In ricordo di P. Franco

Visualizza articoli per tag: Teologia, teologo

Sabato, 05 Dicembre 2009 21:19

Francesco di Sales (1567-1622)

Francesco di Sales nacque il 21 agosto 1567, nel castello di Sales, in Savoia. Fu un dono di Dio il fatto che poté crescere in un’atmosfera di fermezza e profondità religiosa. Sua madre scrive al riguardo: «Non fossi sua madre, potrei rivelare molte cose mirabili sulla sua infanzia. Ma senza mentire posso affermare che il piccolo Francesco era direttore d’anime di se stesso ed era maestro di pietà per se stesso, tutto protetto dall’amore di Dio. L’ho sempre considerato un santo. di cui non meritavo di essere madre».

Pubblicato in Mistica

 

Il fondamento del culto mariano

 

L’istituzione della maternità spirituale di Maria

 

di Jean Galot, S.I.

 

1. Le parole di Cristo

Qual è il fondamento del culto mariano? Il problema merita di essere studiato: innanzitutto perché la fede cristiana cerca di precisare sempre meglio la propria origine nella rivelazione; in secondo luogo perché le obiezioni su questo culto non sono mancate, soprattutto in seguito all’atteggiamento negativo adottato in proposito dal protestantesimo.

Pubblicato in Mariologia

Salvezza in Cristo e vita cristiana


I documenti della sapienza cristiana

La sapienza cristiana non è frutto di ricerca umana né di speculazione di Dio. «Dopo aver parlato molte volte e in varie maniere anticamente ai padri per mezzo dei profeti, scrive l’apostolo Paolo, negli ultimi tempi Dio ha parlato a noi nel suo Figlio Gesù Cristo».

Pubblicato in Teologia

Averincev: l’esperienza di costruire cultura

di Vladimir Zelinskij

È possibile ascoltare tutte le voci della cultura universale senza perdere di vista l'armonia nascosta che accomuna ciascun o dei fenomeni studiati? Sì, se l'attività intellettuale non parte da un'avida ricerca di nozioni ma dalla coscienza che tutto ciò che si incontra è riflesso della Sapienza divina, vera meta del viaggio esistenziale di ogni uomo. Sergej Averincev spentosi a Vienna nel febbraio 2004, con tutta la sua vita e la sua opera ne ha dato un esempio umile e al tempo stesso grandioso.

Pubblicato in Chiese Cristiane

Salvezza in Cristo e vita cristiana

La sapienza del cristiano

  1. L’uomo ha bisogno di sapere per vivere. Per questo, dopo avere soddisfatto con le conoscenze tecniche le esigenze materiali della propria vita, continua a interrogarsi sull’enigma del suo essere e sulle sue aspirazioni all’infinito immerse nel mondo del finito. Qual è il fine e il senso della vita? Perché la presenza del bene e del male? Quale l’origine e il significato del dolore e della morte? Se esista una via per raggiungere la vera felicità, e se agli interrogativi assillanti dello spirito non si dia altra risposta che il silenzio e l’indifferenza del cosmo. Sin dalle origini, su tutta la terra e dal più profondo del cuore, gli uomini sono ansiosi di sapere il perché della loro vita.
Pubblicato in Teologia

L’esigenza di pensare il ministero a partire dalla comune chiamata al culto spirituale, che rende possibile pensare il popolo del NT come il popolo “sacerdotale”, il popolo che esprime il culto della nuova e definitiva alleanza che si è compiuto nell’unico mediatore che è Gesù Cristo.

Pubblicato in Teologia
Salvezza in Cristo e vita cristiana

di Pietro Rossano

L’EVENTO CRISTIANO


La storia dopo Gesù

24. Nella Chiesa della prima ora ogni cristiano era un araldo e un testimone di Cristo. Nel volgere di pochi anni la fede in Cristo dalla Palestina si diffuse tra le genti dell’Asia, dell’Europa e dell’Africa che si affacciavano sul bacino del Mediterraneo, e incominciò a penetrare nell’interno dei continenti. L’apostolo Pietro lavorò in Siria e a Roma, dove morì martire; Paolo percorse il mondo greco-romano, Giovanni e Tommaso annunciarono il Vangelo nelle regioni occidentali dell’ Asia, mentre Giacomo organizzava la Chiesa tra gli Ebrei convertiti. Si avveravano le parole del profeta Isaia che molti secoli prima aveva predetto di Gerusalemme: «Ecco le genti che non ti conoscevano correranno a te».

25. Con l’autorità dello Spirito Santo gli Apostoli proclamarono, di fronte alle esitazioni di alcuni, che i doni della salvezza di Cristo non sono vincolati a nessun privilegio di origine o di nazione terrena; è sufficiente credere e mettere in pratica la parola di Cristo. Ogni individuo e ogni nazione è chiamata al Vangelo con il patrimonio della sua esperienza e del suo genio spirituale. Per questo l’apostolo Paolo si faceva « ebreo con gli Ebrei, greco con i Greci », e dichiarava: «Non c’è straniero né ebreo, barbaro né scita, servo né padrone» agli occhi di Dio, ma tutti sono una sola famiglia in Cristo. E ancora: «Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo; un solo Dio Padre di tutti, che è sopra tutti, per tutti e in tutti ». Le differenze nazionali e culturali anziché venire soppresse trovano nella Chiesa stimolo per il loro fiorire a vantaggio di tutti.

26. Grazie a questo carattere di unità e di universalità della Chiesa, si può notare fin dalla prima generazione cristiana il profilarsi di una pluralità e varietà di espressioni nell’ambito dell’unica famiglia cristiana, a Gerusalemme e a Roma, a Efeso e a Corinto, tra gli abitanti di Antiochia e quelli di Alessandria di Egitto. Dovunque arriva, il messaggio cristiano ha la capacità di innestarsi sul patrimonio spirituale preesistente; i valori religiosi e umani sparsi in ogni popolo vengono assunti, liberati ed elevati in Cristo, conforme alla parola di san Paolo: «Tutte le cose sono vostre, e voi siete di Cristo e Cristo di Dio».

27. Volendo delineare lo sviluppo del cristianesimo nella storia successiva, si possono tracciare le seguenti linee generali: nei primi quattro secoli dopo Cristo il messaggio cristiano si estende in tutti i territori dell’impero romano adiacenti al bacino del Mediterraneo e oltre essi nell’Africa, nella Mesopotamia e nella Persia. A contatto dell’assolutismo religioso dello stato romano, l’adorazione all’unico Dio e al Signore Gesù Cristo provocò la persecuzione contro il nome cristiano, fino al conseguimento della libertà religiosa. Nel V secolo dopo Cristo, quando l’impero romano incominciava a dissolversi, la Chiesa appare ormai estesa in tre grandi aree culturali: l’occidentale latina, sotto l’influsso di Roma, dove i successori di Pietro « presiedono a tutta la famiglia cristiana » (sant’lgnazio, lettera ai Romani), dove « Pietro vive e parla nei suoi successori »; l’orientale greca, sotto l’influsso di Bisanzio; e la siriaca, sotto l’influenza di Antiochia-Edessa. In ciascuna di queste zone il cristianesimo si sviluppa accogliendo e integrando il genio delle rispettive nazioni, la tradizione prammatistica dei Romani, il patrimonio speculativo dei Greci e l’ascetismo religioso dei Siri. Da ognuna di queste aree a sua volta, la fede cristiana irradia pacificamente. Dalla Chiesa di Roma parte l’evangelizzazione dei Franchi, degli Irlandesi, degli Angli, dei Germani, degli Slavi, degli Ungari e degli Scandinavi; alla Chiesa greca di Bisanzio spetta il merito principale della diffusione della fede tra le popolazioni dell’Europa Orientale; mentre Antiochia-Edessa furono il grande centro propulsore del Vangelo verso le regioni della Mesopotamia e della Persia, donde il messaggio di Cristo raggiunse assai presto l’India e la Cina, fino alle sponde del Pacifico. Intanto da Alessandria d’Egitto e dalle zone settentrionali dell’Africa, il cristianesimo si diffuse nelle regioni dell’Etiopia e in altre parti dell’Africa. Alcune figure di santi documentano la vitalità della Chiesa in quest’epoca, la sua rispondenza alle esigenze spirituali del tempo e la varietà delle esperienze spirituali che vi si riflettono: l’africano Agostino, teologo ardente e geniale; l’asiatico Giovanni Crisostomo, asceta e oratore; il romano Benedetto, uomo di preghiera e di azione, padre del monachesimo occidentale. La loro personalità e la loro opera si identifica con la storia stessa della cultura.

28. Purtroppo, però, per l’emergere di rivalità umane, di nazionalismi e di incomprensioni, si vennero manifestando dissensi e divisioni nell’ambito della grande famiglia cristiana, che portarono, non senza colpa degli uomini di entrambe le parti, alla separazione dell’unità cattolica. Fu così che tra il sec. V e il sec. X dopo Cristo, avvenne la separazione delle Chiese di Oriente da quella di Roma. Nei medesimi secoli la società cristiana orientale e occidentale venne a trovarsi di fronte all’ Islam che si espandeva vittoriosamente nell’Asia, nell’ Africa e nell’Europa. La necessità in cui si trovarono i cristiani dell’Oriente e dell’Occidente di difendere la propria indipendenza, e l’identificazione pratica tra l’ordine della fede e quello politico-statale sostituirono al dialogo e al confronto pacifico delle idee il cozzo degli eserciti e la polemica ideologica, contrari alla reciproca comprensione. Il mondo cristiano fu costretto alla difensiva anche di fronte ai Mongoli che, nel sec. XIII, spingendosi fin nel cuore dell’Europa, dissiparono la presenza cristiana nell’Asia; tuttavia in quei secoli, in Occidente la Chiesa poteva dedicarsi alla trasformazione della società contemporanea, nella quale la fede conobbe magnifici sviluppi sociali e mistici, suscitò movimenti e opere d’arte; san Francesco d’Assisi rese vivo tra i contemporanei il messaggio di letizia e di povertà del Vangelo; san Tommaso d’Aquino conciliò in una sintesi serena la verità della rivelazione di Dio con le esigenze della ragione umana.

29. Nel trapasso dal Medio Evo all’età moderna, in Europa si fece sentire universalmente nella Chiesa la necessità di un rinnovamento, che fosse a un tempo purificazione di costume, rinascita spirituale e adeguamento alle esigenze di un umanesimo consapevole. Un movimento di riforma, capeggiato da Lutero e favorito dai principi germanici, sfociò in una protesta (1) che provocò il distacco dalla Chiesa cattolica di quasi tutte le regioni cristiane del Nord Europa. Frattanto in seno alla Chiesa un vasto e sincero movimento di rinnovamento e di riforma era promosso dai papi e dai vescovi; esso ebbe le sue basi nel Concilio di Trento, dove vennero chiariti e definiti i punti essenziali della dottrina cristiana, concernenti l’uomo, la realtà interiore della salvezza e gli aspetti gerarchici della Chiesa negati dai Protestanti. Una fioritura di Santi, mistici come santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce, uomini di azione spirituale come sant’Ignazio, san Carlo Borromeo e san Francesco di Sales, e numerosi iniziatori di movimenti spirituali caritativi e sociali fecero seguito al Concilio di Trento, mentre si destava nella Chiesa lo zelo per la diffusione del messaggio evangelico nelle regioni dell’Asia, dell’Africa e dell’America venute allora a conoscenza degli Europei.

30. Nell’età contemporanea davanti a una umanità assetata di libertà e di umanesimo, ma interiormente lacerata e inquieta, la Chiesa Cattolica si sforza di presentare il messaggio evangelico in tutta la sua pienezza e nella sua potenza liberatrice, unificatrice ed elevatrice. Consapevole dei limiti e delle imperfezioni che hanno offuscato nella storia l’efficacia della sua testimonianza, essa si trova attualmente impegnata, sotto la guida dei papi, successori di Pietro, in un profondo lavoro di rinnovamento interiore, per essere il più vicino possibile allo spirito di Cristo e alle esigenze dell’uomo contemporaneo. È divenuto più acuto in lei il desiderio di ritrovare la piena unità con i cristiani separati dell’ Oriente e dell’occidente, e guarda con grande amore e fiducia alla massa di non cristiani per i quali sa di dover essere come il lievito e il sale. Il Concilio Vaticano Il ha rappresentato il massimo sforzo compiuto dalla Chiesa nei tempi moderni per rendersi più adatta a svolgere la missione che Cristo le ha affidato per tutti gli uomini. Priva di grandi risorse umane, essa conta unicamente sulla presenza di Cristo, il quale prima di congedarsi visibilmente dagli Apostoli li aveva assicurati: «Ecco io sarò con voi fino alla fine dei secoli ». Da questa fede rassicurante nasce la preghiera e l’impegno «affinché la parola del Signore corra e sia glorificata» , recando frutto presso tutti gli uomini, fino all’ avvento della gloria del Regno di Dio, quando, come si legge nella Bibbia, tutti i giusti, a partire dal primo uomo fino all’ultimo saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale. «E Dio abiterà con gli uomini ed essi saranno il suo popolo... E astergerà ogni lacrima dai loro occhi, e non ci sarà più morte, né lutto, né lamento, né dolore perché queste cose di prima saranno passate ».


1) Da tale «protesta» deriva il termine protestantesimo, che comprende le confessioni religiose che presero origine in seguito a Lutero.
Pubblicato in Teologia
Martedì, 04 Novembre 2008 23:18

Le donne tacciano (Lilia Sebastiani)

Le donne tacciano


di Lilia Sebastiani





…Quando vi radunate ognuno può avere un salmo, un insegnamento, una rivelazione, un discorso in lingue, il dono di interpretarle. Ma tutto si faccia per l'edificazione. (...) Quando si parla con il dono delle lingue, siano in due o al massimo in tre a parlare, e per ordine, e uno poi faccia da interprete. Se non vi è chi interpreta, ciascuno di essi taccia nell'assemblea e parli solo a se stesso e a Dio. I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino. Se uno di quelli che sono seduti riceve una rivelazione, il primo taccia: tutti infatti potete profetare, uno alla volta, perché tutti possano imparare ed essere esortati. Ma le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace.

Pubblicato in Teologia
Martedì, 21 Ottobre 2008 01:31

La Chiesa, sposa di Cristo (Pierre Grelot)

La Chiesa, sposa di Cristo

di Pierre Grelot

 

 

Gli uomini, istintivamente, hanno sempre visto nel matrimonio qualche cosa di sacro. Il mutuo amore degli sposi, la trasmissione della vita, hanno origine da un ordine misterioso al quale Dio è intimamente legato. Già la rivelazione biblica, eliminando gli errori dei paganesimi antichi, ne indicava la ragione al popolo d’Israele. Creando l’umanità a sua immagine, Dio l’ha fatta uomo e donna e le ha concesso il dono della fecondità (Gen. 1, 27-28). Dio ha dato la donna all’uomo come un aiuto simile a lui; e questo è il motivo per cui, abbandonando la famiglia in cui è nato, l’uomo si unisce alla sua donna e in due diventano una sola carne (Gen. 2, 18-24). Di conseguenza, già sul piano della natura il matrimonio è sacro, perché costituisce una vocazione provvidenziale per l’uomo e la donna che lo realizzano. Ma sarebbe troppo poco fermarsi a questo. La rivelazione biblica ha pure trovato nel matrimonio uno dei principali simboli che ci permettono di capire l’amore di Dio verso di noi. Questo simbolo, fin dall’Antico Testamento, ha occupato un posto importante nel messaggio dei profeti. Nel Nuovo Testamento, esso serve ad esprimere la reciproca posizione tra Cristo e la Chiesa.

 

L’amore di Dio per Israele

Con il patto d’alleanza stabilito sul Sinai, Jahvè ha fatto di Israele il suo popolo. Da questo fatto fondamentale si sviluppa tutta la rivelazione dell’Antico Testamento. All’inizio, questo patto ha un’impronta giuridica: liberamente, Dio s’impegna con il suo popolo mediante una promessa; di riscontro, Israele si impegna con Dio mediante giuramento e accetta le clausole dell’Alleanza, cioè la Legge di Dio. I testi più antichi del Vecchio Testamento non si staccano da questa prospettiva che, alla sua maniera, manifesta già la benevolenza e l’amore di Dio verso gli uomini.

Ma nell’VIII secolo, il profeta Osea procede oltre: egli accosta il patto di alleanza che lega Israele a Jahvè al patto matrimoniale che lega una donna al suo sposo. Non ci dobbiamo immaginare una specie di effusione di pietà sentimentale. Il simbolo non ha nulla d’idillico, perché ha per scopo principale di mettere in evidenza l’infedeltà di Israele e di sottolinearne l’orrore. Osea, per ordine di Dio, ha sposato una donna di prostituzione, che gli ha dato figli di prostituzione (Os. 1). Attraverso questa esperienza umana, si intravede il dramma d’Israele. Sul Sinai, Jahvè ha sposato Israele, ora Israele è un popolo peccatore, una sposa adultera che gli ha dato figli di prostituzione.., Quindi il peccato d’Israele non è solo mancanza alla Legge, una trasgressione della parola data, ma una mancanza all’Amore, paragonabile alla violazione della fedeltà coniugale. Dio non è soltanto un sovrano abbandonato dai suoi vassalli, ma è uno Sposo tradito dalla sua sposa. Che cosa dunque farà egli al suo popolo? Lo tratterà come il diritto prevede vengano trattate le donne adultere: lo ripudierà e lo abbandonerà alla sua triste sorte (Os. 2, 4-15). Tutto qui, e la storia a questo punto si fermerà? Niente affatto, perché nella disgrazia Israele prenderà coscienza della sua condizione di peccatore: Allora dirà: andrò e ritornerò al mio marito di prima, perché mi trovavo meglio allora che adesso (2, 9). E Jahvè riprenderà la sua sposa pentita. Egli l’amerà di nuovo, la unirà a sé con nuove nozze:

Allora ti farò mia sposa per sempre;

ti farò mia sposa nella giustizia e nel giudizio,

nell’amore e nella compassione;

ti farò mia sposa fedele,

e tu riconoscerai Jahvè (2, 21-22).

Qui si esce dalle prospettive ordinarie della psicologia umana. Che uno sposo ingannato si vendichi, si capisce. Ma che perdoni? Ma che riprenda con sé l’infedele, che l’ami come prima, anzi meglio di prima (se così si può dire) poiché, questa volta, le nozze saranno al riparo da cadute? E’ in questo modo che Dio vuole comportarsi nei riguardi del suo popolo peccatore. Per rivelare l’amore di Dio verso i peccatori che egli chiama alla penitenza, Cristo racconterà la parabola del Figlio prodigo. Osea, partendo dalla sua esperienza coniugale, ha raccontato la storia della sposa adultera e perdonata. Da quale parte si trova il simbolo più sconvolgente e paradossale? E’ vero che annunciando queste nozze future, Osea superava i limiti dell’Antico Testamento. Ciò che egli prometteva era una nuova alleanza, più perfetta di quella del Sinai, in cui Dio avrebbe donato agli uomini, come una grazia, la fedeltà che attende da loro. Come meravigliarsi allora che il profeta, nel suo entusiasmo, descriva questa alleanza come un ritorno al paradiso perduto (Os. 2, 20, 23-24)? Non è questo l’indizio che la storia d’amore nella quale Dio si comporta come uno Sposo era incominciata ben prima del patto sinaitico? Nel momento in cui egli mise l’uomo sulla terra, stabilì di sposare la nostra razza. La razza intera ha sbagliato; l’umanità peccatrice si è abbandonata al vizio: ne facciamo tutti l’esperienza. Che importa? Questa razza di peccatori, Dio l’ama; e di essa vuol fare la sua sposa fedele. Questo è il significato del suo piano di redenzione.

Dopo Osea, il simbolo del matrimonio diviene un luogo comune della predicazione profetica, In Geremia esso serve essenzialmente a denunciare l’infedeltà d’Israele e ad annunciare il suo castigo (Ger. 2,2; 2, 19.20; 3, 1.10; 3, 20); anche a pungolarlo perché si converta, perché Dio è misericordioso (3, 11-13). In Ezechiele, le due immagini del figlio prodigo e della sposa adultera si mescolano in una allegoria vendicatrice che annunzia la prossima rovina di Gerusalemme (Ez. 16, 1-58; cfr. 23). I due profeti parlano della nuova alleanza, ma non utilizzano questo simbolo per descriverne anticipatamente gli effetti.

A cominciare dalla cattività di Babilonia, quando il popolo ebreo comprende alla luce della prova la gravità delle sue infedeltà passate, il simbolo ritorna sotto la penna dei profeti per evocare ciò che ora costituisce la speranza di Israele. Questa speranza è la futura redenzione, scopo di tutto il piano di Dio. Per metterla meglio in risalto si sviluppa l’immagine nuziale già utilizzata per stigmatizzare l’infedeltà di Gerusalemme e dei suoi figli. Ma non sarà più la Gerusalemme di prima quella che Jahvè farà sua sposa. Sarà una nuova Gerusalemme purificata e santificata, finalmente fedele alla vocazione soprannaturale che le viene rivelata nel patto di alleanza. La personificazione femminile della Città santa serve in questo al disegno dei profeti, perché permette loro di sovrapporre strettamente i diversi simboli che definiscono i rapporti tra Dio e il suo popolo nella alleanza futura: Jahvè è lo Sposo, Gerusalemme la Sposa:

Poiché tuo sposo è il tuo Creatore,

«Jahvè degli eserciti» è il suo nome; tuo redentore è il Santo d’Israele,

è chiamato Dio di tutta la terra ...

Per un breve istante ti ho abbandonato,

ma ti riprenderò con immenso amore.

Nell’eccesso della collera ho nascosto

per un poco la mia faccia da te;

ma con eterno affetto ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, Jahvè (Is. 54, 5-8).

La storia d’amore riprenderà quindi nella nuova alleanza. Creando questa nuova Gerusalemme che farà sua sposa, Dio le donerà stavolta per grazia ciò che invano aveva atteso dall’antica Gerusalemme, membro dell’umanità peccatrice allo stesso titolo di tutti i popoli della terra. Egli la fonderà sulla giustizia e renderà i suoi figli docili al suo Spirito (Is. 54, 13-14). Le darà per figli non solo i discendenti degli Israeliti, ma anche quelli delle nazioni straniere (Is. 54, 1-3): una umanità nuova risorgerà sotto la sua egida. Per sempre egli le darà assistenza e protezione (Is. 54, 11-17).

Qual è questa nuova Gerusalemme in cui Dio troverà la sua gioia, come un giovane che sposa una vergine (Is. 64, 4-5)? E’ la comunità redenta alla quale Cristo, un giorno, prometterà la vita eterna. Il profeta, anticipatamente, la evoca nella letizia delle sue nozze divine:

Io gioirò moltissimo in Jahvè,

la mia anima esulterà nel mio Dio;

perché mi ha rivestito di vesti di salvezza,

mi ha ricoperto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema

e come una sposa che si adorna dei suoi gioielli (Is. 61, 10).

Nella prospettiva aperta da questa visione profetica, comprendiamo perché i redattori ispirati del Cantico dei cantici abbiano applicato i poemi d’amore, che essi raccoglievano, all’Amore che è il modello di tutti gli amori umani: quello di Dio per il suo popolo. Perché di questo popolo di peccatori, l’amore redentore di Dio vuol fare una nuova umanità, trasformata dalla grazia. Questo sarà il mistero della Chiesa.

L’amore di Cristo per la Chiesa

L’immagine delle nozze non è assente dai Vangeli, ma non vi passa che occasionalmente, sia nelle parabole del Regno (Mt, 22, 2; 25, 1-13), sia in qualche sentenza in cui Gesù è senza dubbio designato come lo Sposo (Mt, 9, 15; Gv. 3, 29). Essa è soprattutto ripresa nella riflessione degli apostoli sul mistero di Cristo-Salvatore, per mostrare nella nuova alleanza la meravigliosa rivelazione dell’amore di Dio. Cristo ha suggellato questa alleanza versando il suo sangue per gli uomini (Mt. 26, 28). Insieme egli ha ottenuto da Dio la remissione dei loro peccati ed ha fondato nella sua persona una nuova umanità di cui egli è il capo, come il primo Adamo fu il capo dell’umanità peccatrice (Rom. 5, 12-19), Le promesse dei profeti si sono così adempiute, nella carne stessa di Cristo, della quale la umanità redenta è come il prolungamento vivente.

Meditando su questa realtà profonda alla quale si può accedere solo con la fede, san Paolo vi vede la realizzazione delle nozze escatologiche annunciate dall’Antico Testamento, ed è questa la ragione per cui vi scopre un modello per ogni amore coniugale:

Mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la sua Chiesa: egli ha dato se stesso per lei; per santificarla purificandola col lavacro dell’acqua unito alla parola, volendo presentarla a se stesso, questa Chiesa, tutta splendente, che non avesse macchia o ruga o altra cosa del genere, ma fosse santa e senza alcun difetto. Così debbono anche i mariti amare le proprie mogli come i loro stessi corpi. Chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno, certo, odiò mai la propria carne; al contrario, ognuno la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa; giacché noi siamo membra del suo corpo.

Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla propria moglie, e saranno i due una carne sola. Questo mistero è grande: io lo dico in rapporto a Cristo e alla Chiesa (Ef. 5, 25-32).

Così, dunque, nella carne di Gesù Cristo si è consumato lo sposalizio tra Dio e l’umanità. Prendendo una natura umana, il Figlio di Dio l’ha per ciò stesso santificata e unita strettamente alla sua persona divina. Anzi, egli ha contemporaneamente deposto nella nostra razza il germe di una realtà che deve espandersi socialmente: la Chiesa santa e immacolata, che è la sua Sposa e il suo Corpo. Quando Dio, alle origini, chiamava all’esistenza la coppia umana, come una comunità di persone chiamate ad amarsi e a far sbocciare nuove vite, egli la creava anticipatamente ad immagine di questo mistero. Ecco perché il matrimonio è una cosa sacra. E’ vero che, assieme a tutte le cose umane, il peccato l’ha ferito e profanato. Ma con la sua redenzione, Cristo lo restaura nella sua primitiva dignità. E se è vero che l’amore fecondo e fedele resta una cosa fragile, ormai la grazia Io santificherà; perché essendo il simbolo del mistero di Cristo e della Chiesa, il matrimonio è ora un sacramento.

 Fermiamoci un momento a questa immagine della Chiesa-Sposa. Essa ci permette di penetrare nell’intimo della realtà soprannaturale alla quale apparteniamo con il battesimo. Al di là degli aspetti umani che talvolta possono sembrare scoraggianti (perché la Chiesa è affidata a uomini peccatori), essa c’invita a cogliere una santità permanente la cui sorgente è Gesù Cristo stesso. Ciascuno di noi, con il battesimo, è introdotto in questo mistero di santità. Ciascuno di noi, di fronte al Cristo-Sposo, partecipa al mistero nuziale della Chiesa. Come diceva san Paolo ai Corinti: Io vi ho fidanzati ad un solo sposo, per presentarvi a Cristo quale vergine pura (2 Cor. 11, 2). Questa è la nostra situazione; questa è pure l’esigenza di fedeltà che ormai ci verrà continuamente ricordata. Perché i nostri cuori divisi tra l’attrattiva della carne e quella dello Spirito Santo oscilleranno sempre tra due atteggiamenti: quello della nostra prima madre, sedotta dal serpente infernale, e quello della nostra Madre la Chiesa, sottomessa a Cristo, come una buona sposa lo è al suo sposo.

I profeti, in passato, legavano strettamente il tema delle nozze escatologiche a quello della nuova Gerusalemme. Noi sappiamo ora chi è questa nuova Gerusalemme: è la Chiesa stessa. Infatti, le promesse profetiche le assicuravano una fecondità innumerevole. La Chiesa, questa Gerusalemme celeste, santa e immacolata, possiede attualmente questa fecondità soprannaturale promessa nella Scrittura; perciò la possiamo chiamare nostra Madre (Gai. 4, 26-27). Essa è quella Donna contro la quale Satana l’antico serpente, non può nulla (Apoc. 12, 13-16). Qui raggiungiamo le immagini dell’Apocalisse. Il simbolo della nuova Gerusalemme - cioè la Chiesa nella sua perfezione trascendente - vi è effettivamente ripreso in una prospettiva nuziale che non ci meraviglierà. Alla fine della sua profezia, per dipingere il trionfo finale di Cristo al di là del tempo, il veggente scrive:

E vidi un cielo nuovo e una terra nuova.

Infatti il primo cielo e la prima terra passarono, e il mare non era più.

E vidi la città santa, Gerusalemme nuova,

che scendeva dal cielo, da presso Dio,

preparata come una sposa che è ornata per il marito.

E udii una voce grande proveniente dal trono che diceva:

Ecco la dimora di Dio con gli uomini;

e dimorerà con essi, ed essi saranno i suoi popoli, e Dio stesso sarà con essi,

e tergerà ogni lacrima dai loro occhi,

e la morte non sarà più,

né lutto né grido né dolore saranno più;

ché le cose di prima passarono) (Apoc. 21, 1-4).

Qual è dunque lo Sposo al quale è destinata questa fidanzata meravigliosa? Un altro passo lo precisa: Rallegriamoci ed esultiamo, e diamogli la gloria, ché son giunte le nozze dell’agnello, e la moglie sua si è preparata (Apoc. 19, 7). Lo Sposo è dunque Cristo, questo Agnello immolato sulla Croce in sacrificio di redenzione. Riprendendo il tema di una parabola evangelica, il veggente può concludere: Beati i chiamati al banchetto delle nozze dell’agnello! (Apoc. 19, 9). Costoro sono tutti gli uomini che non si sono volontariamente resi sordi all’invito divino. Siamo noi, i figli della nuova Gerusalemme, chiamati a partecipare al mistero delle sue nozze. Il cielo non sarà altro che questa partecipazione. Fin d’ora, quaggiù, la stessa vita cristiana non è altra cosa.

Ve ne sono che vivranno questo mistero nello stato matrimoniale, santificato dal sacramento dell’amore umano. Ve ne sono altri ai quali Cristo farà intendere un altro appello, i quali, per una grazia dello Spirito Santo, consacreranno al Cristo-Sposo tutte le facoltà del loro essere, compresa la loro affettività umana che dovrà espandersi esclusivamente in carità. Costoro vivranno con maggiore pienezza il mistero nuziale di Cristo e della Chiesa. Ad ogni modo, gli uni e gli altri troveranno davanti a loro un’esigenza di fedeltà, a cui non potranno far fronte se non con la grazia. In tal modo si edificherà la nuova Gerusalemme, si accrescerà il Corpo di Cristo, la Chiesa sua Sposa moltiplicherà la sua posterità.

Al termine della rivelazione, i grandi simboli elaborati dal linguaggio biblico per evocare il popolo di Dio si sovrappongono così per illuminare la nostra vita cristiana. A questa luce, noi possiamo scoprire il mistero della Chiesa già nei vecchi testi dell’Antico Testamento, in Osea e nel deutero-lsaia. Ma nel ritrovarli, faremo attenzione a non dimenticare lo sfondo sul quale si spiega il simbolo delle nozze: riscattando la sua sposa infedele e adultera Jahvè ha potuto farne questa Sposa immacolata che è la santa Chiesa; Dio ha amato i membri peccatori di una razza decaduta fino a offrire suo Figlio per essi, al fine di trasferirli nella nuova umanità e di farne i figli della Chiesa. La rivelazione sconvolgente del profeta Osea trova così il suo compimento nel mistero di Cristo.

 

Pubblicato in Teologia
Salvezza in Cristo e vita cristiana

di Pietro Rossano


L’EVENTO CRISTIANO


La storia prima di Gesù Cristo


18. Annunciando che Gesù Cristo era il salvatore degli uomini, gli Apostoli erano consapevoli di svelare al mondo un disegno di Dio già annunziato e preparato nel passato, il quale trovava ora il suo culmine in Gesù Cristo. Essi attingevano tale conoscenza dalla Bibbia, che avevano imparato a interpretare alla scuola di Gesù e poi sotto l’illuminazione dello Spirito Santo.

Pubblicato in Teologia