Siamo solo alle indiscrezioni. E  già si alzano quelli  del "noi no". «Mi opporrò ad ogni ipotesi di  nucleare'', ha detto -  attraverso Facebook - il presidente della Regione  Toscana, Enrico Rossi,  a proposito dell'individuazione, come  sito idoneo per il deposito  delle scorie, della Maremma: «No grazie»,  afferma, «la Maremma avrà  turismo, agricoltura e un distretto per le  energie rinnovabili». Nichi Vendola,  dalla Puglia, fa sapere che  «qui in Puglia avranno la più civile,  pacifica e partecipata reazione  popolare della storia pugliese». E così  via. Qualcosa di simile a quanto  accaduto alle prime indiscrezioni  sulla localizzazione degli impianti  accade in questi giorni attorno  alla lista dei siti dove sarebbe  possibile, secondo la Sogin (la  società per il nucleare di proprietà del  Tesoro), stoccare le scorie  della lavorazione delle centrali prossime  venture. «Not in my  backyard», è la risposta quasi unanime.
Peraltro  la mappa è stata  stoppata dal premier in persona, Silvio Berlusconi, in  qualità di  ministro ad interim dello Sviluppo economico. In una lettera a  Sogin ha  chiarito che la mappa non può essere divulgata, visto che  manca ancora  l'Agenzia per la sicurezza nucleare. Di quest'ultima si sa  solo, per  ora, che c'è un autorevole candidato alla sua presidenza,  Umberto  Veronesi, che in più occasioni, durante l'estate, ha dichiarato  la sua  disponibilità. Per il resto, tutto fermo. Anche perché, e non è   secondario, a mancare è anche il ministro dello Sviluppo economico.
Mappe virtuali...
In   realtà il piano della Sogin è pronto e sui suoi contenuti, nonostante   il tentativo di tenerli in cassaforte, sono trapelati parecchi  dettagli.  Sogin avrebbe individuato 52 aree adatte ad ospitare il  deposito per le  scorie, scelte sulla base di criteri precisi (stabilità  del suolo, la  non sismicità e la bassa densità di popolazione). Tra le  zone più  papabili il Viterbese, la Maremma, l'area di confine tra la  Puglia e la  Basilicata, le colline emiliane, alcune zone del Piacentino  e del  Monferrato. Anche se già fioccano i no, siamo ancora nel campo  delle  ipotesi: «È un ottimo lavoro», ci tiene a precisare il  sottosegretario Stefano Saglia,  che continua a seguire  il dossier nucleare nonostante l'assenza del  ministro, «ma l'elenco di  siti idonei dovrà essere esaminato  dall'Agenzia per il nucleare e  rispondere alla valutazione ambientale  strategica (Vas). Quella del  deposito è una questione che si trascina da  anni e su cui nessun  governo è riuscito a mettere mano. Siamo orientati  per un impianto di  superficie come avviene in tutti gli altri Paesi.  Dove sarà ubicato non  è possibile dirlo ora».
Tutto fermo, quindi,  anche su uno dei  fronti più decisivi per il futuro del programma  nucleare italiano,  quello delle scorie. Forse il problema dei problemi.  Visto che, come  spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di   Greenpeace Italia, «nessun Paese al mondo ha ancora individuato una   soluzione definitiva per il problema». Ammette lo stesso Saglia: «La   soluzione definitiva per il deposito è quella geologica di cui,   tuttavia, non esistono ancora esempi. Tutti gli altri Paesi hanno   soluzioni provvisorie». E quindi anche i depositi futuri lo saranno.        
        
        
        
        
                
 
                