Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input
Camminare senza confini per donare la propria vita, affinché gli altri la tengano in abbondanza... «Niente per cui uccidere e niente per cui morire» è il modello di vita che ci propone una famosa canzone di John Lennon.
Elementi essenziali della vita contemplativa
come mezzi di crescita personale
di M. Cristiana Piccardo o.c.s.o.
Religioni:
strumento di pace
di A. La.
Un ecumenismo da vivere
di Giacomo Ruggeri
La fondazione della chiesa in Egitto è strettamente unita alla figura di S. Marco Evangelista che, secondo la tradizione, fu martirizzato ad Alessandria nel 63 d.C. L'Egitto divenne presto una nazione cristiana ed in Alessandria nacque un centro estremamente importante di riflessione teologica. Inoltre, i monaci del deserto egiziano fornirono i primi modelli per la tradizione monastica cristiana, e nutrirono molto presto la spiritualita’ con i detti dei “padri del deserto”.
5. LA COMUNITA' IN CAMMINO
VERSO IL REGNO
don Marino Qualizza
2. Il corpo mistico di Cristo: 1Cor 12, 12-27
«Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo…Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte»
È il testo classico in cui san Paolo ci descrive la realtà della Chiesa nel suo rapporto con il Cristo; considerazioni ed immagini simili si trovano anche in Rom 12, 4-8, però nel testo di Corinzi il tema è sviluppato con maggiore dovizia e soprattutto è inserito nel contesto dei carismi, dei ministeri e delle attività, che hanno come origine l’unico Dio Padre che si comunica a noi nel servizio del Figlio e nei doni dello Spirito. La molteplicità dei carismi non può essere a scapito della unità della Chiesa, perché essa porta il segno dell’unità di Dio nella Trinità. Unità dunque e ricchezza multiforme nello stesso tempo.
2.a. Noi siamo corpo di Cristo
L’affermazione più importante del testo è data dal v. 27, dove si dice appunto che ‘noi siamo corpo di Cristo e sue membra. Il che equivale a dire che l’identità della Chiesa è di tipo ‘mistico’, vale a dire di grazia, di iniziativa di Spirito Santo. Essa si comprende a partire da questa iniziativa gratuita di Dio, e si può cogliere solo nella luce della fede. È del tutto vero che in primo luogo, la Chiesa è realtà teologale, nel senso che è istituita, creata, formata e resa viva dalla iniziativa di Dio. Con ciò non si vuole dire che essa è una realtà eterea, inafferrabile, al limite invisibile; si vuole sottolineare che la sua verità grande e profonda è data proprio dal suo rapporto con il Cristo risorto, che vive nella comunione con il Padre e da lì ci invia lo Spirito Santo.
È quanto dire ‘Ecclesia de Trinitate’, come si esprime il concilio Vaticano II, in Lumen Gentium 2-4. Ricordiamo nuovamente che tutta la ricchezza della Chiesa consiste in questa comunione con la Trinità, da cui riceve energia e vita e forza di testimonianza. Ed è allora importante che la preoccupazione nell’educazione cristiana concentri tutta l’attenzione su questo aspetto fondamentale, per nulla scontato e non facilmente vivibile. Da qui anche l’autentica difficoltà di trovare cristiani che sappiano teologicamente e vivano concretamente la realtà della fede. Non fa meraviglia allora, che l’appartenenza alla Chiesa sia più di carattere emotivo e superficiale o addirittura, come avviene nei nostri tempi, si perda nel vago di una religiosità passeggera o addirittura scompaia dalla coscienza stessa dei battezzati.
2.b. Vita mistica nella grazia della Trinità
Vivere la dimensione mistica della Chiesa è l’impegno massimo della vita e non fa meraviglia che sia piuttosto merce rara. Infatti l’educazione, la catechesi sembrano imboccare strade più facili, ma senza uscita, con il risultato finale che i cristiani non sanno più che cosa sia la Chiesa. Gli stessi numeri costituiscono una difficoltà evidente. Laddove l’essere Chiesa è una realtà sociale pressoché indistinta, l’approfondimento e la coscienza di appartenenza sono vapori che si perdono nell’aria. Tutto ciò è documentato anche dal fatto che la fede nella Trinità è qualcosa di molto oscuro e forse insignificante, perché manca l’approfondimento specifico di questa verità salvifica. Sommando le due cose, abbiamo un unico risultato negativo.
Forse si comprende perché nella storia, la Chiesa sia stata compresa più nel confronto con realtà simili, quali le società statali, le monarchie e gli imperi, tanto da assommare nella persona del papa la somma di tutte le corone civili e religiose e tanto da immaginare la Chiesa come società perfetta, sul modello e nel superamento delle società civili. Qui il confronto era facile, immediato, talvolta perfino suggestivo, quando si presentava il papa come il vertice dei poteri conferiti agli uomini sulla terra. È vero che tutto questo avveniva e si consolidava con Gregorio VII nell’XI secolo e raggiungeva l’apice all’inizio del XIII con Innocenzo III, ma è anche vero che l’esigenza ovvia ed elementare di rendere ‘visibile’ la Chiesa portava a puntare l’attenzione su quanto questa visibilità rendeva ancora più forte e stabile: l’aspetto giuridico.
2.c. Un ordine giuridico ‘mistico’
Esso è certamente necessario e fa parte della normalità della vita ecclesiale, ma la sua accentuazione ha portato scompensi evidenti nella vita della Chiesa, come la storia ampiamente documenta, e non necessariamente per spirito polemico. La verità non è polemica. Il prevalere degli aspetti giuridici ha inciso notevolmente sulla concezione stessa del ministero ordinato dei vescovi, dove si separava la realtà sacramentale da quella giurisdizionale, con nocumento evidente della concezione stessa del ministero. Esso finiva fatalmente con l’essere equiparato con l’esercizio di un potere, che stranamente non veniva dato per via sacramentale, ma giuridica. A questo punto i problemi si complicano, almeno per un aspetto solo, che si riferisce alla giurisdizione del papa; ma lasciamo per ora questo argomento, anche perché nessun cattolico dubita dell’autorità del papa.
Ritorniamo allora al tema del corpo mistico, questa volta in riferimento diretto al Cristo stesso. Noi dunque siamo corpo di Cristo. L’affermazione dice sostanzialmente che noi siamo inseriti in Cristo e che da lui riceviamo vita. L’immagine del corpo dice che il nostro inserimento non è casuale, fortuito, ma costitutivo del nostro stesso essere cristiani. Questa verità è densa di significati e di conseguenze, perché ci costringe a confrontarci con il Cristo e con la sua vita reale. L’essere corpo di Cristo non è una verità statica ed astratta, ma un modo di vivere, per continuare nella storia d’oggi quanto il Cristo ha fatto nel suo tempo. Infatti siamo corpo di Cristo per realizzare in ogni tempo, quanto egli ha iniziato e anche compiuto, e che deve avere una continuazione nel nostro tempo, perché la storia non è finita con Cristo.
2.d. I cristiani sacramento della presenza e azione di Cristo
Dunque i cristiani sono l’attualità teologica e sacramentale di Cristo, nel duplice significato di una presenza e di una attività. Ai cristiani è affidato il Vangelo perché sia vissuto sul modello di Cristo, che non esige ripetizione, ma continuazione e novità di attuazione secondo il suggerimento dello Spirito Santo. Per fare ciò, è evidente che i cristiani devono conoscere Gesù Cristo e devono vivere la fede in lui. Da questo duplice impegno viene qualificata la loro presenza nella storia, che continua così ad essere storia di salvezza, non perché la rendono tale i cristiani, ma perché essi sono in comunione con il Cristo.
Tutto questo avviene in diversi modi, perché l’immagine del corpo dice che ci sono diverse membra e quindi diverse funzioni ed attività. La Chiesa non è un organismo monotono e spento, ma vivo e ricco, dove ognuno è chiamato a svolgere la sua parte. L’osservazione più evidente a questo riguardo è che l’immagine del corpo e della molteplicità delle membra supera di colpo le secche del clericalismo dove ci eravamo cacciati nel passato e da dove con fatica stiamo uscendo. Il clericalismo in verità è l’imbalsamazione del corpo ecclesiale, o la sua riduzione ad un movimento solo; non saprei dire quale per la precisione.
2.e. Ricchezza di ministeri nella realtà della storia
La molteplicità dei servizi, dei ministeri porta alla valorizzazione di tutti, nell’ordine che è garantito proprio dallo spirito di servizio e dalle disposizioni fondamentali che vengono dal Cristo stesso. Qui si ricupera il vero senso anche dell’ordinamento giuridico. Ma il servizio che ognuno è chiamato a svolgere nella Chiesa trova la sua motivazione e fondamento nel sacramento del battesimo e della confermazione. Ha dunque origine divina e perciò mistica. Da qui il suo valore inestimabile e la sua funzione insostituibile.
Ortodossi divisi da Mosca
di Luigi Prezzi
Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli
Oltre il testo
di Marcelo Barros
Dupuis
dire Cristo all’Asia
di Gianni Colzani
Dice un proverbio della Sierra Leone: «Quando uno stormo di uccelli si leva in volo, vuol dire che uno è partito per primo». Padre Jacques Dupuis, scomparso il 28 dicembre 2004, era uno di questi scomodi personaggi: ha avuto un ruolo di primo piano nella elaborazione di una teologia delle religioni ed è stato uno dei primi ad avviarsi sulla strada del pluralismo religioso, ad indagare cioè in termini teologici il valore che le altre tradizioni religiose hanno nel disegno salvifico di Dio. La teologia delle religioni è oggi un capitolo cruciale non solo della teologia ma della stessa storia del mondo. L'11 settembre ha rappresentato un trauma nella coscienza mondiale e, da allora, molti leader politici e religiosi hanno insistito sul fatto che l'islam non può essere identificato con il terrorismo. Resta il fatto che un uso ideologico delle religioni è sempre possibile e che molte guerre hanno utilizzato il nome di Dio e provocato, nel suo nome, migliaia di vittime innocenti.
Lo stesso Giovanni Paolo II, nella Novo millennio ineunte, scriveva che nelle condizioni di spiccato pluralismo che si vanno prospettando «tale dialogo è importante anche per mettere un sicuro presupposto di pace e allontanare lo spettro funesto delle guerre di religione che hanno deve diventare sempre di più, qual’è, un nome di pace e un imperativo di pace» (n. 55).
In termini più teologici, la Redemptoris missio aveva insegnato che «il dialogo non nasce da tattica o da interesse ma è un'attività che ha proprie motivazioni, esigenze, dignità: è richiesto dal profondo rispetto per tutto ciò che nell'uomo ha operato lo Spirito che soffia dove vuole» (n. 56). Una costruttiva teologia delle religioni, mentre approfondisce la coscienza della propria identità, è impegnata a riconoscere i segni della presenza di Cristo e dell'opera dello Spirito; senza intolleranza e senza irenismi, deve saper esprimere coerenza con sé e rispetto per l'altro, verità e umiltà. È questo il dialogo di cui abbiamo bisogno. A questo scopo è certo indispensabile la purificazione delle memorie storiche ma, in un contesto spesso conflittuale come il nostro, è decisiva la capacità di elaborare una vera e propria teologia delle religioni.
Le religioni cercano Dio e proclamano la salvezza. Per i credenti la salvezza è una interpretazione della vita, è qualcosa che attraversa tutta l'esistenza e che, oltrepassandola, presenta la comunione con Dio come il supremo valore della persona, come ciò attorno a cui unificare l'esperienza umana dandole significato e valore. Con il tempo sono nati molti modi di conciliare la verità di un Dio universale con la realtà di religioni nazionali e particolari: la conquista di un territorio e l'imposizione forzata di una religione e la diffusione attraverso la predicazione e la conversione sono state, forse, le modalità più frequenti.
Queste modalità hanno generato delle scuole teologiche che oggi, in un tempo radicalmente diverso dal passato, si possono raccogliere secondo tre modalità: esclusivismo, inclusivismo e pluralismo.
L'esclusivismo sostiene che l'unico, esclusivo luogo di salvezza è la Chiesa. Fuori di essa vi sono solo pagani, false divinità, forze maligne e magie; solo nella Chiesa, con la fede nel Vangelo di Gesù e con il battesimo si è salvi. I non-cristiani non hanno che una possibilità: convertirsi ed entrare nella Chiesa. Diversa è la posizione dell'inclusivismo: questa teoria sostiene che, in Cristo, sono incluse tutte le persone e tutte le culture e le religioni. Poiché Cristo non è venuto per abolire ma per portare a compimento, allora la Chiesa è chiamata ad assumere tutte le capacità e le tradizioni dei popoli ricapitolando così - con un lavoro di purificazione e di elevazione - tutta l’umanità sotto Cristo ed il suo Spirito. In una Chiesa cattolica, le singole parti offrono alle altre i propri doni e tutte le parti traggono vantaggio da questa vicendevole comunicazione. Il pluralismo infine, nella sua forma più rigida, sostiene che tutte le religioni sono interpretazioni culturali, diverse per storia e dogmi, di un'unica esperienza religiosa e che, per questo, le religioni sono sostanzialmente identiche e sono tutte quante legittime «vie di salvezza». Nella sua infinita grandezza, che supera ogni schema culturale, Dio si serve di tutte le religioni per salvare l'umanità e condurla a lui.
Nel caso di Dupuis, a queste prospettive di ricerca teologica si è aggiunta la sua personale passione su come si debba annunciare Cristo all'Asia, su quale sia il volto asiatico di Gesù. In un continente che raccoglie due terzi dell'umanità e nel quale i cristiani si aggirano attorno allo 1,5-2 per cento o poco più, questo problema è decisivo. Da una parte nell'Asia sono nate e sono radicate le più antiche e diffuse religioni del mondo, dall'islam all'induismo, dal buddhismo al taoismo, dal confucianesimo allo shintoismo: dall'altra, per quel mondo, prima che un insieme di dogmi e di riti, le religioni sono una esperienza e una vita lungo la quale inoltrarsi con un coinvolgimento personale profondo. Insieme all'inculturazione della fede, la teologia delle religioni esige una trasformazione profonda nel modo di intendere la missione: senza ridursi alla plantatio ecelesiae, la missione deve seguire sempre di più l'evangelizzazione del regno alla maniera di Gesù, mentre la Chiesa deve mostrarsi sempre di più come sacramento del regno nella storia. Per Dupuis tutta questa problematica teologica si concentra attorno a Gesù Cristo, cuore di ogni fede cristiana: sviluppando due opzioni, da una parte riconduce la persona e l'opera di Gesù all'annuncio del Regno e dall'altra la colloca in rapporto alle persone trinitarie. Il Regno è il contenuto della missione di Gesù ed il rapporto eterno del Verbo con il Padre e con lo Spirito è il segreto profondo della sua persona storica.
Risalendo a quel Verbo che illumina ogni uomo e che, nel corso della storia, ha parlato molte volte e in diversi modi, Dupuis pensa a diverse manifestazioni di Dio - documentabili nella azione divina che sorregge le altre religioni - e vede in Gesù Cristo il vertice di questa storia salvifica. Per quanto sia veramente e costitutivamente unito al Verbo, così da condividerne la divinità, Gesù però - in quanto uomo - gli rimane inferiore. Per questo la concezione della storia di salvezza, propria di Dupuis, è una sorta di teocentrismo che, pur mantenendo la divinità di Gesù, riconosce che tutte le religioni appartengono all'opera salvifica di Dio. Il risultato del suo pensiero è allora una presentazione di Gesù come salvatore universale e come unico mediatore; al tempo stesso, attraverso mediazioni che sono una forma di partecipazione all'agire del Verbo eterno, presenta le religioni come in grado di svolgere un vero e proprio ruolo salvifico. In questo modo Gesù è il volto umano di Dio mentre lo Spirito è la forza universale presente nelle diverse religioni; l'uno e l'altro - Gesù e lo Spirito - fanno riferimento alle persone trinitarie e trovano in quell'ambito la loro verità ultima. Da una simile visione scaturisce una prospettiva pluralista che riconosce la presenza dell’azione salvifica di Dio anche al di là dei confini visibili della Chiesa; questa azione divina non riguarda qui la salvezza dei singoli individui, ma il ruolo che le religioni che professano possono giocare in questa salvezza e davanti agli occhi dei cristiani. Su questa base teologica, a prescindere dalla reciprocità, nasce un atteggiamento nuovo nelle relazioni tra credenti di fedi diverse.
Questo atteggiamento nuovo è il dialogo, che appare così non già una scelta di comodo che nasconde interessi diversi, ma una scelta di fondo e ben fondata. Il dialogo nasce dalla consapevolezza di una profonda unità, fondata sul mistero della creazione e della redenzione; a questa unità va aggiunta l'opera dello Spirito che, presente nei cuori e nelle Coscienze, è presente anche nelle culture e nelle religioni a cui gli individui hanno dato origine. I semina Verbi sono i segni di questa sua misteriosa ma salvifica presenza. Non è quindi possibile risolvere la missione nel solo dialogo sopprimendo l'annuncio: mentre permette la scoperta di nuovi spazi di verità, il dialogo non cancella la fede e quindi, in qualche modo, è pur sempre una forma di annuncio. Per questo da una parte il dialogo deve esprimere la reciprocità del cammino delle religioni e dall'altra deve rispettare la loro asimmetria che riconosce la singolarità di Gesù.
Nonostante queste precisazioni, la Congregazione per la dottrina della fede riterrà inadeguata questa presentazione: vi scorgerà ambiguità e difficoltà che possono condurre in errore il comune lettore. Non vedrà sufficientemente riconosciuta la verità della divinità di Gesù e nella Dominus Iesus, senza fare cenno a Dupuis e alle sue tesi, parlerà del pericolo del relativismo ed enuncerà quelle verità che devono rappresentare come il quadro criteriologico di ogni corretto lavoro su questo tema. Questo dibattito oggi appena iniziato, nelle conclusioni a cui nel futuro giungerà, rappresenterà l’ossatura del cristianesimo venturo.
(da Mondo e Missione, febbraio 2005)