Piccolo grande Fratello
di Mons. Claude Rault *
La beatificazione di Charles de Foucauld ha avuto luogo a San Pietro domenica 13 novembre 2005.
Prevista per la festa di Pentecoste, era stata rinviata a causa della morte di Giovanni Paolo II. Anche se Benedetto XVI ha deciso ora di dare un carattere più discreto e più locale alle beatificazioni, Roma è stata ritenuta più adatta per meglio rimarcare la vocazione di "fratello universale" di Charles de Foucauld. E’ proprio in questo senso che egli ha voluto condurre la sua vita seguendo Gesù.
Ci sono voluti tempo ed esitazioni perché alla fine abbia visto la luce questo riconoscimento da parte della Chiesa universale. Sarà stato perché egli ha scritto troppo o è stato troppo legato alla colonizzazione? Tutto ciò non è estraneo a questi ritardi. La Nostra Chiesa d'Algeria non era certo ansiosa di vedere questo figlio della Francia coloniale promosso "beato". Occorreva che la sua figura si allontanasse e si situasse "altrimenti" che come residuo e prolungamento di una Chiesa coloniale.
Il decennio di violenza è stata l'occasione di questo cambiamento, e la manifestazione della volontà di questa Chiesa di essere più incarnata nel cuore del popolo algerino. Essa ha unito il suo sangue a quello delle vittime del terrorismo, rifiutandosi di abbandonare il Paese malgrado le minacce dei gruppi armati e certe pressioni dall'estero. Ha acquisito, attraverso questa solidarietà vissuta, una certa cittadinanza? Ad ogni modo essa è ora impegnata in un nuovo percorso che non potrà portare a termine se non in collaborazione e in mezzo al popolo algerino, in nome della sua vocazione: esprimere la fratellanza universale al di là dell'appartenenza religiosa e nazionale.
Ecco la nostra Chiesa d'Algeria liberata dalla gogna post-coloniale: la nuova ondata dei suoi membri è di origine planetaria, alcuni storici algerini rivisitano la sua storia antica contrassegnata dall'irraggiamento di sant'Agostino, figlio di questo Paese. Questa Chiesa ha meno beni di un tempo, sopravvive fragilmente data la sua esiguità. Ma e in questo contesto che ha potuto «rianimare» il processo di beatificazione senza temere troppo le inevitabili ricadute intorno alla complessa figura di Charles de Foucauld, uomo dal percorso vario e dagli aspetti contrastati, perfino disorientanti, che agli occhi di alcuni rimane una figura controversa.
Ufficiale pigro e scadente, tuttavia capace di coraggio, avventuriero scientifico in grado di lavorare sedici ore al giorno per preparare la sua esplorazione in Marocco, elegante visconte vestito da ebreo errante per le necessità della causa, tornato alla fede della sua infanzia grazie all'esempio dei musulmani devoti, missionario pieno di zelo che vive nel rispetto dei musulmani, mistico e pratico, eremita alla ricerca di relazioni, francese convinto divenuto amico intimo di una popolazione che gli salva la vita, amico dei militari a cui arriva a fare da consigliere per una buona amministrazione, familiare con i Tuareg di cui sollecitava l'evoluzione, esperto della loro lingua, vagheggiante il martirio ed assassinato da un giovane guardiano in preda al panico… Quante contraddizioni! Saranno troppe per superare "l'esame di promozione" alla santità?
Si può comprendere l'accanimento di alcuni a demolire questa statua appena edificata! I sostenitori della nonviolenza gli fanno un processo senza attenuanti, certi cristiani pronti a mettere il sacro-cuore sullo stendardo della Repubblica sono pronti a farne il loro porta bandiera, e suoi discepoli più fedeli sono talvolta infastiditi di vederlo «beato»; la loro modestia non chiede tanto... Ecco una beatificazione che fa agitare molta gente e provoca diversi turbamenti!
E se questo ci dicesse qualcosa in più sulla santità? La santità è troppo spesso assimilata alla perfezione, così sublime, soprattutto per la nostra scala umana. La perfezione è solo in Dio. Nell'uomo non è che il bruciore del desiderio di avvicinarsi a quella di Dio, non il suo compimento. Si tratta di una tensione, spesso dolorosa, verso l'impossibile. Si tratta di voler il più grande bene dell'altro senza poterlo veramente compiere.
Charles de Foucauld non era un uomo "perfetto", ben lungi da questo. Deploriamo le sue scappatelle giovanili e i suoi passi falsi d'uomo maturo, perfino di convertito. E se egli avesse donato un volto più umano, perfino più fragile alla santità? Non gli è riuscito tutto nella vita, nemmeno nelle sue vette più alte. Non ha saputo sempre liberarsi dei suoi lati militaristici, ha visto l'avvenire della zona dell'Hoggar e del Sud algerino solo nella cornice del colonialismo, fosse pure dal volto umano. Possiamo rimproveragli di esser stato un uomo del suo tempo? A un eminente interlocutore che tacciava Charles de Foucauld di "cantore della colonizzazione”, mons. Teissier, arcivescovo di Algeri, rispondeva: "No, è stato il cantore della fratellanza universale nel contesto della colonizzazione”.
Ciò non impedisce che il fondo dell'uomo, la sue scelte radicali al servizio di Dio e del suo "ben amato Gesù", il suo impegno a raggiungere i più lontani e i più poveri, le sue ore passate in preghiera e in adorazione, le sue giornate trascorse ad accogliere tutti come fratelli, il suo vagabondaggio spirituale in cerca della sua vocazione, e tanti altri aspetti della sua personalità ce lo rendono vicino e accessibile. Finalmente un santo alla nostra portata, anche se lui resta… inimitabile!
"L'albero si riconosce dai suoi frutti", diceva Gesù. E questi frutti sono qui famiglie religiose di uomini e di donne nate dall'intuizione profonda di Charles, i "piccoli fratelli e le "piccole sorelle" sparsi per il mondo negli angoli più lontani, nei luoghi meno accessibili, nelle zone urbane meno frequentate dalla Chiesa stessa. Questi figli spirituali del "fratello universale" scelgono prioritariamente le popolazioni più povere, le più abbandonate, le più escluse, talvolta al limite del possibile. Questi frutti sono anche migliaia di preti e di laici che hanno scoperto attraverso il suo messaggio un modo di vivere il Vangelo dal basso, nella condivisione fraterna, nella cura dei più piccoli e nell'adorazione silenziosa. Questi frutti sono infine tutti quegli uomini e quelle donne che, senza appartenere alla sua famiglia spirituale e neppure alla sua religione, hanno scoperto la grandezza di questa personalità e la sua dimensione spirituale.
Beato Charles, che attraverso i suoi tentennamenti, la sua sete di solitudine e di relazioni, il suo grande amore per Dio e per il prossimo, mostra ancora oggi il cammino della fratellanza universale! Ci invita ad uscire dalle nostre rigidità, dalle nostre frontiere rassicuranti, dal nostro piccolo comfort spirituale, a rilevare le numerose sfide che egli ha affrontato senza riuscire sempre. Sta a noi continuare il cammino tracciato.
* L'autore di questo articolo è vescovo di Laghouat (Sahara algerino). L'articolo è stato pubblicato sul quotidiano francese La Croix il 9/11/2005 con il titolo originale "L'univers beatifiè".
(da Adista, n. 82, 29/11/2005)