma soprattutto come storia di una testimonianza. Nessuno infatti era presente al momento della creazione.
1. VERSO PENTECOSTE
Per quanto riguarda la figura di Maria, madre di Gesù, abbiamo due soli testi biblici che parlano direttamente dell'opera dello Spirito Santo in lei (Mt 1,20ss e Lc 1,26ss). Si tratta dell'annunciazione. Torneremo in chiusura sul solo testo del Vangelo di Luca in quanto Maria è impegnata nel dialogo.
I testi biblici, che ci interessano indirettamente, sono molto rari. Il nome di Maria non ricorre nella Bibbia dal giorno della Pentecoste in poi. È comunque importante notare che tutta la vita della madre di Gesù è raccolta biblicamente tra due parentesi importanti: lo Spirito promesso al momento dell'annunciazione e l'attesa dello Spirito della Pentecoste condivisa con gli apostoli e con i fratelli di Gesù. Dovremo quindi interrogare indirettamente alcuni testi che sono significativi per il nostro tema.
2. AL TEMPIO DI GERUSALEMME
Gesù dodicenne si trova nel Tempio di Gerusalemme. I suoi lo perdono di vista e lo ritrovano in piena discussione, seduto insieme al maestri della legge: "Tutti quelli che udivano erano meravigliati per l'intelligenza che dimostrava con le sue risposte" (Lc 2,47). Anche i suoi genitori sono stupiti ed esprimono, per bocca di Maria, la loro preoccupazione per averlo cercato invano. La risposta di Gesù è molto chiara: "Perché cercarmi tanto? Non sapevate che io devo essere nella casa del Padre mio?" (Lc 2,49). I genitori non capiscono il significato di quelle parole, ma sua madre "custodiva gelosamente dentro di sé il ricordo di tutti quei fatti".
Si tratta di una scelta congeniale a Maria fin dal momento della visita dei pastori a Betlemme e dello spargersi della loro testimonianza sull'accaduto. Anche in quell'occasione l'evangelista Luca ci ricorda che la madre di Gesù "custodiva gelosamente il ricordo di tutti questi fatti e li meditava dentro di sé" (Lc 2,19). Quando Gesù viene presentato al Tempio, il profeta Simeone, mosso dallo Spirito Santo, prende il bambino tra le braccia e loda il Signore per avergli permesso di vederlo, ma avverte Maria che il dolore la "colpirà come colpisce una spada" (Lc 2, 35).
Su tutto il racconto già si estendono l'ombra e la luce del Venerdì Santo e della Pasqua di Risurrezione.
Il "custodire", di cui abbiamo parlato, è in forte assonanza con l'opera stessa di Gesù che ha custodito quelli che il Padre gli aveva affidato (Gv 17,12), ma soprattutto richiama alla nostra mente l'opera dello Spirito Santo, così come ce la presenta il Signore: "Lo Spirito riprenderà quello che io ho insegnato e ve lo farà capire meglio" (Gv 16,l5b). Più volte i discepoli, nel corso della loro vita e per opera dello Spirito, si "ricordarono" delle parole scritte nella Bibbia e di quelle che Gesù aveva loro dette (Mt 26,75; Lc 24,8; Gv 2,17; Gv 12,16; Gv 16,4).
Non è quindi biblicamente illegittimo riferire il "custodire" di Maria a qualcosa di qualitativamente diverso dalla nostra quotidianità. Non lo è in particolare se non dimentichiamo la presenza di Maria con i discepoli in attesa dello Spirito della Pentecoste (At 1,14). Maria, custode della Parola! In fondo i Vangeli dell'infanzia ci presentano Maria e Giuseppe come i custodi del mistero dell'incarnazione.
3. LE NOZZE DI CANA
Possiamo rifarci, ancora indirettamente, all'episodio di Cana. Non si tratta di una celebrazione religiosa, ma di un pranzo di nozze, forse non troppo diverso da quelli che si organizzano anche ai giorni nostri. V'era abbondante consumo di vino e non pochi erano ormai al di là di una chiara valutazione tra vino buono e vino di scarsa qualità.
L’intervento di Maria per ottenere un miracolo è stato letto in maniera diversa nelle interpretazioni confessionali degli ultimi secoli. Ma la nostra attenzione è richiamata soprattutto dalla risposta data a Maria da Gesù stesso: "L’ora mia non è ancora giunta" (Gv 2,4b). Si tratta di una rapida catechesi che inquadra l'opera del Signore nel contesto della sua "ora" che sta per venire. Va notato che Maria è qui un'attenta catecumena. La lezione è accolta e la reazione è molto precisa: "Fate tutto quel che vi dirà" (Gv 2,3),
Sempre indirettamente possiamo chiederci se questo affidarsi alla decisione del Signore non abbia il carattere di confessione di fede. Infatti l'apostolo Paolo ci ricorda che "nessuno può dire 'Gesù è il Signore', se non è veramente guidato dallo Spirito Santo" (1Cor 12,3). Non era forse questo il senso delle parole: "fate tutto quello che vi dirà"?
L’episodio di Cana assume, in tale contesto, una particolare importanza ecumenica. Cattolici, ortodossi e protestanti sarebbero di gran lunga facilitati nel loro cammino verso l'unità visibile se potessero veramente godere di quella libertà dello Spirito che sgorga da questa affermazione di Maria. Molti nodi, ancora da sciogliere all'interno dei nostri dialoghi interconfessionali, bilaterali e multilaterali, troverebbero un maggiore respiro e una più forte sollecitazione cristiana.
4. IL MAGNIFICAT
Il canto di Maria, conosciuto come il Magnificat, ricorre spesso in tutte le liturgie cristiane. La sua ricostruzione, richiamandosi ad altre figure e ad altri testi dell'Antico Testamento, ci avverte della complessa problematica storica che gli esegeti seguono con scrupolosità, gestendola all'interno delle tre fasi di ricerca che abbiamo menzionato all'inizio. Non possiamo evidentemente entrare in questo tema. Ci sarà sufficiente ricordare che il testo biblico pone queste parole sulla bocca di Maria. Maria conosce bene la storia del suo popolo, del Dio liberatore d'Israele. In quel contesto ritrova il senso e la gioia della sua vocazione di madre del Signore.
Si tratta di un impellente invito alle nostre generazioni cristiane a ritrovare la propria identità non negli avvenimenti che si succedono nella breve parentesi che va dalla culla alla bara, ma piuttosto nel piano di Dio che coinvolge tutta la nostra storia e quindi anche la piccola storia della nostra vita personale. Con le parole del Magnificat Maria ci lascia un esempio classico di preghiera. Anche le nostre preghiere personali dovrebbero iniziare con le stesse parole (senza escludere altre possibilità: i Salmi per esempio, di cui lo stesso Magnificat è imbevuto). Pregare con Maria vuole dunque dire riprendere per conto nostro le parole del suo canto rivolte a Dio: "Fedele alla sua misericordia, ha risollevato il suo popolo, Israele. Così aveva promesso ai nostri padri: ad Abramo e ai suoi discendenti per sempre" (Lc 1,54s).
La promessa fatta ad Abramo era in vista di tutte le nazioni (Gn 12). Così l'avevano intesa i profeti, in modo particolare Gioele che viene citato come punto di riferimento, il giorno stesso della Pentecoste (Gl 3,1-5 e At 2,l6ss). L'apostolo Paolo precisa che attraverso l'opera del Cristo la promessa di Abramo raggiunge anche i Gentili (Gal 3,14).
Il Cristo, predicato da Maria nel Magnificat, viene a noi nel contesto della promessa fatta ad Abramo e gestita attraverso i secoli dallo Spirito, elargito il giorno della Pentecoste.
Inoltre l'apostolo Paolo ci ricorda che "noi non sappiamo neppure come dobbiamo pregare, mentre lo Spirito stesso prega Dio per noi con sospiri che non si possono spiegare a parole" (Rm 8,26).
Il Magnificai ci offre l'eco di questa preghiera dello Spirito che accompagna la lode di Maria e risuona attraverso i secoli nelle liturgie della cristianità.
Il nostro tema trova quindi le sue assonanze bibliche e ci rende attenti alla testimonianza di Maria nel canto del Magnificat.
5. L'ANNUNCIAZIONE (Mt 1,20ss e Lc 1,26ss)
Il testo ci porta direttamente ad affrontare il tema della nascita verginale di Gesù. Il dogma, che è confessato da tutti i rami del cristianesimo, ha subito valutazioni diverse nel corso della storia delle chiese, ma è rimasto inalterato rispetto alle nostre confessioni di fede. Le riserve che sono state manifestate riguardano naturalmente i nostri modi di leggere la storia e la loro apparente contraddizione. Ciò non ci impedisce di riaffermare quel che abbiamo detto all'inizio: si tratta di sottolineare non tanto una testimonianza storica, ma la storia di una testimonianza, la voce della comunità.
Il testo biblico ci mette innanzitutto davanti ad un novum, così come la risurrezione è l'annuncio di un novum fatto agli uomini. Il Figlio di Dio diviene uomo, appartiene a Dio in maniera diversa da noi. Maria ha bisogno di essere rassicurata non per l'apparizione dell'angelo Gabriele, ma per la Parola che le viene detta nell'incontro con Dio: "Non temere". Dio non abolisce la condizione umana; non si tratta di una creazione dal nulla (Lutero aveva fatto questo parallelo commentando il Magnificat). Dio rende feconda la nostra terra con la sua Parola così come ci ricorda il profeta Isaia. (Is 55,19. Per Lutero questo passo era il fondamento dell'ecclesiologia).
La stessa presentazione del dogma sembra prendere chiaramente le distanze da tutti i racconti delle nascite di semidei che l'antichità ci tramanda. Cristo è concepito dallo Spirito (de Spiritu Sancto) tramite Maria (ex Maria). Si tratta di un intervento dello Spirito creatore, non del Padre. Per la sensibilità teologica del protestantesimo questo vuol anche dire che non è in gioco la collaborazione umana. Maria è autenticamente umana. Lo Spirito Santo indica appunto la sovranità divina nel mistero dell'incarnazione e la verginità vuole sottolineare l'impotenza umana di fronte alla Parola di Dio. Non è il miracolo di Natale che fonda il mistero dell'incarnazione, ma piuttosto il mistero dell'incarnazione che fonda il miracolo di Natale, affinché gli uomini conoscano il mistero. Se nei dialoghi ecumenici manca ancora una riflessione ad alto livello su Maria questo non vuol dire che presto o tardi non la dovremo prendere in considerazione. Per l'oggi ci basti sapere che si sono fatti passi notevoli verso una convergenza sul primato della grazia e questo traguardo permette di affrontare con molta serenità tutti gli argomenti che il tema della collaborazione alla grazia ci propone attraverso i secoli.
6. LO SPIRITO E LA NUBE
Il discorso dell'angelo Gabriele è molto chiaro: "Nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37). È in tale contesto che va letta la domanda di Maria sul come sia possibile. Una risposta che non è una risposta diretta, ma un rinvio all'onnipotenza di Dio nello svolgimento del suo piano. Tuttavia Maria riceve un incoraggiamento. Non è folgorata dall'intervento di Dio e neppure è rimproverata, come a suo tempo era stato Zaccaria in vista della nascita di Giovanni (Lc 1,29). "Vedi anche Elisabetta, tua parente..." (Lc 1,36). Vi è di più; vi è anche una spiegazione: "Lo Spirito Santo verrà su di te e l'onnipotente Dio, come una nube, ti avvolgerà" (Lc 1, 35). Questo è l'unico passo della Bibbia in cui si parla direttamente dello Spirito Santo e di Maria.
La nascita del Messia è dunque messa in un contesto molto significativo. A suo tempo Dio aveva udito il grido di dolore del suo popolo, schiavo in Egitto. "Udire" voleva anche dire "intervenire" e intervenire" vuole soprattutto dire "liberazione
Israele fu infatti liberato e poi condotto attraverso il Mar Rosso e il deserto. Si tratta di una marcia forzata che impegna il popolo di giorno e di notte, secondo tappe e tempi che Dio solo conosce. Di giorno il popolo è guidato da una nuvola, che lo precede nel cammino; di notte è una colonna di fuoco che segna il momento della marcia (Es 13,21). È interessante notare che di giorno la nuvola avvolgeva l'Abitazione (la tenda che serviva da Tabernacolo) e nessuno poteva accedervi, neppure Mosè: "la presenza gloriosa del Signore riempiva l'Abitazione" (Es 40,34s). Una cosa è certa che, nella letteratura biblica, la nuvola ha un forte significato teologico; accompagna tutto il pellegrinaggio del popolo d'Israele verso la terra promessa e si ripercuote in seguito sul messaggio del N.T.
Ricordiamo rapidamente qualche esempio. Il giorno della trasfigurazione Pietro, Giovanni e Giacomo videro Gesù parlare con Mosè ed Elia. Furono avvolti dall'ombra di una nube e si udì una voce che diceva: "Questi è il mio Figlio che ho scelto: ascoltatelo" (Lc 9,35).
Il giorno dell'Ascensione gli apostoli videro Gesù salire verso il cielo: "venne una nube ed essi non lo videro più" (At 1,9b). L'apostolo Paolo ci ricorda che: "i nostri antenati...sono stati battezzati nella nuvola e nel mare per essere uniti a Mosè" (1Cor 10,1s). Anche l'Apocalisse si serve spesso dell'immagine della nuvola per descrivere gli ultimi tempi (Ap 19,1; 11,12; 14,14).
Infine è interessante notare che, mentre l'Antico Testamento trasmette il messaggio del Dio d'Israele (il cui nome non può essere usato invano e che tuttora gli ebrei non pronunciano direttamente), il N.T., a volte, lega le stesse parole all'azione dello Spirito Santo. È il caso (e non il solo) della vocazione del profeta Isaia (Is 6,9) e della citazione che ne fa l'apostolo Paolo attribuendola allo Spirito Santo (At 28,26s).
L'insieme dei testi, appena citati, ci rende attenti alla misteriosa presenza del Signore riferita a volte al Padre a volte al Figlio e a volte allo Spirito Santo. Sono tre momenti dell'agire di Dio che vengono richiamati nel racconto dell'annunciazione. Nessuna creatura umana, se non Maria, ha avuto un rapporto così coinvolgente con il Dio trinitario.
7. LA LIBERTÀ DI MARIA
È questo un tema che impegnerà la discussione e la ricerca ecumenica del prossimo futuro. In altre parole bisognerà attendere la ricezione di alcune convergenze dei dialoghi per passare ad un consenso interconfessionale. Nel frattempo possiamo ricordare una delle frasi forti della VII Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese, tenutasi a Canberra nel 1991: senza lo Spirito Santo la nostra libertà è anarchia!
La risposta di Maria al messaggio dell'angelo, nell'episodio dell'annunciazione, ci interpella appunto sulla libertà che nasce nell'incontro con la Parola del Signore. "Eccomi, sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto" (Lc 1,38).
Il racconto biblico ci rende attenti al fatto che la nostra vera libertà non potrà avere il carattere di una partenogenesi ma conserverà sempre il segno della fecondazione, dell'incontro con l'Altro. E sul prolungamento di questa speranza e di quest'attesa che si concentra la preghiera dell'ecumene.
Renzo Bertalot