Vita nello Spirito

Domenica, 29 Maggio 2011 20:31

Maristi e missione. Indole apostolica della congregazione (Franco Gioannetti)

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Gli aspetti che appaiono tipici di una situazione raramente possono essere universali; in quest’ottica presenterò le seguenti tematiche, alle quali si accenna brevemente, che costituiscono gli aspetti più rilevanti dell’ambito in cui si è formato il pensiero missionario di Colin.

 

La legislazione della Società ai tempi di Colin

Gli aspetti che appaiono tipici di una situazione raramente possono essere universali; in quest’ottica presenterò le seguenti tematiche, alle quali si accenna brevemente, che costituiscono gli aspetti più rilevanti dell’ambito in cui si è formato il pensiero missionario di Colin.

a) Società e Chiesa locale

I missionari maristi possono predicare in un luogo solo se il vescovo locale è consenziente o almeno non contrario e debbono sempre esibire le lettere di permesso del vescovo stesso quando esercitano il ministero nel suo territorio. Al termine delle missioni, se il vescovo lo chiede, debbono presentare un rendiconto del lavoro svolto15. I maristi debbono onorare i vescovi ed essere deferenti verso di loro; inoltre debbono consigliarsi con essi prima di assumere dei nuovi ministeri. Insomma si comportino in modo tale che i Pastori amino la Società come cosa propria16.

Per quanto riguarda la popolazione della Chiesa locale per Colin la missione è un servizio e mai una conquista o un’aggressione morale; quindi i maristi debbono conoscere a fondo e preventivamente gli usi e i costumi delle popolazioni in cui vengono inviati, affinché il loro modo di fare possa adeguarsi alle persone che incontreranno17. Questo mi sembra un segno di prudenza e di saggezza pedagogica, come vedremo meglio anche più avanti. Nell’evangelizzazione dell’Oceania una presenza comunitaria, invece di esistenze disperse, avrebbe facilitato al popolo indigeno la conoscenza-accettazione della Chiesa come popolo di Dio e comunione fraterna ed avrebbe evitato condizioni di vita inumane per i pionieri maristi.

b) L ‘itineranza

Nostrae vocationis est diversa loca peragrare: è questa una frase ricorrente sia nelle prime stesure sia in quella definitiva delle Costituzioni. Stava a cuore a Colin che i aristi non si installassero in posizioni di comodo, perché caratteristica del marista è l’andare apostolico; non la staticità, non l’attendere. Qualità sottese a questa impostazione sono la disponibilità e la mobilità18.

È il concetto di itineranza che richiama «l’andate» evangelico a cui si collega la gratuità che fa riferimento alla esortazione: «senza borsa ...» ecc. E l’andare povero dell’apostolo il cui unico affidamento è Colui nel cui nome evangelizza.

e) L’aiuto temporaneo per emergenze

Pur essendo contrario alla presa in carico di parrocchie, perché temeva un comodo installarsi in esse, Colin previde il caso in cui vi si potesse lavorare. In casi estremi e temporaneamente si poteva, fermo restando il fatto che occorreva sanare la situazione al più presto per poter ripartire19.

d) La gratuità

II marista deve essere disinteressato, non deve essere di peso a chi lo ospita per il ministero; deve sapersi accontentare di ciò che gli viene dato. In generale i maristi non solo non debbono avanzare pretese durante la missione, ma dovranno imparare anche a prestare gratuitamente la loro opera quando la Società avrà redditi sufficienti, per non essere di peso20. Siano dunque grati di quanto hanno ricevuto, non chiedano offerte per i loro servizi, né cerchino di captare la benevolenza ed eventuali doni dei parroci e dei cittadini importanti21.

e) L’attenzione ai confratelli

Occorre discrezione, dice Colin, nei confronti delle mortificazioni corporali (digiuno) per coloro che sono affaticati a causa del ministero22. H lavoro logora, sono necessari momenti di riposo tra una missione e l’altra23 e periodi prolungati, almeno tre mesi l’anno, per rinnovare le energie spirituali, per studiare, per preparare le omelie24. Soprattutto coloro che partono per le missioni estere e corrono rischi gravi per la salute, l’equilibrio, ecc., non vadano mai soli, ma nei vari luoghi siano inviati almeno in due25 .

* * *

Si tratta, come ognuno ha notato, di riferimenti brevi, ma molto significativi. Due aspetti importanti sono: il rapporto con il Vescovo e la Chiesa locale e l’attenzione culturale all’ambiente in cui si agisce. Realtà che verranno profondamente evidenziate dopo il Vaticano II. Colin non è sulla scia della diatriba tra la figura del Vescovo e l’istituto dell’esenzione, né su quella del colonialismo religioso.

Evangelizzazione e promozione umana secondo Colin

Alla base dell’esistenza di P. Colin ci sono certe aspirazioni costanti, hi un momento dice: «Tutto il mio pensiero era di essere eremita, di andare a vivere nei boschi, per essere con Dio solo»26. In un altro, parte dal progetto di una trappa mitigata27, che rispecchia il suo bisogno di contemplazione ed anche una visione della vita religiosa come via alla perfezione, come vocazione a vivere una vita unificata, una vita purificata da ogni ambiguità, da ogni frammentazione.

Accanto a queste aspirazioni però egli pone sempre progetti di evangelizzazione28, progetti che appaiono sin dal momento della consacrazione di Fourvière29 e si realizzano poi in situazioni concrete: missione nel Bugey, stesura delle varie regole30, accettazione della missione oceaniana.

Da notare che non esiste in pratica in Colin una separazione o opposizione tra azione e contemplazione. Tutto si fonda sul dono totale di sé a Dio, nel legame permanente con Lui. Tutto è vissuto ed espresso a partire da questa relazione fondamentale: la famosa mistica del «gustare Dio», che vedremo più avanti, di memoria cistercense.

In questa realtà le due dimensioni sono complementari: la vita spirituale (unione con Dio) sostiene la carità e trasfigura il lavoro al servizio del prossimo. Perciò dal discepolo di Colin deve effondere uno spirito di generosità, d’abbandono, di misericordia, affinché ciò che egli è risulti essere il riflesso e la testimonianza della presenza di Cristo in lui.

Ma come vede Colin l’evangelizzazione e come vi è connessa la promozione umana? Il presente studio non può essere esaustivo dell’argomento. Tuttavia, evangelizzare in una attività missionaria apud fideles, per Colin è caratterizzato dagli aspetti seguenti, che sono l’espressione pratica di quanto da lui indicato in modo sobrio in primo luogo nel regolamento riflesso nel Summarium del 1833 e nelle varie Costituzioni.

I missionari saranno in comunione con il vescovo di quella diocesi dove stanno lavorando31; al servizio del parroco di quella località, suoi ospiti, senza esigenze particolari, adattabili a ciò che viene loro presentato32;

senza porsi il problema dell’essere pagati o meno, anzi, potendo, senza accettare retribuzioni, evitando spese eccessive o inutili33; considerandosi inviati da Gesù Cristo, quindi umili e dignitosi34; ben preparati, con grande spirito di preghiera35.

L’evangelizzazione marista non è fare del moralismo, ma predicare gli aspetti fondamentali della fede, annunciare il Vangelo, aiutare a convenirsi, condurre alla confessione; parlare alla ragione e al cuore evitando offese, invettive, aggressività verbali; senza proposte devozionali36; mai fare della politica37; evitare troppi riferimenti al VI Comandamento38; in confessione non esigere troppo e subito39. In pratica, improntando il lavoro su una morale della misericordia, Colin mirava all’essenziale, ad un ritorno a Dio, rivestendosi di Gesù. Tutti aspetti fondamentali, come pure quelli che seguono, per evidenziare l’indole apostolica della Società, una missionarietà che non è attivismo, ma che ha la sorgente in un profondo rapporto, continuamente vissuto, con Dio ed il suo progetto di salvezza.

Per le missioni estere o apud infìdeles i missionari, per Colin, debbono essere ben preparati, uomini di fede40, personalità solide, pazienti, umili, capaci di sopportare privazioni e sofferenze41, dovranno essere scelti con cura42, uomini di preghiera43 ; tenendo conto delle difficoltà che incontreranno non debbono essere inviati mai isolati44 perché non soffrano della solitudine; prudenti nei rapporti con la Francia e con le altre nazioni45 , mai peccando di nazionalismo.

Solo alcuni brevi cenni, non è possibile fare di più, sulla promozione umana. In primo luogo si può affermare, in tutta tranquillità, il rispetto e l’attenzione per la persona da parte di Colin: il profondo legame sempre esistito tra lui e Champagnat ed il fatto che agli inizi le scuole dei Fratelli fossero essenzialmente scuole di villaggio ci dice molto sull’attenzione che veniva data alla crescita delle persone; per le meravigliose pagine sulla capacità educativa di Colin contenute nei nostri documenti, basta citare l’episodio del piccolo ladro46, un ragazzo che aveva bisogno di affetto e che perciò compensava questa carenza con piccoli furti; sentendosi compreso e amato, guarì. Ricordiamo ancora la preoccupazione di Colin di vegliare anche sul benessere fisico dei giovani; il suo rispetto per i loro ritmi di crescita umana e spirituale; la sua attenzione alla loro crescita globale, perché educarli è come dare loro una seconda creazione, come collaborare con Dio alla creazione di un uomo47.

Citiamo ancora il suo amore per i poveri, i suoi progetti per loro48, la sua saggia accoglienza a Puylata degli operai in sciopero49 ; la sua attenzione agli ammalati50; la sua avversione ad occuparsi di politica o ad agire contro gli avversari politici, distinguendo tra le ideologie e coloro che le professano51, il rispetto per le diverse opinioni politiche anche tra i cattolici52 ; il suo interessamento per le iniziative del capitano Marceau a favore delle missioni.

Certo, al tempo di Colin il concetto di promozione umana non era così sviluppato come oggi, tuttavia vorrei terminare con una battuta. Mi sembra che Colin non abbia mai dimenticato che stava trattando con anime su due gambe, e che sia stato sempre molto concreto affinché costoro potessero essere sempre più uomini per poter essere sempre più in Dio.

Infatti ci dice oggi la Evangelii Nuntiandi che evangelizzazione e promozione umana sono inscindibili. Gesù non annunzia soltanto il Regno ma lo rende anche presente nelle sue opere53 e per i discepoli del Signore la predicazione e le opere annunziano il Regno e lo rendono visibile:

Non andate in una via di gentili, né entrate in una città di Samaritani. Rivolgetevi piuttosto alle pecore disperse della Casa di Israele. Durante il cammino predicate dicendo: «E’ vicino il Regno dei Cieli». Guarite gli infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, scacciate i demoni54.

Le stesse cose, oggi, per i discepoli del Colin manifestano l’indole apostolica della Società e la sua tensione ad evangelizzare curando anche la promozione umana.

I destinatari poveri, giovani, prigionieri, malati ...

Appartiene all’indole apostolica della Società, accanto allo stile di preevangelizzazione e di evangelizzazione, anche la scelta dei destinatari.

Consultando le varie stesure delle Costituzioni, Constitutiones Societatis Marine, troviamo ricorrenti i seguenti termini: rudes et pueros, praesertim ruricolas, missiones apud fideles et infideles, incarceratos et in nosocomiis aegrotantes visitandos, educatio christiana puerorum in collegiis, clericorum in majoribus seminariis institutio, ecc. Non sono parole scritte semplicemente su un progetto di costituzione. Progetti e realizzazioni si coniugano in Colin richiedendo una preparazione adeguata. Molte delle scelte accennate infatti sono concretamente tradotte in pratica almeno durante il suo generalato.

Le missioni predicate nel Bugey erano indubbiamente per i rudes ed i ruricolae e non sembra che siano mai state predicate grandi missioni cittadine; durante queste missioni era caratteristica l’attenzione che veniva posta ai rapporti con gli ascoltatori giovanissimi: li si riuniva, si parlava loro interessandoli al punto che costoro finivano per diventare spontaneamente i propagandisti delle missioni presso le rispettive famiglie, le quali iniziavano anche loro a partecipare, grate ai missionari per quanto facevano per i loro figli.

Le missioni apud infideles; anche se è del tutto impossibile esporre qui l’epopea marista nelle missioni oceaniane, ricordiamo tuttavia: Chanel, Epalle, Marmoiton, i tre uccisi e mangiati a S. Cristobal, i tre smarriti per sempre nell’isola dei Pini, la solitudine di un Tayac, le angosce di uno Chevron, la grandezza ostinata di un Bataillon e tutta la preoccupazione e la sofferenza di Colin per i suoi figli missionari spesso isolati e mancanti di tutto, il suo appoggio a Marceau, i suoi scontri con la disorganizzazione di un Pompallier. Ed ancora alcuni avvenimenti posteriori: i due padri lebbrosi, Leon Lejeune e Francois-Xavier Nicoleau, la solitudine di un Jean Godefroy, la morte per veleno di un Jean-Andre Vidil, la partenza delle prime terziarie mariste, la lotta delle suore missionarie contro la lebbra.

Citiamo ancora l’amore coliniano per i mendicanti ed il lavoro dei maristi presso il dépot de mendiche di Lione: «II nostro tempo non ama i poveri... perciò ha inventato delle prigioni dove chiuderli e sottrarli alla vista della gente»55. Le prigioni di cui parla erano i dépots. «I maristi a Lione si occupano dei muratori, un’opera umile; vanno nelle prigioni servono il dépot de mendicité... sono queste occupazioni che determinano le vocazioni» 56.

Infine ricordiamo le grandi pagine dell’educazione nei collegi, l’attenzione alla crescita dei ragazzi, la comprensione, la tolleranza, l’adattabilità nei loro confronti.

In tutto questo, niente di aereo, di disincarnato, ma la concretezza umile verso i piccoli e verso i poveri:

questo costituisce, insieme a quanto precede, la caratteristica dell’indole apostolica della Società. Una legislazione sobria, con elementi distintivi, apostolici, per educare ad annunciare ed a rendere visibile il Regno, che è «già» e «non ancora»; con una particolare attenzione per coloro che non hanno molte possibilità di farsi ascoltare.

Franco Gioannetti

Note

15 [Jean Coste, Gaston Lessard & Séan Fagan, edd.], Antiquiores Textus Constitutionum Societatis Marine, Roma, [1955], fase. IV, cap. VI, art. I, n. 4 - 11 B, 245-246, p. 102 [i sette fascicoli di quest’opera vengono citati d’ora in poi ATC0, ATC1, ATC2, ecc.].
16 «Constitutiones» di 1868-1870, B 13, in ATC4, p. 58.
17«Summarium Regularum Societatis Mariae» del 1833, s 49, in ATCl, p.72.
18 «Summarium Regularum Societatis Mariae» del 1833, s 42, in ATCl,p. 71;ATC2, «Societatis Mariae Constitutiones» del 1842, a 3, in ATC2, p. 32; «Constitutiones Abbreviatae» del 1868, e 4, in ATC4, p. 30; «Constitutiones Societatis Mariae» del 1872 [testo disponibile in latino ed in traduzione italiana nel volume Constituzìoni della Società di Maria: Testo latino conforme al testo approvato dal capitolo generale del 1872, con traduzione italiana, [s.n.]. Roma, 1993, ed anche in edizione critica in ATC5, pp. 19-109. Ormai facciamo riferimento ai capoversi all’edizione bilingue del 1993, citata CSM72] qui CSM72, n. 4.1°.
19«Summarium» dei Padri di Lione, v 1, ATC1, p. 50.
20«Constitutiones» del 1868-1870, m 13 = B 256, in ATC4, p. 105.
21«Societatis Mariae Constitutiones» del 1842, a 126-127, in ATC2, p. 53-54.
22«Summarium» dei Padri di Lione, v 4, in ATC1, p. 50.
23 CSM72, n. 260.
24CSM72, n. 261.
25 «Summarium Regularum Societatis Mariae» del 1833, s 50, in ATC1, p.72.
26 OM2, doc. 499, additions, p. 224.
27 ES 41: 1-8; 83: 4; 188:7.
28 «Summarium Regularum Societatis Mariae» 1833, sezione «Societatis finis», s 6-10, in ATC1, p. 66.
29 Stanley Hosie, Giovanni Claudio Colin, Roma, 1985, pp. 37-39.
30 «Summarium Regularum Societatis Mariae» del 1833, s 42-56, in ATC1, p. 71-73; «Epitome», e 4-5, in ATC2, p. 16; «Regulae Com-munes», r 1-3, in ATC2, p. 118-119; «Constitutiones» del 1868-1870, cap. VI, «De Praecipuis ministeriis ad proximi saluterò spectantibus», ATC4, pp. 101-110; ATC5, cap. VI, p. 61-6.
31 «Constitutiones» del 1868-1870, m. 4 & 11, = B 245-246, in ATC4, p. 102; CSM72, n. 248-249.
32 «Summarium Regularum Societatis Mariae» del 1833, s 47, in ATCl,p.72;ATCl, ES 11:9;102: 15, 30; 102: 16,29.
33 ES 102: 17, 32; «Constitutiones» di 1868-1870, m 13 = B 256, in ATC4,p. 105.
34 ES 11: 8; 102: 3, 13; 142:9,10,12.
35 ES 9: 9; 92: 3; 102: 7, 9.
36 ES 18: 2; 22: 3; 24: 3; 42: 2; 92: 6. 14. 16: 99: 1; 127; 102: 28, 33; 142: 2-3; 171:4.
37 ES 31: 7; 162:2;174:22;175:2.
38 ES 60: 22-23.
39 ES 14:4,7;40: 4;148: 1; 163: 1.
40 ES 74:3;117:8;172:14.
41 ES 26: 2; 66: 1 -2; 117: 4; 160: 6.
42 ES32: 1-2; 44: 8; 110: 5.
43 ES 132: 5;141:15;187.
44 ES66: 1-2; 115:3,7.
45 ES 124; 182:51; 183: 1.
46 Gabriel-Claude Mayet, Un fondatore in azione: Ricordi di Giovanni Claudio Colin, Roma-Brescia, 1991, doc. 331, e. 4 [opera citata d’ora in poi QS, con riferimento al numero del documento e poi al capoverso]; Jeantin, T.R.P. Colin, t. IV, p. 257.
47 ES13; 10-11; 40: 4; 44: 7; 137.
48 ES 8: 1; 18: 3; 23; 61: 9-10; 92: 8; 148:2; 157; 188: 14.
49 QS 368:12.
50 ES 188: 19; QS 277: OM2, 645.
51 ES 31: 6-8; 124: 11-12; 155: 4; 162: 1-2.
52 ES 168.
53 A. De Groot, // miracolo nella Bibbia, Edizioni Paoline, Bari, 1969,p.72.
54 Mt 10,5-8.
55 ES 8:1.
56 ES 18: 1.

Letto 2446 volte Ultima modifica il Giovedì, 18 Aprile 2013 09:13
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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