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Martedì, 23 Marzo 2021 16:47

LA MORTE DI GIOVANNI IL BATTISTA - Parte 1a In evidenza

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INDAGINE STORICA: LE FONTI

  • Vangeli: Mc 6,14-29; Mt 14,1-12; Lc 3,19-20. 9,7-9.

  • Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche XVIII, 106-119.


I racconti evangelici


Mc 6,14-29 = il racconto più antico (scritto verso il 70 d.C.)

14Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: "Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi". 15 Altri invece dicevano: "È Elia". Altri ancora dicevano: "È un profeta, come uno dei profeti". 16 Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: "Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!".

Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva sposata. 18 Giovanni infatti diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello". 19 Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, 20 perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.

21 Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell'esercito e i notabili della Galilea. 22 Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò". 23 E le giurò più volte: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno". 24 Ella uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista". 25 E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: "Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista". 26 Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. 27 E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione 28 e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. 29 I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Mt 14,1-12 (intorno all'anno 80) riprende il racconto di Marco, con una narrazione sulle stesse linee ma più sintetico:

1In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. 2 Egli disse ai suoi cortigiani: "Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!".

Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. 4 Giovanni infatti gli diceva: "Non ti è lecito tenerla con te!". 5 Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.

Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode 7 che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. 8 Ella, istigata da sua madre, disse: "Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista". 9 Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data 10 e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. 11 La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. 12 I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.

Luca (che scrive intorno all'80 o poco dopo) non ha un racconto delle vicende della morte del Battista, dà solo due brevi notizie, chiaramente riprese dal racconto di Marco:

Lc 3,19-20:

19Ma il tetrarca Erode, rimproverato da lui a causa di Erodìade, moglie di suo fratello, e per tutte le malvagità che aveva commesso, 20 aggiunse alle altre anche questa: fece rinchiudere Giovanni in prigione.

Lc 9,7-9:

7Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: "Giovanni è risorto dai morti", 8 altri: "È apparso Elia", e altri ancora: "È risorto uno degli antichi profeti". 9 Ma Erode diceva: "Giovanni, l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?". E cercava di vederlo.


Giuseppe Flavio

Nell'opera Antichità Giudaiche, resa pubblica a Roma nel 93 d.C., Giuseppe Flavio [storico ebreo, testimone della guerra giudaica del 66-70, prigioniero dei Romani, poi liberato e stabilito a Roma, dove scrisse opere in greco per far conoscere meglio la realtà ebraica nel mondo greco-romano] parla di Giovanni [greco: Ἰωάννης (Ioannes), ebraico: Yehohanan] il Battista a un certo punto del libro XVIII, dove racconta di una guerra tra Erode Antipa e il re nabateo di Petra.

[Per districarsi nelle complicate relazioni parentali tra i membri della famiglia erodiana qui citati e altri che si incontreranno in seguito, invito a tenere come riferimento lo schema genealogico riportato nell'allegato "La famiglia degli erodiani"]

Ant. XVIII, 109-119:

[109] A quel tempo ci fu un conflitto tra Areta, re di Petra, ed Erode [Antipa] per il seguente motivo. I tetrarca Erode aveva sposato la figlia di Areta e viveva con lei da parecchio tempo. Partito per Roma, si fermò presso il suo fratellastro Erode, figlio di un'altra madre, [110] Egli si innamorò della moglie di costui, Erodiade, che era figlia di Aristobulo, altro suo fratellastro, e sorella di Agrippa il Grande; ed ebbe l'audacia di proporle di sposarlo. Ella accettò, e i due concordarono che lei avrebbe abitato con lui una volta tornati da Roma e che lui avrebbe ripudiato la figlia di Areta. [111] Qnando Antipa tornò, dopo aver concluso a Roma gli affari per cui vi era andato, la moglie, venuta a conoscenza dell'accordo con Erodiade, lo pregò, prima che egli scoprisse che lei sapeva tutto, di mandarla a Macheronte – fortezza ai confini tra il territorio di Areta e quello di Antipa – senza rivelare nulla delle sue intenzioni. [112]. Erode la lasciò andare, pensando che la moglie non sapesse niente. Ma lei aveva già mandato tempo prima degli emissari a Macheronte, luogo che allora era sotto controllo di suo padre. Appena fu arrivata là, si affrettò ad andare in Arabia, facendosi scortare dai comandanti dei vari luoghi di posta (che avevano già preparato il necessario per quel viaggio); arrivò in fretta presso suo padre e gli rivelò le intenzioni di Erode. [113] Areta trovò un pretesto per opporsi con le armi [ad Antipa] in una questione di vecchi contrasti di confine sul territorio di Gamala. Entrambi i sovrani radunarono le loro truppe in vista della guerra. [114] Ci fu una battaglia, in cui l'esercito di Erode fu distrutto a causa del tradimento da parte di disertori, i quali, anche se provenienti dalla tetrarchia di Filippo, combattevano con Erode. Erode mandò la notizia di questo fatto all'imperatore Tiberio, [115] il quale, irritato per l'incursione di Areta, scrisse a Vitellio [governatore della provincia romana di Siria], di muovergli guerra e di portarglielo in catene se lo avesse catturato vivo, o di mandargli la sua testa se fosse rimasto ucciso. [116] Tra i Giudei ci furono alcuni che pensarono che, se l'esercito di Erode era stato annientato, era per volontà divina e come giusta vendetta dell'uccisione di Giovanni detto il Battista. [117] Erode infatti aveva fatto uccidere quest'uomo buono che esortava i Giudei a praticare la virtù, la giustizia reciproca, la pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo; a suo modo di vedere questo rappresentava un preliminare necessario se l'immersione doveva rendere graditi a Dio. Essi non dovevano servirsene per guadagnare il perdono di qualsiasi peccato commesso, ma come di una purificazione del corpo perché l'anima era già stata purificata da una condotta corretta" [118] Quando altri si affollavano intorno a lui perché gradivano moltissimo ascoltare i suoi discorsi, Erode si allarmò. Un'eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una sollevazione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da doversene pentire. [119] A motivo dei sospetti di Erode, Giovanni fu portato in catene nella fortezza di Macheronte, e qui fu messo a morte. I Giudei ritennero che, se una catastrofe si era abbattuta su Erode, era per punirlo di questo.

 

ALCUNE OSSERVAZIONI GENERALI

Anche solo una rapida lettura di questi brani porta a individuare alcuni elementi che caratterizzano, accomunandole e soprattutto differenziandole, le versioni dei Vangeli e di Giuseppe Flavio.

- Elemento base che le accomuna è il fatto che Giovanni è stato imprigionato e poi fatto uccidere da Erode Antipa.

- Le due versioni differenziano nettamente le motivazioni: nei racconti di Mc e Mt è la volontà di Erodiade di vendicarsi delle critiche mosse da Giovanni al suo legame con Antipa; in Giuseppe Flavio è il timore di Antipa che l'ascendente di Giovanni sulla gente possa farlo diventare riferimento di una possibile ribellione, cosa che spinge il sovrano a prevenire il rischio e a eliminare Giovanni. Nel primo caso è la reazione a una questione morale e giuridica, nel secondo è una logica di potere.

- La figura di Erodiade compare in entrambe le versioni, ma con un ruolo decisivo nei Vangeli (è lei la prima responsabile, perché è lei a chiedere l'uccisione di Giovanni), più marginale e largamente indiretta in Giuseppe Flavio (è sua solo la spinta iniziale di una più ampia vicenda: spinge Antipa a ripudiare la moglie, cosa che offende l'onore di Areta e gli dà l'occasione per una guerra, il cui esito negativo per Antipa è considerato da alcuni una punizione divina per l'uccisione di Giovanni).

- Il taglio narrativo delle due versioni è nettamente diverso: quella di Giuseppe Flavio è il racconto di una trama di eventi riferiti con volontà da storiografo; quella dei Vangeli ha tutta l'evidenza di una narrazione di gusto popolare, con un'impronta quasi fiabesca (ci sono tipici ingredienti da fiaba con finale macabro: il banchetto a corte, il re debole ma senza scrupoli, la regina cattiva, la ragazzina provocante, il taglio della testa, ecc.).

Per tentare una ricostruzione storica complessivamente coerente della vicenda, occorre approfondire queste osservazioni, collegando quanto si conosce storicamente sui personaggi in vario modo coinvolti in essa con quegli elementi che dalle due versioni (quella dei Vangeli e quella di Giuseppe Flavio) emergono come storicamente attendibili e tra loro coerenti.

 

I PERSONAGGI

ERODE ANTIPA, ERODIADE, SALOME, ARETA, FASAELIS

 

ERODE ANTIPA:

Erode il Grande in un primo tempo aveva pensato di lasciare Antipa quale re ed unico suo erede, ma pochi giorni prima di morire cambiò idea e incluse tra i suoi successori anche Archelao (anch'egli figlio di Malthake, nato probabilmente nel 23 a.C.) e Filippo (figlio di un'altra moglie, Cleopatra di Gerusalemme).

Alla morte di Erode il Grande, tanto Antipa quanto Archelao ricorsero a Roma per ottenere il titolo di re e per far valere i singoli testamenti a loro favore (le decisioni di Erode dovevano essere ratificate da Roma, in quanto quello di Erode era di fatto un "regno cliente"), mentre una delegazione di ebrei ricorse invece perché Roma togliesse il potere alla dinastia erodiana, disposti per questo anche ad accettare l'annessione della Palestina alla provincia romana di Siria. Augusto accolse in linea di massima le ultime decisioni del defunto Erode, senza però dare a nessuno dei suoi figli il titolo di re:

- Archelao fu nominato "etnarca" della Giudea e della Samaria;

- Erode Antipa fu riconosciuto "tetrarca" della Galilea e della Perea;

- Filippo fu "tetrarca" di Batanea, Auranitide e Traconidite, regioni a nord-est della Palestina.

I due territori posti sotto la tetrarchia di Antipa (Galilea e Perea) erano separati dalla zona della Decapoli [regione a est del Giordano con dieci città di cultura greco-romana a cui Roma riconosceva una certa autonomia] e la stabilità del loro controllo era minacciata da frequenti rivolte, come fu evidente quando Antipa aveva appena assunto la tetrarchia con la rivolta di Giuda figlio di Ezechia, che attaccò la città di Sefforis e se ne impadronì, fino a che intervenne il governatore della Siria, P. Quintilio Varo, che si spinse fino a distruggere Sefforis. La città fu poi ricostruita da Antipa.

Dopo la deposizione di Archelao (6 d.C.) e l'annessione del suo territorio (Giudea e Samaria) alla provincia romana di Siria, Antipa fu il più importante degli Erodi ancora al potere. Con abilità seppe accattivarsi la simpatia del nuovo imperatore Tiberio (che governò dal 14 al 37 d.C.), per il quale fungeva da spia riguardo all'operato dei magistrati romani in Oriente. In suo onore denominò la nuova città di Tiberiade, edificata verso il 20 a.C. sulla costa occidentale del Kinneret (lago di Galilea), dove il tetrarca stabilì la sua residenza.

Quando in Giudea fu mandato come prefetto Ponzio Pilato (26 d.C.), ne seguì con cauta vigilanza le azioni per riferirle all'imperatore. Da qui l'inimicizia tra i due, ricordata nel Vangelo: "Quel giorno [del processo a Gesù] Erode e Pilato divennero amici, mentre prima erano stati nemici" (Lc 23,12).

A una data difficile da precisare, Antipa si recò a Roma e vi soggiornò per un certo tempo, ospite di un suo fratellastro, che Giuseppe Flavio chiama Erode e il Vangelo di Marco (Mc 6,17) chiama Filippo (erroneamente, perché probabilmente lo confonde con il tetrarca Filippo). Questo Erode (nato nel 27 a.C.) aveva sposato per volere del padre la nipote Erodiade.

 

ERODIADE

Erodiade [‛Ηρωδιάς (Herodiàs)] era nata nel 15 a.C. Era figlia di Aristobulo, un fratellastro di questo Erode e uno dei figli che Erode il Grande aveva avuto da Mariamne l'Asmonea [discendente diretta della dinastia di sovrani che aveva regnato sulla Giudea dopo la rivolta dei Maccabei; il suo matrimonio con Erode il Grande aveva portato a costui il prestigio dell'unione con una donna di sangue reale, e come tale una legittimazione del suo potere]; madre di Erodiade era Berenice, cugina di Aristobulo e figlia di Salomé, che era sorella di Erode il Grande.

Erodiade rimase orfana nel 7 a.C., quando suo padre fu fatto uccidere da Erode con l'accusa di tramare contro di lui, in uno dei tanti foschi intrighi che segnarono la corte erodiana. Ancora bambina, fu fatta sposare a quell'Erode prima accennato, il quale fu per qualche tempo secondo nella linea di successione, ma venne poi rimosso nel 4 a.C., poco prima della morte del re, quando la madre Mariamne di Alessandria ("la più bella donna di quel tempo", secondo Giuseppe Flavio) era caduta in disgrazia ed era stata allontanata da corte.

Erode ed Erodiade si erano trasferiti a Roma [era motivo di prestigio per le famiglie più in vista dei territori governati da Roma o dei regni vassalli soggiornare ogni tanto a Roma e mandarvi i figli, per allacciare e confermare i legami con i gruppi dirigenti romani, alla ricerca di una promozione sociale al centro del potere e magari di cariche e vantaggi vari].

Salomé

Qui, nel 14 a.C., nacque la loro figlia Salomé [greco: Σαλώμη (Salòme), ebraico: Shlomit], che, una volta cresciuta, avrebbe sposato prima il tetrarca Filippo, fratellastro di suo padre, e poi alla morte di costui, il cugino Aristobulo (figlio di Erode di Calcide, fratello di sua madre).

Quando Erode Antipa fu a Roma ospite del fratellastro, come prima accennato, intrecciò una relazione con Erodiade (che era sua nipote, in quanto figlia di un fratellastro, e sua cognata, in quanto moglie di un altro fratellastro), donna passionale, violenta e ambiziosa, che non sapeva rassegnarsi alla condizione priva di governo di suo marito. Erodiade divorziò dal marito e seguì, con il consenso dell'imperatore Tiberio, il tetrarca della Galilea, chiedendogli di ripudiare la donna con cui era sposato. La loro unione era di vantaggio per entrambi: Erodiade sposava un vero sovrano, lasciando un marito che non aveva alcun ruolo politico; e Antipa si imparentava con la nobiltà asmonea (essendo Erodiade, come si è detto, nipote diretta di Mariamne, discendente della dinastia asmonea), sperando forse di accampare future pretese sulla Giudea.

Areta IV - Fasaelis

Ma Antipa era già sposato con la figlia di Areta IV, re nabateo di Petra (la principessa Fasaelis, non nominata da Giuseppe Flavio ma conosciuta da iscrizioni), e la sua nuova unione, che comportava per esplicita richiesta di Erodiade il divorzio dalla principessa nabatea, provocò un contrasto diplomatico e una mai sopita ostilità tra i due capi di stato, che doveva poi sfociare in una guerra (v. il brano di Giuseppe Flavio da Antichità giudaiche XVIII sopra riportato).

Secondo i Vangeli (Mc 6,17-19, nel brano sopra riportato), il matrimonio di Antipa ed Erodiade attirò le critiche degli ebrei osservanti della Legge, perché ne era una palese violazione (la nuova moglie di Antipa gli era cognata, il marito da cui aveva divorziato era vivente e da lui ella aveva avuto prole); Giovanni il Battista biasimò pubblicamente Antipa, e per questo, stando ai Vangeli, fu imprigionato e poi decapitato.

Giuseppe Flavio invece (Antichità giudaiche, XVIII, 117-119, nel brano sopra riportato) mette la morte di Giovanni in relazione con il timore che l'influenza che il Battista aveva sulla gente potesse far scoppiare delle ribellioni. Giovanni fu imprigionato a Macheronte [una fortezza costruita su una ripida collina rocciosa praticamente inespugnabile, situata nel territorio della Perea a sud-est dello sbocco del Giordano nel Mar Morto] e dopo un certo tempo decapitato.

Poco tempo dopo l'uccisione di Giovanni cominciò a diffondersi anche a Tiberiade la fama di Gesù, che la gente diceva essere la reincarnazione del Battista o di Elia o di qualche antico profeta. Antipa stesso, secondo i Vangeli, ne rimase colpito [v. il brano di Lc 9,7-9 sopra riportato].

Tra i seguaci di Gesù c'era anche qualcuno legato alla corte di Antipa: secondo Luca, tra le discepole c'era Giovanna moglie di Cuza, amministratore di Antipa: "C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni" (Lc 8,2-3).

Si potrebbe interpretare come un tentativo di Antipa di allontanare l'influenza di Gesù dal suo territorio l'episodio evangelico secondo cui Antipa si servì di alcuni farisei per mettergli paura: "In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere (Lc 13,31).

Il desiderio di Antipa di vedere Gesù fu poi appagato da Pilato che, secondo Lc 23,8-12, glielo mandò perché fosse da lui giudicato (e da quel tempo i due divennero amici mentre prima erano avversari).

Probabilmente nel 34 d.C. i contrasti con il re nabateo Areta IV degenerarono in guerra aperta: le truppe di Antipa subirono un disastro [v. il brano di Giuseppe Flavio sopra riportato] e il tetrarca ricorse all'imperatore Tiberio per aiuto. Tiberio impose al proconsole della Siria L. Vitellio di prendere le armi contro il re nabateo. Vitellio, benché riluttante ad aiutare Antipa, con due legioni si spostò fino a Gerusalemme (dove, tra l'altro, nel 36 destituì Pilato dalla carica di governatore di Giudea e lo rimandò a Roma), ma la notizia della morte di Tiberio (16 marzo 37 d.C.) gli offrì il pretesto per non intervenire in favore di Antipa.

Il declino delle fortune di Antipa fu legato alla vicenda di un fratello di Erodiade, Erode Agrippa. Costui fin da bambino era stato mandato dal nonno Erode il Grande a Roma per esservi educato e inserirsi negli ambienti della corte imperiale. Egli capì perfettamente che il futuro della Palestina si giocava a Roma e che il potere dipendeva dal favore dell'imperatore e dei suoi famigliari.

A Roma spese quanto era necessario per vivere come un principe ed entrare nella cerchia degli amici dell'imperatore. Entrò in confidenza con l'imperatore Tiberio, ma, troppo indebitato, dovette fuggire da Roma. Tornò in Palestina, dove la sorella Erodiade gli ottenne un posto da amministratore di Antipa a Tiberiade; ma, troppo ambizioso per accontentarsi di questo ruolo modesto, litigò con il cognato Antipa e, contratti nuovi debiti, giocò il tutto per tutto tornando a Roma. Qui riuscì a diventare amico di Caligola e a farsi odiare da Tiberio dicendo che Caligola avrebbe dovuto sostituirlo come imperatore. Finì per questo in carcere, ma dopo pochi mesi, alla morte di Tiberio (marzo 37 d.C.), Caligola lo liberò, gli fece dono di catene d'oro dello stesso peso di quelle di ferro con cui era stato legato in prigione e lo pose, col titolo di re, al governo dei territori del nord della Palestina (Batanea, Auranitide e Traconitide) che appartenevano a Filippo (dopo la cui morte nel 34 d.C. erano stati per qualche tempo annessi alla provincia romana di Siria).

Agrippa restò per un po' a Roma, sempre in eccellenti rapporti con l'imperatore, da cui fu incaricato nel 38 di una missione in Egitto, dopo la quale si trasferì nel suo regno in Palestina.

L'improvvisa fortuna di Agrippa suscitò la gelosia di sua sorella Erodiade, che voleva la medesima dignità di re e regina per il marito e per sé. Con la sua insistenza, ella riuscì a vincere la riluttanza di Antipa, convincendolo a recarsi a Roma per tentare, con manovre diplomatiche e denaro, di ottenere il titolo regale. L'impresa fallì miseramente, perché, per le manovre di Agrippa, Antipa fu accusato di aver ammassato armi e truppe per fini non chiari, con rischio per Roma. Così, nel 39 d.C., fu deposto dalla sua carica ed esiliato in Gallia, in una località ai piedi dei Pirenei, dove Erodiade lo volle seguire rifiutando il favore imperiale a suo riguardo.

 

 

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Letto 18084 volte Ultima modifica il Sabato, 27 Marzo 2021 15:50

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