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Lunedì, 15 Settembre 2008 00:22

articolo di Fra Alberto Maggi dei servi di Maria

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Il mio compito è quello di proporre un messaggio, non di imporlo. Io ci credo,

lo vivo, lo presento. Chi sente, in questo messaggio, vibrare delle corde che gli danno più gioia, più serenità, più libertà, lo prenda.

Chi invece si sente turbato, rimanga pure con le sue convinzioni:

l’importante è sempre proporre, mai imporre.

Perché, e questo va subito detto, per vivere in pienezza il messaggio di Gesù non c’è bisogno di questo incontro sul vangelo. Ma basta aver letto o aver ascoltato un solo versetto del vangelo dove Gesù dice: amate tutti quanti, perdonate tutti quanti, date a tutti quanti, è a posto: la vita del cristiano è piena al cento per cento.

 

Ma, se vogliamo scoprire la straordinaria ricchezza che è contenuta in questi testi, che dopo 2000 anni, non solo non mostrano segni di invecchiamento, ma si dimostrano più vivi che mai, ecco che c’è bisogno di questo approfondimento

Una cosa vorrei fosse chiara fin dall’inizio: quello che verrà detto è una proposta di interpretazione. Ci sono tante proposte di interpretazione: se voi andate in una qualunque libreria e prendete una traduzione-commento di uno stesso vangelo, prendete diversi autori, tutti della Chiesa cattolica, trovate tante espressioni differenti, tanti commenti differenti. Perché? Questa è la bellezza del vangelo che può essere visto da tanti punti di vista, dove l’uno non contraddice l’altro ma arricchisce.

 

Naturalmente non è che quello che vi viene detto sono cose inventate di notte, sono frutto di studio e vi presento quella che è l’indagine biblica attuale e quindi corroborata dagli studi, non soltanto del nostro centro studi biblici, ma a livello internazionale di quello che sono gli studi della scrittura.

 

COME NOI PRESENTIAMO DIO

ascensioneglorioso

La causa dell’ateismo, la roccia sulla quale si costruisce l’ateismo o il

rifiuto di Dio, è responsabilità di noi cristiani, quale Dio noi presentiamo agli altri.

Voi capite che quando noi presentiamo alle persone un Dio del quale le persone si sentono migliori, questo Dio viene rifiutato perché inutile.

 

DIO ONNIPOTENTE

 

Se noi affermiamo che Dio è onnipotente, subito balza agli occhi una grande contraddizione, perché se Dio è  onnipotente allora non è buono. Se Dio è onnipotente, ripeto, così come popolarmente e comunemente si intende l’onnipotenza, cioè che può fare tutto, allora non è un Dio buono, perché come fa a rimanere insensibile di fronte alle tremende tragedie e sofferenze dell’umanità?

 

DIO NON VUOLE IL MALE MA LO PERMETTE

 

La giustificazione banale, insultante nei confronti di Dio, è che Dio non vuole il male, ma lo permette. Dio non vuole il male, ma lascia che ci sia. Un Dio che non vuole il male, ma lo permette, è   ugualmente un Dio complice di questo male.

Chi di noi, non volendo il male e potendo evitarlo, lascia che questo

male scorra continuo? L’immagine che tradizionalmente si dice che Dio non vuole il male, ma lo permette è un’immagine insultante di questo volto di Dio, un Dio insensibile alle sofferenze dell’uomo.

 

DIO NEL VECCHIO CATECHISMO

 

In passato non avevano problemi di questo tipo. In passato tutto era chiaro, ad ogni domanda c’era una risposta esatta. Molti di noi, almeno quelli della mia  generazione, ricorderanno le domande e le risposte del loro catechismo. Chi è Dio? Dio è l’essere perfettissimo, creatore e Signore del cielo e della terra. Quindi non c’è nessun problema. Dio è un essere perfettissimo. Sentire un trasporto d’affetto verso un essere perfettissimo non è che fosse proprio il non plus ultra.

Comunque Dio veniva presentato così e alla domanda: per quale fine Dio ci ha creati? La risposta agghiacciante era che Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo: l’egoismo totale. Una divinità che

crea l’umanità intera per essere  conosciuto, amato e soprattutto per essere servito.

Una immagine dilatata, come può essere dilatata l’immagine di Dio di un enorme egoismo: un Dio che crea l’umanità per poter essere servito dagli uomini. E’ vero che c’era poi la ricompensa: servirlo in

questa vita per goderlo poi nell’altra in Paradiso. Ma all’epoca in cui vigeva questa teologia, andare in Paradiso era pressoché impossibile.

Qualche periodo in Purgatorio non veniva risparmiato a nessuno perché, per andare in Paradiso, bisognava essere in grazia di Dio. Ma per quanto l’uomo si sforzasse di osservare tutte le regole e prescrizioni, non riusciva mai ad essere in grazia di Dio. Anche quando riteneva di essere in grazia di Dio, il solo fatto di pensare di essere in grazia di Dio, significava che aveva fatto un peccato di orgoglio, non era stato umile e quindi si era perso questa grazia. Quindi non era facile.

Il Dio in cui credevano i contemporanei di Gesù, come si è formata questa immagine, questo concetto di questa divinità partendo dal Dio dei pagani. Ancora oggi, a duemila e più anni dal messaggio di Gesù, l’immagine che molti cristiani e anche non cristiani hanno di Dio, è un

misto del Padre di Gesù, è un misto del dio degli ebrei e soprattutto un bel miscuglio di divinità pagane. Tutto frullato in quella unica cosa che noi chiamiamo Dio.

Dio è un nome comune della divinità di tutte le religioni. Tutte le religioni credono in un Dio. Poi ogni religione gli dà un nome particolare a questo Dio.

Nel mondo pagano, il rapporto con la divinità non era concepito come un rapporto di amore. Nel mondo pagano, non si pensava di dover amare gli dei e tanto meno di essere amati. Gli dei venivano visti come quelle persone straordinarie che vivevano in una condizione di privilegio e il loro privilegio era composto dall’immortalità, impossibile

agli uomini, e dalla felicità.

Compito di questi dei era vigilare sugli uomini che nessuno superasse una soglia di felicità che li facesse, in qualche modo, equiparare alla condizione divina. Quando le divinità si accorgevano che una persona

raggiungeva un determinato livello di felicità, ecco che veniva punito.

C’è da chiedersi se questa immagine della divinità pagana non corrisponde oggi nell’immagine di Dio che anche molti credenti, molti cristiani hanno.

La riprova? Una frase che si sente tante volte dire dalle persone, quando c’è un periodo di tempo in cui va tutto bene: «Me lo sentivo che doveva capitare qualcosa, andava tutto troppo bene». Questo si

rifà appunto all’immagine della divinità pagana, degli dei pagani, che quando si accorgono che a una persona tutto va bene, ecco che arriva la punizione.

 

OGNUNO HA LA PROPRIA CROCE

 

Poi questo è stato aggravato nel mondo cristiano dalla punizione intesa come volontà di Dio e quindi sublimata dal fatto della croce: ognuno ha la sua croce.” E’ un Dio che fa la croce per tutti quanti.

E questo ha fatto sì che nella spiritualità, nella vita delle persone, sensazioni o condizioni di vita che sono il massimo desiderio dell’uomo, venissero vissute o sentite con sospetto. Parole come felicità, parole come gioia, parole come piacere, sono tutte parole che vengono vissute con sospetto o con preoccupazione.

L’uomo, come una certa teologia  medioevale ci ha trasmesso, è racchiuso in questa valle di lacrime, questa enorme piscina creata dal Padreterno dove ci si sguazza più o meno piacevolmente.

E l’atteggiamento che si aveva nei confronti della divinità, era il timore, non l’amore. Il timore era dovuto al desiderio di evitare i castighi da parte di questa divinità. Si creava tutto un sistema

religioso fatto di riti destinati a placare l’ira di questi dei dai loro castighi e quindi le preghiere.

E Gesù mette in avviso i suoi: “quando pregate non blaterate come i pagani che credono di essere ascoltati per la  lunghezza delle loro preghiere”. E ci chiediamo se le tante preghiere dei cristiani non assomigliano al blaterare dei pagani.

 

PARAFULMINI DELLA CHIESA

 

E ancora oggi si sente parlare di persone che, con la loro santità, vengono considerati i parafulmini della chiesa: fortuna che ci sono queste persone brave, queste persone pie, perché sono i parafulmini della chiesa. E scambiano il Dio di Gesù con il Giove dei Romani o Zeus dei Greci.

 

DIECI  METODI PER SPIEGARE LA SACRA SCRITTURA

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Ormai sono sette anni che da parte della Pontificia Commissione Biblica venne fuori un documento nel quale si riconosceva dieci metodi – e dieci sono tanti – di interpretare la Sacra Scrittura. Questo è bellissimo perché questo è il massimo della libertà. Nella chiesa

cattolica si può interpretare il messaggio di Gesù in dieci modi differenti. Quindi ci sono ben dieci scuole di esegesi cioè di studio della Sacra Scrittura e una differente dall’altra: la Chiesa riconosce

tutto questo. Questo è bellissimo!

Perché la chiesa ha avuto bisogno di quattro vangeli? Ma non le bastava uno? Non bastava - non so – il vangelo di Matteo che è quello più completo? Perché la chiesa ha avuto bisogno di quattro vangeli differenti? Perché la realtà di Gesù non può essere ristretta in una sola esperienza cioè la comunità di Matteo.

Notate che il numero non è stato scelto a caso ma perché il numero quattro, nel simbolismo, rappresenta i quattro punti cardinali, cioè l’universale. Quindi ne ha scelto quattro, differenti l’uno dall’altro, perché erano per tutto l’universo.

 

DIO ONNIPOTENTE

 

Nella Bibbia ebraica la parola "onnipotente” non esiste, c’è soltanto

nella traduzione latina che fece Girolamo.

Ci sono due nomi, attribuiti a Dio, che già San Girolamo non sapeva come tradurre. San Girolamo è stato il primo, incaricato dal papa dell’epoca, papa Damaso, a tradurre la Bibbia ebraica nella lingua

latina. Un lavoro ciclopico non esente da errori, da cattive interpretazioni. Comunque una persona sola ha fatto veramente un lavoro straordinario. Ma Girolamo si è trovato di fronte a due nomi

diversi e non sapendo come tradurli, li ha tradotti tutti e due - due nomi completamente differenti - con lo stesso termine latino omnipotens, da cui onnipotente.

L’idea di un Dio onnipotente - può sembrare paradossale ma è così - nasce per un errore di traduzione.

Ma quali sono questi termini che sono stati tradotti con onnipotente?

Uno l’abbiamo già accennato:

• è zebaot, eserciti, con cui non si intendono gli eserciti militari, ma tutta la milizia dei cieli.

Nel testo greco - dunque l’Antico - Testamento è in ebraico e, circa centocinquanta anni prima di Cristo,

venne tradotto in greco - c’è la parola - questa sì la troviamo nel Nuovo Testamento – “pantokràtor” (pantokr£twr) che non significa “onnipotente”, ma significa “Signore di tutto”. Quando Dio ha assoggettato le milizie dei cieli, ecco che è il Signore del cielo e anche della terra. Quindi il termine “pantokrator”, con cui i traduttori hanno tradotto questo termine ebraico, significa che Dio è il Signore di tutto. E’ Signore della terra, ma anche del cielo.

Girolamo tradusse questo termine con onnipotente.

• L’altro termine ancora più oscuro è l’ebraico “Shaddai”.

In ebraico “shaddai” viene da una radice che significa montanaro, oppure campestre.

Qual è il significato di questo termine?

Era una divinità delle montagne

 

DIO E’ ONNIPOTENTE PER MEZZO NOSTRO

 

E aggiunge Gesù: “Dimorate in me ed io in voi. Come il tralcio non può fare frutto da se stesso se non dimora nella vite, così anche voi se non dimorate in me” (Gv 15,4). Siamo arrivati finalmente al nodo: ma Dio è onnipotente o no? Dipende. In questa vite scorre della linfa vitale, se la linfa trova dei tralci che la accolgono, questa si trasforma in frutto, ma se i tralci non sono attaccati alla vite, la vite può avere tutta la linfa vitale che vuole, ma non riesce produrre niente.

Cosa significa? Dio è amore, e l’amore è indubbiamente onnipotente, l’amore può far tutto, ma se questo amore non trova dei canali in cui riversarsi, l’amore rimane impotente.

Se vogliamo parlare di onnipotenza di Dio, è una onnipotenza d’amore ma che è condizionata dalla nostra accoglienza. Se noi tralci non rimaniamo attaccati alla vite, questa linfa rimane inutilizzata. E’ vero anche il contrario. Il tralcio, staccato dalla vite, non vale assolutamente niente. L’onnipotenza di Dio, cioè quella  dell’amore, ha bisogno ed è condizionata dall’accoglienza nella nostra esistenza. Dio non ha nessuna altra maniera per manifestare la sua - quella che si

chiama con un termine tecnico - provvidenza, che non sia la nostra

provvidenza nei confronti degli altri. Non si può far credere a una persona che Dio è provvidenza se non siamo noi una immagine di questa provvidenza.

 

PAURA DEL CASTIGO

 

L’immagine di un Dio che castiga, di un Dio che punisce, non fa crescere le persone perché le persone saranno sempre sotto la cappa di questo Dio. E’ la tragedia di tante persone che non sono cresciute,

che non si sono sviluppate per paura del castigo di Dio. Persone che hanno creduto che certi componenti della loro esistenza, non fossero graditi a Dio e hanno soffocato, hanno represso la loro  esistenza, appunto, per paura di non piacere a Dio. Sono persone che quando

arriveranno di fronte a Dio e Dio gli dirà: «Cosa hai fatto della tua vita?». «Eccola qua, l’ho repressa per paura». «Ma come ti è venuto in mente!»

 

ABRAMO LA PROVA

 

Abramo che vecchietto, finalmente, ha un unico figlio e ne è innamorato. Dio vede che Abramo si è affezionato a questo figlio, e gli dice: «Ti piace, gli vuoi bene:

ammazzalo, offrimelo». E conosciamo tutti la scena. Abramo lega il figlio e quando lo sta per scannare, arriva Dio e gli dice: «Dai che scherzavo». Io la metto così per fare comprendere l’assurdità di un racconto del genere. Ma come, prima gli dici di ammazzare il figlio, e poi, all’ultimo momento glielo impedisci! E le spiegazioni che vengono date, sono spiegazioni più aberranti, più agghiaccianti, del testo

stesso: è la fede, bisogna essere pronti a sacrificare le cose più care.

Ma l’autore del testo sta dicendo qualcosa di contrario. L’autore del testo sta dicendo: le divinità pagane vogliono i sacrifici, chiedono i sacrifici anche umani, il nostro Dio, il Dio d’Israele no. E lo fa giocando su due nomi. Il Dio che chiede ad Abramo di sacrificargli il figlio, viene chiamato, nel testo del Genesi, Elohim. “Elohim mise alla prova Abramo”. Elohim è il nome comune delle divinità, anche delle

divinità pagane.

Abramo, dovendo intraprendere questo disegno straordinario di Dio, pensa di dovergli sacrificare l’unico figlio perché Elohim, cioè gli dei, glielo hanno chiesto. Quando sta per scannare il figlio, colui che glielo impedisce non è Elohim, ma scrive il testo, l’angelo di Jahvè o

“l’Angelo del Signore”.

Quando nella Bibbia leggiamo “Angelo del Signore”, non si intende mai un angelo inviato dal Signore, ma è Dio stesso quando entra in contatto con l’umanità che viene presentato come “Angelo del

Signore”. Il Dio che impedisce il sacrificio non è l’Elohim che glielo ha chiesto – cosa fa, glielo chiede e poi dopo cinque minuti ci ripensa? - ma è il Dio d’Israele.

Cosa vuol dire l’autore sacro? Mentre nei popoli circostanti e nei popoli pagani si accettano e si richiedono i sacrifici umani, in Israele no. Il Dio d’Israele non richiede sacrifici umani. E se non li richiede il

Dio più grande che è Jahvè, tanto meno può richiederlo una divinità inferiore come Moloch.

 

SCARPE STRETTE

 

L’uomo, per assicurarsi la benevolenza di Dio, ha sempre pensato di dovergli offrire qualcosa, in qualche maniera per comperare questo amore di Dio. Ricordate nel periodo pre-conciliare i fioretti. Chissà, quanti di voi, li hanno fatti!! Ci privavamo di qualcosa per fare contento Dio, un Dio contento se noi ci privavamo di qualcosa, anzi, se poi questa privazione ci costava sacrificio, Dio era ancor più contento.

Qualche penitenza, qualche sacrificio supplementare non faceva altro che far crescere il nostro indice di gradimento nei confronti di Dio.

Guardate che questo è rimasto ancora nella gente!! Ci sono persone

straordinarie, di grande generosità, ma che se non fanno le cose con sacrificio, pensano di non fare niente. Conosco dei volontari che dedicano veramente anima e corpo al servizio delle persone negli

ospedali, ma che vengono da me sconfortati, e dicono: «Però non è un

sacrificio per me. Sarà valido agli occhi del Signore?» Io la risposta che do: «Mettiti un paio di scarpe con un numero più stretto, e fai le stesse cose con sacrificio». E’ questa mentalità pagana che se le cose non vengono fatte con il sacrificio, agli occhi del Signore, non valgono.

 

NESSUN CULTO CACCIATA DAL TEMPIO VENDITORI

 

Offrire a Dio è inutile perché Dio non chiede nulla che gli venga offerto. Quando gli vangelisti ci presentano l’episodio di Gesù che entra al tempio e scaraventa tutti fuori - attenzione al testo - non è,

come moralisticamente si intende, la cacciata dei mercanti dal tempio, cioè il tempio è corrotto e bisogna scacciare i corruttori.

Gesù non caccia soltanto i venditori, ma caccia anche i compratori. E’ il culto che Gesù vuole impedire, perché il Dio di Gesù è un Dio che non chiede nulla agli uomini, è un Dio che dona tutto sè stesso.

Quando Gesù, nel vangelo, entra nel tempio e caccia via venditori, ma anche compratori, è perché vuol mettere fine a questo culto che faceva sì che l’uomo si togliesse qualcosa per offrirlo a Dio. Per Gesù tutto questo è inaccettabile.

L’uomo non si deve togliere il pane per offrirlo a Dio, ma è Dio che si fa pane per offrirsi, Lui, agli uomini. E’ questo il Dio che ci presenta Gesù nei vari episodi che lo presentano.

 

NESSUNO DI LORO ERA BISOGNOSO

 

Negli Atti degli Apostoli, si legge: “La primitiva comunità rendeva con

forza testimonianza alla resurrezione di Cristo perché nessuno tra di essi era bisognoso". Una comunità dove nessuno è bisognoso è l’unica prova, l’unica garanzia che lì c’è il vero Dio. Una comunità dove ci sono i bisognosi, significa che lì il vero Dio non c’è.

 

DESCRIZIONI COME EPOPEE TEOLOGIA NON SOLO STORIA

 

I testi della Sacra Scrittura, sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento, pur contenendo indubbiamente degli elementi storici, non sono delle storie. Sono libri di teologia, cioè vogliono dare delle

Letto 8870 volte Ultima modifica il Venerdì, 10 Febbraio 2012 10:10

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