Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Ez 47,1-2.8-9.12
Dal libro del profeta DanieleIn quei giorni, [un uomo, il cui aspetto era come di bronzo,] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro.
Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Aràba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».
Salmo Responsoriale Sal 45 (46)
Un fiume rallegra la città di Dio.
Dio è per noi rifugio e fortezza,
aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare.
Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,
la più santa delle dimore dell’Altissimo.
Dio è in mezzo ad essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.
Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.
Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto cose tremende sulla terra.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Alleluia, Alleluia
Io mi sono scelto e ho consacrato questa casa
perché il mio nome vi resti sempre.
Alleluia, Alleluia
Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».
Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Ora, immediatamente dopo ‘la festa’, Giovanni ci conduce nel luogo della religione, dove si respira potere, performance, frustrazione e in ultima analisi, tristezza. Da una parte la fede – partecipazione senza prestazione alla vita divina che ci attraversa – dall’altra la fatica del merito e del mercato. Sono le due possibilità di vivere la propria vita da credenti. A noi la scelta.
Nella storia, salvo rare eccezioni, ha prevalso un mondo “religioso” che ha scelto il controllo invece della fiducia, la dottrina al posto della vita, la fatica di conquistare il cielo attraverso meriti e sacrifici, dimenticando che quel cielo ci abitava da sempre. Ma non lo si è voluto credere, perché troppo bello per sembrare vero. In fin dei conti – lo sappiamo – la religione è sempre amministrazione del divino: è lei ad attestare chi può entrare, chi ne è escluso, quali norme osservare per meritare il favore di un dio.
Ma Gesù è rimasto a Cana, alla festa, ossia in quella postura umana chiamata fede per cui l’imperativo è dono: non ciò che l’uomo deve ad un dio, ma ciò che l’Amore desidera donargli. Per questo non può accettare il tempio trasformato in luogo di commercio, dove tutto si risolve nel becero do-ut-des, io essere umano do qualcosa a te dio altissimo affinché tu possa ricambiarmi in salute, sicurezza e protezione. Per questo Gesù ha distrutto – in maniera definitiva sulla croce – l’immagine del dio commerciante, convinto com’era che quella fosse la vera idolatria religiosa da sconfiggere.
Giovanni colloca questo gesto in prossimità della Pasqua — “dei Giudei”, precisa — quasi a dire: questa è ancora una pasqua imperfetta, una liberazione solo rituale. Migliaia in quei giorni salivano al tempio portando agnelli, denaro, e compiendo sacrifici. Un culto che odorava di sangue e fatica. La Pasqua autentica si sarebbe compiuta da lì a poco: sul legno della croce si aprirà la nuova geografia del divino: non più verso l’alto, ma verso l’interno.
Da allora, la dimora di Dio è l’uomo vivente, come intuiva Ireneo; anzi potremmo dire “Dio” non è altro che la profondità stessa della vita che si dona, il cuore pulsante di ogni essere che ama. È qui la vera liberazione: non dal peccato morale, ma dalla paura di non essere amabili.
È bello costatare come il Vangelo di Giovanni non inizi con un dogma, ma con una demolizione: quella del falso dio.
Solo chi lascia cadere il dio del dovere potrà incontrare il Dio dell’essere. Solo chi smette di trattare con il Cielo come con un commerciante potrà accorgersi che il Cielo è già dentro di sé, come un respiro che non chiede nulla, se non di essere accolto.
E allora, forse, comprendiamo che la fede non è un atto religioso, ma semplicemente un atto umano.
Non si tratta di credere in dio, ma di credere come Dio: con la stessa fiducia, la stessa gratuità, la stessa capacità di amare senza misura. Questo è il vero tempio, questo il vino nuovo che continua a colmare le anfore del mondo, e fare di ogni quotidiano una Cana dove si vive la festa.
