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Venerdì, 22 Febbraio 2008 19:00

Potenziare la scuola pubblica, compito per tutti i cristiani

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Potenziare la scuola pubblica, compito per tutti i cristiani

di Maria Cristina Bartolomeidocente di filosofia e teologada Jesus – dicembre 2007

Il diritto-dovere di frequentare la scuola esteso a tutti, poveri e ricchi, uomini e donne, e in particolare a tutti i bambini, è, nella storia dell'umanità, un fatto relativamente recente e ben lungi dall'essere realizzato ovunque nel mondo. Per molti secoli l'educazione è stata un privilegio dei ricchi e, anche tra essi, l'istruzione un privilegio dei maschi, mentre solo in rari casi le donne vi avevano accesso.

La catechesi, divenuta da un certo punto in poi insegnamento catechistico, è stata a lungo per moltissimi analfabeti l'unica possibilità di apprendimento ed educazione. Cambiata la struttura sociale e accresciutasi la sensibilità per l'iniquità e le conseguenze nefaste della miseria culturale, alle famiglie religiose già dedite alla formazione dei giovani delle classi alte, si sono aggiunte molte congregazioni votate all'istruzione degli appartenenti agli strati sociali svantaggiati ed emarginati.

Oggi, nei Paesi avanzati, la situazione è cambiata e gli Stati si riconoscono il diritto-dovere di provvedere a offrire a tutti i cittadini adeguati percorsi scolastici. La scuola per tutti e di tutti è occasione non solo di apprendimento, ma di socializzazione, di incontro con l'altro, col diverso. Ed è palestra di democrazia, tolleranza, libertà, quando docenti e discenti portatori di orientamenti ideali legittimamente diversi (purché non imposti né confliggenti coi valori costituzionali) si "riconoscano" a vicenda.

In tale nuova situazione, la sollecitudine cristiana per l'educazione dei giovani può attuarsi più liberamente in altri modi, giacché non vi sono più carenze strutturali cui supplire. Le scuole confessionali non debbono perciò sparire e così le scuole con peculiari orientamenti pedagogici (montessoriane, steineriane, straniere ecc.). Ma dovrebbe essere chiaro che l'esistenza della scuola promossa dallo Stato è anche il presupposto che consente ad alcuni di fare libere opzioni diverse, senza l'onere di garantire il servizio a tutti. Anche e proprio chi propone una diversa offerta formativa dovrebbe avere a cuore che la scuola di tutti sia potenziata e di qualità, invece di pensarsi in concorrenza con essa.

«Per la popolazione non tedesca dell'Est non ci può essere una scuola superiore alla scuola elementare di quattro classi. L'obiettivo di questa scuola dev'essere soltanto: saper contare al massimo fino a cinquecento; saper scrivere il nome; l'assimilazione di una dottrina secondo cui è un comandamento divino obbedire, essere onesti, diligenti e buoni. La lettura non la ritengo una cosa necessaria. All'infuori di questa scuola non ci dev'essere all'Est nessun'altra scuola. [...] Dopo una coerente applicazione di queste misure nel corso dei prossimi dieci anni, ciò che rimarrà della popolazione del governatorato generale sarà inevitabilmente una popolazione scadente. Questa popolazione sarà a disposizione come popolo di lavoratori senza capi, e offrirà ogni anno lavoratori fluttuanti e fissi per particolari esigenze di lavoro (strade, cave di pietra, costruzioni)». Si tratta di un brano di un promemoria di Himmler del 1940 (cfr. Sebastian Haffner, Hitler. Appunti per una spiegazione, tr. it., Garzanti, Milano 2002, p. 140): un testo che, al negativo, ben illustra che cosa sia in gioco nelle scelte scolastiche.

In anni recenti in Italia venne lanciato per la scuola lo slogan delle tre "i": inglese, informatica, impresa. Un programma da brivido: una scuola ridotta ad addestramento tecnico per il lavoro; un luogo dove imparare ad adeguarsi e non, invece, prima di tutto, a pensare, criticamente, a essere creativi, capaci di novità. Stranamente, il mondo cattolico, che pure riconosce nell'educazione dei giovani un tema decisivo, non ha reagito in modo vibrato. Invece che le tre "i", la scuola dovrebbe proporre "attenzione, creatività, iniziativa". La psicologia attuale differenzia l'apprendere per imitazione, passivamente accettando modelli - il che non forma la mente e la libertà interiore - dall'apprendere per esperienza, il muovere dalle emozioni verso il pensiero: qualunque scuola lo promuova, serve l'uomo e il suo essere immagine di Dio. Le migliori scuole del mondo per l'infanzia sono a Reggio Emilia, ispirate dal "metodo Malaguzzi", che punta all'ascolto e alla libera espressione del bambino, con l'effetto anche di ridurre le tendenze violente. Già sant'Agostino nel De magistro (un dialogo col figlio Adeodato) mette in luce che le parole altrui possono spingere a imparare, ma decisivo è il maestro interiore: il proprio intelletto e la propria coscienza, in cui i credenti vedono trasparire la luce divina.

Letto 1678 volte Ultima modifica il Lunedì, 31 Marzo 2008 12:56

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