Per i Greci il termine storia non voleva dire fatti accaduti, ma informazione e ricerca. Erano cioè coscienti che i fatti meramente accaduti erano stati trasformati in eventi sulla base di una coscienza storica già determinata. Ogni situazione è inserita in una tradizione ed ogni fatto è interpretato. Anche le leggende hanno un valore storico.
Ritroviamo quindi lo schema soggetto-oggetto, dal quale non possiamo evadere, per cui la storia è una sindrome, una convergenza di fatti e di interpretazione.
Approfondendo l'esame del fenomeno storico, Tillich ne rileva quattro componenti: l'intenzione e lo scopo dell'agire umano, il superamento del momento precedente come movimento all'interno della polarità destino-libertà, l'emergere di nuovi significati ed infine la capacità di indicare, oltre se stessi, ed esprimere questi significati.
Gli avvenimenti storici rappresentano dunque le potenzialità umane, le mostrano nella loro attualizzazione e simbolizzano in essa lo scopo stesso della storia.
Nei confronti della vita, la storia si muove in modo parallelo. Abbiamo già visto che le tre funzioni vitali (integrativa - creativa - trascendente) nonostante i pericoli (disintegrazione, distruzione e profanazione), puntano verso l'integrazione totale, verso il totalmente nuovo e verso il totalmente trascendente. La storia, parallelamente alla funzione integrativa della vita, tende verso l'armonia tra potere e giustizia, parallelamente a quella creativa, tende verso la novità senza ambiguità e parallelamente a quella della trascendenza verso il compimento delle potenzialità dell'essere. Le ambiguità permangono finché c'è storia e si trasformano in esigenza di superamento alla quale la fede cristiana risponde con il simbolo del Regno di Dio.
Tillich passa poi ad esaminare le categorie dell'essere nel contesto storico. Il tempo è un essere dopo l'incontro, lo spazio un essere nell'incontro e la sostanza l'unità che rimane nel cambiamento. Tutte le categorie tendono, oltre se stesse, in modo unitario, nella dimensione dello Spirito e incidono sulla storia. Il tempo e lo spazio storici hanno senso quando l'uomo si pone la domanda dello scopo del processo storico. Inizio e fine sono le qualità di ogni momento. La causalità e la sostanza emergono in rapporto al nuovo, alla situazione storica. Ma ogni incorporazione del nuovo ne esige altra per cui la storia tende oltre se stessa. Dove?
La risposta ci è data dal simbolo della Nuova Creazione. Le ambiguità del processo storico sono espresse nei miti e nelle religioni in tensione verso il Regno di Dio. Si tratta di una evoluzione da immaturità a maturità, in cui emerge ciò che è essenziale e cade l'ambiguità.
Tillich ci offre tre esempi di queste tensioni servendosi di tre polarità. Innanzi tutto v'è ambiguità nel rapporto tra impero e centralizzazione. L'impero rappresenta la tendenza all'espansione che comporta il pericolo della disintegrazione per mancanza di consistenza. La centralizzazione può correggere il pericolo, ma deve sopprimere le libertà creative e le spinte verso il futuro. Col tempo questa sterilità distrugge il potere centralizzato.
Troviamo in seguito la polarità rivoluzione-reazione. L'emergere del nuovo porta ad una rottura col passato, ma la rottura comporta delle distruzioni che ritardano il processo e creano una reazione. Se quest'ultima vince non riesce però a soffocare, se non momentaneamente, il nuovo che tornerà a riaffermarsi.
Nel tentativo di trascendersi, la storia si trova coinvolta nel conflitto dei gruppi che, ciascuno a modo suo, pretendono di rappresentare lo scopo della storia. Pensiamo per esempio all’età della ragione, alla società senza classi e a certe tendenze assolutistiche religiose di destra e di sinistra. V'è un continuo oscillare tra utopia e disperazione. L'individuo infine è portato a sentire la storia negativamente e senza speranza per le troppe ambiguità.
A causa dello schema soggetto-oggetto e della inseparabilità di fatti ed interpretazioni, non è possibile trovare una risposta unanime al significato della storia. Ognuno ha una sua unità di misura per giudicare. La fede cristiana si inserisce nel discorso con il simbolo del Regno di Dio e si propone di giustificare la sua scelta. Vi sono state delle nozioni negative della storia, cioè delle nozioni che non ne hanno visto uno scopo preciso. La nozione classica del ritorno di tutte le epoche ne è un esempio. Così ancora la visione mistica individualista e quella meccanicista centrata sulla tecnologia. Il progressismo invece ha una sua dinamica orientativa. Ma dove punta? Le risposte date non sono che delusioni. L'utopia ha precisato il suo scopo e il modo di vincere le ambiguità, ma ogni utopia ha lasciato dietro di sé l'amarezza del disappunto e dell'idolatria nella misura in cui ha dato un valore ultimo e incondizionato a ciò che è penultimo e condizionato. Anche l'escatologia trascendentale è inadeguata, separa il Regno di Dio da quello politico e la salvezza dalla creazione. Se non v'è salvezza per il potere che è vita, non v'è salvezza per la vita, la natura e la cultura.
Il simbolo del Regno di Dio è la sola interpretazione adeguata che risponda alla domanda sul significato della storia. Esso esprime una dinamicità interna nel superamento delle ambiguità, la Presenza Spirituale, e una esterna che la trascende, la Vita Eterna. Il Regno di Dio è immanente e trascendente nello stesso tempo.
Il Regno di Dio è la potenza della salvezza che irrompe nella storia e la orienta. Il centro e il criterio proposto dalla fede cristiana contrasta con altri centri religiosi (esempio l'Esodo) e nazionali (esempio l'impero romano). Bisogna allora chiarire il discorso partendo dall'interno. Tillich parla del governo di Dio (provvidenza) e rifiuta l'idea di un piano di Dio perché esso porta al fatalismo ed esclude la libertà.
Il Regno di Dio si manifesta nella storia attraverso la Comunità Spirituale. La chiesa ha quindi un criterio contro se stessa, l'arma dei profeti, ma la sua storia rimane storia del mondo, anche se la determina creando una coscienza irrequieta. Nella storia del mondo si prepara quella della chiesa come rappresentazione del Regno di Dio. A sua volta la storia del mondo è trasformata dalla Comunità Spirituale e giudica la chiesa.
La storia tende alla sua unità all'interno della tensione impero-centralizzazione. L'incidenza del Regno di Dio si manifesta in ogni vittoria sulla minaccia della disgregazione e sul persistere delle ambiguità. In altre parole, essa consiste nell'equilibrio del potere. La chiesa non può pretendere, in questa prospettiva, di dominare il settore politico. Il Regno di Dio, infatti, non si compie secondo l'orientamento della comunità cristiana. Tillich non è pacifista ad oltranza, ma vede nell'obiezione di coscienza e nel rifiuto della guerra atomica dei segni del Regno di Dio.
A proposito della polarità rivoluzione-reazione Tillich indica ancora nell'equilibrio la via della vittoria sulle ambiguità. Il Regno di Dio non è conciliabile, infatti, con strutture invecchiate, né con rivoluzioni forzate ed implica un continuo rinnovamento della base secondo la Presenza Spirituale. Infine nel puntare oltre se stessa, la storia deve evitare le utopie e le assolutizzazioni di ciò che è solo parziale. Il Regno è già e non è ancora. È utile per esempio chiedere alle chiese di tipo sacramentale di avvalersi del principio di trasformazione sociale e a quelle di tipo attivistico di riflettere maggiormente sulla Presenza Spirituale nelle varie situazioni che le confrontano. Sul piano individuale non c'è vittoria del Regno quando l'individuo si estrania dal mondo. Ma esso non può venire ridotto alla funzione politica. È presente in ogni atto creativo.
Lo scopo trascendente del Regno di Dio è la Vita Eterna. Tillich respinge ogni idea di catastrofi finali, perché non v'è contraddizione tra storia e Regno. Vi sono dei simboli della fine che implicano il passaggio dal tempo all'eternità, cosi come v'è il simbolo della creazione che indica il passaggio dall'eternità al tempo.
Il contenuto positivo della storia è elevato nell'eternità. In altre parole, ciò che accade nel tempo e nello spazio ha un senso che, liberato dalle distorsioni, appartiene alla Vita Eterna. Il giudizio è un simbolo che vuole, appunto, avvertirci: il negativo sarà rivelato come tale, non potrà più confondere e non sarà più ricordato. Ciò che invece sarà ricordato, appartiene alla Vita Eterna e costituisce lo scopo interno della storia. La Vita Eterna è il compimento del Regno di Dio, totale integrazione, creatività e trascendenza nel perfetto equilibrio tra destino e libertà. Non vi sarà più né morale né cultura né religione, perché dov'è l'essere non v'è più legge, ma rivelazione.
La fine della storia è il momento dell'essenzializzazione. Non significa un mero ritorno di tipo platonico, perché l'essenza si arricchisce di quanto v'è di positivo nella dimensione storica. Il simbolo della risurrezione esprime questo momento, che non è creazione dal nulla, ma trasformazione definitiva secondo l'essenza. L'individuo può, in vista di quel trapasso, sviluppare o sciupare le sue possibilità, ma non può essere considerato isolatamente senza tener conto delle situazioni e del destino comune.
Un'ultima parola su Dio: Egli non è statico e immobile, ma in continuo divenire, una vittoria continua. Ha in sé il segreto della sua unità tra l'identità con se stesso e l'alterazione di se stesso. La Vita Eterna in questo rapporto è vita nell'eterno, in Dio. Essa è pan-en-teismo.
Renzo Bertalot