Il fallimento del progetto di Dio
Gn 3-11 e le «strutture di peccato»
di Gaetano Castello
«Ada e Zilla, ascoltate la mia voce;La logica che guida l’agire dell’uomo nella società che da Caino è nata è quella espressa da Lamech nel suo orgoglioso canto della violenza (Ho ucciso per una scalfittura e per un livido) moltiplicata (settantasette colte).
mogli di Lamech, porgete l’orecchio al mio dire:
Ho ucciso un uomo per mia scalfittura
E un ragazzo per un mio livido.
Sette volte sarà vendicato Caino
Ma Lamech settantasette» (4,23-24)
Letture diverse nel numero 150 di "Servitium"
Il problema della fedeltà alla parola.
di Renato De Zan
La Costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II al n. 24 afferma che "Massima è l’importanza della Sacra Scrittura nella celebrazione liturgica. Da essa infatti si attingono le letture da spiegare poi nell’omelia e i salmi da cantare; dal suo afflato e dal suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici; da essa infine prendono significato le azioni e i gesti liturgici (et ex ea significationem suam actiones et signa accipiunt).
di Bruna Costacurta
Il libro della Genesi, nel delineare il senso dell’uomo e della storia nella loro radicale relazione con Dio, comincia la sua narrazione "dal principio", andando all’origine della realtà così da individuarne le componenti strutturali. Ne emerge la comprensione di un disegno originario di Dio che rappresenta la vera vocazione dell’umanità e segna il destino della storia.
di Christian Grappe *
"Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1 Cor 3,10-17): con queste parole, Paolo conclude un'argomentazione che lo ha portato, in un contesto polemico, a ritornare sulla fondazione della comunità di Corinto, servendosi di affermazioni suscettibili di essere applicate in conclusione alla fondazione di ogni comunità:
di don Bruno Maggioni *
* biblista e teologo, docente presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale
La prima domanda, che si legge nella Scrittura, è una domanda rivolta da Dio all'uomo: "Adamo; dove sei?" (Gn 3, 9). Dio cerca l'uomo e tocca all'uomo mostrarsi, rispondendo: eccomi, sono qui. Ma poi nella Scrittura si legge spesso anche la domanda dell'uomo a Dio: "Signore, dove sei?". Anche Dio risponde: "Eccomi". La ricerca è dunque duplice: Dio cerca l'uomo e l'uomo cerca Dio. È una ricerca incessante in ambedue le direzioni. Dio non cessa di mostrarsi all'uomo e continuamente ripete: sono qui. È questo il nome rivelato da Dio a Mosé. Ed è ancora questo il nome del Figlio di Dio fatto uomo: Emmanuele, Dio con noi. Ed è ancora il nome del Signore risorto, come si legge nel Vangelo di Matteo: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Il nome di Dio è sempre: io sono con voi.
Le seguenti note si basano su M.I. RUPNIK, Cerco i miei fratelli. Lectio divina su Giuseppe d'Egitto, Lipa, Roma 1998; e - in misura minore su C.M. MARTINI, Due pellegrini per la giustizia, Piemme, Casale Monferrato 1992.1 numeri di pagine tra parentesi si riferiscono al volume di Rupnik.
di Sr. Germana Strola o.c. s.o.
Uno dei cardini fondamentali della liturgia monastica, fin dalle prime forme embrionali delle comunità anacoretiche o cenobitiche dell'Antico Egitto, è sempre stato la recita integrale del salterio: in esso, i monaci chiamati alla preghiera continua trovavano un'inesauribile fonte di ispirazione, l'alimento per un sempre nuovo approfondimento spirituale e il sostegno per una perseverante fedeltà. Specchiandosi in esso, quasi un'immagine privilegiata del mistero dell'uomo e di Cristo, come insegnava già S. Atanasio nella lettera a Marcellino, il monaco assume nella sua relazione con Dio tutto il travaglio dell'esistenza umana e sperimenta in se stesso la forza di una continua catarsi spirituale.
Le parabole di Galilea
ovvero il sovvertimento quotidiano
di François Brossier
Di norma si considerano i Vangeli, e soprattutto i sinottici (Marco, Luca e Matteo), come una buona testimonianza sulla vita quotidiana di Galilea. È esatto. Tuttavia, uno sguardo più attento al contenuto delle parabole consente di costatare che Gesù non si accontenta di prendere degli esempi nella vita quotidiana dei suoi compaesani. Egli li trasforma in funzione dell'annuncio del Regno di Dio.
Il radicamento della predicazione di Gesù nella sua terra di Galilea è evidente quando si leggono i Vangeli sinottici.
UNA PREDICAZIONE BEN ANCORATA ALLA TERRA DI GALILEA
Il viaggiatore che passa da Nazaret e sulle alture della regione di Cafarnao vede quanto questa terra è ingrata; la parabola del seminatore (Mc 4,1-9) non gli appare inverosimile in questa regione: un suolo sassoso, rovi, sentieri, dovevano essere il vero ambiente dei coltivatori della Galilea. Le scene di pesca sono ispirate alla vita dei pescatori del lago di Tiberiade (Mt 13,47). Il lavoro delle vigne è osservato minuziosamente, dalla piantagione (Mt 12,1), alla potatura (Gv 15,2), alla vendemmia, e la fatica dei pastori è descritta con finezza (Gv 10,11-16). La vita quotidiana delle donne è descritta sovente: la donna impasta il pane (Mt13,33) lavora alla mola (Mt 24,41), spazza la casa (Lc 15,5).
L’INVEROSIMILE NELLE PARABOLE DI GESÙ
Se Gesù trova una fonte di ispirazione nella vita rurale di Galilea, sarebbe tuttavia errato pensare che egli si limiti ad attingervi alcune immagini per farsi meglio comprendere. Le sue parabole appartengono più al genere dell'enigma da decifrare clic alla similitudine. E chiaro che egli trasforma i fatti quotidiani in storie sovente inverosimili.
· La parabola del Seminatore.
Si può immaginare un seminatore galilaico che spreca il suo grano prezioso gettandolo sulla strada, sul suolo sassoso o tra i rovi? La portata della parabola (Mc 4,1-9) non risiede proprio nello scarto tra quello che fa in genere un agricoltore e quello che invece fa il Seminatore della parabola? Il contadino galilaico sta attento a non sprecare nulla, il Seminatore semina con prodigalità: il seme darà comunque un rendimento che in Galilea non si è mai visto. In questo senso la parabola è immagine del Regno annunciato da Gesù. Egli semina la parola nel vento; il terreno non è sempre favorevole, ma il successo della semina sarà completo.
· La pecorella perduta.
Non è forse inverosimile che un pastore abbandoni novantanove pecore sulla montagna per andare a cercarne una sola che si è perduta? Tuttavia è ciò che Gesù fa per i peccatori, seguendo l'esempio del Padre (Mt 18,10-14).
· Gli operai dell'ultima ora.
Che un proprietario assuma dei lavoratori per la sua vigna in più riprese è un fatto del tutto naturale. Ma che paghi lo stesso salario a quelli che hanno faticato tutto il giorno e a quelli che hanno lavorato soltanto un'ora è impensabile. Tuttavia è così che Dio si comporta con tutti gli uomini nel suo Regno (Mt 20,1-16).
· I vignaioli omicidi.
È forse immaginabile che dei vignaioli si ribellino contro il proprietario al punto di maltrattare ed uccidere i messi del padrone e addirittura suo figlio? Non siamo più nella vita quotidiana: Gesù ci descrive la storia del suo popolo e la sua propria storia; dopo i profeti martiri, Gesù stesso sarà messo a morte dai responsabili della vigna-Israele (Mt 21,33-46)
· Il banchetto nuziale.
Un re organizza un banchetto per le nozze di suo figlio e manda a cercare gli invitati, ma costoro uccidono i messi! Il re muove guerra agli invitati indegni e invita degli sconosciuti al pranzo, le cui portate sono ancora calde e non sono bruciate! Un racconto inverosimile, ma che permette di comprendere la storia di Gesù e della sua missione (Mi 22,1-14).
· Le dieci vergini.
Si è mai visto un matrimonio in cui lo sposo tarda tanto a venire che le damigelle d’onore si addormentano? Ma se Gesù è appunto lo sposo che tarda a venire, la lezione per i cristiani di tutti i tempi è ovviamente: "Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora" (Mt 25,13).
· L’amministratore scaltro
Chi non è stato turbato dall’elogio che Gesù sembra rivolgere all’amministratore. disonesto? Ma ciò che Gesù loda è lo spirito di iniziativa di questo intendente; costui trova nel poco tempo che gli rimane la soluzione che garantisce il suo avvenire (Lc 16 1-8) Cosi deve essere per i cristiani: la vita è breve, ma è il periodo che ci è dato per farci un tesoro nei cieli
· Il servo vigilante
Ancora una storia abbastanza curiosa, quella del padrone che ritorna dalle nozze e notte inoltrata e, trovando i suoi servitori ancora svegli, si mette un grembiule e li serve (Lc 12,36-38). Tuttavia Gesù ci dice che è così che Dio tratterà i suoi servitori vigilanti.
UNA CHIAVE DI LETTURA: L'ANNUNCIO DEL REGNO
Fonte di ispirazione della predicazione di Gesù in Galilea, la vita quotidiana evocata nelle parabole non può tuttavia servire come chiave di lettura del suo insegnamento. Ciò che è primario e viene a sovvenire questa realtà è la predicazione del Regno e la persona stessa di Gesù. Questo è il motivo per cui le parabole non possono apparire come delle piatte similitudini destinate ad essere comprese facilmente da persone semplici. Esse sono piuttosto degli enigmi che devono essere decifrati per intravedere la via aperta da Gesù.
Quando parlava in parabole, non sembra che l'obiettivo di Gesù fosse quello di insegnare,. di giustificare i suoi atti o di discutere con i suoi avversari, ma piuttosto quello di far scoprire a coloro che lo ascoltavano il Regno di Dio. Questo Regno non è per lui una nozione astratta, ma una realtà che viene. Rendendo attivi gli ascoltatori, dal momento che li costringe a decifrare degli "enigmi", le parabole fanno avvenire questo Regno di Dio in loro. Ciò costituisce appunto la loro forza e conserva loro una profonda attualità: esse fanno vacillare le concezioni che gli ascoltatori hanno della realtà e svelano loro possibilità alternative insospettato. Ogni nuova generazione, cigni comunità è chiamata a decifrare le parabola per scoprire nel proprio presente l'annuncio dell'avvento del Regno. Poiché l'opera di decifrazione non è mai terminata le parabole sono ben lontane dall'aver esaurito tutto il loro significato.
(tratto da Il mondo della bibbia n. 21)
Galilea delle genti:
vocazione di un paese di frontiera
di Michel Berder
Il Vangelo di Matteo apre la presentazione della vita pubblica di Gesù con una notazione nella quale i termini geografici relativi alla Galilea sono particolarmente numerosi. Perché questa insistenza? E soprattutto perché l'evangelista si preoccupa di cercare nell’Antico Testamento un riferimento che illumini questo punto? Il fatto che il Messia scelga questo territorio per iniziare la sua predicazione ha dunque un significato particolare?
Gesù venuto per "adempiere le Scritture"
In Matteo 4,15-16 abbiamo una delle famose "citazioni dell’adempimento" di questo Vangelo. L’autore si sforza di cercare nella Scrittura degli elementi che possano aiutare a comprendere la portata e il significato degli atti e delle parole di Gesù. È l’unico degli evangelisti che offre una citazione scritturale a sostegno della presenza di Gesù in Galilea. Nei capitoli precedenti aveva già utilizzato questo procedimento. A proposito dell’annuncio a Giuseppe della nascita di Gesù, cita l’oracolo dell’Emmanuele che si trova in Isaia 7,14. vediamo poi i consiglieri di Erode tentare di determinare in base all’Antico testamento il luogo di nascita del Messia: Betlemme in Giudea (2,6).
Ma il testo che più si avvicina al nostro è senza dubbio il passo in cui l’evangelista ci mostra Giuseppe che si stabilisce in Galilea con Maria e Gesù: "Si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: Sarà chiamato il Nazareno" (2,22-23). Come in Matteo 4,15 troviamo l’indicazione di una relazione tra Gesù e la Galilea e questo fatto viene messo in rapporto con la letteratura profetica.
In Matteo 4,15-16, l’interpretazione del testo citato non pone gli stessi problemi. Si tratta di due versetti di Isaia: 8,23 e 9,1. questo oracolo annunciava, grazie all’avvento di un nuovo re, un’èra di luce e di gioia per un gruppo di religioni sprofondate nella miseria. Il profeta aveva in mente un situazione politica ben precisa. Si riferiva infatti alle religioni del nord del paese, segnate da una situazione di umiliazione. Molti storici ci invitano a riconoscere il questa lista i distretti colpiti dalle incursioni assire degli anni 734-732 a.C. (cf Re 15,29).
Un’interpretazione della Scrittura
Oracoli di questo genere, riportati da tutta la tradizione ebraica restano aperti ad altre interpretazioni, in funzione di situazioni nuove. È questa un’illustrazione di ciò che in ebraico è chiamato "midraš" una ricerca operata sulla scrittura per attualizzarla. Affermando che il testo di Isaia si adempie, Matteo si situa in una posizione analoga a quella del Cronista che presenta la deportazione del popolo di Gerusalemme a Babilonia dicendo: "attuandosi così la parola del Signore predetta per bocca di Geremia" (2 Cr 36,21). Ma l’originalità della rilettura proposta da Matteo sta nel fatto che tale rilettura è in funzione di ciò che Gesù rappresenta. È quello che alcuni autori chiamano un "midraš cristiano".
Una regione di frontiera per un Vangelo universale
Citando questo passo della Scrittura, l’evangelista fa notare che l’èra che si apre con la predicazione di Gesù concerne i pagani. Egli riconosce implicitamente l’aspetto paradossale della scelta di queste regioni come punto di partenza della missione di Cristo. Una presentazione tradizionale del Messia lo collocherebbe istintivamente nell’ambito di Gerusalemme e della Giudea (è ciò che presuppongono le reazioni riferite in Gv 7, 41-42 e 52). I territori menzionati in Matteo 4,15 sono noti come regioni di frontiera, in contatto con il paganesimo. La formula "Galilea delle genti" conserva qui tutta la sua forza evocativa. La parola ebraica galîl significa "contrada", "distretto", "circoscrizione" (vedi anche Gs 12,23). Ma il testo greco di Matteo utilizza il nome proprio "Galilea delle genti". La Settanta, in Isaia 8,23 parla di "Galilea degli stranieri" (come Gl 4,4 e 1 Mac 5,15) la menzione delle tenebre diventa, nel contesto del vangelo, un modo per caratterizzare la situazione spirituale di queste regioni che godono del privilegio della venuta di Gesù, il Cristo, l’Emmanuele.
Questa prospettiva universalistica è affermata con forza in tutto il Vangelo di Matteo. Pur avendo cura di far percepire le radici ebraiche di Gesù, Matteo rende manifesta la portata universale della Buona Notizia da lui annunciata nella genealogia del capitolo 1, egli sottolinea il posto occupato dalle donne straniere in Israele tra gli antenati di Gesù (come Rut). È ancora Matteo che racconta l’episodio dei Magi venuti dall’Oriente che simboleggiano la venerazione delle nazioni pagane. Queste caratteristiche potrebbero suggerire che uno degli obiettivi di Matteo sia quello di provocare un risveglio missionario nelle comunità alle quali si rivolge. Risveglio missionario basato sia su una riflessione intorno all’itinerario stesso di Gesù, sia su una rilettura della Scrittura.
Per tutte le genti la luce è sprta
Il riferimento al testo di Isaia si accompagna ad un’altra convinzione che attraversa tutto il Vangelo: un certo numero di caratteristiche di ciò che era atteso per la fine dei tempi si è già realizzato. Non è un caso che il nostro testo presenti molti punti in comune con la scena finale del Vangelo di Matteo. Gesù resuscitato raggiunge i discepoli in Galilea. Nella missione che affida loro parla delle genti ("fate miei discepoli da tutte le genti"). E colui che all’inizio del Vangelo era presentato come l’Emmanuele (= "Dio con noi"), annunciato da Isaia, promette solennemente: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi". Nel Vangelo di Matteo, la missione dei discepoli parte dunque dalla Galilea e va verso le nazioni; e questo in una dinamica contrassegnata da una presenza nuova del Risorto, fino alla fine della storia umana. Si tratta ancora di una rilettura originale di un tema ben noto della tradizione biblica: la riunione di tutte le genti nell’ultimo giorno. Quello che è radicalmente nuovo è che questa riunione si realizzerà grazie alla missione dei discepoli di Gesù risuscitato, per mezzo del battesimo "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).
Così, partendo da una semplice annotazione geografica, Matteo riesce a metterci in contatto con una delle realtà più misteriose del messaggio cristiano: ciò che è stato messo in gioco in Gesù di Nazaret, il Galileo, concerne gli uomini di tutti i paesi e di tutti i tempi. È per loto che "una grande luce" si è levata (Mt 4,16).
(da Il mondo della Bibbia n. 21)