Negli ultimi decenni tutto sembra cambiato. In molti Paesi, compresa l’Italia, le forze armate hanno aperto alle donne. Con la fine della guerra fredda, con le nuove armi e i nuovi fondamentalismi, i modelli di conflittualità si sono moltiplicati. Si è modificata la concezione del nemico e dei limiti da porsi (o da non porsi)
Compito della scuola è di formare la persona nell'unità dei diversi piani: culturale, umano, psicologico, valoriale. Per questo l'insegnante è, per sua natura, un educatore.
...si sta cominciando a insistere sulla necessità di diversificare l'età dei volontari promuovendo un incremento del volontariato in modo particolare tra i pensionati...
Venerdì 27 maggio 2011, presso lo Scout Center di largo dello Scoutismo in Roma, si è svolto il convegno “Educare nella società della comunicazione”, organizzato da Dimensione Speranza con il patrocinio del Municipio di Roma III e della Provincia di Roma. Nell’articolo “Quando la comunicazione è nemica dell’educazione”, pubblicato in questo stesso sito, sostenevamo che educazione e comunicazione possono talvolta entrare in conflitto. Questo non significa che i nuovi mezzi di informazione digitali siano intrinsecamente nemici dei processi educativi, tutt’altro. Ma occorre imparare a utilizzarli bene, il che non è facile né scontato. È quanto ogni giorno cercano di fare, ciascuno secondo la propria professione e vocazione di educatore, i relatori che hanno partecipato al convegno: Marco Accorinti, sociologo; Giorgio Asquini, pedagogista; don Filippo Morlacchi, direttore dell’ufficio scuola della Diocesi di Roma; Mauro Del Giudice, sociologo e educatore scout; Mario Tedeschini Lalli, giornalista; ha moderato l’incontro Francesco Scoppola, assistente parlamentare e scout anch’egli.
Tra i 40 e i 65 anni, la persona consacrata, può avere la tentazione di rifugiarsi su una spiaggia tranquilla per rimanere a giocare con l’acqua, col rischio di rimanere bloccata nella sabbia. Ma può ascoltare una voce amica: “ Hai ancora un oceano dentro di te!”
È un dato che in sei anni, dal 2004 al 2010, oltre un milione e centomila giovani italiani hanno dichiarato di non appartenere più alla chiesa cattolica. La chiesa è percepita come latitante o assente dalla loro vita. Gli assistenti di AC al convegno nazionale, svoltosi a Roma dal 14 al 17 febbraio, si sono interrogati su questo problema.
Prevale la visione della chiesa-istituzione, che oscura il significato profondo di comunità, anche per colpa dei media. I diciottenni sentono il bisogno di un'autentica spiritualità.
Nella letteratura anglosassone si parla molto di carer, oppure di care-giver (americano). Ormai si è abituati ad incontrare il termine anche in Italia, talvolta tradotto come “persona che cura”, oppure persona che “si prende cura di”.
È l'età più delicata, tra l'infanzia e l'età adulta, ma è anche quella in cui è più facile perdere ciò che si è coltivato nell'età infantile. Occorre sostenerla con interventi e risorse mirate.
Al primo posto: lavoro, carriera e autorealizzazione. Solo in seconda posizione amore, affetto, famiglia. E per di piu' nei "ritagli" di tempo. Una sintesi ardua, ma veritiera, che confina al capolinea i quarantenni di oggi, rapiti da un mito illusorio e disfattista, dove il proprio "io" non riesce a farsi fondare da un autentico "noi".