Ecumene

Mercoledì, 30 Marzo 2011 21:26

Ecumenismo protestante. Il sale della terra (Renzo Bertalot)

Vota questo articolo
(0 Voti)

L'ecumenismo è la ricerca di una risposta all'interrogativo sul dono di Dio, sul sale della terra. Non è la somma delle nostre teologie, dei nostri valori, non è un mosaico o un amalgama, non è una costruzione ben dosata dalla nostra sapienza. Esso è invece la ricerca della volontà di Dio, della guida e della sua unità.

Ecumenismo protestante
Conclusione

Il sale della terra

di Renzo Bertalot

 

Il mondo nel quale viviamo ha molte volte ragione di guardare alla Chiesa con perplessità e di nutrire riserve non solo per quanto riguarda una prospettiva interna alla fede - il che è comprensibile per chi giudica dall'esterno - ma soprattutto per quello che la Chiesa si propone di essere a causa della sua fede. Abbiamo ricordato i paesi del terzo mondo che, con notevoli ostacoli e non senza scandalo, riuscivano a cogliere l’evangelo al di là delle forme occidentali di missioni, e a coglierlo nonostante l'incresciosa immagine di una Chiesa di Cristo divisa ed in concorrenza tra i suoi vari settori confessionali. L'ecumenismo non è stato una nuova apologetica, nei loro confronti, ma una vera conversione della Chiesa. Non v'è stato un nuovo tatticismo missionario, attuato da maestri esperti nell'aggiornare i loro strumenti di lavoro, ma piuttosto una rivoluzione copernicana che metteva al centro di gravitazione le giovani chiese e la loro fede in Cristo, e metteva in varie orbite di servizio la mano fraterna che poteva essere tesa verso di loro dalle chiese dei vecchi continenti. Europei ed americani si son volentieri lasciati istruire dalla testimonianza che proveniva dal campo delle missioni. Tutto questo perché la Chiesa che ascolta e la Chiesa che insegna costituiscono una dialettica dinamica all'interno della fede e non una divisione statica coincidente con le configurazioni ecclesiastiche tradizionali. Così già nel Nuovo Testamento troviamo Paolo che riceve da Pietro e dagli altri apostoli (1Cor. 11), e troviamo Paolo, l'ultimo venuto, che insegna a Pietro e agli altri (Gal. 2). Questa dinamica non dev'essere interrotta e sostituita da forme statiche di partiti ecclesiastici contrastanti, come era avvenuto nella chiesa di Corinto, con i partiti di Paolo e di Pietro accanto agli altri.

La forza vitale di tale dinamica non è negli uomini, essa è il dono di Dio che sceglie ed elegge i suoi strumenti. Ora il dono di Dio è simile alla manna data ad Israele nel deserto: non può essere conservata se non dai disubbidienti, non è un possesso, non vi si può capitalizzare sopra.

Chi ascolta e riceve la Parola, in questo miracolo di Dio, è il sale della terra (Matt. 5, 13). La vocazione della Chiesa è di essere il sale della terra. Ciò che fa sì che il sale non sia insipido è il dono di Dio. Fin che Dio elargisce la sua Parola, esso non perde sapore agli occhi suoi, ma è conservato in vista di Cristo ed ha uno scopo ed una speranza. «La terra è conservata dalla Chiesa», affermava Bonhöffer.

L'ecumenismo è la ricerca di una risposta all'interrogativo sul dono di Dio, sul sale della terra. Non è la somma delle nostre teologie, dei nostri valori, non è un mosaico o un amalgama, non è una costruzione ben dosata dalla nostra sapienza. Esso è invece la ricerca della volontà di Dio, della guida e della sua unità. È la ricerca di ciò che ci costituisce sale della terra, luce del mondo. L'ecumenismo è un crogiuolo nel quale Dio ci affina, ci giudica e ci rinnova. L'atto costitutivo del sale è il ravvedimento, la conversione, il pentimento delle chiese. È lì che la vera facies della Chiesa - per riprendere l'espressione di Calvino - diventa visibile sulla terra.

Cattolici e protestanti s'interrogano sulla vera facies della Chiesa. Gli uomini che abbiamo interrogato nel nostro studio, li abbiamo interrogati da questo punto di vista. Condizionati dal loro secolo, dal loro ambiente e dalle loro teologie, ci hanno fatto gustare attraverso la loro ricerca il senso vivo della Signoria del Cristo. Uomini travagliati dalla novità delle cose di Dio eppure gioiosi nella verifica della loro fede e della loro speranza, oppressi dalle cose impossibili del nostro tempo eppure fiduciosi nella possibilità di Dio.

La Chiesa romana, nei suoi documenti conciliari e nelle sue determinazioni post-conciliari, in quanto vive e soffre con noi lo stesso momento ecumenico, in quanto si pone con noi la domanda sul sale della terra e sul vero volto della Chiesa visibile, ci incontra nel nome di Cristo e come fratelli. E il resto? Tutto ciò che ci divide e ci contrappone gli uni agli altri non è messo da parte, anzi, in un tempo come il nostro acquista il senso opprimente di una sfida alla fede e all'unità. Ciò non è lontano da noi, dai nostri giornali, dai nostri ambienti, fa parte del nostro vivere quotidiano. E allora? Fantasia, si dirà, fantasia dell'interpretazione che i dati del momento non permettono. Ma lo è veramente? Non ritorneremo sulla questione del dato, né intendiamo psicoanalizzare il nervoso ed incerto sovrapporsi di formule risolutive e di slogans ecclesiastici. Gli assolutismi si consumano tra di loro, per l'usura dei loro stessi argomenti, come camaleonti su un pezzo di lana scozzese. Bolle di sapone o tigri di carta, a seconda dei punti di vista.

La nostra speranza non può essere rinchiusa o soffocata da questi limiti. Non lo potrà fino al giorno in cui qualcuno avrà fede sufficiente per credere che la grazia è più grande del peccato e che non si può mettere sotto scacco il piano di Dio.

L'orecchio abituato all'ascolto conosce e distingue la voce del buon Pastore; è verso quella che tendono le nostre vite ed è ad essa che intendiamo conformare la nostra ubbidienza. Nel nostro tempo la Bibbia è aperta al di qua e al di là delle barriere confessionali tradizionali, perciò non è difficile udire la Parola vibrare nella testimonianza degli uomini impegnati nei vari settori del cristianesimo. Chi è assetato ed affamato della Parola non ha tempo per il resto, anzi, l'occuparsene costituirebbe una tentazione da fuggire, un sentiero da evitare, un fermarsi a seppellire i morti, un tracciare il solco guardando indietro. Occorre guardarci in faccia e chiederci a vicenda se abbiamo una parola da parte di Dio.

Certo il sale della terra può diventare insipido. Il profeta Giona stava rinunciando alla sua vocazione di sale della terra. Invece di recarsi a Ninive, come era stato comandato, preferì fuggire lontano dal cospetto del Signore. I niniviti non erano degni della Parola, ma solo della spada. La grazia di Dio era, nella visione del profeta, contenuta dalla malvagità e dalla resistenza degli abitanti della città proibita. Non v'era amore, ma solo irritazione. Quante volte la tentazione del profeta è stata quella delle nostre chiese! Da una parte e dall'altra abbiamo sentito dire: «Con l'altro non si dialoga, si polemizza». Ma ora la voce del Pastore è udibile nella testimonianza dell'altro, ora la vera facies della Chiesa preme visibilmente dietro le tradizionali configurazioni ecclesiastiche. La terra ha il suo sale anche nel nostro tempo, perciò il mondo ha una speranza ed una prospettiva di riconciliazione.

Il discorso ecumenico non è un discorso interno: il sale è sale della terra. V'è integrazione, non integrismo. Non si tratta di un'integrazione in vista di una costruzione terrena del Regno, ma di una caparra e di una primizia, nel senso paolino, del Regno di Dio che viene.

L'uomo nuovo, l'uomo della risurrezione non è il prolungamento dell'uomo giusto e credente. Tra i due v'è la morte e la risurrezione, e nel miracolo non è lecito parlare di continuità, ma solo di novità. Non abbiamo quindi unità di misura e di confronto tra queste due dimensioni diverse. Possiamo solo dire che lo Spirito governa il prima e il dopo e che Egli è il segreto della loro unità che ci sfugge. Così una terra in cui Dio ha posto il sale non è più una terra abbandonata al suo destino, ma indica il Regno che viene. Tra l'una e l'altro non è possibile parlare di continuità. Aspettiamo nuovi cieli e nuovo terra. La realtà di una terra cui Dio ha dato il suo sale e il suo sapore, è una realtà simile alla realtà dell'uomo che crede. Predicare l'Evangelo non vuol soltanto dire chiamare, attraverso la conversione, gli uomini alla loro realtà in Cristo, ma anche chiamare la terra alla sua. Se l'uomo che spera e crede è concreto, anche la terra salata è concreta e visibile.

Certo v'è l'inquietante domanda se il Figliuol dell'uomo troverà ancora la fede sulla terra al suo ritorno, e v’è pure la contraddittoria possibilità che il sale diventi insipido. Ma questo non significa rifiutarsi di predicare all'uomo e alla terra. Significa invece che esiste il pericolo che non si predichi più, che Giona non venga fermato nella sua folle marcia, lontano da Dio nel suo risentimento, e che degli amministratori di Dio nascondano il talento loro affidato, per paura.

Il sale deve integrarsi nella terra per conservarla in vista del Regno di Dio, deve perdere il suo confine «granulare», il suo essere «ghetto», per disperdersi nel mondo ed esercitarvi il compito assegnatogli dal Signore.

La Chiesa non deve eclissarsi ma deve «salare» la terra, tutta la terra. La sua vera facies non deve scomparire, ma essere veramente tale, integrata nel mondo come il sapore del creato, in attesa del Regno.

Letto 2311 volte
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search