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Venerdì, 02 Novembre 2018 19:23

XXXI Domenica del Tempo Ordinario – Domenica 4 Novembre 2018 -

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Prima lettura: (Dt 6,2-6)

 

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Temi il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni.
Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto.
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore».

Parola di Dio

 

 

Salmo: 17

 

Rit. Ti amo, Signore, mia forza.

 

Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore. Rit.

Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici. Rit.

Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato. Rit.

 

 

 

Seconda lettura: (Eb 7,23-28)

Fratelli, [nella prima alleanza] in gran numero sono diventati sacerdoti, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.
Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso.
La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre.



Parola di Dio

 

 

Canto al Vangelo (Gv 14,23)

 

 

Alleluia, alleluia.

 

Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

 

Alleluia

 

 

 

Vangelo: (Mc 12,28-34)

 

 

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

 

Omelia

 

Il primo comandamento è: Ascolta. Ossia, taci!

Non è: fare, credere, obbedire, dire, ma ascolta. Fai spazio, crea un vuoto dentro te dove tutto possa divenire possibile, perché l’Essere ti possa raggiungere.

Non dobbiamo fare nulla per Dio – tanto meno ‘olocausti e sacrifici’ (v. 33) – se non accogliere ciò che lui desidera compiere in noi.

Dio non lo si raggiunge, non lo si attira, non lo si convince, non lo si fa felice, non lo si accontenta.

Lo si ama, certo, ma solo aprendoci al suo amore per poi prendersi cura dell’altro, perché ‘la strada più breve per Dio passa dal fratello’.

I verbi relativi all’amore sono sempre al futuro: amerai.

Certo, perché amare è cosa lunga, s’impara lentamente. Ad amare non si finisce mai. È sempre un apprendistato. Non si dà meta nell’amore.

Purtroppo nei secoli questo futuro s’è trasformato in imperativo: ama!

Amare non può essere un dovere, ma una possibilità in via di compimento.

E potrai amare solo ‘come te stesso’, non più di te stesso. Sarebbe la dittatura del bene.

Ama come puoi, con ciò che sei. Ama con la tua storia, i tuoi limiti, le tue ferite, le tue ombre. Insomma, prima di amare qualcuno comincia ad amare te stesso. Non cercare di diventare migliore, ma sentiti amato da un Amore più grande per ciò che sei.

Perdonati, accogliti tutto, abbracciati tutto. Fai voto di vastità!

Solo così, potrai cominciare ad amare chi ti sta accanto, riversandovi il balsamo del bene, come un guaritore ferito.

 



CAMMINO DELLA SETTIMANA

 

Due spunti su cui meditare, a Voi cercarne altri:

 

  • «Il primo è: “Ascolta, Israele!…..”. Ossia, taci!

  • amerai il Signore tuo Dio con tutto …..”

  • Amerai il tuo prossimo come te stesso”

 

Buon cammino!


 

Se hai bisogno di una scheda per guidare la "Liturgia della Parola", sulle letture di questa domenica, la troverai qui:

"Una guida sintetica per condurre la Liturgia della Parola"

Clicca qui per andare all'INDICE di questo TEMA: "Commento ai Vangeli della domenica"

 

 

 

Letto 30336 volte Ultima modifica il Venerdì, 02 Novembre 2018 19:47

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