Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro? E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente? 0gni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Non lasciatevi ingannare: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi». Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.
Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.
La nostra risurrezione
Tutto il capitolo 15 è un capolavoro. Si divide in tre parti:
- vv. 1-11: la risurrezione di Cristo;
- vv. 12-34: la nostra risurrezione;
- vv. 35-58: il "come" della risurrezione o il problema dei corpi risuscitati.
La parte più importante è la prima, dove Paolo trasmette il Kerigma: la morte e la risurrezione di Cristo, e dove evoca il suo incontro sulla via di Damasco, quindi il momento fondamentale della sua vita, dell'ideale incarnato nel reale. Consideriamo solo qualche versetto della seconda parte, sul tema dell' ordine della risurrezione, dove viene presentata la visione finale che ci attende. Questa visione finale dobbiamo meditarla sempre, perché illumina ed aiuta la visione oscura, debole, del tempo che viviamo.
Rileggiamo i vv. 22-28:
Cristo è il primo dei risorti, con lui la risurrezione è già iniziata. Poi giunge il tempo della risurrezione per coloro che appartengono a Cristo.
Quindi sarà la fine (è la stessa parola usata in 1Cor 13, 10: «quando verrà ciò che è perfetto»), La fine, la perfezione, corrisponde al momento in cui Cristo consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver sottomesso completamente i nemici. Paolo afferma la regalità del Padre e la distruzione di ogni opposizione, morte compresa. È quello che riferisce anche Ap 21,3-4.
Nei vv. 27b-28 si dischiude la porta ad un altro mistero che rappresenta la grande ed invincibile speranza del mondo. Si afferma, infatti, che quando ogni cosa sarà sottomessa al Figlio, allora lo stesso Figlio sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Una immagine di grande bellezza: «Dio tutto in tutti».
Dunque tutti risplenderanno della gloria di Dio, tutti saranno penetrati dal suo amore, tutti lo conosceranno come siamo da Lui conosciuti, faccia a faccia.
Ai vv. 57-58, il capitolo si con clude rendendo grazie a Dio che ci dà la vittoria in Gesù, ed esortando i Corinti a restare saldi e irremovibili, prodigandosi nell'opera del Signore, sapendo che la loro fatica non è vana. In realtà è lui stesso che, contemplando. il non-ancora della sua realizzazione finale, non si lascia, nel già ora, sconfiggere dalle difficoltà di una Chiesa concreta.
Riprendiamo dall'inizio la nostra lettura, cercando di approfondire alcuni versi. Con un linguaggio a diatriba, Paolo prende in considerazione un uso invalso a Corinto, quello di battezzarsi in nome di un defunto, quasi un battesimo vicario. Ben più significativo, nella lettera, è però l'insegnamento sul "corpo spirituale", che sembra una contraddizione nei termini. Si fa, infatti, riferimento all'efficacissimo paragone del seme: si semina un chicco, ma non viene fuori un chicco, ma una pianta. Così dal corpo mortale, viene fuori un corpo in Spirito Santo: un uomo nuovo; un uomo "celeste"; un vivente suscitatore di vita. Così è Gesù risorto; così sarà per ciascuno di noi. Il linguaggio assume a questo riguardo
dei toni apocalittici: lo si evince anche solo dal richiamo alla "tromba". Questo è l'annuncio del "mistero", dell' evento di salvezza: la morte è vinta.
Nella considerazione del grande evento pasquale di morte e risurrezione, a cui l'umanità è associata, non deve mai essere persa di vista l'agape-carità. Proprio nella futura manifestazione del Signore, Paolo evoca di frequente il riferimento all' amore. In questa prospettiva, nella carità che tutti coinvolge, l'intero capitolo 15 ci fa contemplare la ricapitolazione di tutto nel Cristo risuscitato. È questa la nostra grande attesa, che esprimiamo nell'avvicendarsi dei giorni, vivendo la fedeltà alla nostra vocazione-missione. La celebrazione dell'eucaristia e degli altri sacramenti, è memoria dell' evento-Cristo, nell'attesa della risurrezione gloriosa di quanti credono e vivono in Lui. La risurrezione di Gesù è al centro del tempo, così ogni domenica noi ricordiamo la grande "vittoria" della fine dei tempi, la visione della gloria che ci attende.
Due messaggi, nei vv. 22-28, prendono rilievo per la nostra vita nello Spirito. La certezza del Regno: "Bisogna" è la grande parola del disegno di Dio - "che egli regni". Dobbiamo assolutamente mantenere la certezza della meta, del tempo finale della storia. La presenza del Padre al mondo e del mondo al Padre: "Dio tutto in tutti" dice che la storia tutta è un cammino verso il Padre. È l'invito a contemplare il grande pellegrinaggio dell'umanità verso la casa del Padre, dell'umanità tutta: tutte le razze, tutte le religioni raccolte in Dio.
In che cosa debbo uscire dalla sfera di influenza adamitica?
Come essere incorporato definitivamente in Cristo?
Pura passività di fronte al dono celeste?
O impegno nell’opera del Signore per la crescita dell’uomo e del mondo?
Luciano Pacomio
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