All'inizio di febbraio è sorto il Comitato per l'islam italiano, istituito dal ministro dell'interno, Roberto Maroni. II compito dei 19 membri che lo compongono è di consulenza al ministro, il quale si è prefissato «l'obiettivo di migliorare l'inserimento sociale e l'integrazione delle comunità musulmane nella società nazionale, anche nell'ottica di sviluppare la coesione e la condivisione di valori e diritti nel rispetto della costituzione e delle leggi della repubblica».
Esaminando da vicino il profilo culturale e professionale dei componenti del neo comitato, tuttavia, sorgono seri dubbi sulla compatibilità politica di molti di loro rispetto all'obbiettivo annunciato. Tra gli 11 esponenti musulmani del neo comitato prevale la componente marocchina, nonostante la comunità musulmana in Italia sia etnicamente molto eterogenea. Sono in minoranza i rappresentanti di organizzazioni islamiche legate alle moschee - nessun esponente dell'Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii) - e sono tutti di area vicina all'establishment. I membri musulmani sono, quindi, in gran parte "intellettuali" di cultura islamica, classificabili come uomini di corte, tra cui il giornalista vincitore nel 2007 del premio "Oriana Fallaci".
Di questo comitato fanno parte 8 italiani non musulmani. La cosa, di per sé, non è negativa: in primo luogo, perché il comitato non è un organo rappresentativo dei musulmani in Italia; in secondo luogo, perché alcuni di loro - pochi, ahimè! - sono esperti in temi di Islam e d'immigrazione e possono contribuire a far progredire il dibattito in materia d'integrazione sociale dei "nuovi" cittadini di tradizione islamica.
I veri dubbi sulla genuinità di questa operazione derivano dalla presenza nel comitato di soggetti notoriamente anti-islamici. Uno di loro è lo scrittore Carlo Panella, autore del libro Islam fascista; l'altro è Andrea Morigi, giornalista del quotidiano Libero, il quale sostiene che «l'islam vuole la conquista dell'Occidente con il suo cavallo di Troia, che è il Corano, da imporre gradualmente ma inesorabilmente anche ai cristiani». Questo tipo di tesi è molto cara alla Lega Nord, di cui il ministro Maroni è uno dei massimi dirigenti. II che legittima i dubbi espressi sul vero obbiettivo dell'istituzione del comitato.
Inoltre, a chi ha suggerito a Maroni i nominativi del comitato è sfuggito un dato fondamentale che avrebbe dato un minimo di credibilità all'organo costituito: la presenza delle donne. Tra i 19 membri c'e solo una donna - in rappresentanza di una piccola comunità sciita vicina alla corte anche lei.
Come mai, nonostante la centralità della questione femminile nel dibattito sull'islam, nel nuovo comitato per l'islam in Italia c'e una sola donna? Eppure, i collaboratori del ministro non avrebbero trovato molta difficoltà ad arruolare donne musulmane, o sedicenti tali, che la pensano come la Santanchè. Disporre di un organo consultivo sull'islam che comprende un numero rilevante di donne sarebbe stata una mossa astuta per convincere I'opinione pubblica dell'utilità sociale di una possibile (quasi certa) futura legge contro il velo. Ma il ministro può sempre rimediare a questa svista: in Italia consulte e comitati possono essere fatti, integrati e disfatti a piacere.
II secondo elemento di novità è il cambio al vertice dell'Ucoii, avvenuto nel mese di marzo in occasione dell'elezione del suo nuovo organo direttivo. Esso, in effetti, comprende volti giovani, che hanno rilevato il timone dalla vecchia guardia fondatrice dell'organizzazione nel 1990. Ora l'Ucoii ha un nuovo presidente, il giovane imam di Firenze, già portavoce dell'organizzazione. Inoltre, per la prima volta, nel suo direttivo è stata eletta una donna.
Si tratta di un primo incoraggiante segnale di cambiamento per un'organizzazione - tra le più radicate e attive sul territorio - che da anni vive in un forte isolamento politico. I motivi di tale isolamento sono legati in gran parte alle scelte ideologiche adottate dai suoi capi storici - alcuni dei quali ispirati al movimento dei Fratelli Musulmani - e soprattutto alla loro militanza politica contro l'occupazione israeliana dei territori palestinesi. Ciò ha sempre reso difficile il suo rapporto con le istituzioni e il mondo politico, che, spesso e volentieri, hanno escluso I'organizzazione da iniziative di confronto e dialogo con la comunità islamica in Italia. Questa esclusione ha, di fatto, contribuito alla radicalizzazione dell'associazione e alla riduzione degli spazi di confronto democratico al suo interno: I'elezione del direttivo era stata spesso una semplice formalità.