L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. Se infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna; come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio. Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio.
E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. E’ necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice, è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria: di me». 0gni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, veniamo ammoniti per non esser condannati insieme con questo mondo.
Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.
L’eucarestia: memoriale e convito
Eucaristia, la Santa Messa, è contemporaneamente, in modo indisgiungibile, sacrificio, memoriale e convito. la Parola che si è fatta carne (Giovanni l, 14) si offre in sacrificio (dono di sé a prezzo della vita con morte cruenta e risurrezione).
A monte c' è l'Amore del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre. Questo amore reciproco è un dono per noi, nella concreta storia umana di Gesù che ha un vertice, un definitivo nella storia, perennemente rinnovato: la Pasqua, come passione morte e risurrezione, che si attua nella Cena. Rileviamolo bene. Mangiare il pane e bere il vino consacrato è fare" comunione", ma la comunione è dono divino (1 Giovanni 1, 1-3), non è frutto di buona volontà aggregativa, o di affinità consensuale o convergente, o di spontaneità e sintonia affettiva.
ricevere il Corpo ed il Sangue di Cristo
Comportamenti nelle assemblee
e nella Cena del Signore
Vi sono, nel brano che stiamo meditando, diversi insegnamenti dell'apostolo. Il primo suppone un preciso stile di comportamento che riguarda le tradizioni da mantenere nelle assemblee in preghiera, intendendo evitare «il gusto della contestazione», estraneo a Paolo e alle Chiese di Dio.
Certamente si tratta di un insieme di tradizioni culturali umane, che hanno la loro portata storica e anche, pur nella loro relatività, una portata perenne. Perenne, ad esempio, è che «nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna; come, infatti, la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio». Relativo e transeunte è invece, qualificando l'uomo come capo, ritenere che in preghiera debba stare a capo scoperto e coi capelli corti; mentre la donna in preghiera deve attestare la sua dipendenza, portando il velo sulla testa; per questo, opportunamente, a modo di velo, si fa crescere i capelli.
Il secondo insegnamento riguarda il modo con cui avvengono le assemblee di preghiera (il modo in cui si fa Chiesa). È un criterio importantissimo che illumina anche le nostre scelte ecclesiali di oggi: “Vi sono divisioni tra voi... È necessario che avvengano divisioni, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi». Il peccato che contamina le assemblee, in cui si mangia la «cena del Signore», è: il non voler e saper attendersi e il non voler condividere. Ognuno si porta da mangiare e da bere e consuma il tutto per conto suo e velocemente. Di conseguenza c'è chi è rimpinzato e chi soffre la fame. Paolo è indignato. Ricorda solennemente quel che «ha ricevuto dal Signore e che a sua volta ha trasmesso”. E qui abbiamo, unico il sacrificio d'amore di Gesù importante testo oltre ai vangeli sinottici, la narrazione dell'istituzione dell'Eucaristia: «Questo è il mio corpo per voi...»; «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue...». Tutto «fate in memoria di me». È questa dunque la regola per le assemblee di preghiera, per la cena del Signore: «Quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri». D'altra parte l'intero capitolo 11 si era aperto con una esortazione: «Fatevi miei (di Paolo) imitatori, come io lo sono di Cristo».
Riceviamo da questa pagina della scrittura un grande insegnamento, che corrisponde esattamente alla situazione in cui sovente ci troviamo: la celebrazione dell' eucaristia. È questa la grazia più grande che possiamo ricevere. La celebrazione eucaristica prima di tutto, quindi, principio di ogni cosa, perché in essa vi è tutta la bontà e misericordia di nostro Padre. Se viviamo tutto quello che impariamo durante la celebrazione, la vita diventa buona. È un regalo immenso, dal quale dobbiamo sentir ci consolati. L'eucaristia è innanzi tutto imparare a smettere di dare la colpa agli altri (al Padreterno, a chi ci sta vicino, a chi ci governa, ecc.); poi, è imparare a chiedere perdono e a dire a tutti «pregate per me». La parola della scrittura non invecchia mai; è sempre buona e sempre ci sorprende. Mette in evidenza i nostri errori, e anche i regali che Dio ci ha fatto e che noi non abbiamo saputo accogliere. La messa poi ci dà 1'opportunità di fare la comunione col Signore, di diventare una cosa sola con Lui.
Il brano della lettera di Paolo riprende le parole del vangelo: «Questo è il mio corpo, che è per voi». È una frase bellissima, che esprime la misura immensa del voler bene. La nostra vita è stata nutrita e consolata dal bene che il Signore ci ha voluto per mezzo di tante persone. Poi dice anche: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue». VuoI dire che il Signore è disposto a dare tutto purché ci sia questa alleanza, questo volersi bene.
Quando si entra in una casa e si vede gente che si vuol bene, ci si accorge subito che c'è qualcuno che ha speso la sua vita per amore. Il sacrificio d'amore è molto fecondo. Qualunque problema oggi ci possa turbare, abbia ricevere il Corpo ed il Sangue di Cristo mo la possibilità di entrare nella pace, perché nell' eucarestia si celebra il sacrificio d'amore di Gesù.
Strettamente in collegamento con la liturgia eucaristica, ma... poi… nella vita vivo ciò che celebro?
Cristo, pane di vita spezzato-condiviso, mi porta a spezzare-condividere il mio pane, la mia amicizia, la fraternità?
Sono cosciente, gioioso del fatto che ricevere il Corpo ed il Sangue di Cristo mi rende concorporeo e consanguineo di lui?
Luciano Pacomio
Biblista e vescovo
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