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Domenica, 02 Novembre 2025 09:08

Commemorazione di tutti i defunti In evidenza

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Commemorazione di tutti i defunti

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gb 19, 1.23-27

Dal libro di Giobbe
 

Rispondendo Giobbe prese a dire:
«Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,
per sempre s'incidessero sulla roccia!
Io so che il mio redentore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
i miei occhi lo contempleranno e non un altro».


Salmo Responsoriale Sal 33 (34)

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.

Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.

 
Seconda Lettura  Rm 5, 5-11
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
 
Fratelli, la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
 
Canto al Vangelo


Alleluia, Alleluia

Questa è la volontà del Padre mio:
che chiunque vede il Figlio e crede in lui
abbia la vita eterna;
e io lo risusciterò nell'ultimo giorno, dice il Signore.

Alleluia, Alleluia

 

Vangelo Mt 25, 31-46

Dal Vangelo secondo Matteo
 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi".
Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato".
Anch'essi allora risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?". Allora egli risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me".
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

 

OMELIA
 
Tutto ciò che nasce, muore. E tutto ciò che muore, si trasforma.
La scienza ce lo insegna con la sobrietà dei fatti: nessuna particella dell’universo si crea dal nulla, nessuna scompare nel nulla. Tutto cambia forma, come l’acqua che evapora, si fa nube, poi pioggia e poi ancora fiume, e mare, e vapore.
L’universo è una danza di metamorfosi. Una sinfonia di nascite e dissoluzioni. E noi — noi che pensiamo, che amiamo, che tremiamo di paura davanti alla morte — siamo parte di questa danza. Siamo vita che conosce sé stessa per un istante.
Quando parliamo di morte, pensiamo sempre ad una ‘fine’. Ma “fine” è parola ancora dell’ego non dell’universo. Nella lingua della materia e dello spirito, la morte significa trasformazione.
Gli antichi lo sapevano benissimo. Empedocle diceva che nulla nasce né perisce, ma si mescola e si separa. E i saggi d’Oriente chiamavano questa legge Brahman, Atman, Dao:
il Tutto che mai cessa di essere, il respiro che attraversa ogni forma.
Anche la fisica moderna, che tutto misura, sospetta la medesima verità: ogni forma visibile è solo un nodo temporaneo, in un oceano di energia e informazione. Che ogni cosa è relazione, risonanza, eco di un’unica vibrazione.
È vero, noi diciamo “muoio”, ma in realtà tutto ciò che siamo ritorna: ritorna alla terra, all’aria, al sole, alle radici di altri esseri viventi. Morendo, restituiamo ciò che ci è stato donato. La foglia che cade non teme la terra. Sa di essere parte dell’albero, e che, anche cadendo, continua a nutrirlo. «Non dire che sono solo questa forma», risponde la foglia al monaco Thich Nhat Hanh, «io sono tutto l’albero. Quando cadrò, tornerò a nutrirlo».
Forse anche noi potremmo dire così: non sono soltanto questo corpo che invecchia, questo io che teme la fine. Sono parte del grande albero della vita, e quando cadrò, non cadrò fuori dal Tutto — ma dentro al Tutto.
Il Mistero è che la morte non distrugge la vita: la compie. È l’altra faccia della nascita, la porta attraverso cui la vita continua a fluire.
Ogni organismo che muore lascia un’eredità invisibile. Non solo materia, ma informazione, memoria, coscienza diffusa. Una parte del suo canto rimane nel cosmo.
Per questo, forse, nulla si perde. Tutto è conservato in una grande memoria cosmica, in quel fondo silenzioso che i mistici chiamano Dio, e i fisici chiamano campo, e i poeti amore.
Accogliere la morte non è dunque un rassegnarsi, è riconciliarci con la vita. È smettere di opporre resistenza al flusso che ci attraversa. È dire: “Sia fatta la tua trasformazione in me”.
“Se vuoi la vita, prepara la morte”, scriveva Hans Küng. Preparala non con paura, ma con fiducia. Perché chi accoglie la propria finitezza, scopre l’infinito che la abita.
In fondo, viviamo meglio la vita quando smettiamo di fuggire la morte. Quando impariamo a lasciar scorrere tutto: i giorni, le relazioni, le stagioni, le gioie e i dolori, sapendo che ogni cosa ha un tempo, e che il suo tempo è sacro. Morire, allora, non sarà uno spegnersi, ma solo un aprirsi. Un dilatarsi fino a non avere più confini. È restituire alla vita ciò che la vita ci ha dato. E in quel momento — quando tutto sembra dissolversi — forse comprendiamo che non siamo mai stati separati. Che ciò che chiamavamo “io” è sempre stato parte di un Respiro più grande, di un cuore che batte in ogni creatura, di una luce che non conosce tramonto. Forse è questo che Gesù voleva dire quando spezzò il pane e disse: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo.” Non un corpo offerto una volta per tutte, ma la rivelazione di un principio cosmico: la vita si trasmette solo donandosi.
Ogni morte è un atto d’amore. Ogni caduta, una comunione. Ogni dissoluzione, una pasqua. Quando verrà il momento di lasciare, possiamo dire come la foglia all’albero: “Non avere paura. Ci ritroveremo nel vento, nella luce, nel silenzio che tutto abbraccia.
Non c’è fine, solo trasformazione.”

 
Paolo Scquizzato
 
Letto 5 volte Ultima modifica il Domenica, 02 Novembre 2025 09:14
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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