I Dossier

Domenica, 22 Agosto 2004 14:01

Impegno di liberazione umana e attesa del futuro di Dio (Giannino Piana)

Vota questo articolo
(0 Voti)

Il futuro appartiene a Dio, ma l'uomo non deve attenderlo in un'attesa vuota. Compito dell'uomo è quello di vivere il suo impegno nel mondo...

Il futuro di Dio è assolutamente imprevedibile, è il futuro assoluto di cui l'uomo non può disporre. Per questo la speranza, anzitutto, mette l'uomo nell'atteggiamento dell'attesa. Ma essa non significa inerzia o disimpegno, perché il Dio che verrà è il Dio che è già venuto, che ha già redento il mondo e la storia umana. L'uomo deve perciò accettare il rischio della sua libertà, assumendosi la propria responsabilità storica nell'orizzonte della dipendenza trascendentale da Dio. La speranza è accettazione di questo rischio con la consapevolezza che l'operare nel mondo non si perderà nella caducità della morte, ma passerà, con l'uomo, alla nuova vita. Con la sua azione il cristiano si dispone e dispone il mondo a ricevere la grazia della salvezza futura; prepara ed anticipa la definitiva manifestazione della gloria di Dio in Cristo.

Il futuro della speranza cristiana non è l'orizzonte vuoto di un indefinito sperare, ma la pienezza reale dell'uomo in tutte le dimensioni fondamentali della sua esistenza: nella sua apertura all'assoluto che sarà colmata con la visione di Dio; nella comunione interpersonale, che sarà compiuta ed espressa con la partecipazione di tutti alla gloria di Cristo; nella relazione al mondo e alla storia che non sarà distrutta bensì assunta nella nuova esistenza dell’umanità.

Senza dubbio, mirando all’avvenire assoluto la speranza relativizza nella prospettiva del provvisorio tutte le mete raggiunte dall'uomo nella storia, rivelandone la dimensione del penultimo. Non può dichiararsi soddisfatta di nessuna politica ma cammina sempre in avanti in cerca del nuovo e del migliore, in uno stato costante di esodo verso il compimento futuro della promessa. Essa assume per questo un atteggiamento critico di vigilanza di fronte all'ambivalenza del progresso, ma, nello stesso tempo accoglie, con fiducia le attese umane orientandole verso il nuovo e l'ultimo.

La vocazione cristiana è vocazione ad un amore creativo da vivere concretamente dentro la realtà storico-sociale così come si presenta. La speranza stimola l’uomo a darsi e, nello stesso tempo, gli permette di cogliere sempre nuove possibilità del futuro atteso. Ma soprattutto essa alimenta nell'uomo il senso della contemplazione e della gratitudine per quanto ha già ricevuto. "La coscienza orante è in attesa che quanto attende non può venirle da se stessa ma deve venirle da Dio. Dunque, non si caratterizza soltanto dall'attendere ma, nell'attesa, dal riconoscere il dono che è Dio stesso e quanto viene da Dio" (1).

La stessa prassi alla quale la speranza apre l'uomo deve assumere la dimensione della preghiera. "Possiamo avvicinarci a Dio solo se, al di là di tutti i nostri problemi, rimane in noi lo spazio libero per ciò che la sua volontà ha di inatteso; e se tutti i programmi, le previsioni e i calcoli son posti in movimento e tenuti in sospeso da ciò che c’è di sempre più grande nella sua chiamata che giunge a noi. Soltanto in questa disponibilità di assoluta risolutezza ad obbedire innanzi tutto, il cristiano può rivendicare la parola "amore" per la sua vita e per la sua azione. Diversamente il suo atteggiamento e il suo impegno non supererebbero il livello di un impegno umano medio, che, stando all'esperienza, sovente rende molto di più ed è pronto a maggiori sacrifici che non quello di taluni cristiani" (2).

Vivere sotto la signoria di Dio, manifestatasi nella risurrezione di Cristo, significa vivere come migranti sul punto di partire. Per questo Cristo inaugura l'ora della missione. La speranza diviene un atteggiamento attivo, nutrito di coraggio e di fortezza d'animo, che alimenta la resistenza nella sofferenza e la tensione nella lotta. Così il cristiano è chiamato a vivere il suo impegno nel mondo non perché rimanga quello che è, ma perché si trasformi e diventi ciò che gli è promesso che diventerà.

Giannino Piana

(in Nuovo Dizionario di Spiritualità, pp. 1514-1515)

Note

1) M. Nédoncelle, Bipolarità del cristiano, Roma, 1971, 181.
2) H.U. von Balthasar, Chi è il cristiano, Brescia, 1966, 84.

 


 

Profilo biografico: nato nel 1939, insegna Etica Cristiana presso la Libera Università di Urbino ed Etica ed Economia presso l’Università di Torino. È stato presidente dell'Associazione Italiana dei Teologi Moralisti (ATIM). Fa parte delle redazioni delle riviste "Credere oggi" e "Rivista di teologia morale"; collabora con "Jesus".

Opere di Giannino Piana: tra le molte opere citiamo: Bioetica. Alla ricerca di nuovi modelli, Garzanti, 2002; L'agire morale. Tra ricerca di senso e definizione normativa, Cittadella, 2001; Attraverso la memoria, Le radici di un'etica civile, Cittadella, 1998; Informazione/comunicazione. Molti soggetti per un'etica mass-mediale, (con Nando Delai e Alberto Papuzzi), Cittadella 1997; Il problema etico, (con Luciano Borello e Sergio De Carli), SEI, 1990; Etica scienza società. I nodi critici emergenti, Cittadella,  2005; Pregare e fare la giustizia, Edizioni Qiqaion, 2006. Giannino Piana collabora inoltre a numerose riviste e pubblicazioni italiane.

Il testo che presentiamo: è l'ultima parte della voce Speranza che Giannino Piana ha curato per il Nuovo Dizionario di Spiritualità, Roma (Paoline), 1979. Il futuro appartiene a Dio, ma l'uomo non deve attenderlo in un'attesa vuota. Compito dell'uomo è quello di vivere il suo impegno nel mondo, affinché rimanga quello che è, ma perché si trasformi.

 

Letto 2489 volte Ultima modifica il Lunedì, 07 Gennaio 2013 09:47
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search