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Domenica, 04 Giugno 2006 21:45

Quei bambini, che non possono disegnare la riga del cielo e della terra (Ettore Masina)

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Quei bambini, che non possono disegnare
la riga del cielo e della terra
di Ettore Masina

Non c'è niente di peggio per i poveri (i "dannati della Terra come li chiamava lo psichiatra francese Franz Fanon) che essere condannati al ruolo di astrazioni: cifre e non persone doloranti, talvolta sino allo spasimo, problemi da risolvere con scelte politiche ed economiche invece che padri, madri, figli, nonni, case distrutte, patrie abbandonate in seguito a minac­ce terrorizzanti, violenze, talvolta torture; e fame e freddo e disperazione, e necessità assoluta di attenzione e di tenerezza. Le statistiche possono essere esaminate con un minimo di pietà; e quanto più rivelano tragedie immani, tanto più finiscono per essere messe in conto dell'utopia: c'è bisogno di un governo mondiale, di imponenti esborsi da parte dei cosiddetti Paesi del benes­sere. Ma un governo mondiale non c'è, le potenze imperiali non pagano all'Onu se non quote infinitesimali, i governi dei Paesi sviluppati tagliano progressivamente gli aiuti allo sviluppo. A cominciare dall'Italia, che ormai è in testa alla classifica dell'egoismo internazionale.

I profughi nel mondo sono circa 22 milioni e già in quel "circa" c'è una condanna all'insignificanza. Se si mettessero a gridare o anche a piangere tutti insieme, nelle nostre strade, non potremmo lavorare, ridere, portare a scuola i bambini, scrivere poesie e tanto meno dormire. Ventidue milioni di bocche sarebbero un coro da apocalisse. Ma i campi dei profughi, quando ci sono, sono ben lontani dalle nostre città, nei terreni più aridi che nessuno coltiva, nelle periferie più misere, dove confinano con le discariche, nelle aree flagellate da insetti, su altipiani in cui gli aiuti arrivano a stento, quando arrivano; in zone in cui sono ancora attivi campi minati o in cui penetrano facilmente i persecutori.

Milioni di bambini nascono, crescono, diventano adulti, se ci riescono, dentro i recinti di baraccamenti che avrebbero dovuto essere provvisori e hanno ormai mezzo secolo e più. Fanno parte di quei 50 milioni di piccoli che, secondo l'ultimo rapporto dell'Unicef, risultano invisibili ai governi ma anche a noi. Piccini venduti, trattati come piccole bestie da soma o da piacere, insidiati, mutilati della propria infanzia... Pensavo a queste cose, giorni fa, visitando una mostra di disegni dei bambini dei campi profughi palestinesi nel Libano. Mia moglie mi ha fatto notare un elemento inquietante: la maggior parte di quei disegni non aveva la linea di base, del terreno. Ne ho parlato con quel grande pedagogo che è il vecchio ma ancora lucidissimo Mario Lodi, che mi ha risposto con accenti di profonda pietà. Tutti i bambini, di tutti i Paesi del mondo, appena cominciano a disegnare - dice Lodi - tracciano due linee che contengono la loro realtà: la linea del suolo su cui vivono e la linea del cielo. La mancanza di una di quelle due linee indica che il bambino vive una vita inquietante, non ha una sua terra. Ma terra, penso io, terra significa spazio di vita, patria, socialità, sicurezza, base per la costruzione del futuro. Quei bambi­ni che sembrano fluttuare in un immenso vuoto indicano che la nostra è una civiltà potente e spietata.

(da Jesus, gennaio 2006, p. 25)

Letto 2293 volte Ultima modifica il Martedì, 21 Novembre 2006 13:35
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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