I Dossier

Lunedì, 09 Giugno 2008 23:28

Una voce di speranza sulle colline (Maria Luisa Casiraghi)

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Burundese, di etnia tutsi, Marguerite Barankitse, detta Maggie, è una figura di primo piano nella difesa dei diritti dei bambini e ragazzi, emarginati per vari motivi dalla società, e per il suo indomabile e coraggioso impegno a favore della pace e riconciliazione.

L’ 8 marzo 2007, ha narrato la sua esperienza e presentato i suoi progetti, a Milano, presso la Fondazione Università Iulm.

Maggie sorride mentre racconta la sua vita, elegante in quel modo del tutto naturale, istintivo, come solo le donne africane sanno esserlo, avvolta nel suo lungo abito tradizionale. Maggie ama i colori forti, vividi, sgargianti,forse perché nella sua vita ha rifiutato con determinazione il grigiore.

Quattordici anni fa, una mattina di ottobre del 1993, Marguerite Barankitse fu testimone di un orrendo massacro di hutu, perpetrato dai tutsi nella sede del vescovado di Ruyigi, dove lei lavorava come insegnante: 72 persone uccise sotto i suoi occhi, mentre lei, legata a una sedia, era costretta ad assistere impotente alla violenza cieca della sua gente.

Era l’inizio del genocidio interetnico che ha devastato il Burundi - così come il vicino Ruanda - sprofondato in una guerra civile che solo dal 2005, con l’ultimo accordo di cessate il fuoco e le elezioni generali, sta andando verso la fine.

Quel mattino di ottobre, mentre la furia assassina divampava nella città, Maggie abbracciò Chloe, giovane hutu studentessa di medicina, scampata miracolosamente al massacro, e prese con sé 25 bambini, incurante della loro etnia, mettendoli in salvo. Fu l’inizio di un’avventura, o forse di un miracolo: da allora, quel primo esiguo gruppo si è allargato, Maggie ha continuato a salvare e prendere con sé i piccoli scampati ai massacri, orfani, spesso loro stessi feriti o gravemente mutilati.

Nel 1994 è nata la Maison Shalom, nella provincia di Ruyigi, una delle più povere del paese. Una casa dove Maggie ha accolto le giovani vittime del genocidio,curandole, offrendo toro assistenza, educazione e istruzione, realizzando una serie di progetti nei settori del microcredito,dell’assistenza medica, della prevenzione dell’Hiv/Aids, del sostegno psico-sociale, della riunificazione familiare, del recupero dei bambini vittime di abusi sessuali e dell’educazione alla pace. Oggi l’organizzazione aiuta donne e bambini che, dopo annidi esilio in Tanzania, rientrano in Burundi per cercare di ricostruirsi una vita.

In 14 anni, attraverso la Maison sono passati 10 mila ragazzi. Sono le prime vittime del genocidio, ma anche della fame e Aids. Il paese è al terzo posto nel mondo per la diffusione dell’Hiv e conta 660 mila orfani (di cui 200 mila a causa del virus).

Poco tempo fa, una ragazza della Maison Shalom, che ha compiuto gli studi all’estero, è rientrata ed è stata eletta governatore provinciale. Il sogno di Maggie e dei volontari della sua struttura è che la Maison aiuti a formare la nuova classe dirigente del Burundi,un paese che deve essere ricostruito.

Alla Commissione europea, dove era stata invitata a parlare, Maggie ha lanciato un messaggio: «L’Europa versa lacrime su di noi Africani. Ma per aiutare qualcuno non bisogna piangergli addosso. Quando l’Occidente parla dell’Africa,ne parla come di un continente perduto. Ma io voglio dare voce alla speranza perché, sempre e comunque, la vita è una gioia».

L’impegno della signora Barankitse è ampiamente riconosciuto. Il 18 marzo 2003 ha ricevuto il premio per la difesa delle persone rilasciato dal Cear (Comisiòn española de ayuda al refugiado) e il 27 aprile dello stesso anno, a Stoccolma il Premio Nobel dei bambini. Il 2 febbraio 2004 è stata insignita della Laurea Honoris Causa in legge dall’Università di Louvain-la-Neuve; ha anche ricevuto il Four Freedoms Award da parte dell’istituto Franklin ed Eleanor Roosevelt e il Voices of Courage Award da parte del Comitato femminile per le donne e i bambini rifugiati, che ha sede negli Stati Uniti. Il 30 aprile 2005 è stata insignita del premio Nansen per i Rifugiati, promosso dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite.

Nonostante le minacce alla sua incolumità, la signora Barankitse ha continuato il proprio lavoro per promuovere pace e riconciliazione. Ai suoi “figli” Maggie ha insegnato il perdono, ha fatto incontrare le vittime del genocidio con i loro aguzzini, gli orfani con gli assassini dei loro genitori: perché, secondo lei, non ci può essere futuro senza una totale conversione del cuore. Il suo coraggio e la sua straordinaria vicenda umana sono ora raccontati nella biografia di Christel Martin, Madre di diecimila figli (Piemme), dalla quale stralciamo alcuni passaggi che illustrano la missione principale della Maison Shalom: fare nascere in Burundi una generazione, che porti la luce del perdono su tutte le colline.

Per realizzare questa missione Marguerite Barankitse è riuscita a «sposare armoniosamente, nonostante le loro contraddizioni, i valori degli ordinamenti sociali che ha incontrato. Ha saputo destreggiarsi con un certo buon senso tra i sistemi di riferimento tradizionali, i valori della religione cattolica e quelli delle istituzioni pubbliche introdotte dalla colonizzazione e poi dallo stato». E’ lei stessa a spiegare il suo impegno: «Cerco di prendere ciò che c’è di buono in tutte le culture, tanto nella mia tradizione quanto nello spirito occidentale. Ma è soprattutto la fede che mi ha aiutato ad avere un altro sguardo. La fede mi ha sostenuta nei momenti più atroci. Ho sempre custodito nel mio cuore la frase della bibbia: “Sarò con voi fino alla fine dei tempi”. È questa certezza che mi ha permesso di dire si e di accogliere ogni situazione incontrata nella vita ed è la forza che mi tiene in piedi. Ogni evento mi ha chiesto e mi chiede di dire sì alla vita e no,all’odio fratricida, questa decisione presa giorno dopo giorno richiede un’energia che supera le semplici forze umane. Per me c’è una sola religione, quella dell’amore e del perdono racchiusi nella fede biblica... Bisogna avere il coraggio di fare una rivoluzione d’amore, perché siamo stati creati per renderci felici a vicenda».

Le parole di Marguerite Barankitse sono semplici, lineari e qualcuno potrebbe definirle ingenue, ma la vita e le scelte di questa donna burundese dimostrano che il coraggio, la solidarietà e soprattutto la fede possono spostare le montagne.

Maria Luisa Casiraghi

(da MC, ottobre-novembre 2007)

 

Letto 3211 volte Ultima modifica il Venerdì, 19 Aprile 2013 19:13
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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