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Sabato, 26 Marzo 2005 11:32

Lectio ( 1 Cor 11, 1-35)

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Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l'uomo, e capo di Cristo è Dio.

0gni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. Ma ogni donna che prega o profetizza, senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuoI mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi capelli o radersi, allora si copra.

 

L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. Se infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna; come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio. Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio.

E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. E’ necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!

Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».  Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice, è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria: di me». 0gni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, veniamo ammoniti per non esser condannati insieme con questo mondo.

Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.

 

 

L’eucarestia: memoriale e convito


Eucaristia, la Santa Messa, è contem­poraneamente, in modo indisgiungibi­le, sacrificio, memoriale e convito. la Parola che si è fatta carne (Giovanni l, 14) si offre in sacrificio (dono di sé a prezzo della vita con morte cruenta e risurrezione).

A monte c' è l'Amore del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre. Questo amore reciproco è un dono per noi, nella concreta storia umana di Gesù che ha un vertice, un definitivo nella storia, perennemente rinnovato: la Pasqua, come passione morte e risur­rezione, che si attua nella Cena. Rile­viamolo bene. Mangiare il pane e be­re il vino consacrato è fare" comunio­ne", ma la comunione è dono divino (1 Giovanni 1, 1-3), non è frutto di buona volontà aggregativa, o di affi­nità consensuale o convergente, o di spontaneità e sintonia affettiva.

ricevere il Corpo ed il Sangue di Cristo

 

 

Comportamenti nelle assemblee

e nella Cena del Signore



Vi sono, nel brano che stia­mo meditando, diversi insegna­menti dell'apostolo. Il primo sup­pone un preciso stile di comporta­mento che riguarda le tradizioni da mantenere nelle assemblee in preghiera, intendendo evitare «il gusto della contestazione», estra­neo a Paolo e alle Chiese di Dio.

Certamente si tratta di un in­sieme di tradizioni culturali umane, che hanno la loro portata sto­rica e anche, pur nella loro relati­vità, una portata perenne. Peren­ne, ad esempio, è che «nel Signo­re, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna; come, in­fatti, la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio». Relati­vo e transeunte è invece, qualifi­cando l'uomo come capo, ritenere che in preghiera debba stare a ca­po scoperto e coi capelli corti; mentre la donna in preghiera de­ve attestare la sua dipendenza, portando il velo sulla testa; per questo, opportunamente, a modo di velo, si fa crescere i capelli.

Il secondo insegnamento riguar­da il modo con cui avvengono le assemblee di preghiera (il modo in cui si fa Chiesa). È un criterio im­portantissimo che illumina anche le nostre scelte ecclesiali di oggi: “Vi sono divisioni tra voi... È ne­cessario che avvengano divisioni, perché si manifestino quelli che so­no i veri credenti in mezzo a voi». Il peccato che contamina le assem­blee, in cui si mangia la «cena del Signore», è: il non voler e saper at­tendersi e il non voler condividere. Ognuno si porta da mangiare e da bere e consuma il tutto per conto suo e velocemente. Di conseguenza c'è chi è rimpinzato e chi soffre la fame. Paolo è indignato. Ricorda solennemente quel che «ha ricevu­to dal Signore e che a sua volta ha trasmesso”. E qui abbiamo, unico il sacrificio d'amore di Gesù importante testo oltre ai vangeli si­nottici, la narrazione dell'istituzio­ne dell'Eucaristia: «Questo è il mio corpo per voi...»; «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue...». Tutto «fate in memoria di me». È questa dunque la regola per le as­semblee di preghiera, per la cena del Signore: «Quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri». D'altra parte l'intero capito­lo 11 si era aperto con una esorta­zione: «Fatevi miei (di Paolo) imi­tatori, come io lo sono di Cristo».

Riceviamo da questa pagina della scrittura un grande insegna­mento, che corrisponde esatta­mente alla situazione in cui sovente ci troviamo: la celebrazione dell' eucaristia. È questa la grazia più grande che possiamo ricevere. La celebrazione eucaristica prima di tutto, quindi, principio di ogni cosa, perché in essa vi è tutta la bontà e misericordia di nostro Pa­dre. Se viviamo tutto quello che impariamo durante la celebrazio­ne, la vita diventa buona. È un re­galo immenso, dal quale dobbiamo sentir ci consolati. L'eucaristia è innanzi tutto imparare a smettere di dare la colpa agli altri (al Pa­dreterno, a chi ci sta vicino, a chi ci governa, ecc.); poi, è imparare a chiedere perdono e a dire a tutti «pregate per me». La parola della scrittura non invecchia mai; è sempre buona e sempre ci sor­prende. Mette in evidenza i nostri errori, e anche i regali che Dio ci ha fatto e che noi non abbiamo sa­puto accogliere. La messa poi ci dà 1'opportunità di fare la comunione col Signore, di diventare una cosa sola con Lui.

Il brano della lettera di Paolo ri­prende le parole del vangelo: «Questo è il mio corpo, che è per voi». È una frase bellissima, che esprime la misura immensa del voler bene. La nostra vita è stata nutrita e consolata dal bene che il Signore ci ha voluto per mezzo di tante persone. Poi dice anche: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue». VuoI dire che il Signore è disposto a dare tutto purché ci sia questa alleanza, que­sto volersi bene.

Quando si entra in una casa e si vede gente che si vuol bene, ci si accorge subito che c'è qualcuno che ha speso la sua vita per amo­re. Il sacrificio d'amore è molto fe­condo. Qualunque problema oggi ci possa turbare, abbia ricevere il Corpo ed il Sangue di Cristo mo la possi­bilità di entrare nella pace, perché nell' eucarestia si celebra il sacrificio d'amore di Gesù.



Strettamente in collegamento con la liturgia eucaristica, ma... poi… nella vita vivo ciò che celebro?

Cristo, pane di vita spezzato-condiviso, mi porta a spezzare-condividere il mio pane, la mia amicizia, la fraternità?

Sono cosciente, gioioso del fatto che ricevere il Corpo ed il Sangue di Cristo mi rende concorporeo e consanguineo di lui?


Luciano Pacomio

Biblista e vescovo 

 

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Letto 3010 volte Ultima modifica il Domenica, 15 Maggio 2011 23:12

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