Formazione Religiosa

Tematiche Etiche (102)

In questo quadro le espressioni del tipo 'laico' o 'laicista' non hanno necessariamente il significato di contrapposizione al cristianesimo: esse possono indicare l'assunzione degli alti valori vissuti e insegnati da Gesù Cristo, anche senza conoscerne o riconoscerne l'Autore.
Domenica, 20 Novembre 2005 20:16

In nome del dio profitto (Enrico Chiavacci)

Occorre ripensare nelle sue radici l’annuncio morale cristiano sulla storia e sull’economia: il Concilio ha indicato con chiarezza la via, ma finora sembra che pochi se ne siano accorti o siano disposti a seguirla senza compromessi.
L’etica è qualcosa di vissuto e non soltanto frutto di una deduzione di principi. Non si può attuare eticamente costruendo sillogismi e traendone conseguenze. L’etica è una spinta personale, che viene più dal cuore che dalla mente.
La globalizzazione è un fattore multidimensionale. La sua prima e, oggigiorno, principale sfera d'azione è l'economia. Tuttavia, unitamente a questa sfera, o a partire da essa, assumono via via rilievo altre dimensioni.
Parecchi moralisti provano ancor oggi delle difficoltà a vedere nel Cristo la condizione di possibilità di una morale per tutti. A fianco di autori reticenti o anche esitanti, ci sono quelli che dichiarano chiaramente che la messa in atto di una morale centrata sulla persona del Cristo sia di ostacolo alla concezione di una morale valevole per tutti.
Il punto di partenza per ogni tipo di riflessione teologica e spirituale in materia politica non può essere per il cristiano altro che la parola di Dio. Il grande tema del Regno, insieme a quello della pace, ad esso strettamente correlato, devono dominare la riflessione e le scelte del cristiano.
L'annuncio morale cristiano si presenta come universale, e non potrebbe fare altrimenti, essendo l'espressione umana di una Revelata Veritas. Proprio per questo non può e non deve identificarsi con alcuna cultura.
La morale cattolica ha conosciuto una dottrina della guerra giusta, codificata in tutti i manuali di teologia morale e in tutti gli interventi della S. Sede dalla fine del XVI sec. fino al concilio Vaticano II. Con il concilio tale dottrina viene dismessa, al più alto livello magisteriale.
Si teme, e con buone ragioni, che la globalizzazione, in corso di irreversibile attuazione, meriti lo stesso giudizio che, a suo tempo, ha avuto il fenomeno dell'industrializzazione. Questa è stata di certo un fattore di progresso e di innalzamento del livello di vita delle masse, ma con costi e danni enormi e sproporzionati per persone, famiglie e gruppi umani.
L'ambito tecnico non è di competenza della Chiesa. L'ambito politico è invece di competenza della Chiesa: in questo ambito infatti la sua primaria preoccupazione deve essere una convivenza umana e umanizzante della 'polis' umana.
Il linguaggio usato è quello etico; un linguaggio che suona apertamente accusatorio nei confronti di chi continua a difendere un sistema di privilegi come quello occidentale e a farsi paladino di una forma di liberismo selvaggio, che è la causa principale dell'accentuarsi della distanza tra Nord e Sud del mondo.
Non siamo senza speranza, ed è stupido (e peccaminoso) accettare o subire passivamente questa globalizzazione.

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