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Lunedì, 14 Novembre 2011 16:44

Rimesse ”anticicliche”, la crisi non le scoraggia

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Dopo il calo del 2009,l’anno scorso le risorse inviate dagli immigrati in Italia verso i paesi d’origine sono tornate ad aumentare.

Flussi resistenti ai cicli economici,giovano alla riduzione della povertà. Anche se a lungo termine….

Parlano chiaro, le stime più recenti della Banca Mondiale: nel 2010 le rimesse, cioè le risorse che i lavoratori immigrati spediscono alle loro famiglie di origine, hanno ripreso la loro marcia (+6%) dopo la leggera flessione del 2009 (-5,5%), arrivando a valori complessivi pre-crisi, pari a 325 miliardi di dollari. E cresceranno ancora nel prossimo biennio, come prospetta il Migration and Remittances Team della Banca Mondiale: del 6,2% nel 2011, dell'8,1 % nel 2012. Dati che confermano la tendenziale stabilità e anticiclicità di questa fonte finanziaria.
Una caratteristica che emersa nel 2010 esaminando il mercato delle rimesse italiano (Dossier statistico immigrazione Caritas- Migrantes) consisteva nel rallentamento, a causa della crisi, dei tassi di crescita, che erano stati assai elevati per tutto il triennio 2005-2007, ma non un'inversione del fenomeno.
Il flusso di rimesse inviate dall'Italia era ulteriormente aumentato nel 2009, superando complessivamente i 6,7 miliardi, con la Cina primo paese per destinazione: cifre importanti in valore assoluto, ma ancor più significative se si considera che nel giro di pochi anni le rimesse sono quasi raddoppiate rispetto ai 3,9 miliardi del 2005. E, soprattutto, che quelle inviate tramite i canali ufficiali sono solo una parte dei soldi effettivamente destinati ai paesi d'origine dei migranti.
Incentivano l'emigrazione
Ma perché i flussi di rimessa sono così "resistenti" alle crisi economiche? Le ragioni sono molteplici (la Banca Mondiale ne ha indicate sei nello studio citato): in primo luogo, le rimesse non vengono effettuate dagli ultimi arrivati, ma dallo stock di quelli già da tempo presenti (che attingono ai risparmi accumulati negli anni); inoltre, essendo una frazione relativamente piccola dei redditi dei migranti, la loro gestione presenta caratteristiche di flessibilità in grado di fronteggiare anche i momenti meno positivi del ciclo economico; a incidere poi è l'imponente area del lavoro nero e irregolare, soprattutto nei servizi, che cresce proprio nei momenti più acuti di crisi.
Le rimesse dei migranti rappresentano dunque un flusso stabile, molto più degli aiuti e degli investimenti stranieri. Una vasta letteratura evidenzia l'impatto positivo di questi trasferimenti a livello macro e microeconomico: sul saldo della bilancia dei pagamenti, sulle riserve valutarie e sul risparmio nazionale, con effetti positivi anche in termini di capacità di attrarre capitali dall'estero e di costruire relazioni economiche. È stato spesso rimarcato il contributo delle rimesse alla riduzione della povertà, in quanto destinate soprattutto alle famiglie con reddito medio-basso, all'investimento in capitale fisico (assistenza sanitaria, migliore alimentazione), umano (istruzione, formazione) e più in generale alle spese di welfare (fondi pensionistici, assicurazioni), ciò che facilita tra l'altro l'accesso al credito e ai servizi finanziari di soggetti altrimenti esclusi.
Se dunque, da un lato, queste risorse sono di fondamentale importanza per molte nazioni, e arrivano direttamente alle famiglie e alle fasce sociali che ne hanno maggiore necessità, d'altro canto esistono diverse valutazioni rispetto a una considerazione acriticamente positiva del loro impatto sui processi di sviluppo. Alcuni evidenziano il fatto che molti paesi del Sud del mondo sembrano addirittura incentivare i flussi di emigrazione, per mantenere un elevato importo di rimesse: è una dipendenza che espone a diverse vulnerabilità, generando effetti negativi e di lungo periodo sulle società e le economie nazionali.
di Lorenzo Luatti
Ucodep-Oxfam Italia
Italia Caritas – Maggio 2011

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