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Venerdì, 08 Marzo 2024 08:23

IV domenica Quaresima. Anno B

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IV domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  2Cr 36,14-16.19-23

Dal secondo libro delle Cronache

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 136

Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

Seconda Lettura Ef 2,4-10

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Canto al Vangelo (Gv 3,16)

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Gv 3,14-21

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

OMELIA

Con buona pace dei profeti di sventura cristiani, sponsor funesti d’inferni impossibili e punizioni divine, Giovanni ricorda che Dio non è venuto né per condannare (v. 17), e tanto meno per giudicare (cfr. Gv 8, 15), ma solo per salvare, ossia a fare in modo che l’uomo giunga alla pienezza di sé. E se proprio vogliamo parlare di ‘giudizio’ di Dio, questo altro non è che la croce, «giudizio del giudizio» – come dice Massimo il Confessore – che prende su di sé il male del mondo per distruggerlo trasformandolo in vita.
La spazzatura dispersa nell’acqua la sporca, gettata nel fuoco ne aumenta il calore e la luce.
Dio giudica amando e ama perdonando.
Condanna salvando e si vendica perdonando.
Non toglie vita a chi lo rifiuta ma dà vita a chi gliela toglie.
Esiste un solo modo per ‘essere condannati’ – ossia per fallire la vita – non portarsi alla luce (v. 20), non sbocciare, non costruirsi in grado di vincere la morte e non credere all’amore (v. 18); non accettare di lasciarsi raggiungere da quella luce che è venuta nel mondo (v. 19) per splendere su tutti: sui cattivi e sui buoni, sui giusti e gli ingiusti (Mt, 5, 45) e spendere la vita senza illuminare qualcuno: unico modo per spegnerci anche noi.
Paolo Scquizzato
 
Letto 174 volte Ultima modifica il Sabato, 09 Marzo 2024 12:32
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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