Famiglia Giovani Anziani

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Mercoledì, 02 Dicembre 2009 21:36

Qibla (Maria Domenica Ferrari)

QIBLA

 

di Maria Domenica Ferrari

La parola araba qibla indica la direzione verso la quale si deve rivolgere il fedele per la preghiera.

La direzione è quella della Mecca, la qibla “assoluta” è il punto intermedio tra la il tubo della grondaia della Ka'ba e l'angolo occidentale di essa.

Mercoledì, 02 Dicembre 2009 20:44

Giona, profeta controvoglia

Giona, profeta controvoglia

di Bruno Maggioni

 

 

Il libro di Giona è la storia di un profeta controvoglia, rapido, pittoresco e pieno di umorismo che vuole comunicarci un mes­saggio: Dio è misericordioso anche nei confronti di Ninive, città-simbolo della potenza e dell'oppressione.

Visione e formazione dell'uomo
nel capitolo VII della Regola di S. Benedetto

Come San Benedetto concepisce l’uomo
e lo forma alla luce del capitolo 7 della “Regola”


Riflessioni di P. Giorgio, monaco trappista



1. Genere letterario di RB 7



I cc 4-7 vengono chiamati generalmente “sezione spirituale” della RB, in opposizione - se così si può dire - agli altri cc della R che parlano dell’ordinamento del monastero, delle varie osservanze.

Salvezza in Cristo e vita cristiana

La sapienza del cristiano

  1. L’uomo ha bisogno di sapere per vivere. Per questo, dopo avere soddisfatto con le conoscenze tecniche le esigenze materiali della propria vita, continua a interrogarsi sull’enigma del suo essere e sulle sue aspirazioni all’infinito immerse nel mondo del finito. Qual è il fine e il senso della vita? Perché la presenza del bene e del male? Quale l’origine e il significato del dolore e della morte? Se esista una via per raggiungere la vera felicità, e se agli interrogativi assillanti dello spirito non si dia altra risposta che il silenzio e l’indifferenza del cosmo. Sin dalle origini, su tutta la terra e dal più profondo del cuore, gli uomini sono ansiosi di sapere il perché della loro vita.

«Nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4)


Favola o «mistero»?


di Paolo Farinella, biblista


C'ERA UNA VOLTA...


Tutto è già pronto sul tavolo dei pubblicitari per celebrare il natale (...): panettoni, alcool, telefonini, babbi-natale, luminarie, zampogne e poi chi più superfluo ha più superfluo metta!... E intanto quel bimbo, occasione di tanto scialo, continua a morire di fame, freddo, sete in tutto il mondo.

In che cosa corsiste la pratica dello Zen? Il Maestro Dogen dette questa definizione: «Studiare la via di Buddha significa approfondire se stesso; approfondire se stesso significa dimenticare se stesso; dimenticare se stesso significa vivere negli altri; vivere negli altri significa far cadere il corpo e lo spirito, sia di se stesso, sia degli altri», cioè superare il dualismo io-altro da me.

La cattolicità del martirio

di Vladimir Zelinskij





“Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso… Sia che viviamo, sia che moriamo siamo dunque del Signore”, dice san Paolo (Rom 14,7). È il pronome al plurale che stupisce in questa confessione. Che l’io di un convertito, fulminato da Cristo, si sia tramutato in “noi”. Come se qualsiasi battezzato fosse l’apostolo delle nazioni. Come se le nazioni fossero Paolo. “Ogni cosa era fra loro comune” (Atti 4,32): anche il proprio io può essere prestato alla Chiesa, senza perdere la sua identità particolare. Il nocciolo della persona è davvero quel “del Signore”, in cui ogni uomo può riconoscere l’altro come se stesso, nel suo credere, vivere, morire. La morte, come la fede, può essere una, santa, cattolica e apostolica perché “nessuno muore per se stesso”, ma entra nella vita condivisa con il Crocefisso e con tutti i fratelli addormentati o ammazzati in Lui. L’unità nella morte del Signore e la cattolicità del martirio una volta erano il deposito della fede comune, la ricchezza che insieme possedevamo. Con i secoli della divisione abbiamo però perso la certezza che il sacrificio del mio prossimo si riflette su di me e sulla mia fede - e se il suo tempo è compiuto, il mio sta maturando.

Quel tempo s’avvicina ogni volta che ci giunge la notizia della morte di un cristiano martirizzato in qualche angolo della terra. “Non chiedere per chi suona la campana”, disse John Donne, il poeta inglese del XVII secolo, “essa suona per te”. Il suo rintocco apre le nostre orecchie al mistero del sacrificio nel quale siamo tutti partecipi. I veri martiri non sono solo vittime o poveri sfortunati, la loro morte è come un’offerta portata al medesimo altare dove si compie il sacramento fatto “in memoria di Me”. I testimoni entrano in questa memoria e così nasce anche la loro comunione spirituale che supera i confini del tempo – ma anche, oserei dire, gli abissi delle divisioni. Nella cattolicità del martirio per il Signore la comunione invisibile dei martiri potrebbe un giorno diventare visibile e concreta e l’unità stessa – da un ricordo lontano o dal sogno - può manifestarsi in una realtà vivente e sacramentale. La campana continua a suonare per risvegliare in noi le voci delle testimonianze passate, future, odierne, eterne. In questo coro il piccolo io finora chiuso in sé si riconosce e si apre alla fratellanza senza confini temporali, geografici, confessionali.

Il secolo alle nostre spalle è un secolo di una grande apostasia, ma anche di un grande martirio. Lo tsunami dei regimi atei o idolatri ha ucciso più cristiani che, forse, in tutte le persecuzioni dei tempi antichi. Dobbiamo però confessare: la loro eredità spirituale lasciataci nella morte, nella tortura o nell’umiliazione oggi non è da noi molto richiesta. Sentiamo davvero la campana che fa risuonare la speranza della risurrezione dell’unico Corpo Mistico, quando veniamo a sapere del sangue versato dai cristiani nel Medio o nell’Estremo Oriente o nelle ultime riserve dell’utopia?

Gesù, i suoi fratelli e le sue sorelle 

di Daniel Marguerat

 

I quadri e le icone della Natività ci offrono il ritratto parlante della famiglia nucleare: il padre, la madre, il figlio. A questo sacro triangolo chi oserebbe aggiungere una sfilza di piccoli fratelli e sorelle? Peraltro i Vangeli quando parlano della famiglia di Gesù citano una lista di almeno sei figli.
Di questa numerosa famiglia Gesù fu forse il maggiore, ma chi sono questi fratelli e sorelle nell’ombra? Inchiesta su un dossier nascosto.

Domenica, 11 Gennaio 2009 17:47

Alle origini del cristianesimo (Serge Lafitte)

 


Alle origini del cristianesimo
di Serge Lafitte




Anche se la dottrina elaborata da Paolo di Tarso differisce dalle tradizioni attestate dai manoscritti del Mar Morto, si trovano elementi comuni, o addirittura identici, fra gli insegnamenti del giudaismo precristiano e quelli del cristianesimo delle origini.

Lunedì, 22 Dicembre 2008 00:49

Dall’«Evangelo» ai vangeli (Marco Vironda)

Vangelo secondo Marco


Dall’«Evangelo» ai vangeli


di Marco Vironda



 


Verso la metà del primo secolo della nostra era l'apostolo Paolo parlava del vangelo in termini di annuncio, pressoché orale, della salvezza che Dio offriva agli uomini in Gesù Cristo; Giustino, verso la metà del II sec. d.C., citava le «memorie degli apostoli dette euanghélia », intendendo con questo termine i testi scritti: in cento anni il termine greco euanghélion (evangelo) aveva assunto nuovi significati, che lo avrebbero caratterizzato per i successivi due millenni, e ancora oggi l'accezione più comune del vocabolo si riferisce a quattro opere letterarie che narrano grossomodo la vita di Gesù, i Vangeli. Che cosa portò a utilizzare il termine in modo nuovo? come si ebbe questa estensione di significato? quale processo condusse alla formazione di queste opere letterarie, nel nostro caso al Vangelo di Marco?