Questa prima parte del Vangelo (fino al capitolo 8) porta a dare la risposta alla domanda fondamentale della fede: "Chi è Gesù?".
L'annuncio del Regno inizia dopo l'arresto di Giovanni: il tempo di attesa iniziato con l'antico testamento finisce con Giovanni, il tempo è arrivato alla sua pienezza.
Gesù inizia la sua attività pubblica predicando:
"il regno di Dio è giunto, convertitevi e credete al Vangelo".
"Convertire" nella lingua greca si scrive in due maniere, uno che significa "ritornare a Dio", non usato dagli evangelisti, perché non c'è più bisogno di tornare a Dio, con Gesù Dio è qui con noi. Invece adoperano il termine greco che significa "cambiare mentalità", cioè meglio ancora "cambiare vita": cambia, allarga il tuo orizzonte, metti in gioco la tua vita, guarda i bisogni e le necessità degli altri: la tua felicità dipende da quella degli altri "c'è più gioia nel dare che nel ricevere" (Atti 20,35).
Gesù chiama i primi quattro apostoli, che accettano di "convertirsi": cambiano vita, lasciano tutto, e seguono Gesù. Essi non si pongono domande, Gesù non dà loro un programma: è sufficiente la sua persona, la sua chiamata.
Gesù arriva poi a Cafarnao, entra nella sinagoga di sabato, ed inizia ad insegnare: la prima volta che Gesù insegna provoca grande stupore tra la gente che lo ascolta e che riconosce in lui un mandato divino (l'autorità) che gli scribi non hanno.
E viene raccontato un episodio che si svolge nella sinagoga: un episodio che, posto all'inizio del Vangelo, vuole far comprendere che questa è un po' la chiave di lettura e di accoglienza di tutto il messaggio di Gesù.
Nella sinagoga si trova un uomo posseduto da uno spirito immondo, che si mette a gridare, e stranamente usa il plurale: che c'è fra noi e te? sei venuto a rovinarci?
Questo indica che non si tratta di una persona, ma di una categoria di persone. E' la categoria di chi è attaccato solo all'insegnamento tradizionale, di chi non ragiona con la propria testa, ha paura della novità ed in essa vede il pericolo. Questo Gesù non lo vuole, vuole delle persone libere e adulte.
"Io so chi tu sei. Il santo di Dio", come era indicato il Messia nella tradizione religiosa rabbinica, "Perché ci vieni a distruggere?". Ma Gesù non viene secondo le tradizioni, porta uno spirito nuovo.
Ed in risposta, "Gesù lo rimproverò e gli disse: «Taci ed esci da costui». E straziandolo, lo spirito impuro, lanciando un grido, uscì da lui". L'insegnamento di Gesù libera questa persona, ma lo libera con un grande strazio.
Infatti di solito è straziante accogliere il messaggio di Gesù: ci si rende conto che tutto quello che credevamo sacro e importante nella nostra vita e sul quale avevamo impostato la nostra esistenza, non solo non è sacro, ma addirittura alle volte impedisce la comunione con Dio.
E c'è la reazione da parte della gente: "Tutti erano sconvolti" - in senso positivo - "e dicevano l'un l'altro: ma cos'è questo insegnamento nuovo?".
In greco ci sono due termini che significano "nuovo": in questo caso il termine usato dall'evangelista significa il nuovo la cui qualità soppianta il vecchio.
"Comanda agli spiriti impuri e loro gli obbediscono". È la prima volta che appare il verbo "obbedire": nei Vangeli, viene usato soltanto per gli elementi ostili all'uomo. Gesù non vuole obbedienza, né a lui, né a Dio; nei Vangeli Gesù non chiede di obbedire a Dio, ci chiede di assomigliare al Padre: ecco l'insegnamento nuovo.
L'insegnamento antico diceva che c'è Dio e c'è una legge che esigono obbedienza: il credente è colui che obbedisce a Dio, osservando le leggi. Arriva Gesù, rifiuta tutto questo e al posto di Dio mette un Padre, al posto della legge mette l'amore, e al posto dell'obbedienza mette la pratica della somiglianza con il Padre.
Queste è la chiave di lettura e di accoglienza di tutto il messaggio di Gesù.
"E la fama di quello che Gesù ha fatto uscì per tutta la Galilea". Un lebbroso sente questo messaggio: "E giunse presso di lui un lebbroso".
La lebbra a quell'epoca era considerata non solo una malattia infettiva, ma una punizione di Dio per i peccati dell'uomo. I lebbrosi vivevano in una condizione di emarginazione totale, non potevano aver contatti con gli altri perché erano completamente "impuri", e per questa impurità non potevano neanche rivolgersi a Dio.
Il lebbroso accettava questa situazione, gli era sempre stato insegnato così. Ma sente il messaggio di un Dio diverso, e allora ci prova, fa il primo passo.
"... se tu vuoi, puoi purificarmi!": il senso dell'espressione "purificarmi" che usa Marco è la chiave di lettura di questo brano. Il lebbroso non chiede di essere guarito, ma di essere purificato, di recuperare il rapporto con Dio che manca, e Marco ci vuol far comprendere questo, non tanto la guarigione fisica.
Questo lebbroso avvicinandosi a Gesù ha trasgredito la legge: un uomo in queste condizioni non si poteva avvicinare ad un altro (Lv 13,45-46).
Ma Gesù "Commossosi, stesa la mano, lo toccò". Non solo non lo respinge, ma, per dimostrare la falsità di una legge, contrabbandata in nome di Dio, che emargina le persone in Suo nome, Gesù stende la mano, lo guarisce, e anche se lo tocca non diventa impuro come invece sostenevano gli scribi.
Scrive Marco: "Immediatamente la lebbra lo lasciò e fu purificato".
Qui l'evangelista – e quello che vuol dire è valido anche per noi - sta dicendo una verità molto importante: Dio non tollera che ci siano leggi, in nome Suo, che discriminano le persone e le tengono lontane da Lui.
Negli altri versetti del capitolo, vediamo che Gesù porta il suo insegnamento e gli atti di potenza in ogni ambiente ed ogni città, nella casa di Pietro, nelle città, nelle sinagoghe: non c'è angolo della vita personale e sociale che non debba essere toccato dalla parola di Gesù.
E Gesù trova anche lo spazio per momenti di "deserto", per una più intima comunione con il Padre: la preghiera silenziosa ed in solitudine è fonte e forza del suo operare.
Filippo Giovanelli
Parrocchia di San Giacomo – Sala
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"Il Vangelo di Marco: ANNO B"
in "La Messa, occasione di ... catechesi della Parola"