Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Tessalonica e Berea: problemi con i giudei (At 17,1-9)
Per l’antica Via Egnatia giungono a Tessalonica (Salonicco) dopo circa 150 km. La comunità giudaica era forte, e forse per questo Paolo vi si ferma. Ospite da un certo Giasone, lavora da tessitore di tende "notte e giorno per non essere di peso ad alcuno" (1Ts 2,9), ma gli affari non devono andare un granché bene (cfr sopra). La predicazione inizia in sinagoga, "sulla base delle scritture…; il Messia, diceva, è quel Gesù che io vi annunzio" (v. 3). Gran successo.
Proprio per questo i giudei si ingelosiscono e accusano Paolo su tematiche politiche (Gesù altro re). Paolo si dimostra molto risentito per questo comportamento; scrivendo ai Tessalonicesi alcuni mesi dopo userà parole di fuoco contro i giudei, ricordando quanta sofferenza hanno causato: uccidendo Gesù e i profeti, e perseguitando Paolo stesso, impedendogli "di predicare ai pagani perché possano essere salvati". Perciò "non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini" (cfr 1Ts 2,14-16). Come comprendere questo antisemitismo paolino? È ancora il punto di vista del missionario che si trova bloccato nell’agire, non del teologo che si trova davanti al mistero (come in Rm 9-11).
Fuggiti a Berea, inizia la predicazione anche lì, con nuovo successo. Come già accaduto a Listra da parte dei giudei di Antiochia di Pisidia e Iconio (At 14,19), alcuni giudei da Tessalonica costringono il tre alla fuga: Paolo scappa, Sila e Timoteo si nascondono.
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Filippi, la prima missione in occidente (At 16,11-40)
Passando per l’isoletta di Samotracia vanno verso Neapoli e poi Filippi. Colonia di ex soldati romani, che vivevano la religiosità di Roma ed erano organizzati amministrativamente e giudiziariamente alla romana. I giudei erano una presenza insignificante, tanto che non c’era sinagoga e la preghiera si faceva all’aperto, presso un corso d’acqua (per le abluzioni).
Conversione di Lidia (probabile soprannome dal luogo di nascita =Tiàtira, nella Lidia); ricca commerciante di porpora, pagana ma "timorata di Dio", fece aderire alla fede tutta la famiglia (battesimo dei bambini?). Costringe Paolo, Sila, Timoteo e [forse] Luca a dimorare in casa sua: Paolo infatti non voleva accettare privilegi e lavorava per mantenersi, ma si piegò alle insistenze di Lidia (vedi Fil 4,5-16: "Ben sapete proprio voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa aprì con me un conto di dare o di avere, se non voi soli; ed anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario").
L’idillio durò poco. L’epilogo fu segnato da persecuzioni, legate al denaro. Paolo spegne lo spirito divinatorio di una serva che faceva guadagnare molto ai suoi padroni (anche se diceva cose giuste, cioè che Paolo e suoi erano ‘servi di Dio’); i padroni si risentono e accusano Paolo e i suoi di disturbo dell’ordine pubblico, sottolineando la matrice giudaica del loro gruppo (vv. 20-21). Esito: la verberatio e la detenzione di Paolo e Sila. Un misterioso terremoto di mezzanotte lascia liberi tutti i prigionieri, il carceriere stupito del fatto che non fossero fuggiti, si fa battezzare con i suoi. L’indomani Paolo rifiuta la dimissione nascosta e si appella alla cittadinanza romana (la lex Porcia del 248 a.C. proibiva la verberatio di un cittadino romano, a meno che non fosse stato condannato a morte da processo regolare). I magistrati si impauriscono, si scusano e li pregano di andare altrove. [Luca forse rimane a Filippi, perché il discorso torna in terza persona).
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Nuovi territori per il vangelo: la Macedonia (At 6,10)
Dopo aver confortato le vecchie chiese, dove andare? Lo Spirito chiude alcune strade e ne impone altre. Vengono proibiti i percorsi verso l’Asia proconsolare, la Bitinia e il Ponto (nord est) e Paolo scende a Troade; dì lì una visione lo invita a salpare verso la Macedonia.
Durante questi "intoppi" Paolo si ferma in una località sconosciuta e evangelizza i Galati; si dovette fermare a causa di una grave malattia che lo rese ripugnante, ma fu accolto con amore dai Galati (vedi Gal 4,13-14: "Sapete che fu a causa di una malattia del corpo che vi annunziai la prima volta il vangelo; e quella che nella mia carne era per voi una prova non l'avete disprezzata né respinta, ma al contrario mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù").
I tre missionari scendono poi a Troade (paradossalmente Giulio Cesare un secolo prima voleva trasferirvi la nuova capitale dell’Impero: cfr Svetonio, Divus Julius 79); forse vi incontrano Luca, perché il discorso passa bruscamente alla 1a persona plurale (v. 10). Luca era lì per offrire la sua professione a Paolo, recentemente guarito? Sono solo congetture.
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Un nuovo acquisto: Timoteo (At 16,1-5)
Paolo vuol prendere con sé Timoteo, educato nella fede dalla madre Eunice e dalla nonna Loide (2Tm 1,5). Lo fa circoncidere per rispetto verso i giudeo-cristiani. È venuto meno a quanto stabilito ad Gerusalemme? Si è comportato come Pietro ad Antiochia (cfr Gal 2,11ss)? No. Qui non è in ballo la necessità dei riti giudaici, ma la carità pratica, per non offendere la sensibilità di alcuni fratelli. Cfr 1Cor 9,19-22: "mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei…". Cfr sotto il voto di nazireato fatto da Paolo a cencre (At 18,18): i riti giudaici non sono né obbligatori né salvifici, ma sono leciti.
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Ripresa della missione (At 15,36-41)
Motivo del viaggio: il desiderio di Paolo di andare "a vedere come stanno" (v. 36) le comunità già fondate. Barnaba acconsente a partire insieme, ma lo scontro (paroxysmòs) avviene sulla persona di Marco. Si dividono: Barnaba e il cugino Marco vanno a Cipro, Paolo e Sila verso la Cilicia e la Galazia. I rapporti tra Paolo e Barnaba restano tuttavia corretti e fraterni (cfr 1Cor 9,6); anche la sfiducia nei confronti di Marco si dissiperà (Col 4,10; Fm 24; soprattutto 2Tm 4,11: "Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero"). Paolo e Sila superano le Porte Siriache, poi le Porte Cilicie e giungono sull’altipiano del Tauro, fino a Listra.
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Sintesi del viaggio
Paolo, reduce dal "Concilio di Gerusalemme" (49 d.C.), torna con Barnaba ad Antiochia; ormai il vangelo deve essere portato fino ai confini della terra. Accompagnato da Sila, Paolo parte da Antiochia e attraverso Tarso e le "Porte Cilicie" sale sull’altopiano dell’Asia Minore. Rivede le comunità fondate nel primo viaggio (Derbe e Listra); si associa il giovane Timoteo dopo averlo fatto circoncidere. Traversa tutta la Galazia fino alla Troade, e scende alla città omonima. (Si associa Luca? Vedi la questione delle "sezioni noi"). Di qui passa in Europa, prima in Macedonia percorrendo la "Via Egnatia" (passa per Neapolis, Filippi, Apollonia, Tessalonica, Berea), poi in Grecia (Atene, Corinto). A Corinto si ferma un anno e mezzo (51-52 d.C.), salpando poi per Efeso e infine per Cesarea. Dopo essere salito di nuovo a Gerusalemme torna ad Antiochia.
Il secondo viaggio missionario di Paolo
di Don Filippo Morlacchi
Il cristianesimo in Europa
Anche se probabilmente a Roma già erano giunti altri missionari, la narrazione del secondo viaggio di Paolo ci presenta l’arrivo "ufficiale" della fede cristiana nel continente europeo. Inoltre il viaggio mette in luce la necessità di confermare la fede delle giovani chiese, visitandole ancora o restando in collegamento con esse per mezzo di lettere. È così che Paolo da Corinto scriverà ai Tessalonicesi.
Atti 15:
il cosiddetto "Concilio di Gerusalemme"
di Don Filippo Morlacchi
L’ "incidente di Antiochia" (Gal 2,11ss)
Atti 15:
il cosiddetto "Concilio di Gerusalemme"
di Don Filippo Morlacchi
Il decreto apostolico di Giacomo
Atti 15:
il cosiddetto "Concilio di Gerusalemme"
di Don Filippo Morlacchi
Ricostruzione storica
Il primo viaggio apostolico di Paolo (At 13-14) fu una delle premesse del "concilio"; Paolo teme di "aver corso invano" (Gal 2,2) cioè teme che i suoi successi apostolici vengano stroncati da un atteggiamento intransigente da parte di chi richiede indistintamente a tutti l’osservanza previa della legge. Infatti intorno al 48 d.C. giungono ad Antiochia alcuni che mettono in discussione la missione ai gentili che vi si svolgeva da oltre dieci anni (Antiochia era una città "pilota" negli esperimenti pastorali; il suo stile evangelizzatore non era ancora patrimonio comune, se Paolo parla della libertà "che noi abbiamo in Cristo": Gal 2,4). La visita è un segno della "regressione reazionaria" da parte della comunità di Gerusalemme, che per sopravvivere cerca di fare molte concessioni al gruppo farisaico: il gruppo dei Dodici è in declino, Giacomo ha un influsso crescente. Antiochia risponde a questa "intrusione" inviando a Gerusalemme i suoi più raffinati teologi, cioè Barnaba e Paolo, nella speranza di convincere la chiesa madre della bontà del loro metodo (Paolo tace questo invio da parte della comunità perché in Gal gli preme di mostrare l’autorevolezza del suo vangelo, che viene da Dio e non da uomini). Come provocazione, i due prendono con sé Tito, cristiano non circonciso. Il confronto avviene – secondo At – con gli Apostoli [e Pietro] e gli anziani [tra cui spicca Giacomo]: l’opinione di Paolo e Barnaba prevale, Tito non viene circonciso, viene lasciata libertà di vivere il vangelo senza l’obbligo di aderire alla legge. Il concilio poi (secondo At) decide di inviare ad Antiochia un decreto che riportava le decisioni di Gerusalemme, tramite due messaggeri, Giuda Barsabba e Sila: in tal modo la controversia sarebbe stata definitivamente risolta.