Ecumene

Venerdì, 19 Marzo 2010 21:26

Krishnamurti, il veggente che camminava solo (François Favre)

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Il saggio indiano Jiddu Khrishnamurti (1895-1986), proclamato “Istruttore del mondo” a sedici anni dai responsabili della Società teosofica, rinuncia a tale ruolo dopo varie rivelazioni interiori. Diviene allora l’apostolo itinerante di una nuova visione del mondo, libertaria e umanistica.

La vita di Khrishnamurti è un mito religioso moderno. Per coglierne il filo conduttore dobbiamo rifarci a vent’anni prima della sua nascita, nel 1895. Nel 1875, Melena Blavatsky, istigata dai “maestri di sapienza” incontrati nel Tibet, con cui dice di essere in comunicazione per via parapsichica, fonda la Società teosofica (ST) con lo scopo di rivelare la loro esistenza che finora era stata tenuta segreta. Nel 1889, due anni prima della sua morte, essa annuncia che lo scopo della ST è di preparare la prossima venuta dell’”Istruttore del Mondo” (i buddisti lo chiamano Maitreya, i cristiani Cristo). Egli avrà il compito di stabilire la pace e la cooperazione fra i popoli. I suoi fedeli partono alla ricerca del bambino che servirà da “veicolo” all’”Eletto”,

Dopo tentativi infruttuosi, la scelta dei teosofi si porta su un giovane Indiano che i genitori, di origine brahamina, hanno chiamato Krishnamurti (“che ha la forma di Krishna”) in omaggio al Dio indù. Sua madre muore quando egli ha dieci anni. Suo padre, teosofo, per sussistere si sposta con la famiglia alla sede della ST dove occupa un posto di segretario. E là, sulla spiaggia di Adyar, Leadbeater, uno dei responsabili del movimento teosofico, “scopre” Krishanamurti. D’improvviso riconosce in questo fanciullo una entità eccezionale:  “La più magnifica aura che mi sia stato concesso di vedere, senza la minima traccia di egoismo”.

Per preparare il giovane messia alla sua missione, i suoi nuovi tutori lo inviano con il fratello Nitya in Europa. L’11 gennaio 1911, a Benares, Annie  Besant, presidente della ST, fonda l’ordine della Stella d’Oriente e mette a suo capo il giovane. L’obbiettivo è di far conoscere l’insegnamento di Maitreya mediante l’intermediario di Krishnamurti. Tale decisione crea uno scisma in seno alla ST: Rudolph Steiner (1861-1925), responsabile del ramo tedesco, denuncia una mistificazione e crea un proprio movimento, l’Antroposofia (1913)

Sostenuta dalle reti teosofiche, la popolarità di Krishnamurti cresce rapidamente. Dal mondo intero affluiscono le donazioni. I discepoli si contano a migliaia. Nuovo dio vivente, è adulato alla maniera dei grandi guru indiani. Ma la sua notorietà ha una contropartita: un isolamento doloroso, rafforzato degli esercizi occulti, l’ascesi sessuale e le iniziazioni a cui lo sottopongono i suoi istruttori.

L'"apocalisse interiore"

Nel 1922 sopraggiunge un evento inatteso a Ojai in California, dove Krishnamurti e suo fratello colpito da tubercolosi sono venuti a riposarsi. Il 17 agosto, durante una meditazione, Krishnamurti prova un acuto dolore alla nuca, che peggiora nei giorni seguenti. Costretto ad allettarsi, sprofonda nel coma pur continuando a percepire quel che avviene intorno a lui. La sua coscienza si allarga: egli si identifica con gli elementi, con il cosmo e con tutti gli esseri viventi. Tornato in sé, siede sotto la pianta di pepe accanto alla sua casa e avviene una seconda esperienza straordinaria. “Più nulla sarà come prima, racconta, […] Ho visto la Luce. Ho toccato la compassione che guarisce ogni pena e ogni sofferenza[…]. Sono ebbro di Dio.

Così comincia quello che Krishnamurti chiamerà il “processo”, che continuerà fino alla morte,e sarà caratterizzato da stati alterati di coscienza e da dolori acuti e costanti alla base del midollo spinale e alla nuca. Tale “apocalisse interiore” non rimane senza conseguenze: Krishnamurti metterà in questione progressivamente il suo statuto di messia e la sua appartenenza alla ST.

La svolta decisiva avviene nel 1925: Nitya cade gravemente ammalato, mentre Krishnamurti si appresta a partire per l’India per una serie di conferenze. I teosofi chiaroveggenti affermano che Nitya guarirà. Krishnamurti ci crede e parte. Quando la sua nave si trova nel Mar Rosso viene a conoscere, straziato, sconvolto, indignato, la morte del fratello. La sua “discesa agli inferi” durerà dieci giorni. Al termine di questa lunga agonia è nato un uomo nuovo. Inevitabile diviene la separazione dai teosofi. Krishnamurti smette di parlare dei Maestri, ne contesta l’esistenza, non evoca più che la sua “unione con il Diletto”. Nel 1926 scrive: “Ho trovato ciò che ho tanto desiderato […] sento che non faccio più che una cosa sola con il  mio Diletto. […] Colui che ha raggiunto la liberazione è divenuto l’Istruttore – come me. […] Nessuno vi può dare la liberazione, dovete trovarla dentro di voi, ma poiché io l’ho trovata, vi mostrerò la via…

In questo istante preciso Krishnamurti diventa veramente Krishnamurti e si rivelano esatte le profezie fatte al tempo della sua giovinezza. Il 3 agosto, al campo di Ommen (Olanda), rinuncia al suo statuto di messia e scioglie l’ordine della Stella. L’”Istruttore mondiale” cede il posto a un istruttore spirituale di un nuovo tipo, conosciuto universalmente, il cui unico scopo è di “rendere gli uomini assolutamente e incondizionatamente liberi”.

Una rivoluzione della coscienza

L’essenziale del suo progetto sta in una frase: “La Verità è un paese senza strada”. Quando la sua biografa inglese, Mary Luytens, gli chiede nel 1980 di riassumere il suo insegnamento, Krishnamurti aggiunge: “[Le credenze] sono le cause delle nostre difficoltà. Perché, in ogni relazione, esse separano l’uomo dall’uomo. […] La natura unica dell’individuo [risiede] in una libertà totale riguardo al contenuto della coscienza. […] [Solo la] visione penetrante [di tutti i movimenti della coscienza], fuori del tempo, produce nello spirito un cambiamento profondo e radicale.” Durante cinquant’anni egli invita a una rivoluzione della coscienza, senza fondare né gruppo né movimento. Le sue parole incendiarie sconvolgono milioni di persone di tutte le razze, religioni e classi sociali: gli spiriti più grandi. da David Bohm al Dalai Lama, si incontrano con lui per discutere sull’amore, la morte, la natura, il pensiero, l’osservazione, la meditazione, l’educazione…; sarà anche criticato, combattuto odiato, tradito.

Muore a Ojai il 17 febbraio 1986, di un cancro, a pochi passi dal pepe ai piedi del quale , sessant’anni prima, tutto era cominciato. Al momento della sua cremazione, né cerimonia, né preghiera. E neppure una stele commemorativa, per evitare qualsiasi culto della personalità. La sua eredità? Un insegnamento fuori del comune, una sessantina di opere tradotte in cinquanta lingue, centinaia di ore di registrazione video, sette scuole  per bambini, il germe possibile di una umanità nuova.

François Favre

(da Le monde des religions, 22, pp. 46-47)

 

Letto 16238 volte Ultima modifica il Venerdì, 30 Marzo 2012 13:45
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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