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Venerdì, 25 Giugno 2010 22:15

Armi. Vendita a gonfie vele

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da Vita.it

Quelle leggere sono il 31% delle esportazioni italiane. In allegato il report di Archivio Disarmo

E' online il nuovo “Rapporto 2010” promosso dall'Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, da cui emerge un forte incremento nelle vendite.

Infatti, l’Italia ha esportato armi comuni da sparo, munizioni ed esplosivi per oltre 460 milioni di euro nel 2007 e per oltre 465 milioni di euro nel 2008, con un incremento del 12% rispetto al biennio precedente, toccando così i valori più alti dal 1996.

Considerando l’ammontare complessivo dei trasferimenti di armi, comprese le armi ad uso militare sottoposte alla disciplina della legge 185 del 1990, le categorie di armi oggetto della presente ricerca rappresentano il 31% del totale delle armi esportate dall’Italia nel biennio considerato.

La ricerca dell’Archivio Disarmo, diretta dal dott. Emilio Emmolo, è stata condotta su fonte ISTAT, che periodicamente mette a disposizione i dati relativi alle esportazioni ad armi comuni da sparo, munizioni ed esplosivi, senza peraltro dettagliare le ditte fornitrici, il prodotto, gli acquirenti (evidenziando ancora una scarsa trasparenza sui trasferimenti, al punto da non poter distinguere la vendita di doppiette da quella di fucili da caccia grossa).

In particolare, il 67% del totale delle esportazioni del biennio è costituito da pistole e fucili, a fronte di un 29% di munizioni e di un 4% di esplosivi.

Nel biennio 2007-2008 tali esportazioni sono state dirette per la maggior parte verso gli Stati Uniti (30%) e i Paesi membri dell’Unione Europea (45%), ma anche verso una serie di Paesi nei quali si riscontrano la presenza di conflitti e di gravi violazioni dei diritti umani.

Emerge, infatti, l’esportazione verso Paesi sottoposti a embarghi internazionali sulle forniture di armi (Cina, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Uzbekistan, Armenia e Azerbaijan), e verso Paesi in cui sono in atto conflitti e in cui si riscontrano gravi violazioni dei diritti umani riconosciute non solo da Organizzazioni non Governative (quelle prese in considerazioni dalla ricerca dell’Archivio Disarmo, tra le più autorevoli: “Amnesty International”, “Escola de Cultura de Pau” e “Human Rights Watch”), ma anche dalle stesse Nazioni Unite e dall’Unione Europea (la Federazione Russa, la Thailandia, le Filippine, il Pakistan, l’India, l’Afghanistan, la Colombia, Israele, il Congo e Kenia).

La ricerca, oltre sulla definizione di armi piccole e leggere, si sofferma anche sulle normative vigenti in Italia e sul quadro giuridico internazionale, nonché sull’Arms Trade Treaty in discussione in ambito ONU, il trattato internazionale sul commercio che dovrebbe approdare nel 2012 ad accordo mondiale.

In particolare, ancora una volta emergono le contraddizioni derivanti dal fatto che le procedure e i divieti previsti per le armi comuni da sparo (previste dalla legge 110/75) sono diverse dal quelle previste dalla legge 185/90 che si occupa dei trasferimenti di armi ad uso militare, una tra le discipline più avanzate a livello internazionale.

Emergono dall’analisi da un lato l’incremento progressivo delle esportazioni italiane di armi “leggere ad uso civile”, dall’altro un quadro normativo tutt’altro che univoco e che lascia delle zone d’ombra molto importanti (nonostante che la Relazione della Presidenza del Consiglio sull’export di materiale di armamento militare abbia più volte ribadito di seguire anche in questo ambito criteri analoghi a quelli applicati per la 185/90).

E’ opportuno ricordare che, come ha più volte messo in luce l’ONU, spesso attraverso vendite legali si passa poi a successive forniture a soggetti che di questi strumenti fanno un uso non consentito, finendo per armare anche la delinquenza organizzata, formazioni terroristiche, bande paramilitari ecc.

Come avviene già a livello europeo, ancora una volta appare necessario considerare giuridicamente le armi comuni da sparo alla stregua delle armi leggere ad uso militare alla luce dell’ormai accertata pericolosità della loro presenza soprattutto nei numerosi scenari di conflitto che costellano i cinque continenti; conflitti in cui le armi, dalle più piccole alle più sofisticate, contribuiscono alla radicalizzazione della violenza e delle difficili condizioni post-conflittuali con impatti devastanti sulle popolazioni.

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