Mondo Oggi

Mercoledì, 26 Ottobre 2011 08:56

Quanto costa un'ora di lavoro

Vota questo articolo
(1 Vota)

I quattro euro delle operaie di Barletta hanno fatto scandalo. Eppure questa cifra non è così lontana dalle paghe ufficiali

 

Tragedia sul lavoro, e tragedia del salario. Oltre che per la loro morte sotto le rovine del maglificio abusivo in cui lavoravano a Barletta, Matilde Doronzo, Giovanna Sarzano, Antonella Zaza e Tina Ceci saranno ricordate per la loro paga, quei quattro euro all'ora emersi dalle macerie come un'insopportabile realtà nell'Italia del 2011. Ma quanto sono distanti le loro paghe in nero dalle paghe legali? Se questi sono i livelli salariali del sommerso, che secondo l'Istat riguarda almeno 3 milioni di lavoratori, quanto vale il lavoro regolare? E come cambiano le cose da settore a settore?

La tabella permette di farsi un'idea sulla realtà delle paghe in Italia. E non è un panorama roseo, soprattutto per le qualifiche operaie: 12 euro e 40 centesimi nella media, arriviamo quasi a 13 se prendiamo solo l'industria. Ma attenzione: quei numeri, elaborati dall'Ires-Cgil sulla base delle retribuzioni contrattuali nazionali rilevate dall'Istat, danno il lordo, cioè tengono dentro tasse e contributi, oltre a conteggiare nella retribuzione oraria anche la tredicesima e le ferie: il netto che arriva nelle tasche ogni mese è inferiore del 30 per cento circa.

Lorenzo Birindelli, ricercatore dell'Ires-Cgil, aiuta a rintracciare nella tabella la posizione più vicina a quella delle operaie di Barletta: "Escludendo il contratto delle colf, che va dai 4,22 euro l'ora in su, nelle retribuzioni contrattuali lo scalino più basso è quello dei lavoratori delle pulizie. Se togliamo contributi e imposte, arriviamo a 6 euro l'ora. Se non consideriamo neanche i ratei di ferie e tredicesima, siamo a 5 euro all'ora". Non lontani da quel maglificio. Birindelli lo considera una specie di "salario minimo informale, molto vicino al costo del lavoro rumeno".

Nel mondo del lavoro regolare, invece, la paga dei tessili è sui 12,18 euro all'ora: ma questa media "tiene conto di tutti i livelli, se invece prendiamo il livello minimo del contratto dei tessili nell'artigianato la paga scende: 1.100 euro lordi al mese, che vuol dire intorno ai 7 euro all'ora". Ma quello tessile è un settore povero, si potrebbe pensare. Eppure, non è che si salga poi tanto quando si arriva alla categoria "pilota" della contrattazione, i metalmeccanici: 12,69 euro l'ora nelle tabelle Istat.


Ma quanto sono reali questi dati? Secondo Birindelli, si tratta di una buona approssimazione: i salari di fatto possono essere un po' più alti, per la contrattazione aziendale, ma anche più bassi, per esempio per i giovani con contratti atipici parasubordinati.

Le paghe salgono man mano che si va nelle categorie più forti degli operai (energia, elettricità, gas), per gli impiegati nelle banche e nelle assicurazioni, e in alcuni settori del pubblico impiego. Ma nel loro insieme, mostrano un panorama più vicino all'Est europeo che al Nord Europa. C'è di che riaprire la questione salariale in Italia, come chiede la Cgil e parte della sinistra? "I salari non crescono perché non cresce l'economia, la produttività è stagnante da 15 anni e questo non è un problema che si risolve con un atto dall'alto per aumentare i salari", dice l'economista Pietro Garibaldi, secondo il quale non è corretto affrontare i nodi dell'economia italiana partendo dai bassi salari. Altro è però introdurre forme di tutela, dice Garibaldi, autore con Tito Boeri della proposta di un salario minimo legale: non una spinta a salire nella scala delle retribuzioni ma un pavimento di sicurezza, sotto il quale non si può scendere. "Non è vero che aumenterebbe il sommerso, anzi, le esperienze dei paesi in cui c'è il salario minimo dimostrano che ha un effetto-faro sul resto del sistema economico".

In tale quadro, finiscono per svettare persino gli insegnanti, con i loro 23 euro l'ora (ma guadagnano il 40 per cento in meno dei colleghi dei paesi a noi vicini, dice l'Ocse). Salendo all'università, usciamo dalla rilevazione Istat: qui non c'è un orario di lavoro fisso, dunque è impossibile dire a quale paga oraria corrispondono i 30.116 euro lordi annui di un ricercatore a inizio carriera, e i 113.238 di un prof a fine carriera. Invece un medico ospedaliero pubblico guadagna da contratto, dopo cinque anni di lavoro, un minimo di 65 mila euro l'anno: 33 all'ora (se lavora 38 ore a settimana), più o meno quanto secondo l'Istat guadagnano in media i giornalisti.

Ai piani alti del settore pubblico, se la battono prefetti e alti dirigenti (dai 70-80 mila euro lordi annui di inizio carriera ai 125-140 mila dopo vent'anni di lavoro), diplomatici (che finiscono la carriera a 176 mila euro l'anno), magistrati amministrativi (157 mila euro dopo vent'anni di carriera). I magistrati ordinari, secondo l'Anm, dopo cinque anni di lavoro guadagnano 72.075 euro, che salgono a 122 mila dopo vent'anni. Anche qui, impossibile dare la paga oraria: almeno in attesa dei tornelli che il governo vorrebbe mettere anche nei tribunali.


di Roberta Carlini
l'Espresso 17/10/2011

Letto 1909 volte Ultima modifica il Giovedì, 07 Giugno 2012 22:30

Search